Procedure familiari ex art. 7 bis l. 3/2012 e liquidazione del patrimonio. Brevi note su ammissibilità e competenza
Pubblicato il 03/04/22 19:54 [Articolo 1896]
Tribunale di Rimini, 11 febbraio 2022.
Sovraindebitamento - Liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter l. 3/2012 - Ricorso congiunto di coniugi - Procedure familiari ex art. 7-bis l. 3/2012 - Inapplicabilità - Applicazione analogica alla liquidazione del patrimonio - Inammissibilità - Conseguenze
L'istituto delle "procedure familiari", introdotto all'art. 7-bis l. 3/2012 dalla l. 176/2020, in forza del quale i membri della stessa famiglia (nella specie, coniugi) possono presentare un'unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune, non trova applicazione - neppure in via analogica - alla Liquidazione del Patrimonio ex art. 14-ter l. 3/2012, per cui, ove la competenza sia dello stesso giudice, va disposta la separazione dei fascicoli e l'apertura di distinte procedure liquidatorie, in presenza dei presupposti di legge.
Tribunale di Ivrea, 3 marzo 2022
Sovraindebitamento - Procedure familiari ex art. 7-bis l. 3/2012 - Presentazione unitaria dei ricorsi - Facoltà e non obbligo - Presentazione di separate istanze - Ammissibilità
L'art. 7-bis l. 3/2012 introdotto dalla l. 147/2020 per cui "I membri della stessa famiglia possono presentare un'unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune [...]"accorda una facolta? ai membri della stessa famiglia in condizione di sovraindebitamento, non un obbligo, per cui deve ritenersi legittima la proposizione di separate istanze (nella specie, di liquidazione del patrimonio).
Detta previsione si limita a stabilire l'ammissibilità di un unico piano di composizione della crisi dei membri della stessa famiglia presentato presso il tribunale nel cui circondario e? ubicato il comune di residenza di uno solo degli istanti.
Sovraindebitamento - Procedure familiari ex art. 7-bis l. 3/2012 - Modificazione della competenza territoriale - Esclusione
Anche volendo ipotizzare l'applicazione in via analogica dell'art. 7-bis l. 3/2012 alla procedura di liquidazione del patrimonio (cfr. Tribunale Mantova, 31 maggio 2021 e Tribunale Verona, 12 maggio 2021), il comma 4 della menzionata disposizione, ove e? previsto che "Nel caso in cui siano presentate piu? richieste di composizione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia, il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento. La competenza appartiene al giudice adito per primo", è inidoneo a determinare una modificazione della competenza territoriale di cui all'art. 9 comma 1 l. 3/2012 in caso di proposizione di plurime, separate procedure.
La ratio dell'art. 9 l. 3/2012 e? ravvisabile nella necessita? di consentire al debitore sovraindebitato di poter accedere alla tutela giudiziaria senza dover affrontare ingenti costi per instaurare la procedura in una localita? diversa da quella in cui risiede, tutela che prevale sulle esigenze di coordinamento in caso di instaurazione di distinte procedure da parte di membri della stessa famiglia - non conviventi - il cui indebitamento presenta un'origine comune.
Sovraindebitamento - Procedure familiari ex art. 7-bis l. 3/2012 - Istanze plurime e distinte - Competenza esclusiva del giudice preventivamente adìto - Esclusione
E' ammissibile l'attivazione della procedura di liquidazione del patrimonio innanzi al tribunale del luogo di residenza del ricorrente, pur in presenza di procedure di sovraindebitamento autonomamente avviate dai suoi familiari avanti ad altro foro, malgrado la situazione debitoria di tutti i familiari sia unitaria, ferma l'opportunità di nominare liquidatore, per esigenze di economia processuale e coordinamento tra le procedure, il medesimo OCC già nominato negli altri procedimenti.
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Sommario: 1. Le "procedure familiari" ex art. 7-bis l. 3/2012: il presupposto soggettivo (cenni). 2. Ambito di applicazione delle "procedure familiari" ex art. 7-bis l. 3/2012. 2.1. La ritenuta inapplicabilità analogica alla liquidazione del patrimonio. 2.2. La competenza nelle procedure familiari: la decisione del Tribunale di Ivrea.
1. Le "procedure familiari" ex art. 7-bis l. 3/2012: il presupposto soggettivo (cenni)
Le decisioni in rassegna[1] offrono l'occasione per indagare alcuni profili problematici emersi nella prassi giurisprudenziale, aventi ad oggetto l'istituto delle "procedure familiari", di cui all'art. 7-bis l. 3/2012 introdotto dal d.l. 137/2020 convertito dalla l. 176/2020 (c.d. miniriforma di Natale), a distanza di oltre un anno dalla sua entrata in vigore[2].
Come noto, tale disposizione ha anticipato l'analoga disposizione contenuta all'art. 66 CCII (con qualche minima difformità nel testo normativo, su cui non indugiamo), e rappresenta una innovazione assoluta nel panorama del diritto concorsuale, pur recependo un orientamento giurisprudenziale già presente in vigenza della l. 3/2012 ante riforma[3].
Già la Delega invitava ad individuare dei criteri che consentissero un coordinamento delle procedure di sovraindebitamento dei membri della stessa famiglia, per cui il legislatore ha stabilito la facoltà di proporre un unico progetto di risoluzione della crisi nell'ambito di un procedimento unitario riguardante soggetti distinti, sul presupposto, ovviamente, che la condizione oggettiva di sovraindebitamento fosse riscontrabile in capo a ciascun familiare ricorrente.
Sotto il profilo soggettivo, come noto, la norma prevede due ambiti di applicabilità, alternativi tra loro, rappresentati dalla circostanza per cui i debitori siano familiari conviventi o la situazione di sovraindebitamento presenti un'origine comune, fermo il fatto che i debitori siano membri della stessa famiglia, identificati dal legislatore, "oltre al coniuge, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell'unione civile ed i conviventi di fatto di cui alla legge, 20 maggio 2016, n. 76"[4].
Peraltro, la prassi ha già portato all'attenzione dei giudici di merito la situazione di sovraindebitamento dei conviventi la cui debitoria, sostanzialmente unitaria, è formalmente in capo ad una società di persone a carattere familiare, per cui si è ritenuto di dare risposta positiva alla questione se la disciplina specifica delle 'procedure familiari' ex art. 7-bis l. 3/2012 possa trovare applicazione anche in detta fattispecie, ovvero ogni qualvolta la famiglia indebitata abbia di fatto operato per il tramite della società di persone, la cui base sociale risulti composta esclusivamente dai membri dello stesso nucleo familiare [5].
Ove mai si consolidasse l'interpretazione estensiva della norma nei termini detti, la società e tutti i soci illimitatamente responsabili, potrebbero dunque proporre un unico accordo di composizione della crisi, regolando l'intera debitoria societaria ed anche personale, ancorchè quest'ultima non abbia origine comune[6] e pur in presenza, in capo ai soci, di debiti personali non consumeristici.
2. Ambito di applicazione delle "procedure familiari" ex art. 7-bis l. 3/2012.
2.1. La ritenuta inapplicabilità analogica alla liquidazione del patrimonio.
La giurisprudenza prevalente ha esteso l'ambito di operatività della composizione familiare a tutte le procedure di sovraindebitamento[7], dunque anche alla liquidazione del patrimonio.
Alcune pronunce dissonanti hanno, tuttavia, valorizzato le differenze profonde tra le procedure negoziali, da un lato, - piano del consumatore ed accordo di composizione -, e la procedura liquidatoria disciplinata dall'art. 14-ter l. 3/2012, dall'altro lato, come la prima decisione in rassegna resa dal tribunale riminese, che ha stabilito che le 'procedure familiari' "non trovano applicazione - neppure in via analogica - alla Liquidazione del Patrimonio ex art. 14-ter l. 3/2012, per cui va disposta la separazione dei fascicoli e l'apertura di distinte procedure liquidatorie, in presenza dei presupposti di legge"[8].
La pronuncia si pone, dunque, in consapevole contrasto con il prevalente orientamento giurisprudenziale di segno opposto, che ammette il ricorso congiunto ex art. 7-bis l. 3/2012 anche ai fini dell'accesso alla liquidazione dei beni[9].
Il giudice perviene ad escludere l'applicazione analogica dell'istituto argomentando in base alla collocazione sistematica della disposizione ed alla ratio sottesa alla previsione di cui al citato art. 7 bis l. n. 3/2012.
Sotto il primo profilo, il giudice osserva che la norma è posta tra le disposizioni generali della Sezione Prima (che regola accordo di composizione e piano del consumatore) e non è richiamata nella Sezione Seconda (liquidazione), anche in ragione della ontologica diversità delle procedure disciplinate, tenuto conto che la liquidazione involge l'universalità dei beni mentre piano e accordo consentono di formulare una proposta selezionando i beni da liquidare[10].
Riguardo la ratio dell'istituto, la composizione 'unitaria' - argomenta il tribunale - è funzionale a piani ed accordi la cui struttura negoziale consente di impiegare variamente le risorse familiari disponibili, mentre la liquidazione del patrimonio ha carattere universale ed involge la totalità dei beni[11].
Ad avviso del giudice riminese, dunque, viene meno la ratio dell'art. 7 bis l. n. 3/2012, per cui l'unica finalità che giustificherebbe la presentazione di un'istanza congiunta andrebbe rinvenuta nella riduzione dei costi di accesso alla procedura, che, tuttavia, potranno essere contenuti sia nella fase negoziale di trattative con l'OCC che nella fase giudiziale, mediante un opportuno coordinamento[12].
La decisione assunta suscita, tuttavia, qualche perplessità.
In primo luogo, si osserva che alcun elemento testuale o sistematico appare decisivo per affermare che il legislatore abbia inteso escludere l'applicazione dell'istituto alla liquidazione dei beni, tale da impedire il ricorso all'interpretazione analogica, tenuto conto che la disposizione ha rilievo esclusivamente processuale ed è diretta - così almeno sembra emergere dalla Relazione Illustrativa - a risolvere una serie di criticità di mero coordinamento delle procedure, con l'obiettivo di agevolare una composizione unitaria della crisi superando le difficoltà che possono insorgere.
In altri termini, la disposizione non sembra spingersi fino ad autorizzare la costruzione di piani ed accordi 'unitari' in violazione delle comuni regole concorsuali che sovraintendono anche gli strumenti negoziali della l. 3/2012, tale da renderne inammissibile l'applicazione analogica alla liquidazione del patrimonio.
In tal senso, la giurisprudenza che ha ammesso l'applicazione analogica della norma alla liquidazione del patrimonio ha tenuto fermo non soltanto il principio della distinzione delle masse attive e passive - posto espressamente dalla norma - ma anche il criterio per cui l'attivo ricavato da ogni autonomo patrimonio deve andare a favore dei creditori di esclusiva pertinenza del singolo ricorrente, o di quelli eventualmente da soddisfare "in comune" con altri condebitori, escludendo di potere, invece, destinare il ricavato dalla liquidazione del patrimonio personale di un soggetto sovraindebitato al pagamento dei creditori individuali dell'altro ricorrente, e ciò per rispetto della concorsualita? e delle cause legittime di prelazione[13].
Così, nell'elaborazione giurisprudenziale l'applicazione analogica della norma alla liquidazione non è mai andata oltre alle indubbie opportunità di semplificazione e coordinamento processuale che l'istituto porta con sé, recependo il favor debitoris che orienta la disposizione, non apparendo decisiva in senso contrario la collocazione sistematica della disposizione.
In secondo luogo, la pronuncia in rassegna sembra porre l'accento, nel senso di escludere l'applicazione analogica alla liquidazione, all'attivo posto a disposizione dei creditori, o meglio, alle più ampie possibilità di impiego delle risorse dei debitori nella costruzione di piani ed accordi, rispetto alla universalità dei beni che caratterizza il procedimento liquidatorio.
Tuttavia, il focus del legislatore sembra più rivolto alla situazione di indebitamento da superare, dunque alla crisi che si irradia sui membri della famiglia, o perché conviventi, o perché, ancorché non conviventi, il debito ha avuto origine comune.
Depone in favore di tale lettura quanto emerge dalla Relazione Illustrativa all'art. 66 CCII: si giustifica l'introduzione della disposizione, in caso di familiari conviventi, perché "è quasi inevitabile che la difficoltà di uno dei componenti della famiglia si rifletta negativamente sull'intero nucleo famigliare", mentre in caso di familiari non conviventi, in quanto "la situazione di crisi del gruppo familiare abbia un'origine comune, ad esempio perchè derivi da una successione ereditaria".
L'illustrazione della disposizione, in particolare il riferimento alla situazione, non infrequente, del debito che si trasmette ai membri della famiglia per successione ereditaria[14], lascia intendere che la norma prende a riferimento lo stato oggettivo di indebitamento, la cui esigenza di gestione 'unitaria' - quale ratio della disposizione - deve prevalere sul criterio generale di competenza ex art. 9 l. 3/2012 e prescinde dal concreto atteggiarsi della proposta di composizione della crisi e, dunque, dal patrimonio disponibile, o dalla sua allocazione, che ciascun debitore familiare mette a favore del ceto creditorio[15].
Detto altrimenti, la preoccupazione del legislatore sembra essere maggiormente rivolta alla trattazione unitaria della crisi familiare, piuttosto che alle modalità di impiego delle risorse patrimoniali dei singoli membri; in tal senso, addirittura (e malgrado la collocazione sistematica della disposizione) la procedura familiare appare ancora più confacente alla liquidazione del patrimonio, rispetto alle procedure negoziali della l. 3/2012.
Peraltro, tornando al caso concreto della pronuncia in rassegna, si dica che la decisione non ha determinato alcuna difficoltà di coordinamento delle due procedure, stante il carattere omogeneo delle stesse (entrambi i ricorrenti hanno chiesto la liquidazione) e, soprattutto, essendo il tribunale adìto competente in relazione ad entrambi i ricorsi, ex art. 9 comma 1 l. 3/2012 (per cui il giudice si è limitato a disporre la separazione dei fascicoli coordinando le due procedure con la nomina del medesimo liquidatore per entrambi i ricorrenti).
Più problematico, in assenza di applicazione analogica della norma in commento, sarebbe stato il caso di 'familiari' ricorrenti residenti nel circondario di due tribunali diversi; in tal caso, malgrado l'intenzione dei debitori di comporre insieme il proprio stato di sovraindebitamento con accesso unitario alla procedura di liquidazione, il giudice avrebbe dovuto disporre la separazione dei procedimenti trattenendo solo quello per il quale sarebbe stato competente, dichiarando al contempo - ai sensi dell'art. 9 comma 1 l. 3/2012, richiamato dall'art. 14-ter comma 2 l. 3/2012 - l'incompetenza territoriale sul ricorso presentato dal familiare residente fuori distretto, con conseguente inammissibilità della "relazione particolareggiata" svolta dall'OCC[16], ove non istituito presso il foro territorialmente competente[17].
2.2. La competenza nelle procedure familiari: la decisione del Tribunale di Ivrea.
Con la seconda decisione in rassegna il tribunale piemontese non nega il ricorso alla procedura familiare per l'accesso alla liquidazione del patrimonio (la questione non viene, peraltro, espressamente affrontata), ma precisa che il criterio determinativo della competenza territoriale previsto dall'art. 9 comma 1 l. 3/2012 non soffre deroghe ogni qualvolta i familiari non conviventi, malgrado l'origine comune dell'indebitamento, decidano di presentare separate istanze di accesso alla procedura, ciascuna innanzi al foro del proprio luogo di residenza.
Sostiene il tribunale che i familiari possono avvalersi della facoltà accordata dalla legge di presentare un'istanza unitaria innanzi al foro di residenza di un congiunto, ma il preventivo avvio della procedura da parte di un familiare innanzi ad un altro foro non è idoneo a modificare la competenza territoriale ex art. 9 l. 3/2012.
Ciò perché, nella logica del favor debitoris, in caso di istanze plurime e separate, il familiare deve sempre poter adire il foro del proprio luogo di residenza, senza dover subìre il pregiudizio di un (gravoso) spostamento di competenza a seguito della iniziativa di un proprio familiare.
La conclusione cui perviene il tribunale di Ivrea è, dunque, nel senso della piena ammissibilità della procedura avviata dal familiare innanzi al foro di residenza, "pur in presenza di procedure di sovraindebitamento autonomamente avviate dai suoi familiari avanti ad altro foro, malgrado la situazione debitoria di tutti i familiari sia unitaria".
Anche questa decisione desta qualche perplessità, alla luce della ratio della disposizione su cui ci siamo innanzi soffermati e, soprattutto, del carattere funzionale e inderogabile della competenza stabilita dalla norma.
Pur comprendendo le ragioni sottese alla pronuncia (rinvenibili, forse, nella opportunità di assecondare la volontà della ricorrente di proporre la liquidazione del proprio patrimonio, senza essere coinvolta nelle procedure di sovraindebitamento, tra l'altro eterogenee tra loro, avviate preventivamente dai propri genitori innanzi ad altro foro), il dato normativo dell'art. 7-bis l. 3/2012 pare difficilmente superabile, ove stabilisce che "la competenza appartiene al giudice adito per primo", competenza, appunto, da intendersi funzionale e inderogabile.
Invero, se la prima parte della disposizione contenuta nel comma 4 allude in modo inequivoco ad istanze plurime e distinte presentate innanzi allo stesso foro, ponendo un problema di mera riunione dei procedimenti, per cui "il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento"[18], la seconda parte stabilisce l'attrazione al foro preventivamente adìto delle procedure successivamente avviate dai familiari, per il caso di istanze proposte innanzi a fori diversi da familiari conviventi o familiari non conviventi che tuttavia hanno in comune l'origine dell'indebitamento[19].
Per assegnare un qualche valore precettivo al disposto per cui "la competenza appartiene al giudice adito per primo", deve concludersi che la connessione oggettiva dei procedimenti, in presenza del carattere 'familiare' degli stessi come definito dalla norma, determina il venir meno della competenza in capo al secondo giudice adìto e l'attrazione della procedura al foro preventivamente adìto, in deroga al criterio generale di competenza territoriale stabilito dall'art. 9 comma 1 l. 3/2012[20].
A conclusione di queste brevi note, si osserva infine che la decisione in rassegna del Tribunale di Ivrea evoca una delle possibili difficoltà applicative dell'istituto, che, a quanto ci consta, non ha ancora ottenuto il vaglio giurisprudenziale, su cui facciamo un breve cenno.
Il giudice di Ivrea osserva che i genitori della ricorrente "hanno autonomamente attivato, con l'ausilio del menzionato OCC, procedure di sovraindebitamento presso il Tribunale di Torino, luogo di residenza (procedure n. 26794/2021 - Liquidazione e n. 12460/2021- Accordo del debitore)", lasciando intendere il carattere eterogeneo delle procedure preventivamente promosse.
La possibilità giuridica, anche solo astratta, di proporre procedure diverse per i membri della stessa famiglia è questione spinosa e problematica, foriera di una congerie di difficoltà[21].
Lo stesso legislatore ha, forse, colto la difficoltà di una procedura familiare 'eterogenea' nel prevedere, nella stessa disposizione dell'art. 7-bis, ultimo comma, l. 3/2012, che ove un solo un debitore familiare sia consumatore, il piano sia ad esso precluso, dovendo il progetto 'unitario' seguire la procedura di accordo di composizione della crisi.
NOTE
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[1] Tribunale di Rimini 11 febbraio 2022, est. Rossi e Tribunale di Ivrea 3 marzo 2022, est. Cavarero, sono in corso di pubblicazione su questa Rivista.
[2] L'art. 7-bis l. 3/2012 recita:
"1. I membri della stessa famiglia possono presentare un'unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune.
2. Ai fini del comma 1, oltre al coniuge, si considerano membri della stessa famiglia i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell'unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76.
3. Le masse attive e passive rimangono distinte.
4. Nel caso in cui siano presentate più richieste di composizione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia, il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento. La competenza appartiene al giudice adito per primo.
5. La liquidazione del compenso dovuto all'organismo di composizione della crisi è ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all'entità dei debiti di ciascuno. Quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto unitario si applicano le disposizioni in materia di accordo di composizione della crisi".
[3] Tribunale di Bergamo 26 settembre 2018, in questa Rivista, proprio in tema di liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter l. 3/2012 richiesta congiuntamente da coniugi, aveva ritenuto ammissibile l'istanza osservando che "la disciplina di cui alla l. 3/2012 ha quale scopo, tra gli altri, quello di porre rimedio al sovraindebitamento delle famiglie e che la mancata previsione, tra i soggetti che possono accedere alle procedure indicate nella stessa legge, delle "famiglie" non pare ostacolare un'interpretazione estensiva del concetto di "debitore" anche come ente collettivo costituito dai debitori appartenenti alla famiglia in crisi da sovraindebitamento, in particolare quando lo squilibrio finanziario derivi proprio dalla gestione della vita in comune dei suoi membri". Ancor prima, Tribunale di Milano 6 dicembre 2017, in www.ilfallimentarista.it, aveva ammesso il ricorso congiunto di due familiari disponendo la distinzione delle masse attive e passive. Nello stesso senso cfr. Tribunale di Napoli Nord 18 maggio 2018 e Tribunale di Mantova 8 aprile 2018, entrambe in questa Rivista.
[4] Meritevole di segnalazione è la decisione Tribunale di Asti 23 dicembre 2021, citata da C. CRACOLICI - A.CURLETTI, in "Nomina dello stesso OCC per le procedure di due soggetti divorziati", Eutekne.info, marzo 2022, resa in fattispecie di ricorsi presentati separatamente da coniugi divorziati, a fronte di una debitoria comune. Con detta pronuncia il giudice ha rimesso gli atti al Presidente di sezione "per eventuale riassegnazione", all'esito della quale, veniva nominato lo stesso professionista facente funzioni di OCC (già nominato per la procedura del primo ricorrente), al fine quantomeno, di un coordinamento tra le due procedure.
Osservano gli Autori, in riferimento all'art. 7-bis l. 3/2012, che "dalla lettura di quest'ultimo comma, sembrerebbe che, con riferimento ai coniugi, solo se questi siano "conviventi" o, attraverso il ricorso all'origine comune del sovraindebitamento, siano "legalmente separati", ma pur sempre conservando lo status di coniugio, possano ricorrere all'istituto della procedura familiare di cui all'art. 7-bis citato. La disposizione in esame sembrerebbe per contro escludere la possibilità per due soggetti, già coniugi in passato e nei cui confronti sia stata pronunciata una sentenza di divorzio, ma il cui stato di sovraindebitamento abbia origine comune, di presentare, a mente dell'art. 7-bis della L. 3/2012, una procedura unica familiare, non potendo considerarsi membri della stessa famiglia".
[5] Cfr. in tal senso, Tribunale di Ravenna 3 marzo 2021, in questa Rivista, che ha ritenuto applicabile la nuova norma alle procedure di liquidazione promosse da società di persone e soci illimitatamente responsabile, ancorchè la novella dell'art. 7-bis l. 3/2012 menzioni, appunto, i "membri della stessa famiglia"; il tribunale ha preso le mosse dall' 'origine comune' dell'indebitamento attesa la responsabilità solidale dei soci illimitatamente responsabili, rafforzata nella fattispecie dal vincolo di parentela dei soci.
In realtà, l'art. 7-bis comma 2 l. 3/2012 non opera alcun riferimento a società di persone a base familiare e dunque ad un soggetto giuridico che indubbiamente costituisce un centro autonomo di imputazione delle obbligazioni; si dica, tuttavia, che la ratio della norma rimane immutata ove i membri della stessa famiglia abbiano operato per il tramite di una società di persone, attesa la finalità della disposizione quale emerge dalla Relazione Illustrativa nel punto relativo all'art. 66 CCII. La situazione oggettiva e unitaria del sovraindebitamento comune a tutti i familiari in quanto soci illimitatamente responsabili del soggetto giuridico con cui essi hanno operato, ha dunque condotto una giurisprudenza attenta ad una lettura estensiva dell'art. 7-bis l. 3/2012.
Per un'analisi più approfondita del tema nel senso della estensione dell'istituto anche alla società di persone a base familiare, mi permetto di rinviare al mio contributo A.MANCINI, "Sovraindebitamento e soci illimitatamente responsabili: il punto dopo la miniriforma della l. 3/2012", in questa Rivista, gennaio 2021; contra, nel senso di escludere tale applicazione estensiva, si è espressa, peraltro, un'autorevole dottrina, per cui "non può essere superato il dato dell'esistenza, nella ipotesa considerata, di un ulteriore centro di imputazione di rapporti obbligatori - la società - ancorché essa si trovi, più o meno contingentemente, ad avere come soci tutti e soli i membri della famiglia" (F.PASQUARIELLO-A.CORDIANO, "Le procedure familiari", in AA.VV., "La nuova disciplina del sovraindebitamento - Le riforme del diritto italiano", diretto da M. Irrera e Stefano Cerrato, Torino, settembre 2021, p. 199).
[6] Depone nel senso del carattere eterogeneo della natura dei debiti, il primo comma dell'art.7-bis l.3/2012 per cui la procedura unitaria di composizione è esperibile quando i sovraindebitati sono "conviventi" o "quando il sovraindebitamento ha un'origine comune", con la locuzione 'o' che pone il carattere alternativo dei due requisiti e che quindi lascia intendere che l'origine comune della debitoria non è un presupposto indefettibile per l'accesso alla procedura, essendo sufficiente, nella fattispecie in esame, che i soci illimitatamente responsabili siano familiari conviventi.
[7] Invero è pressoché unanime l'orientamento che ritiene che la disciplina della procedura familiare ex art. 7-bis l. 3/2012 abbia "carattere generale essendo diretta a risolvere in modo unitario, con riduzione dei costi e dei procedimenti, la crisi economica del nucleo familiare avente origine comune e in cui le singole obbligazioni si condizionano in modo reciproco sicché, ricorrendo l'eadem ratio, la norma in questione va analogicamente applicata anche alla procedura di liquidazione del patrimonio" (così Tribunale di Mantova 31 maggio 2021, cit.).
[8] La decisione, resa dal giudice designato, non risulta reclamata, per cui non traduce un orientamento giurisprudenziale consolidato del foro locale; essa è comunque meritevole di segnalazione per l'iter argomentativo che la sorregge, particolarmente articolato, che pone il problema dell'inquadramento sistematico dell'istituto e della ratio della norma. Va chiarito, peraltro, che la separazione dei fascicoli disposta dal giudice consegue ovviamente alla ritenute competenza territoriale, in capo al medesimo tribunale, di entrambi i ricorsi, ex art. 9 l. 3/2012.
[9] Nel senso deciso dal tribunale riminese si veda Tribunale di Udine 18 maggio 2021, in questa Rivista; contra, nel senso dell'ammissibilità del ricorso congiunto alla liquidazione, in applicazione analogica dell'art. 7-bis l. 3/2012, da ultimo, Tribunale di Milano 23 marzo 2022 e 11 marzo 2022 e Tribunale di Pesaro 1 marzo 2022, tutte in www.portalecreditori.it; conformi, v. Tribunale di Treviso 14 gennaio 2022, Tribunale di Bologna 24 dicembre 2021, Tribunale di Verona 12 maggio 2021, Tribunale di Mantova 31 maggio 2021, e Tribunale di Ravenna 3 marzo 2021, tutte pubblicate in questa Rivista; concludono sempre per l'applicazione analogica, Tribunale di Venezia 28 gennaio 2022, Tribunale di Forlì 19 marzo 2021, Tribunale di Ancona 29 novembre 2021; Tribunale di Grosseto 18 agosto 2021; Tribunale di Parma 28 giugno 2021; Tribunale di Pistoia 30 agosto 2021; Tribunale di Taranto 18 novembre 2021, Tribunale di Ascoli Piceno 11 aprile 2021, in www.portalecreditori.it.
Tribunale di Milano 23 marzo 2022, est. Paluchowski, osserva che "Sebbene la norma si riferisca testualmente al piano del consumatore e all'accordo di ristrutturazione dei debiti, ricorrendo l'eadem ratio, va ritenuta ammissibile l'istanza congiunta di apertura della liquidazione dei patrimoni ex art. 14 ter L. n. 3/2012 presentata da membri della stessa famiglia e in situazione di sovraindebitamento avente origine comune".
[10] "Proprio questa diversità strutturale - osserva il giudice - giustifica la collocazione dell'introdotto art. 7 bis nella sola Sezione Prima e, al contempo, il mancato richiamo dello stesso nella Sezione Seconda".
[11] Argomenta il giudice riminese che la composizione 'unitaria' familiare "in tanto ha senso in quanto e? ben ragionevole ipotizzare che persone legate da rapporti di parentela o affinita? abbiano interesse alla sistemazione congiunta della propria esposizione debitoria anche con modalita? di allocazione delle rispettive risorse tali da consentire una ripartizione dell'attivo liquidatorio non rigorosamente limitato alle singole e distinte masse", scenario ricorrente nel piano e nell'accordo ma ritenuto non ipotizzabile nella procedura di liquidazione, non essendo questa suscettibile di una ripartizione dell'attivo che non sia rigorosamente distinta per masse. Peraltro, riguardo la costruzione di piani ed accordi, si osserva che ciò "non vuol dire violare la previsione di cui all'art. 7-bis co. 3 l n. 3/12 in quanto non di confusione di masse si tratta ma di allocazione volontaristica delle risorse fra masse distinte che mantengono una loro identita?".
[12] In particolare, si legge in decreto circa il contenimento dei costi, "a tale scopo si puo? ugualmente tendere sia nella fase negoziale di trattative con l'OCC e il legale della procedura sia nella fase giudiziale di cui al DM 202/2014, tenendo a mente l'attivita? concretamente svolta dai professionisti incaricati e la sovrapponibilita? delle fasi di studio della procedura e di liquidazione dei beni. Proprio a tal fine, del resto, sara? cura dell'Ufficio adottare strumenti di coordinamento fra le procedure di liquidazione presentate da familiari".
[13] Cfr. Tribunale di Milano 23 marzo 2022, cit., per cui "E? doveroso tenere distinte le masse attive e passive di pertinenza di ciascun debitore: ne consegue che, il ricavato dalla liquidazione di ogni autonomo patrimonio dovrà essere destinato a favore dei creditori di esclusiva pertinenza del singolo ricorrente, senza la possibilita? di soddisfazione, attraverso il patrimonio personale di uno dei sovraindebitati, i creditori individuali dell'altro ricorrente".
Tribunale di Avellino 9 febbraio 2022, in questa Rivista, resa nell'ambito del piano consumatore, ha precisato che dal principio della distinzione delle masse attive e passive dei ricorrenti familiari "deriva che nella determinazione della percentuale minima di soddisfazione dei creditori privilegiati, ex art. 7 comma 1 l. 3/2012, compresi i privilegiati generali, deve tenersi conto esclusivamente del patrimonio del singolo componente della famiglia nei cui confronti può essere fatta valere la prelazione, non comportando l'apertura della procedura familiare l'insorgere di una responsabilità solidale degli altri componenti".
[14] Nel caso in cui, ovviamente, gli eredi non abbiano accettato con beneficio d'inventario, fattispecie in cui opera il procedimento speciale di liquidazione previsto dall'art. 499 ss. c.c.
[15] Ciò si dica anche se il legislatore si premura di precisare che, se anche un solo familiare sovraindebitato non è consumatore, il progetto unitario deve essere ricondotto in una procedura di accordo e non di piano, non riguardando tale previsione il contenuto economico della proposta; è evidente che la norma intende evitare un elemento di grave difficoltà, se non di vera e propria incompatibilità, tra le due procedure negoziali, tenuto conto del conflitto che potrebbe emerge in relazione al diverso di approvazione della proposta.
[16] Come noto, la giurisprudenza nega una competenza diffusa dell'O.C.C. che si estenda potenzialmente a tutto il territorio nazionale, "avendo esso inequivocabilmente competenza limitata ad un solo circondario di tribunale ove è costituito" (Tribunale di Vicenza 29 aprile 2014, in questa Rivista; nello stesso senso, conseguentemente, Tribunale di Rimini 14 dicembre 2017, in questa Rivista, ha stabilito che "è inammissibile la domanda di accesso alla procedura di liquidazione dei beni ex art. 14 ter l. n.3/2012 corredata da attestazione del professionista nominato da OCC non avente sede effettiva nella circoscrizione del Tribunale territorialmente competente").
[17] Ciò si dica con riferimento agli OCC istituiti presso più distretti giudiziari, come nel caso al vaglio del giudice riminese, in cui il professionista nominato risultava iscritto all'OCC ROMAGNA, competente ad operare presso i fori di Rimini, Forlì-Cesena, Ferrara e Ravenna.
[18] E' quanto ha stabilito Tribunale di Ravenna 3 marzo 2021, in questa Rivista, riunendo i procedimenti di liquidazione ex art. 14 ter l. 3/2012 avviati separatamente dai soci di s.n.c. e dalla società non fallibile, con residenza e sede nel distretto di quel foro, "tenuto conto della indubbia connessione tra tutte le procedure derivante dall'indebitamento comune - in considerazione della responsabilità solidale dei soci rispetto ai debiti sociali - nonché ragioni di opportunità relative alla fase esecutiva della liquidazione".
Analogamente, ha disposto la riunione dei procedimenti di liquidazione del patrimonio ex art. 7-bis comma 4 l. 3/2012, Tribunale di Modena 21 marzo 2022, in www.portalecreditori.it, "in quanto si tratta di coniugi conviventi, le cui cause di sovraindebitamento sono comuni, come pure sono parzialmente coincidenti i beni costituenti l'attivo posto a disposizione dei creditori".
[19] In tal senso cfr. Tribunale di Verona 12 maggio 2021, in questa Rivista, che ha stabilito che "la procedura familiare ex art. 7-bis l. 3/2012 consente di ritenere sussistente la competenza a decidere sul ricorso dell'adito Tribunale non solo in relazione alla domanda di liquidazione presentata dai ricorrenti residenti in comune compreso nel circondario del Tribunale di Verona, ma anche rispetto a quella di liquidazione del patrimonio di quello di loro che sia residente in altro circondario (nella specie, foro di Milano), stante il disposto dell'art. 7-bis c. 4 l. 3/2012 secondo cui, in caso di proposizione di distinti ricorsi, la competenza a decidere appartiene al giudice adìto per primo".
La disciplina del cumulo per connessione oggettiva ex art. 40 c.p.c., che radica la competenza territoriale, era già stata invocata, ante riforma, da Tribunale La Spezia 30 ottobre 2018, in questa Rivista, per cui "qualora la residenza del socio illimitatamente responsabile e la sede legale della società di persone siano ubicate nell'ambito di circondari di Tribunali differenti, l'applicazione per analogia della disciplina del c.p.c. in punto di competenza per connessione comporta la competenza territoriale, rispetto alla proposta congiunta di accordo di composizione della crisi avanzata dal socio illimitatamente responsabile e dalla società di persone, del Tribunale nel cui circondario ha la sede legale o la residenza il sovra-indebitato gravato dalla maggiore esposizione debitoria, da intendersi a norma dell'art. 40 co. 1 c.p.c. quale procedimento principale ai fini dell'individuazione del Tribunale territorialmente competente".
[20] In dottrina si è osservato che "in caso di pluralità di procedure, è stabilita l'attrazione ad un unico Foro e OCC competenti, individuati con il criterio del prior in tempore del Tribunale adito per primo" (F.PASQUARIELLO-A.CORDIANO, "Le procedure familiari", cit., p. 221). Mi pare concluda nello stesso senso, in dottrina, D. MANENTE - B. BAESSATO, "La disciplina della crisi da sovraindebitamento", Milano, 2022, p.148, per cui "l'eventuale collocazione dei luoghi di residenza dei membri della stessa famiglia all'interno di circondari diversi avrà ovvie conseguenze sul piano della competenza territoriale".
[21] In dottrina si è osservato che "Il ricorso a procedure eterogenee non risulterebbe agevole e potrebbe determinare difficoltà di coordinamento connesse ai beni da liquidare, agli effetti dell'esdebitazione o comunque della modificazione delle obbligazioni conseguenti all'omologa e dunque potrebbe non risolvere la causa del sovraindebitamento familiare, lasciando esposto un debitore al rischio che nella seconda diversa procedura non si giunga a un provvedimento di apertura o di omologa. [ ] Ancora: l'accordo di composizione della crisi potrebbe subire l'alea del voto che la liquidazione del patrimonio non subisce, con il rischio che si possa aprire una sola procedura e l'altra non venga ammessa.
Maggiori possibilità di successo potranno forse avere i procedimenti che costruiranno i ricorsi in rapporto di reciproco condizionamento, così da evitare domande di ingresso di un solo debitore, che non potrebbero conseguire il risultato perseguito dal legislatore (di risolvere la crisi dell'intero nucleo familiare), esponendosi così a una critica di inammissibilità per la mancata aderenza alla fattispecie dell'art. 7 bis L. 3/2012" (F.CESARE, "Accesso facilitato alle procedure di sovraindebitamento familiare", Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2021).