Concordato preventivo e contratti pendenti: applicabilità dell'art. 169 bis l.f. al concordato con riserva e convocazione del terzo contraente
Pubblicato il 01/01/14 02:00 [Articolo 924]






Lo scritto è stato pubblicato ed è dunque reperibile anche in "Diritto fallimentare e delle società commerciali" (Il), 2014, n. 2, CEDAM, parte II, p. 147.
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Con il d.l. 83/2012, in vigore dall'11 settembre 2012, il legislatore ha introdotto una specifica regolamentazione di quei contratti che, alla data di apertura del concordato, sono ancora in corso di esecuzione[1] perché non interamente eseguiti da entrambi i contraenti, quali possono essere, per esempio, la vendita, i contratti di somministrazione, quelli di locazione finanziaria, alcuni tipi di contratti bancari ecc.

L'introduzione di questa disciplina, contenuta nell'art. 169 bis L.Fall., appositamente inserito, segna una vera e propria innovazione da più parti attesa ed invocata.

Nella pratica si era, infatti, riscontrato che la maggior parte delle proposte e dei piani concordatari non prevedeva la sorte dei contratti pendenti (che nel fallimento sono invece regolati agli artt. 72 ss. L.Fall.), così che la loro prosecuzione dava luogo a molti inconvenienti, tra i quali vi erano i costi e gli oneri successivi all'apertura del concordato, che devono essere collocati in prededuzione, o la quantificazione dei danni patiti dalla controparte contrattuale per effetto della procedura di concordato, per i quali era assolutamente incerto il trattamento applicabile.

A queste problematiche, delle quali quelle sopra citate sono solo le più frequenti, il legislatore ha cercato di porre rimedio con le norme contenute nell'art. 169 bis, le quali riconoscono all'imprenditore che presenta la domanda di concordato la facoltà di chiedere l'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti in corso di esecuzione.

Tra gli interrogativi sorti in occasione delle prima applicazione di queste disposizioni ve ne sono due di particolare rilievo: i) se esse siano applicabili anche al concordato c.d. "con riserva", di cui all'art. 161, comma 6, L.Fall.; ii) se il giudice chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione o di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione debba, prima di pronunciarsi, convocare la controparte contrattuale, ovvero il terzo contraente.

Su questi aspetti sono intervenute alcune pronunce di tribunali[2], ma prima d'ora nessuna di corte d'appello.

Con la decisione in commento, la Corte di Appello di Venezia si è occupata di entrambe le questioni con soluzioni che stimolano alcune riflessioni.

Sul primo punto, se scioglimento o sospensione dei contratti possano essere autorizzati anche per il periodo del concordato con riserva che, come è noto, precede la presentazione della proposta e del piano (il concordato c.d. pieno), la Corte ha risposto in senso affermativo[3], affermando che, a tal fine, deve essere considerato decisivo il richiamo, contenuto nel comma 6 dell'art. 161 L.Fall., alla domanda vera e propria di concordato: "L'imprenditore puo' depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione…".

La domanda di concordato è, in sostanza una sola e si può presentare completa di tutto quanto previsto dall'art. 161 oppure, in base al comma 6, riservandosi di presentare proposta, piano e documentazione in un secondo momento, nel termine concesso dal tribunale.

La posizione espressa su questo aspetto dalla decisione in commento deve essere condivisa, poiché la prosecuzione dei contratti[4] nel periodo del concordato con riserva produce in molti casi costi in prededuzione che rischiano di pregiudicare la soluzione concordataria, riducendo drasticamente i vantaggi offerti dallo strumento del concordato prenotativo.

In ordine al secondo aspetto, se si debba sempre disporre la convocazione della controparte contrattuale, la Corte ne ha affermato la necessità in termini pressoché assoluti, richiamando il principio del contraddittorio, previsto dall'art. 101 della Costituzione, del quale hanno fatto applicazione molte decisioni della Cassazione che, proprio in tema di procedimenti di natura camerale, quale potrebbe essere quello che riguarda il 169 bis L.Fall., ne hanno sottolineato l'inderogabilità tutte le volte che sia identificabile un controinteressato.

Orbene, se questa impostazione è in linea di principio condivisibile per quei procedimenti nei quali entrambe le parti del rapporto sono in bonis, lo stesso non può dirsi per quelle situazioni ove una di esse è coinvolta in procedure concorsuali o comunque in procedimenti che hanno come causa il superamento di una situazione di crisi. In questi procedimenti, infatti, l'interesse dei singoli è posposto a quello della collettività dei creditori e gli interessi perseguiti dalla procedura concorsuale sono anche di rilievo pubblicistico.

In quest'ottica, occorre dare adeguato rilievo al fatto che l'art. 169 bis L.Fall. attribuisce al solo debitore la facoltà di chiedere l'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei rapporti e non prevede alcun potere o intervento del terzo contraente.

Lo strumento introdotto dal legislatore ha, infatti, lo scopo di consentire all'imprenditore di progettare e proporre una soluzione concordataria da sottoporre al voto dei creditori avvalendosi anche della possibilità di ottenere la sospensione o lo scioglimento dei contratti[5]. Se questo è vero, se cioè compete al debitore formulare la proposta che tra le altre cose prevede anche l'utilizzo della facoltà offerta dal 169 bis L.Fall., non si vede quale spazio di intervento possa trovare il contraente in bonis.

A questo proposito va, inoltre, sottolineato che la situazione di crisi del proponente il concordato assume, ai fini di cui stiamo parlando, particolare rilievo, perché il terzo contraente è legato da un rapporto contrattuale con un soggetto che se non è già inadempiente lo diventerà sicuramente qualora la soluzione concordataria non abbia esito positivo.

La situazione del terzo contraente è, quindi, già compromessa e questo potrebbe essere il motivo per il quale il legislatore non ha previsto la sua convocazione.

Il procedimento concordatario prevede un trattamento dei creditori a carattere collettivo, con adunanza e voto maggioritario. In mancanza di espressa deroga normativa, in mancanza cioè di una disposizione che preveda un diverso trattamento per coloro che sono legati al debitore da un contratto in corso di esecuzione, non vi è ragione perché a questi soggetti venga riservato un trattamento diverso da quello degli altri creditori.

A ciò si aggiunga che il 169 bis prevede in modo esplicito che il contraente matura un diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno derivante dall'inadempimento e che tale "credito" è soddisfatto come credito anteriore al concordato.

E', quindi, la stessa norma di cui ci occupiamo che, attraverso la previsione di un indennizzo da pagasi in moneta concordataria, classifica il terzo contraente alla stregua di un creditore.

Il contraente in bonis dovrà, quindi, essere trattato come tutti gli altri creditori ed eventualmente collocato in apposita classe in ragione della comunanza di posizione giuridica o di interessi economici.

Tuttavia, anche qualora si voglia ritenere opportuna la convocazione del terzo contraente, è il caso di accennare al fatto che può presentarsi la necessità di ottenere una autorizzazione urgente ed immediata alla sospensione o allo scioglimento, che consenta di evitare che il tempo necessario alla convocazione del terzo contraente produca pregiudizi irreversibili al patrimonio dell'imprenditore che chiede l'accesso al concordato.

Ed è proprio su questo specifico problema che si è pronunciato il Tribunale di Udine, il quale, con il provvedimento del 25 settembre 2013[6], ha autorizzato la sospensione di vari contratti di locazione senza disporre la convocazione del locatore proprio per evitare che, a seguito dell'inadempimento, si producesse un danno irreparabile al patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori.

Su questo delicato argomento, val la pena di osservare che ove si dovesse ritenere indispensabile o anche solo opportuna la convocazione del terzo, nei casi di particolare urgenza, si potrebbe emettere una pronuncia inaudita altera parte, con successiva convocazione dell'interessato, così come avviene nei procedimenti cautelari di cui agli artt. 669 bis ss. c.p.c.

NOTE
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[1] I contratti in corso di esecuzione, così definiti nella rubrica dell'art. 169 bis l.f. altro non sarebbero che i contratti pendenti di cui agli artt. 72 ss. l.f., così LAMANNA, La nozione di "contratti pendenti" nel concordato preventivo, in www.ilfallimentarista.it; in senso dubitativo INZITARI, I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l'art. 169-bis L.Fall.

[2] Tra le quali: Trib. Modena, 30 novembre 2012, in www.ilcaso.it, I, 8196, Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, ivi, I, 8499, Trib. Mantova, 27 settembre 2012, ivi, I, 7874, Trib. Udine, 25 settembre 2013, ivi, I, 9531)

[3] Della stessa opinione anche STANGHELLINI, Il concordato con continuità aziendale, in Il Fallimento, 2013, p. 1231; di diverso avviso BOZZA, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, ivi, 2013, p. 1121. Sull'argomento anche FABIANI, in www.ilcaso.it, II, 351.

[4] La regola generale, in mancanza di autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento è, infatti, la prosecuzione dei contratti in corso di esecuzione; così FABIANI, in www.ilcaso.it, II, 351 e, in giurisprudenza, Trib. Terni, 12 ottobre 2012, ivi, II, 8036.

[5] In questo senso si segnalano Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, in www.ilcaso.it, I, 9381, e Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, cit.)

[6] Trib. Udine, 25 settembre 2013, cit.





















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