Contratti pendenti nel concordato preventivo e audizione del terzo contraente nel nuovo art. 169-bis l.f.: prime riflessioni
Pubblicato il 02/10/15 02:00 [Articolo 413]






Lo scritto è stato pubblicato ed è dunque reperibile anche in "Diritto fallimentare e delle società commerciali", 2014.
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Sommario: 1. Istanza di sospensione e audizione dell'altro contraente; 2. Modalità di audizione del contraente e sommarie informazioni.


Istanza di sospensione e audizione dell'altro contraente

Il decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 e la successiva legge di conversione 6 agosto 2015 n. 132 hanno apportato significative modifiche all'art. 169-bis legge fallim., introdotto dal decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 allo scopo di disciplinare la sorte dei contratti in corso di esecuzione, ora espressamente definiti pendenti, al momento dell'apertura della procedura di concordato preventivo.
Una di queste modifiche consiste nella espressa regolamentazione del procedimento che il proponente il concordato deve seguire per ottenere l'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data della presentazione del ricorso per concordato. La nuova disposizione prevede, infatti, che il giudice chiamato a decidere se concedere o meno l'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione di detti contratti debba, prima di decidere, "sentire" la controparte contrattuale del debitore.
La previsione in parola è stata inserita nel primo comma che già prima della novella disciplinava lo scioglimento e la sospensione dei contratti, due fattispecie, queste, che sono ancora oggi contemplate in distinti periodi, il primo dedicato allo scioglimento, il secondo alla sospensione.
Il decreto legge 83/2015 e la legge di conversione sono intervenuti modificando il primo periodo del primo comma dell'articolo 169-bis legge fallim. con la previsione di un procedimento semplificato che prevede l'obbligo di sentire l'altro contraente, mentre il secondo periodo, quello che regolava ed ancor oggi regola la sospensione, è rimasto intatto.
La prima domanda che viene allora spontaneo porsi sulla base delle modalità di intervento di cui si è detto è se il legislatore abbia voluto prescrivere l'audizione dell'altro contraente solo quando si tratti di decidere sull'autorizzazione allo scioglimento e l'abbia, invece, ritenuta non necessaria per autorizzare la sospensione.
Ai fini che ci interessano, può essere utile chiedersi se, al di là del dato sistematico al quale abbiamo fatto cenno, siano individuabili altre ragioni che possono sostenere questa interpretazione.
Un primo argomento potrebbe trarre spunto dalla diversa natura delle due fattispecie della scioglimento e della sospensione laddove si consideri che la sospensione ha carattere temporaneo, in quanto può essere concessa per un periodo non superiore a sessanta giorni, prorogabile una sola volta, mentre lo scioglimento ha carattere definitivo, quanto meno nell'ambito della vicenda concordataria.
La sospensione, pertanto, incide solo temporaneamente sugli interessi del terzo contraente.
Non va, infatti, dimenticato che buona parte della giurisprudenza successiva all'introduzione della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo ha ritenuto che non potesse essere autorizzato lo scioglimento durante la fase di concordato con riserva, giustificando questa scelta con l'affermazione che lo scioglimento, a differenza della sospensione, ha appunto carattere definitivo e che può, quindi, essere molto rischioso autorizzarlo in un momento in cui non sono ancora noti i termini della proposta e del piano.
Si noti, poi, che la giurisprudenza è orami concorde sul fatto che, durante il concordato con riserva, anche quando viene chiesta l'autorizzazione alla sola sospensione, il ricorrente debba effettuare una disclosure sulle linee essenziali del piano, debba, quindi, offrire al giudice elementi di conoscenza che gli consentano di valutare la pertinenza della richiesta con la soluzione della crisi che l'impresa intende proporre ai creditori.
La scelta del legislatore di prevedere l'audizione del contraente, unita alla facoltà per il giudice di raccogliere informazioni, può quindi essere letta come una risposta a questa preoccupazione che ha visto nello scioglimento un intervento destinato ad incidere in modo definitivo ed unilaterale sulla sorte del contratto e sul diritto del terzo contraente quando ancora non solo non è possibile sapere quale sia la soluzione della crisi proposta ai creditori o anche soltanto se essa verrà in effetti formulata, se sarà ammissibile ed omologata.
Appare evidente che un simile problema non si pone quando si tratta di decidere della sospensione dei contratti, posto che il legislatore ha espressamente delineato tale fattispecie come una vicenda a carattere temporaneo, destinata a mutare l'equilibrio contrattuale per un tempo assai limitato, determinato con una unità di misura analoga a quella che, nel concordato con riserva, definisce il termine per la presentazione della proposta e del piano e la sua eventuale proroga.
Per quanto, inoltre, anche la sospensione possa prestarsi a produrre effetti sfavorevoli per il contraente in bonis, la stessa, a ben vedere, si rivela la soluzione meno invasiva sull'equilibrio contrattuale, in quanto si limita a fermare l'esecuzione del rapporto, congelandolo e ponendolo in uno stato di quiescenza. La sospensione, sul piano degli effetti imposti al contraente, rappresenta evidentemente una soluzione di cautela diametralmente opposta allo vicenda dello scioglimento.
Dalla natura temporanea della sospensione è forse possibile trarre una seconda argomentazione a sostegno della interpretazione che abbiamo ipotizzato.
Una volta che il proponente abbia ottenuto l'autorizzazione alla sospensione del contratto pendente, al momento del deposito della proposta o comunque alla scadenza del periodo di sospensione, dovrà comunque prendere una decisione definitiva in ordine al rapporto. Egli potrà rinunciare ad incidere su di esso, così che il contratto proseguirà, oppure, dopo aver chiesto la sospensione, con il piano, o anche successivamente (la nuova disposizione prevede, infatti, che l'istanza possa essere presentata anche dopo il decreto di ammissione alla procedura), il proponente potrà chiedere di potersi definitivamente sciogliere. Ed allora, in questa seconda ipotesi, verrà recuperata la possibilità di decidere con le garanzie offerte dall'audizione dell'altro contraente ed assumendo le necessarie informazioni, in sostanza con le garanzie offerte dal procedimento delineato dal nuovo primo periodo del primo comma dell'art. 169-bis legge fallim.
La mancata audizione dell'altro contraente quando si debba decidere se autorizzare la sola sospensione si potrebbe, pertanto, giustificare con il fatto che la decisione definitiva, quella che incide sul contratto verrà comunque adottata con le modalità previste per lo scioglimento.
Un ulteriore argomento a favore della tesi che stiamo esaminando è rintracciabile nel dato letterale della norma transitoria contenuta nell'art. 23 del decreto legge 83/2015, articolo che disciplina l'entrata in vigore delle modifiche apportate dall'intervento del legislatore.
E' agevole constatare che la disposizione prescrive l'applicazione delle nuove disposizioni del 169-bis alle sole istanze di scioglimento presentate successivamente all'entrata in vigore del decreto legge e nulla dice delle istanza per ottenere l'autorizzazione allo scioglimento.
Parrebbe allora che il legislatore abbia ritenuto che le innovazioni apportate all'art. 169-bis siano solo quelle relative alle istanze di scioglimento.
Senonchè, il decreto legge non ha apportato al 169-bis solo la modifica di cui abbiamo parlato, in quanto ha anche aggiunto un ultimo periodo al primo comma, l'ultimo del secondo comma e l'intero quinto comma.
Ma quale può essere allora la ragione per cui il legislatore non ha detto semplicemente che tutte le modifiche all'art. 169-bis si applicano alle istanze presentate successivamente alla entrata in vigore del decreto legge?
Ebbene, non è escluso che il legislatore abbia voluto dirci, e in tal modo sottolineare, che le uniche disposizioni che necessitano di una norma transitoria sono quelle introdotte in tema di scioglimento, e ciò in quanto le altre, sempre nelle intenzioni del legislatore, non dovrebbero avere portata innovativa, bensì interpretativa, norme che, come tali, non richiedono una regolamentazione transitoria.
Le norme interpretative, infatti, dette anche di interpretazione autentica, sono norme che non introducono nuove disposizioni, ma che si limitano a chiarire il significato di disposizioni già esistenti, suscettibili di essere interpretate in quel dato modo. Per questo genere di disposizioni non si pone, pertanto, il problema della decorrenza degli effetti, perché, esse non innovano, non introducono una nuova regola la cui vigenza nel tempo deve essere disciplinata: esse si limitano a dire come deve essere interpretata una norma ed esprimono, quindi, principi che hanno effetto retroattivo, applicabili anche ai casi sorti in epoca anteriore alla loro promulgazione.
Il legislatore, pertanto, prendendo in considerazione, nella norma transitoria, solo lo scioglimento, ha voluto probabilmente dirci che hanno natura innovativa solo le disposizioni che riguardano tale fattispecie, mentre le altre vorrebbero essere, sempre nelle intenzioni del legislatore, norme di interpretazione autentica.
La modifica consistente nell'aggiunta del quinto comma, quella che disciplina lo scioglimento del contratto di locazione finanziaria con un sistema molto simile a quello del fallimento, si rivolge espressamente alla sola ipotesi dello scioglimento ed è all'evidenza una diposizione innovativa, al pari di quella, analoga, a suo tempo introdotta dalla nuova formulazione dell'art. 72-quater legge fallim.
Le altre due modifiche riguardano una la decorrenza degli effetti del provvedimento autorizzativo, l'altra la prededuzione delle prestazioni eseguite in corso di procedura.
La prima è contenuta nell'ultimo periodo del primo comma e chiarisce che gli effetti dello scioglimento o della sospensione hanno effetto dalla comunicazione del provvedimento autorizzativo all'altro contraente.
Tale principio era, però, già prima d'oggi deducibile dalla disciplina dell'istituto, tanto che la giurisprudenza più accorta e parte della dottrina si erano già espresse in questi termini. E, del resto, non si vede come possa essere diversamente, posto che l'istituto di cui stiamo parlando parla di autorizzazione al contraente a sciogliere o sospendere il contratto e non stabilisce, invece, che il giudice chiamato a concedere l'autorizzazione disponga direttamente lo scioglimento o la sospensione. Sarà, quindi, il proponente il concordato che, una volta ottenuta l'autorizzazione, dovrà decidere se avvalersi della stessa, ponendo in essere un atto di natura negoziale che incide sul rapporto contrattuale con l'altro contraente. In mancanza dell'iniziativa del proponente, di un atto negoziale dell'impresa che propone il concordato, l'autorizzazione concessa dal giudice non potrà, pertanto, spiegare effetto alcuno.
Analoga osservazione può essere fatta per la disposizione aggiunta alla fine del secondo comma, secondo la quale le prestazioni eseguite dopo l'inizio della procedura, dopo la pubblicazione del ricorso, e che trovano titolo nei contratti ancora pendenti generano crediti prededucibili.
Credo sia, quindi, possibile affermare la natura interpretativa anche di questo intervento, perché, se il contratto pendente tra le parti non viene inciso da un provvedimento di scioglimento o di sospensione, esso prosegue anche per il tempo successivo all'inizio della procedura, anche in caso di concordato con riserva, e la prosecuzione non potrà che generare obbligazioni che godono del trattamento della prededuzione in base ai criteri dettati dall'art. 111 legge fallim.
Questa regola era già stata affermata dalla dottrina e da alcune sentenze particolarmente attente. Le stesse parole, utilizzate dal legislatore nel periodo aggiunto alla fine del primo comma, "fermo restando" tendono ad evocare un concetto, un principio acquisito che dovrebbe già far parte della disciplina di questo istituto.


Modalità di audizione del contraente e sommarie informazioni

La disposizione che regola il procedimento di autorizzazione, contenuta nel primo periodo del primo comma dell'art. 169-bis legge fallim., non prevede espressamente la fissazione di un'udienza, ma solamente che il terzo contraente venga "sentito", il che potrà certamente avvenire nel corso di un'udienza, ma potrà aver luogo anche mediante l'assegnazione da parte del giudice di un termine per la produzione di scritti e di documenti.
Del resto, se dovessimo ritenere sempre necessaria un'udienza, dovremmo concludere per un irrigidimento del procedimento che di certo il legislatore non ha voluto, posto che non ha parlato espressamente di un'udienza e non ha fatto, come avrebbe potuto, esplicito richiamo ad un determinato tipo di procedimento, anche sommario, ma ha delineato un sistema autonomo e semplificato, i cui tratti essenziali e caratterizzanti sono costituiti dalla necessaria consultazione dell'altro contraente, dalla facoltà per il giudice di assumere informazioni e dall'adozione di un provvedimento motivato.
Pertanto, se la locuzione "sentito l'altro contraente", come credo, non prevede necessariamente un'udienza, è forse possibile ipotizzare un procedimento particolarmente agile, ove il debitore che formula istanza di autorizzazione allo scioglimento dei contratti notifichi l'istanza medesima direttamente alla controparte contrattuale invitandola a replicare entro un determinato termine mediante deposito in cancelleria di memorie e documenti.
Quanto alla facoltà per il giudice di assumere sommarie informazioni, la stessa si rivela certamente opportuna. Si pensi ai casi di inerzia del terzo contraente pur avvertito o convocato o alla carenza di informazioni da parte dello stesso ricorrente che chiede l'autorizzazione. Il giudice potrà ora richiedere integrazioni prima di tutto allo stesso proponente ma anche, ritengo, direttamente al terzo contraente o alle pubbliche amministrazioni, in analoga a quanto avviene nel processo ordinario mediante l'apposito strumento previsto dall'art. 213 c.p.c.



1) Il contenuto dello scritto costituisce parte della relazione dal titolo "I contratti pendenti nel nuovo concordato preventivo" tenuta al convegno "Le recenti novità del d.l. Giustizia per la crescita: le misure in materia fallimentare, civile e sul PCT" che ha avuto luogo a Modena il 23 settembre 2015.






















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