Brevi spunti per un'agile procedura di "sostegno" alle imprese in crisi da Coronavirus
Pubblicato il 20/04/20 02:00 [Articolo 907]






Il sistema con il quale lo Stato si proporrà di aiutare le imprese ad attraversare la situazione emergenziale determinata dal Coronavirus potrebbe, a modesto parere di chi scrive, attingere ad alcune caratteristiche dagli strumenti elaborati dal diritto della crisi, a patto però che gli stessi siano rimodellati ed ispirati al perseguimento di una diversa finalità: non quella di amministrare un'impresa in crisi strutturale, destinata ad una procedura concorsuale, non quella di salvaguardare la continuità dell'attività in un contesto di crisi o di insolvenza, bensì quella di rilanciare un'impresa che sia essenzialmente sana e che, in assenza dell'emergenza Coronavirus, sarebbe rimasta sul mercato per un tempo ragionevole.

Questa premessa mi sembra necessaria per evitare che si faccia ricorso, senza operare le opportune modifiche, ai sistemi concepiti in ambito concorsuale con lo scopo di operare nelle situazioni di crisi che non sono determinate dalla pandemia in atto ma che trovano la loro causa in altre problematiche. I nuovi strumenti avranno, infatti, l'obiettivo di intervenire su realtà essenzialmente sane, destinate, una volta cessata l'emergenza e l'eventuale fase di "sostegno", a riprendere la loro attività in condizioni ordinarie.

L'esperienza maturata nell'ambito del concordato preventivo, dove giudici e professionisti hanno operato in situazioni di crisi o di insolvenza anche in una prospettiva di continuità, ha consentito di individuare e collaudare alcuni meccanismi che si prestano in modo particolare ad essere utilizzati per predisporre rapidamente una procedura di supporto agli imprenditori in crisi da Coronavirus che possa entrare subito in funzione e che abbia quelle caratteristiche di semplicità e agilità che la rendono idonea ad intervenire per aiutare imprese sostanzialmente sane ed operanti sul mercato.


A) La misura di assistenza dell'impresa che si trovi in difficoltà da Coronavirus dovrebbe essere, in primo luogo, ad accesso volontario, frutto dunque di una libera scelta degli imprenditori.

Questo aspetto consentirà loro di operare scelte autonome e permetterà allo stesso tempo allo Stato di non aprire in modo generalizzato e indiscriminato una procedura che rischierebbe di essere vista come una dichiarazione di fallimento urbi et orbi.

Le imprese che riusciranno a rimanere in equilibrio finanziario, onorando i propri impegni e fruendo del credito bancario in condizioni di normalità, non avranno necessità di accedere alla procedura di sostegno, mentre quelle che, al contrario, non saranno in grado di far fronte alla situazione di emergenza senza l'aiuto dello Stato e la protezione dalle azioni dei creditori, potranno scegliere di accedervi, consapevoli però che questo comporterà un controllo sui dati e sulle dichiarazioni rese all'organo che avrà il compito di vigilare sulla procedura.


B) La domanda di accesso alla procedura dovrebbe produrre l'effetto dell'automatic stay, in modo che l'imprenditore possa beneficiare di un periodo di protezione analogo a quello collegato alla domanda di concordato c.d. con riserva di cui all'art. 161, comma 6, l.f., durante il quale non potranno essere iniziate o proseguite azioni esecutive o cautelari, né presentate istanze di fallimento.

Il periodo di protezione potrebbe avere una durata simile a quello dell'istituto appena richiamato, prorogabile con provvedimento del giudice, ma non cumulabile, se non per compravate ragioni, con quello che seguirebbe ad una eventuale proposta di concordato o di accordo di ristrutturazione dei debiti.

La domanda di accesso dovrebbe essere semplificata, accompagnata da una situazione patrimoniale aggiornata e dai bilanci degli ultimi tre anni nonché succintamente motivata con espresso riferimento alla crisi determinata dal Coronavirus.

La situazione di urgenza non consente di disporre del tempo necessario per organizzare le sezioni specializzate previste nel disegno di legge Rordorf, né per avvalersi degli OCRI[1]. La domanda di assistenza dovrebbe dunque essere presentata al tribunale competente per territorio ai sensi dell'art. 9 l.f., dove le strutture degli uffici giudiziari sono già predisposte e soprattutto esperte, grazie alla pratica maturata nella gestione dei ricorsi per concordato preventivo.

Della presentazione della domanda si darà notizia nel Registro imprese a cura della cancelleria del tribunale.


C) Il tribunale nominerà un commissario con compiti analoghi a quelli demandati al professionista nella fase di concordato con riserva.

Lo stesso tribunale non avrà però funzioni di direzione, ma essenzialmente di vigilanza, che eserciterà basandosi sulle relazioni periodiche del professionista nominato, fondate sulle informazioni periodiche che l'impresa dovrà dare in ordine alla situazione economica e finanziaria nonché sulle informazioni che egli stesso potrà raccogliere consultando le scritture contabili.

Con l'accesso alla procedura, l'impresa potrà anche chiedere l'erogazione di credito agevolato grazie ad una relazione (sintetica) redatta dal professionista nominato. Sulla scorta di questa relazione, gli istituti bancari potranno fondare l'istruttoria per l'erogazione del credito ed avranno diritto di ottenere dal professionista copia delle relazioni periodiche, con facoltà di far pervenire agli organi della procedura osservazioni rilevanti.

Il tribunale potrà in ogni momento, con provvedimento motivato, dichiarare l'inesistenza (o il venir meno) dei presupposti per il mantenimento dello scudo protettivo dalle azioni esecutive e cautelari e del sostegno creditizio. E potrà altresì, sulla falsa riga di quanto avviene nel sub procedimento di cui all'art. 173 l.f., rilevare fatti o circostanze parimenti in grado di portare alla revoca dei benefici che conseguono all'avvio della procedura.

Credo si debba evitare di attribuire al tribunale poteri autorizzatori non solo degli atti di ordinaria ma anche di straordinaria amministrazione. Non vedo, infatti come si possa seriamente sostenere che un'impresa sottoposta ad un penetrante controllo giudiziale sia nella condizione di operare sui mercati in regime di libera concorrenza. Le idee e la creatività dell'impresa verrebbero messe a dura prova se sottoposte al vaglio autorizzativo di organi la cui vocazione non è certo quella della gestione imprenditoriale.

Peraltro l'organo giudiziario ed il professionista incaricato si troverebbero molto probabilmente a disagio ove fossero chiamati a valutare scelte che implicano un rischio, tanto più in un periodo in cui le iniziative dell'imprenditore si fonderanno su scenari di mercato altamente mutevoli e volatili - come tali non pronosticabili sulla base degli ordinari strumenti di analisi - e che verranno spesso interpretati anche sulla scorta della capacità "visionaria" caratteristica proprio dell'imprenditore.

Non credo poi che sia opportuno caricare sulle spalle del magistrato (benché supportato dal professionista) la responsabilità di autorizzare o meno il compimento di atti tipicamente imprenditoriali di un'impresa che, lo ribadisco, non dovrebbe in teoria essere destinata ad una soluzione concorsuale, bensì a superare un breve (ci si augura) periodo di emergenza.

Le relazioni degli organi della procedura di supporto, così come le informazioni periodiche che l'imprenditore sarà tenuto a dare, dovranno essere redatte su modelli uniformi (elaborati dal CNDCEC?) e ciò non solo per una più agevole lettura, ma anche per essere trattate con l'ausilio di una procedura informatica tale da consentire il rilevamento della situazione a livello nazionale ovvero la raccolta di tutti i dati essenziali al fine di modulare, nel corso del periodo di emergenza, eventuali provvedimenti legislativi che si riveleranno di volta in volta necessari.


D) Se la riforma attuata con il CCII ha abbandonato il disvalore legato all'uso del termine "fallimento", anche la terminologia usata per la definizione di questa procedura di sostegno dovrà evitare di recare con sé una analoga connotazione che di certo scoraggerebbe l'imprenditore a servirsi dello strumento in questione, ma che, soprattutto, non assolverebbe il compito di trasmettere quel messaggio di positività che aiuterà il mercato a distinguere i soggetti in difficoltà a causa del Coronavirus da quelli la cui situazione di crisi sia riconducibile ad altre cause.

Fermo il giudizio assolutamente positivo sull'iniziativa legislativa che ha reso improcedibili tutte le istanze di fallimento, credo tuttavia che vada subito ripristinata la facoltà per l'imprenditore di richiedere il proprio fallimento. Questa opportunità (che da subito si potrebbe qualificare come attivazione della liquidazione giudiziale con richiamo agli articoli del CCII che la disciplinano) ha carattere urgente[2], posto che l'auto-fallimento (o auto-liquidazione), in determinate circostanze, può atteggiarsi a strumento di auto-tutela con il quale l'impresa, dopo avere verificato l'impossibilità di percorrere soluzioni alternative, opta per far dichiarare (anche nell'interesse pubblico) la propria insolvenza; in tal modo avviando la liquidazione dalla quale talvolta potrebbero scaturire soluzioni di salvaguardia della continuità aziendale.[3]

NOTE
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[1] La proposta è di Limitone, L'accompagnamento fuori della crisi con l'aiuto dell'OCC-Covid-19, in questa Rivista (https://blog.ilcaso.it/news_905). L'idea è di notevole pregio e, se non comportasse la necessità di attivare l'organismo concepito dal CCII, sarebbe la soluzione migliore.

[2] Così Irrera, La crisi d'impresa e la continuità aziendale ai tempi del Coronavirus, in questa Rivista (https://blog.ilcaso.it/news_899).

[3] Si veda in proposito Fimmanò, La resilienza dell'impresa di fronte alla crisi da Coronavirus mediante affitto d'azienda alla newco-start up, auto-fallimento e concordato "programmati" (https://blog.ilcaso.it/news_874).





















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