Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto 20 luglio 2023 – est. Intravaia Tribunale di Ravenna 17 luglio 2023 – est. Farinella
Nella procedura di liquidazione controllata va confermata l'ultrattivita? del privilegio processuale riconosciuto dall'art.4l, comma 2, D. Lgs. n.385/1993 al titolare del credito fondiario, in virtu? della clausola di riserva contemplata dall'art. 150 CCII richiamato dall’art. 270, comma 5, CCII dettato nella procedura di liquidazione controllata. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)
Tribunale di Modena 3 marzo 2023 – est. Bianconi
Tribunale di Verona 20 dicembre 2022 – est. Burti
L’art. 41 t.u.b., derogando al generale principio della concorsualita? nella liquidazione dell’attivo, ha carattere eccezionale e, come tale, non e? suscettibile di applicazione analogica, trovando applicazione esclusiva nel fallimento, oggi liquidazione giudiziale, non anche nella liquidazione controllata. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)
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SOMMARIO: 1. Il privilegio fondiario nella l. 3/2012. 2. Il privilegio fondiario nel nuovo Codice: opera ancora nella liquidazione giudiziale ?. 3. Il privilegio fondiario nella liquidazione controllata: le tesi contrapposte. a. La tesi a favore della operatività del privilegio fondiario. b. La tesi (preferibile) che nega il privilegio fondiario nella liquidazione controllata
1. Il privilegio fondiario nella l. 3/2012
Due recenti pronunce di merito[1] ripropongono la questione dell’applicabilità dell’art. 41, comma 2, Testo Unico Bancario (d. lgs. n.385/1993) alla procedura di liquidazione controllata.
I casi decisi riguardano fattispecie in cui l’apertura della procedura liquidatoria interviene in un momento in cui è già pendente l’esecuzione immobiliare a carico del sovraindebitato, avviata dal creditore fondiario, e il liquidatore nominato chiede dichiararsi l’improcedibilità dell’esecuzione forzata, previa autorizzazione alla costituzione nel relativo procedimento.
L’art. 41, comma 2, TUB, come noto, accorda un privilegio processuale al creditore fondiario, disponendo che "l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari puo? essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore", di fatto impedendo al curatore di far dichiarare l’improcedibilità dell’esecuzione forzata ai fini della vendita forzata nell’ambito della procedura liquidatoria.
In vigenza della legge fallimentare la norma rappresentava una deroga al principio generale del divieto di azioni esecutive e cautelari sancito dall’art. 51 l. fall. per cui “salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.
La “diversa disposizione di legge” era, dunque, immediatamente riferibile al privilegio processuale stabilito dall’art. 41, comma 2, TUB, che costituisce una deroga al divieto di azioni esecutive individuali espressamente stabilita in caso di fallimento (oggi liquidazione giudiziale), non anche nella procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter l. 3/2012.
La giurisprudenza consolidatasi in vigenza della l. 3/2012, infatti, riteneva inammissibile l’applicazione analogica dell’art. 41, comma 2, TUB, trattandosi di norma eccezionale dettata in modo specifico per la sola procedura fallimentare[2].
La stessa inapplicabilità veniva predicata in riferimento al concordato preventivo, in vigenza del divieto di azioni esecutive ex art. 168 l. fall. posto anch’esso senza la previsione di alcuna deroga[3].
In effetti la l. 3/2012, all’art. 14-quinquies comma 2 lett. b), prevedeva il divieto di azioni esecutive senza ammettere eccezione di sorta, in assenza dell’inciso che facesse “salve diverse disposizioni di legge”, ponendo così una disciplina ad hoc per la procedura minore di liquidazione che non ammetteva deroghe.
Con l’avvio del nuovo Codice, e soprattutto con l’innesto delle procedure di sovraindebitamento nel nuovo sistema concorsuale, è sorto un vivace dibattito sulla operatività o meno del privilegio fondiario nella liquidazione controllata, le cui contrapposte tesi si sono arricchite di argomenti testuali e di carattere sistematico, come testimoniano le pronunce in rassegna.
2. Il privilegio fondiario nel nuovo Codice: opera ancora nella liquidazione giudiziale ?
Ma, ancora prima, il Codice ha fatto sorgere dubbi sulla permanente operatività del privilegio fondiario nella stessa liquidazione giudiziale, tenuto conto che il legislatore delegato aveva dato espresse indicazioni contrarie.
La Direttiva Insolvency esortava, infatti, il legislatore a contenere il più possibile gli effetti dei privilegi di carattere processuale che potessero rivelarsi dannosi per i debitori esecutati [4]; la legge 19 ottobre 2017, n. 155, infatti, contenente la "Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza", all'art. 7, comma 4, lett. a) aveva escluso "l'operativita? di esecuzioni speciali e dei privilegi processuali, anche fondiari", prevedendo, "in ogni caso, che il privilegio fondiario continui ad operare sino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto legislativo ovvero dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 1".
In dottrina e giurisprudenza, un primo orientamento, certamente prevalente, ha preso atto che il legislatore delegato non ha ritenuto di dare seguito alle predette indicazioni, all’apparenza del tutto ignorate, creando un assetto normativo per nulla divergente rispetto alla legge fallimentare.
Invero, il legislatore ha reiterato nell’art. 150 CCII la disposizione dell’art. 51 l. fall. sopra richiamato, per il quale, nella liquidazione giudiziale, l’effetto inibitorio delle procedure esecutive ammette la deroga delle “altre disposizioni di legge”, quali appunto l’art. 41, comma 2, TUB, uscito a sua volta indenne dalla riforma del diritto concorsuale.
In sostanza, si è preso atto che, riguardo il privilegio fondiario, lo scenario normativo introdotto con il nuovo Codice non è mutato rispetto alla legge del 1942, per cui la disciplina va nel senso di una piena continuità rispetto al passato.
In tal senso, oltre all’art. 51 l. fall. ripreso nell’art. 150 CCII, il legislatore del Codice, all’art. 151 CCII, ha ripreso pari pari il terzo comma dell’art. 52 l.fall. che sottopone alla verificazione dello stato passivo anche i crediti esentati dal divieto di azioni esecutive, come pure ha trasfuso nell’art. 220 CCII il disposto dell’art. 110 l. fall. che prevede la collocazione, nel progetto di riparto, anche dei predetti crediti esentati.
A ben vedere, infatti, tutte le pronunce in rassegna, pur divergenti in merito all’applicazione del privilegio fondiario alla liquidazione controllata, concordano nel ritenere che detto privilegio operi certamente nella liquidazione giudiziale, al pari di quanto avveniva in vigenza della vecchia legge.
Un secondo orientamento, tuttavia, ha affermato che, in realtà, l’espresso invito del delegante diretto a svuotare i privilegi speciali, “anche fondiari”, sia stato accolto dal legislatore del Codice, per cui il privilegio fondiario continua ad operare nelle procedure pendenti (fallimenti) ma non nelle procedure di liquidazione giudiziale avviate in vigenza della nuova normativa.
Al riguardo, si è osservato che l’art. 369 CCII ha effettivamente apportato modifiche a norme specifiche del TUB - modificando ogni riferimento al fallimento, sostituito con la liquidazione giudiziale - senza, tuttavia, menzionare l’art. 41 di detta legge bancaria, che continua a riferirsi al ‘fallimento’: tale mancata modificazione viene ritenuta perfettamente in linea con l’art. 7 della delega ove si prescrive che il privilegio fondiario deve continuare ad operare per le procedure pendenti, ma non per le nuove liquidazioni giudiziali[5]: in pratica - sostengono i fautori di tale tesi – l’art. 369 CCII non ha modificato l’art. 41 TUB perché quest’ultimo è destinato ad esaurire i propri effetti regolando le residue procedure fallimentari pendenti, non anche le liquidazioni giudiziali.
Per concludere sul punto, l’interpretazione che ammette l’operatività del privilegio fondiario anche nella liquidazione giudiziale appare più solida, fondata sulla (quasi) identità del vecchio fallimento con la nuova procedura liquidatoria, e corroborata anche dall’espressa previsione normativa, nel segno della continuità, che opera una sostituzione automatica di tutti i termini del ‘fallimento’ con i nuovi termini della ‘liquidazione giudiziale’ (art. 349 CCII)[6].
3. Il privilegio fondiario nella liquidazione controllata: le tesi contrapposte
Certamente più complessa è la questione dell’applicabilità del privilegio fondiario alla liquidazione controllata, sulla quale le pronunce in rassegna si collocano su posizioni contrapposte.
Preliminarmente, si osserva che il Codice non contiene più una disposizione quale quella di cui all’art. 14-novies, ultimo comma, l. 3/2012 che prevedeva espressamente che “se alla data di apertura della procedura di liquidazione sono pendenti procedure esecutive il liquidatore può subentrarvi”, per cui è sorto il dubbio se, nella liquidazione controllata, tale facoltà non sia inibita, in assenza di una previsione normativa ad hoc. Pare irragionevole, in realtà, ipotizzare un impedimento al subentro del liquidatore nella procedura esecutiva individuale, necessario sia per il caso della prosecuzione della stessa, sia per consentire al liquidatore di formulare l’istanza di improcedibilità (opzioni, peraltro, entrambe assoggettate a specifica autorizzazione del giudice delegato).
L’unico fondamento normativo di tale facoltà - sia consentita tale lettura interpretativa - pare essere il richiamo generico alle disposizioni della liquidazione giudiziale in tema di vendite forzate, contenuto all’art. 275 CCII, tra le quali figura l’art. 216, il cui comma 10, riprende esattamente la formula del citato art. 14-novies, ultimo comma, l. 3/2012, sulla facoltà di subentro.
a. La tesi a favore della operatività del privilegio fondiario
I fautori della tesi che ritengono esteso il privilegio fondiario alla liquidazione controllata muovono, in primo luogo, da un dato normativo inequivoco: se, da un lato, l’art. 150 CCII dettato nella liquidazione giudiziale ha riprodotto in modo fedele il disposto dell’art. 51 l. fall., per cui il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive fa ‘salve le diverse disposizioni di legge’, dall’altro lato il legislatore del Codice ha inserito nella liquidazione controllata una norma di rinvio altrettanto chiara, prima non contenuta nell’analoga procedura della l. 3/2012: l’art. 270, comma 5, CCII, infatti, richiama espressamente il predetto art. 150 CCII – senza neppure la limitazione del criterio di compatibilità - di fatto introducendo così la medesima clausola di deroga anche nella procedura liquidatoria minore[7].
Il dato positivo richiamato è stato ritenuto sufficiente per affermare che anche nella liquidazione controllata il predetto divieto di azioni esecutive cede il passo alla deroga della norma speciale dell’art. 41, comma 2, TUB, rimasta, a sua volta, invariata e non abrogata[8].
La ritenuta applicabilità alla liquidazione controllata dell’art. 41, comma 2, TUB, che mantiene il riferimento al “fallimento del debitore”, ora liquidazione giudiziale ex art. 349 CCII, sarebbe, dunque, conseguente al richiamo normativo operato dall’art. 270 CCII e non frutto del ricorso all’analogia[9].
Da un punto di vista sistematico, si è sostenuto che la procedura di liquidazione controllata risulta plasmata sulla falsariga della procedura maggiore, ancorché con la tecnica della semplificazione, per cui ne avrebbe assunto la struttura, i limiti e le medesime regole di interferenza con il processo esecutivo individuale.
b. La tesi (preferibile) che nega il privilegio fondiario nella liquidazione controllata
Tuttavia, la tesi che nega l’estensione del privilegio processuale in favore del creditore fondiario nella liquidazione controllata, appare, a chi scrive, la più convincente.
Essa muove da un’interpretazione restrittiva del rinvio operato dall’art. 270, comma 5, CCII all’art. 150 CCII - come argomentato dai tribunali di Modena e Verona in modo assolutamente convincente - se è vero che solo una lettura che porta ad una riduzione degli spazi operativi dei privilegi processuali può dirsi in linea con le indicazioni precettive del legislatore delegante.
Se il legislatore avesse voluto estendere il privilegio fondiario al di la? dei suoi confini tradizionali, sarebbe ragionevolmente intervenuto sulle norme del testo unico bancario, per cui dovrebbe concludersi che il rinvio dell’art. 270 all’art. 150 CCI debba intendersi riferito alla regola della concorsualita? ivi contenuta, non anche alle eccezioni poste a detta regola[10].
In altri termini, il richiamo all'art. 150 CCII operato dall’art. 270, comma 5, CCII, vale per la regola generale rappresentata dal divieto di avvio o prosecuzione delle azioni esecutive, non anche per fare salve le norme di deroga o di eccezione, che devono intendersi valide solo per i casi, esplicitamente ed originariamente, in esse considerati.
Diversamente, ammettere che la deroga al divieto di azioni esecutive, rappresentata dal privilegio processuale fondiario, già valevole per il fallimento, oggi liquidazione giudiziale, valga anche per liquidazione controllata, significherebbe estendere oltre misura l’operatività di un privilegio rispetto alle fattispecie originarie, in palese contrasto con la citata prescrizione della legge delega che imponeva la riduzione, non l’ampliamento, delle fattispecie privilegiate [11].
Come osservato dal tribunale modenese, dunque, il rinvio dell’art. 270 CCII va inteso correttamente, nel senso che il divieto di prosecuzione delle azioni esecutive puo? sopportare delle eccezioni, ove previste dalla legge, “ma cio? non toglie che la legge che prevede la eccezione debba riferirsi espressamente alla liquidazione controllata (cio? che con riferimento all’art. 41 TUB sicuramente non avviene)”.
Si suggerisce, quindi, una lettura che, da un lato, prende atto innegabilmente del richiamo nella liquidazione controllata del principio generale del divieto di azioni esecutive, ma, dall’altro lato, valorizza il chiaro intento del legislatore delegante di prefigurare un sistema concorsuale caratterizzato da un sostanziale ridimensionamento dei privilegi processuali, ivi compreso quello fondiario.
[1] Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto 20 luglio 2023 e Tribunale di Ravenna 17 luglio 2023 sono in corso di pubblicazione in questa Rivista.
[2] Tra le tante, Tribunale di Udine 26 febbraio 2021, in questa Rivista, in sede di apertura della liquidazione del patrimonio, ha disposto che “quanto ai rapporti con le procedure esecutive pendenti a carico del debitore, che le stesse non possono proseguire (nemmeno se avviate da creditori fondiari) in quanto così stabilisce l’art. 14 quinquies comma 2 lett. b l. 3/2012; inoltre, quella qui avviata e? una procedura concorsuale liquidatoria, che non tollera attivita? esecutive individuali, mancando peraltro una disposizione di deroga, quale quella recata dall’art. 41, comma 2, TUB”.
Tribunale di Modena 1 giugno 2017 e Tribunale di Como 23 maggio 2019, entrambe citate in Tribunale di Torre Annunziata 14 marzo 2023, in questa Rivista, hanno osservato che “l'art. 41, comma 2, TUB concede al creditore titolare di credito fondiario un privilegio di natura processuale limitato al fallimento e che non puo? essere esteso a differenti procedure”, […] “trattasi di norma di stretta interpretazione, inapplicabile a fattispecie diverse da quelle contemplate. In particolare, nella procedura di liquidazione ex art. 14 quinquies L. 3/2012 (che tra l'altro e? norma speciale e posteriore) l'interferenza con le procedure esecutive individuali e? autonomamente disciplinata, senza alcun rinvio a norme della legge fallimentare e senza alcun riconoscimento di deroghe al principio di assoluta prevalenza della procedura concorsuale”.
[3] cfr. Cass. 1991/11879
[4] La Direttiva Insolvency, all’art. 6 rubricato ‘Sospensione delle azioni esecutive individuali’, comma 2, invitava gli Stati membri a provvedere “affinche? la sospensione delle azioni esecutive individuali possa riguardare tutti i tipi di crediti, compresi quelli garantiti e privilegiati”.
[5] Di recente, si è espresso in tal senso Tribunale di Ancona 22 giugno 2023, in questa Rivista, in cui si osserva, peraltro, che è venuta meno la stessa ratio sottesa all’art. 41 TUB, ovvero la più celere realizzazione del credito fondiario nel caso di fallimento del debitore, “potendo il credito fondiario essere ora soddisfatto nell’ambito della liquidazione giudiziale con tempistiche non superiori a quelle che caratterizzano le procedure esecutive individuali”.
[6] In tal senso anche Tribunale di Modena 3 marzo 2023, in rassegna, osserva che “si registra, peraltro, una tendenza dottrinale che mira ad escludere la applicabilita? dell’art. 41 TUB anche alla liquidazione giudiziale, alla luce del nuovo nomen juris della procedura, che, di converso, nella norma bancaria e? rimasto “fallimento” (e cio?, nonostante che il Legislatore codicistico sia intervenuto per modificare alcune altre norme del TUB stesso; cfr. art. 369 CCII); tale lettura, sicuramente suggestiva, non sembra peraltro tenere conto della sostituzione generale dei termini di cui all’art. 349 CCII”.
[7] Peraltro il rinvio all’art. 150 CCII non sembra soffrire eccezioni di sorta: “In forza dell’art. 270, comma 5, CCI ‘si applicano l’articolo 143 in quanto compatibile e gli articoli 150 e 151’. Il riferimento e? ‘secco’ all’art. 150 CCI, e non, invece, all’art. 150 ‘in quanto compatibile’ e tanto significa che il legislatore, con l’art. 270 comma 5, ha inteso prevedere, in tema di rapporti tra liquidazione controllata e procedure esecutive, lo stesso rapporto che c’e? tra liquidazione giudiziale ed esecuzione individuale” (Tribunale di Torre Annunziata 14 marzo 2023, cit.).
[8] Tribunale di Ravenna 17 luglio 2023, in rassegna, ha, quindi, concluso di “aderire all’orientamento interpretativo secondo cui deve continuare a trovare applicazione il privilegio processuale previsto dall'art. 41, comma 2, TUB, cio? in virtu? della clausola di riserva contemplata dall'art. 150 CCII, norma che trova pedissequa applicazione anche nelle procedure di liquidazione controllata dei patrimoni, in ragione del rinvio operato dall'art. 270, comma 5, CCII”.
[9] Peraltro, in giurisprudenza si è osservato che, proprio per l’assimilazione delle due procedure liquidatorie voluta dal legislatore del Codice, “in tale ottica, riconoscere la sussistenza del privilegio processuale in favore del creditore fondiario rappresenterebbe, al piu?, una interpretazione estensiva, e non una inammissibile applicazione analogica, dell’art. 41 TUB” (sempre Tribunale di Torre Annunziata 14 marzo 2023, cit.).
[10] Contra, Tribunale di Torre Annunziata 14 marzo 2023, cit., ha osservato che “quello che il legislatore ha inteso operare nel caso di specie e?, invece, un integrale rinvio (di tipo recettizio) all’art. 150, che contiene in se? una regola, ma anche la sua eccezione (le diverse disposizioni di legge dallo stesso richiamate)”.
[11] Contra, in giurisprudenza si è recentemente osservato che “d'altra parte, ove il legislatore avesse voluto distinguere tra liquidazione giudiziale e liquidazione controllata del sovraindebitato sarebbe stato sufficiente affermare la regola della improseguibilità? delle procedure esecutive dopo l'apertura della stessa senza disporre alcun rinvio all'art. 150 CCI che contiene in se? tanto la regola (improseguibilità?) quanto l'eccezione (proseguibilita? creditore fondiario)” (Tribunale di Ragusa 26 marzo 2023, citata nello Studio n.33-2023 del Consiglio Nazionale del Notariato, “Espropriazione forzata e crisi da sovraindebitamento. Spunti di riflessione”, a cura di E. Gasbarrini, marzo 2023).