Il direttore di banca investitore retail e l' "inadeguatezza" dell'art. 31 del reg. Consob 11522/98
Pubblicato il 17/10/08 02:00 [Articolo 654]






Lo scritto è stato pubblicato ed è dunque reperibile anche in "Banche, consumatori e tutela del risparmio. Servizi di investimento, market abuse e rapporti bancari. 2009, ISBN 8814149690, GIUFFRÈ.
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Sommario: 1. Il caso; 2. Adeguatezza dell'operazione ed applicazione "elastica" dei criteri di individuazione dell'esperienza dell'investitore; 3. L'"inadeguatezza" dell'art. 31 del reg. Consob n. 11522/98; 4. I tentativi di riforma, la MIFID e la riduzione del margine di intervento del giudice; 5. Conclusioni.


1. Il caso
Una recente sentenza del Tribunale di Torino1 offre lo spunto per una sintetica riflessione sulla nozione di operatore qualificato contenuta nell'art. 31 del reg. Consob n. 11522/1998. La fattispecie sottoposta all'esame dei giudici presenta, invero, aspetti del tutto peculiari in quanto sono abbastanza rare le decisioni in cui si applica la normativa dettata per la persona fisica che sia inquadrabile nella categoria dell'«operatore qualificato».
Non è dunque la tipologia dello strumento finanziario che ci porta ad esaminare il caso: sappiamo che buona parte delle decisioni delle corti italiane in questa materia traggono origine dal default delle obbligazioni argentine.2 E neppure il vizio posto dall'attore a fondamento della domanda di nullità dell'operazione di negoziazione (la mancata stipulazione per iscritto del contratto quadro) costituisce, di per sé, una novità. Non sono, infatti, rare le decisioni che fondano la dichiarazione di nullità delle operazioni sulla violazione del requisito della forma scritta previsto dalle norme del T.U.F. e del regolamento per i contratti relativi ai servizi di investimento.3
Ciò che ci induce ad utilizzare questa decisione come pretesto di riflessione è il fatto che chi ha agito per ottenere la dichiarazione di nullità dell'operazione e la restituzione della somma investita, è niente meno che il direttore della filiale della banca presso la quale, nel luglio e nell'ottobre del 2000, sono stati eseguiti gli ordini di acquisto delle obbligazioni.
La banca convenuta in giudizio si è difesa deducendo il rapporto professionale dell'attore e sottolineando che lo stesso, non essendo di certo inesperto e privo di conoscenza dei mercati finanziari, avrebbe dovuto essere considerato un operatore qualificato ai sensi dell'art. 31 del reg. Consob n. 11522/98. Al caso in esame, secondo la difesa della banca, avrebbero dovuto pertanto essere applicate le disposizioni contenute in tale articolo, tra le quali quella che esonera l'intermediario dall'uso della forma scritta per la stipula dei contratti di investimento.4
Com'è noto, il citato regolamento prevede che molte delle norme poste a tutela dell'investitore non trovino applicazione qualora la controparte dell'intermediario sia un operatore qualificato. Questa forte attenuazione delle forme di tutela, che normalmente devono essere applicate a tutti gli investitori, troverebbe la sua giustificazione nel fatto che i soggetti che, secondo il disposto dell'art. 31 del regolamento, possono essere definiti operatori qualificati sono muniti di una esperienza e conoscenza in mercati e strumenti finanziari tali da rendere superflue buona parte delle tutele informative ed operative approntate dalla legislazione speciale.5
Ma ciò che interessa in questa sede - e che di sicuro appare a prima vista quanto meno sorprendente - è che il tribunale ha accolto la domanda del direttore e condannato la banca al risarcimento dei danni dallo stesso patiti.
In particolare, la sentenza torinese ha affermato che l'attore, nonostante avesse il titolo di ragioniere e, quale direttore della banca, fosse ben lungi dal poter essere considerato un soggetto inesperto, non possedeva tuttavia i requisiti richiesti dall'art. 31 del regolamento intermediari perché la persona fisica possa essere inquadrata nella categoria delle controparti qualificate.
Le persone fisiche possono, infatti, essere ritenute operatori qualificati solo qualora abbiano conseguito il titolo di promotori finanziari o qualora documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal T.U.F. per coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare.6
Insomma, secondo il regolamento n. 11522/98 emanato dalla Consob, l'investitore persona fisica che non abbia svolto funzioni di amministrazione e controllo di una SIM deve essere sempre considerato come un investitore inesperto e ciò anche se si tratta di un espertissimo trader con un'operatività di svariate operazioni in strumenti sofisticati ed anche se tale circostanza sia evidente e facilmente documentabile.
Nei rapporti con questo genere di persone, l'intermediario dovrà dunque applicare le norme poste a garanzia dell'investitore sprovveduto, operare anche a tutela dei suoi interessi, effettuare la consegna del documento sui rischi generali di investimento, interrogare il soggetto sulla sua propensione al rischio, informarlo dei rischi specifici di determinati strumenti, nonché avvertirlo ed ottenere la sua autorizzazione scritta (o verbale registrata su nastro) qualora egli debba dar corso ad operazioni inadeguate.
La norme sull'adeguatezza dell'operazione richiedono l'elaborazione di un giudizio con margini di discrezionalità, che consente ad intermediari e giudici di adattare al singolo caso concreto le norme e principi che ispirano la speciale normativa di settore.

2. Adeguatezza dell'operazione ed applicazione "elastica" dei criteri di individuazione dell'esperienza dell'investitore
Le norme a tutela dell'investitore sono state applicate dai giudici di merito in molteplici occasioni e la giurisprudenza che ne è scaturita ha rivelato come la disciplina abbia lasciato all'interprete un certo margine di discrezionalità nell'ambito della valutazione dell'esperienza degli investitori.
Molte delle decisioni che negli ultimi anni hanno impegnato la giurisprudenza hanno dovuto pronunciarsi, infatti, sull'adeguatezza delle operazioni di negoziazione e le corti chiamate a questo compito hanno elaborato regole di giudizio finalizzate a stimare, caso per caso, il livello di informazione e di consapevolezza del risparmiatore in rapporto al tipo di operazione e ai rischi ad essa connessi.7
Dall'esame delle fattispecie nelle quali sono state applicate queste regole, emerge che il giudizio relativo all'adeguatezza dell'operazione, anziché scaturire dall'utilizzo di rigidi criteri definiti in astratto dalla legge, è in realtà caratterizzato da una elasticità che ha consentito alle corti di coniugare ed adattare al singolo caso concreto i principi che ispirano la speciale normativa di settore.
L'intermediario, forte della propria esperienza e conoscenza dei mercati finanziari, è chiamato ad assistere e tutelare l'investitore al momento della negoziazione, valutando l'adeguatezza dell'operazione in rapporto alla sua propensione al rischio ed alla strategia di investimento da questi prescelta. L'intermediario dovrà quindi adempiere ai propri obblighi informativi che dovranno essere «diversamente calibrati ... soddisfando le specifiche esigenze informative proprie del singolo rapporto»8, valutando se il tipo di strumento negoziato e la sua quantità siano adeguati al profilo di rischio del risparmiatore e, nell'esprimere questo giudizio, dovrà tenere conto delle caratteristiche del mercato, dello strumento finanziario prescelto9 e di tutte le informazioni di cui dispone sul proprio cliente.10 Dovrà pertanto valutare la pregressa operatività, il grado di istruzione, la professione, l'età, le specifiche richieste del cliente e la composizione del suo portafoglio; dovrà servirsi, insomma, per esprimere il giudizio di adeguatezza di ogni singola operazione, di molteplici elementi.
Appare allora evidente come una simile valutazione, che peraltro presuppone una approfondita conoscenza degli strumenti finanziari in capo allo stesso intermediario, venga operata attraverso l'elaborazione di un giudizio che presenta margini di discrezionalità all'interno dei quali è possibile muoversi ricorrendo alle proprie competenze e soprattutto applicando le regole della diligenza professionale.
La valutazione dell'adeguatezza dell'operazione, in sostanza, è oggetto di un esame assolutamente svincolato da rigidi criteri formali, ma che si esprime attraverso la combinazione di svariati fattori, che l'interprete deve di volta in volta coniugare in base alle caratteristiche del caso concreto sottoposto al suo giudizio11, facendo ricorso alle regole ed ai principi dell'informazione, della trasparenza, della competenza professionale e della buona fede. L'intermediario prima ed il giudice poi sono chiamati a compiere scelte discrezionali di notevole rilevanza12, scelte che, nella maggior parte dei casi, fanno la differenza tra la corretta applicazione delle norme di comportamento e la loro violazione.

3. L'"inadeguatezza" dell'art. 31 del reg. Consob n. 11522/98
Nel caso dell'operatore qualificato persona fisica, diversamente da quanto la legge prevede per la clientela retail, l'intermediario prima ed il giudice poi non hanno alcun margine per stabilire se l'investitore sia in effetti un soggetto esperto in possesso di quelle conoscenze e soprattutto di quelle informazioni che potrebbero in teoria consentirgli di operare in modo consapevole sui mercati finanziari.
Se la persona fisica non ha svolto funzioni di direzione o di controllo in una SIM è sempre comunque un normale investitore, al quale deve essere applicata la policy di tutela prevista dalla legislazione speciale.
Questa rigidità della normativa porta però a conseguenze che appaiono necessariamente stonate, come quelle scaturite dalla decisione del Tribunale di Torino. La sentenza, che ha appunto applicato l'art. 31 del regolamento, ha concluso affermando che il direttore di banca, nonostante non sia un soggetto inesperto, non può comunque essere classificato nella categoria degli operatori qualificati e deve pertanto essere trattato alla stregua di un qualsiasi altro investitore.
La tesi, corretta sul piano formale, si pone tuttavia in stridente contrasto con la realtà fattuale ed evidenzia in modo manifesto come l'art. 31 del regolamento, concepito, nella parte che stiamo esaminando, in modo da non lasciare all'interprete alcun margine di valutazione, porti in concreto ad esiti sorprendenti e forse contrari allo spirito ed ai principi che informano la normativa contenta nel T.U.F.
L'organo di vigilanza, nell'indicare nell'art. 31 del regolamento il trattamento della persona fisica in possesso di una determinata preparazione in strumenti finanziari, avrebbe dovuto attenersi al criterio a tal fine dettato dall'art. 6, comma 2 del TUF e «tener conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei medesimi». La necessità di tener conto di differenti esigenze di tutela avrebbe dovuto portare ad una disciplina con una graduazione degli obblighi informativi e di comportamento idonea a regolamentare una più ampia gamma di ipotesi, nella quale obblighi informativi e tutela fossero calibrati in base al diverso livello di esperienza e di informazione degli investitori.
L'organo di vigilanza ha invece dettato una norma che prevede solo due possibilità: o l'investitore è un professionista del settore (promotore finanziario, dirigente o controllore di SIM) o è una persona normale che, come tale, è con tutta probabilità sprovvista di esperienza di mercati finanziari.
Il direttore di banca dispone, nella stragrande maggioranza dei casi, di una esperienza in strumenti finanziari che gli deriva non solo dall'attività quotidiana svolta presso la propria agenzia, ma anche dal fatto che, quale dirigente, è tenuto a verificare che il personale a lui sottoposto applichi in modo corretto la normativa di settore. La sua non è, quindi, una semplice conoscenza di quei fattori che connotano il rischio inevitabilmente connesso alle operazioni di negoziazione, bensì una conoscenza anche giuridica della disciplina che deve essere di volta in volta applicata. Nell'ambito e nei settori subordinati alla sua direzione, l'esperienza del direttore di filiale è altresì organizzativa e gestionale, nel senso che egli è tenuto a controllare e organizzare il personale affinché, nello svolgimento della attività di intermediazione mobiliare, massimizzi il proprio rendimento.
Il direttore dunque, nella maggior parte dei casi, è in grado non solo di comprendere i rischi connessi alle operazioni che decide di porre in essere, ma pure di utilizzare la propria conoscenza ed esperienza giuridica ed organizzativa a fini strumentali, per sottrarsi, nel caso di esito infausto della operazioni compiute, alle conseguenze negative che ne conseguono.13
Il potere direttivo sui sottoposti lo pone, infine, in condizione di agire senza un immediato controllo, consentendogli di operare sui mercati finanziari senza sottoscrivere - come è accaduto nel caso di specie - alcun contratto.
Ma la scelta trasfusa nell'art. 31 del regolamento con riguardo alla graduazione degli obblighi informativi e di tutela della persona fisica rivela la sua criticità non solo perché, come si è detto, tenta di ricondurre tutte le fattispecie a due sole categorie di soggetti, ma anche perché la disciplina emanata abbandona in modo deciso la possibilità per l'interprete di operare quella valutazione discrezionale di cui abbiamo parlato con riferimento alla adeguatezza dell'operazione.
L'intermediario non avrà quindi nessun margine di manovra, non potrà far ricorso alla propria competenza professionale né alle informazioni di cui dispone in relazione alle caratteristiche dell'investitore ed alla sua pregressa operatività. L'intermediario prima e il giudice poi non potranno tener conto del fatto che quell'investitore abbia in precedenza operato, magari con successo, in sofisticati strumenti finanziari derivati o che disponga di un portafoglio composto in modo tale da gestire con equilibrio ed oculatezza il rischio.14
Qualora l'investitore sia una persona fisica, nessuna circostanza al di fuori di quelle previste dalla norma varrebbe a definire il cliente dell'intermediario controparte qualificata esperta in strumenti finanziari.
Il margine di discrezionalità utilizzato dall'intermediario allorché esprime una valutazione sull'adeguatezza dell'operazione proposta ad un normale investitore consente, come abbiamo detto, di adeguare la normativa al caso concreto, ovvero di soppesare elementi di vario genere quali professione dell'investitore, età, pregressa operatività, composizione ed entità del portafoglio ed anche dichiarazioni rese dallo stesso cliente al fine di comprendere se una determinata operazione sia o meno adeguata al suo profilo di rischio.
La giurisprudenza in più occasioni ha fatto uso di queste regole adattando al caso concreto i principi dettati in tema di adeguatezza dell'operazione. Significative al proposito sono le decisioni che esprimono tale giudizio sulla scorta del criterio, elaborato dai giudici, della composizione e dimensione del portafoglio del cliente.
E' stata ritenuta adeguata l'operazione d'acquisto di obbligazioni a carattere speculativo (Cirio ed Argentina) da parte di un cliente che doveva ritenersi munito di una certa esperienza per avere in passato investito in obbligazioni per oltre 900 milioni di lire e per aver chiesto informazioni su contratti derivati.15 E' stato poi considerato adeguato l'acquisto di obbligazioni di natura speculativa da parte di un soggetto che destinava ad investimenti rischiosi una percentuale variabile tra il 14 e il 28 per cento della liquidità.16
Particolarmente significativa, in questo contesto, è la decisione con la quale si è ritenuta adeguata l'operazione di acquisto da parte di un maresciallo della Guardia di Finanza, da poco in pensione, di obbligazioni della Repubblica Argentina per un importo non superiore a 10.000,00 euro a fronte di un patrimonio investito di circa 60.000,00 euro costituito anche da azioni.17
Il Tribunale di Venezia ha affermato in ispecie che il profilo di rischio dell'investitore può variare nel corso del rapporto, per cui l'adeguatezza di ogni singola operazione deve tener conto dei mutamenti del profilo dell'investitore ricavabili dagli acquisti dallo stesso mano a mano posti in essere.18 In questi casi, la valutazione dell'interprete si prospetta quindi come dinamica e soprattutto, ciò che in questa sede preme evidenziare, indipendente e svincolata dal dato puramente formale acquisito con la modulistica sottoscritta al momento della stipula del contratto.19
Di fronte a casi di questo genere, riesce difficile negare che l'interprete non disponga di una importantissima funzione in grado di superare il dato formale acquisito con la modulistica e che si alimenta della effettività del caso concreto che si presenta sottoposto alla sua valutazione con tutte le sfaccettature tipiche della realtà fattuale.
L'importante funzione svolta in questa materia dal concetto di adeguatezza dell'operazione è stata da tempo messa in evidenza da autorevole dottrina: «...il riferimento alle informazioni adeguate può essere utilizzato come strumento per rafforzare le regole informative previste a livello regolamentare e allo stesso tempo per attenuarne la rigidità. Il concetto di adeguatezza costituisce, dunque, nel settore in esame, il momento di congiunzione con i principi generali, così che gli obblighi informativi possono far leva sul principio di buona fede oggettiva e di professionalità ed essere applicati con gradazioni e intensità diverse in tutte le fasi del rapporto tra le parti».20
Moltissime sono le sentenze che si sono pronunciate sull'adeguatezza dell'operazione e tutte le corti chiamate a decidere in merito hanno fatto largo uso del margine discrezionale lasciato dalla normativa.21
I precedenti giurisprudenziali cui si è fatto cenno testimoniano come l'attività interpretativa dell'applicazione della norma al caso concreto si risolva di fatto in una modalità di graduazione degli obblighi informativi rimessa all'intermediario nella fase di operatività ed al giudice nella fase contenziosa.
Ed allora non si comprende il motivo per il quale siffata regola di giudizio sia stata esclusa con riferimento all'operatore qualificato persona fisica, posto che la sua applicazione avrebbe consentito di «tener conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei medesimi», così come richiesto dall'art. 6, comma 2, del TUF.
La scelta della Consob che ha redatto la disposizione di cui si discute è quindi criticabile da un lato perché pone l'alternativa rigida che non consente di inquadrare nella fattispecie normativa astratta la fattispecie dell'operatore non direttore di SIM, ma comunque esperto in strumenti finanziari, e dall'altro perché la sua rigidità contraddice lo spirito che caratterizza la normativa di protezione dell'investitore, arricchita, come si è detto, dalla facoltà data all'interprete di valutare in concreto e di volta in volta la effettiva esperienza dell'investitore.

4. I tentativi di riforma, la MIFID e la riduzione del margine di intervento del giudice
La stessa Consob, nella bozza di riforma del regolamento 11522/98, ha proposto che le disposizioni dell'art. 31 riguardanti la definizione dell'operatore qualificato persona fisica venissero modificate prevedendo che tale soggetto, per essere considerato operatore qualificato, dovesse documentare il possesso di particolari requisiti, quali l'aver effettuato un certo numero di operazioni in un dato tempo per un determinato controvalore, l'avere disponibilità liquide e strumenti finanziari per un ammontare non inferiore a 0,5 milioni di euro e l'avere una esperienza lavorativa nel settore finanziario di almeno un anno in posizioni che presuppongano il possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari. 22
La proposta di riforma - che tuttavia non ha avuto seguito - era però evidentemente ancora caratterizzata da una certa rigidità, posto che si basava su requisiti formali solo in teoria facilmente verificabili e persisteva nell'escludere l'intervento del giudice.
Per le ragioni già esposte, non si può che criticare questa modalità di regolamentazione, che toglie ogni spazio di discrezionalità all'interprete e che, come si è detto, «conduce a situazioni paradossali e pregiudizievoli per il mercato»23
Benché sia presto per esprimere un giudizio sulle problematiche che emergeranno dall'applicazione delle norme introdotte dalla MIFID24, pare opportuno sin d'ora segnalare che la direttiva ha cercato di rimediare al problema determinato dall'art. 31 del regolamento nella parte in cui non consente all'interprete di individuare diverse "categorie" di investitori "qualificati" in base all'effettivo grado di esperienza e conoscenza dei mercati.
La normativa scaturita dall'applicazione della direttiva 25 ha introdotto, tra le molte innovazioni, una ripartizione dei clienti investitori che si presenta sicuramente assai più variegata di quella prevista dalle disposizioni previgenti. E tale ripartizione appare, almeno in linea astratta, più adatta a tener conto del diverso grado di preparazione degli investitori.
La categoria delle controparti qualificate26 è stata suddivisa in due sotto-categorie che pongono da una parte soggetti quali imprese di investimento, banche, imprese di assicurazione, S.G.R., fondazioni ecc.27 e dall'altra i clienti professionali28. Tra i clienti professionali vi sono quelli che tali sono di diritto, sulla base dei parametri di individuazione contenuti nelle disposizioni normative e che comprendono clienti professionali privati29 e clienti professionali pubblici (le controparti qualificate individuate dall'art. 31 del "vecchio" regolamento rientrano tra i clienti professionali di diritto).
Nella categoria dei clienti professionali rientrano, poi, sia persone fisiche sia persone giuridiche che soddisfano requisiti quali frequenza e dimensione delle operazioni poste in essere, entità del portafoglio e professione svolta. Ne potranno far parte altresì i clienti al dettaglio che lo richiedano espressamente. Questi soggetti, debitamente informati, potranno, infatti, optare per essere trattati come clienti professionali e rinunciare alle tutele a loro vantaggio previste.
A loro volta, i clienti professionali potranno chiedere di essere trattati come clienti al dettaglio. In questo caso, però, non sarà sufficiente la loro semplice dichiarazione di volontà, ma dovrà essere espresso anche il consenso dell'intermediario.
Sia pur in modo molto sintetico conviene accennare altresì al fatto che la MIFID ha apportato rilevanti innovazioni anche con riferimento agli obblighi di informazione che variano in modo considerevole in base al tipo di cliente del cui livello di conoscenza l'intermediario non potrà non tener conto.30 Anche l'informazione (disclosure) dovuta dall'intermediario sarà diversa non solo in base al cliente ma pure al tipo di servizio prestato, come nel caso della gestione di portafogli.
Assai rilevanti sono le innovazioni relative al giudizio di adeguatezza dell'operazione.
Va subito detto che qualora l'intermediario si limiti a prestare il servizio di ricezione e trasmissione ordini per conto dei clienti (execution only) egli non sarà tenuto ad effettuare alcuna verifica di congruità.31 Se si pon mente al fatto che buona parte delle questioni approdate in tribunale avevano ad oggetto la pura e semplice ricezione e trasmissione di ordini (che vincolava pur sempre l'intermediario a tutelare il cliente ed a stimare l'adeguatezza dell'operazione32) non sarà difficile rendersi conto della circostanza che la nuova norma dovrebbe portare da una parte ad una considerevole deflazione del contenzioso e dall'altra ad una situazione di minor tutela dell'investitore.
La MIFID ha ora previsto che una vera e propria valutazione di adeguatezza dell'operazione venga effettuata dall'intermediario soltanto nell'ambito della prestazione dei servizi di gestione di portafogli ed in quelli di consulenza in materia di investimenti.33 Nella prestazione degli altri servizi di investimento - esclusa l'execution only - l'intermediario sarà tenuto ad una valutazione non di adeguatezza ma di appropriatezza, che attiene solo alla compatibilità del tipo di investimento con l'esperienza e le conoscenze dell'investitore.34
A differenza da quanto accadeva in passato, qualora l'intermediario giudichi l'operazione inadeguata, dovrà astenersi dall'eseguirla e ciò anche in presenza di una eventuale richiesta scritta in tal senso del cliente.
Qualora invece, nei servizi diversi dalla consulenza e dalla gestione, l'intermediario ritenga che l'operazione scelta dal cliente non sia appropriata alla conoscenza ed esperienza del medesimo, potrà ugualmente darvi corso purchè avverta il cliente di tale circostanza. Diversamente dal passato, non sarà in tal caso necessario il consenso scritto del cliente, così come non sarà necessario che l'intermediario indichi le ragioni per le quali ritiene di sconsigliare l'operazione.
Come è agevole constatare da questi brevi cenni, la nuova disciplina si presenta sicuramente più flessibile e duttile di quella abrogata.
Con particolare riferimento all'operatore qualificato, è possibile dire che la distinzione di tale categoria in più sottocategorie, la possibilità che il soggetto migri da una categoria all'altra, la corrispondente graduazione degli obblighi informativi, il giudizio di adeguatezza e di appropriatezza costituiscono elementi che dovrebbero, almeno in astratto, porre rimedio ai problemi di rigidità dell'art. 31 del reg. 11522/98 di cui si parlato.
Ma vi è un aspetto della nuova normativa che merita di essere sin d'ora evidenziato.
Si è detto che qualora all'intermediario sia richiesto un servizio di mera esecuzione e trasmissione degli ordini (execution only), egli non sarà più tenuto ad effettuare la valutazione di adeguatezza o di appropriatezza dell'operazione.
Orbene, è noto che la maggior parte delle operazioni sottoposte al giudizio dei tribunali in questi ultimi a seguito dei recenti scandali finanziari (obbligazioni argentine, Cirio, Parmalat, ecc.), erano semplici operazioni di esecuzione e trasmissione degli ordini.
E' possibile, quindi, affermare che se la normativa introdotta dalla MIFID fosse già stata in vigore a quell'epoca, i risparmiatori non avrebbero trovato la tutela che in molti casi è stata loro accordata dai giudici, i quali, come sappiamo, hanno potuto, spesso avvalendosi del giudizio di adeguatezza, valutare la correttezza del comportamento degli intermediari.
Nella MIFID, invece, il giudizio di adeguatezza è limitato ad ipotesi (attività consulenza o di gestione) che, dal punto di vista statistico, si sono rivelate non molto frequenti. A ciò si aggiunga che l'intermediario, nell'esprimere il giudizio di appropriatezza, non è tenuto a comunicare per iscritto le specifiche ragioni che sconsigliano l'operazione35 e che, qualora l'investitore, nonostante tale avvertenza, intenda procedere ugualmente, egli non è tenuto a richiedere alcuna autorizzazione scritta.
Risulta palese che le nuove disposizioni hanno da una parte alleggerito gli oneri dell'intermediario e dall'altra limitato l'area d'intervento del giudice. Viene da chiedersi allora se l'attenuazione, nelle ipotesi esaminate degli oneri formali a carico degli operatori del settore, non finisca per togliere vigore al principio di trasparenza, che, come è noto, trova nel riscontro documentale uno dei modi più efficaci di promanare i suoi effetti.36
Siamo sicuri che gli intermediari faranno il possibile per far capire agli investitori che l'investimento diretto, attuato tramite l'execution only, li espone al rischio del "fai da te"?.

5. Conclusioni
Se da un lato è possibile affermare che i principi e le norme contenute nella MIFID contribuiscono ad evidenziare l'"inadeguatezza" della formulazione del vecchio art. 31 del regolamento intermediari, dall'altro lato non pare possibile ricorrere a tale nuova impostazione per ricercare una soluzione interpretativa che vi ponga rimedio.37
L'art. 31 è stato emanato dalla Consob in forza della deroga alla riserva relativa di legge contenuta nell'art. 6, comma 2 del T.U.F.38, per cui la normativa primaria (il T.U.F.) e quella secondaria (il Regolamento) hanno entrambe efficacia di norme di legge e devono essere considerate un corpus unicum.39
Le norme del T.U.F. sono, poi, immediatamente e direttamente applicabili anche nelle parti in cui si presentano come generiche ed anche in presenza di disposizioni regolamentari emanate dalla Consob.40 Dal che si deduce - e sul punto la dottrina appare concorde - che le regole di condotta elaborate dall'organo di vigilanza completano e non esauriscono la disciplina normativa, così che principi di carattere generale quali i doveri di informazione, trasparenza, correttezza e buona fede possono essere di volta in volta adattati al caso concreto.
E' stato pure sostenuto che, in caso di contrasto tra norme del TUF e norme del regolamento, le prime dovranno prevalere sulle seconde41 e che l'interprete di queste dovrà fare in modo che la loro applicazione sia conforme alle disposizioni di rango legislativo alla cui esecuzione le stesse sono preordinate.42
In dottrina ed anche in giurisprudenza vi è divergenza di opinioni sulla possibilità di sottoporre a sindacato di costituzionalità i regolamenti aventi forza pari a quella delle leggi ordinarie;43 non sembra tuttavia vi siano dubbi sul fatto che il giudice ordinario possa (debba) limitarsi a disapplicare la norma regolamentare che ritenga incostituzionale44, essendo il controllo di legittimità, in tale ipotesi, esercitato in forma «diffusa» dai giudici comuni in via incidentale e con effetti circoscritti al caso deciso.45
In linea di principio, dunque, si può sostenere che, ove vi siano antinomie tra norme appartenenti ai due diversi gruppi di disposizioni, si dovrà ricorrere ad una interpretazione sistematica così che ogni norma venga interpretata avendo riguardo al contesto entro cui si colloca ed alla presunzione di coerenza del sistema giuridico.46
Se i principi ed i criteri interpretativi cui si è fatto cenno vanno tenuti presenti nella materia di cui si discute, ciò nonostante non ci sembra condivisibile l'opinione che, nel caso sottoposto al Tribunale di Torino, ravvisa un palese contrasto tra la norma del regolamento ed il TUF.
Secondo tale impostazione, i criteri dettati dall'art. 31 per la classificazione della persona fisica nella categoria degli operatori qualificati si porrebbero in contraddizione con l'elasticità delle norme sulla valutazione delle operazioni inadeguate e darebbero luogo, al momento della loro applicazione, ad una antinomia in concreto. La contrapposizione risiederebbe nella circostanza che un operatore effettivamente qualificato (e che per di più occupa una posizione del tutto particolare all'interno della struttura organizzativa dell'intermediario) verrebbe di fatto trattato come un investitore inesperto, quando invece un operatore realmente inesperto che disponesse di un portafoglio compatibile con l'operazione contestata non godrebbe di analoga tutela ove l'intermediario, violando i propri doveri comportamentali, abbia omesso di avvertirlo dei rischi connessi allo strumento negoziato ed all'operazione.
Non sarebbe insomma accettabile che un investitore particolarmente esperto ottenga la tutela giudiziale, mentre quello meno esperto nei cui confronti l'intermediario si sia reso inadempiente47 sia costretto a sopportare le conseguenze dell'operazione dannosa.
Chi sostiene questa tesi afferma che il principio in base al quale gli obblighi informativi ed il comportamento degli intermediari devono essere graduati tenendo conto della qualità e dell'esperienza dell'investitore è contenuto nel TUF e, come tale, è applicabile autonomamente ed indipendentemente dalle disposizioni regolamentari. Dunque, il giudice avrebbe la possibilità di stimare in concreto, caso per caso, il reale grado di conoscenza ed esperienza dell'investitore e valutare se sanzionare o meno l'intermediario in rapporto al tipo di operazione contestata.
Tale impostazione non ci pare tuttavia immune da critiche.
Deve rilevarsi, invero, che la scelta operata da Consob con riferimento all'operatore qualificato persona fisica va nella direzione di estendere al maggior numero di soggetti il regime di protezione dell'investitore.
E siffatta impostazione appare coerente con i principi che ispirano e fondano la normativa del settore, in base ai quali la protezione dell'investitore costituisce un passaggio obbligato per la stessa integrità dei mercati. Le deroghe alla speciale disciplina protettiva dovranno pertanto essere eccezionali e giustificate da ragioni particolarissime.48
Una cosa è quindi dire che Consob, nel regolamentare la fattispecie oggetto di riflessione, avrebbe dovuto tener conto della varietà dei casi concreti e dell'opportunità di lasciare all'interprete un margine di valutazione, così come ha fatto con il giudizio di adeguatezza dell'operazione, altra cosa è dire che la scelta di Consob è sanzionabile sul piano interpretativo tanto da giustificare un'interpretazione adeguatrice o addirittura la sua disapplicazione.
Tra il principio, sicuramente presente nel TUF, che permette all'interprete di valutare l'adeguatezza dell'operazione e quello che tutela gli investitori facendo in modo che la maggior parte di loro venga posta sotto l'ombrello protettivo della normativa speciale, il regolamento ha scelto di far prevalere il secondo, con una opzione che, per quanto discutibile a causa della scarsa duttilità e delle conseguenti difficoltà applicative, non può certo dirsi in contrasto con la normativa di settore, posto che anzi, come detto, ne realizza uno degli scopi primari.49
Nell'esaminare la sentenza del Tribunale di Torino, non va, poi, trascurato il fatto che l'investitore nella fattispecie non aveva sottoscritto il contratto quadro e che la sentenza basi espressamente su tale aspetto la soluzione adottata; occorre altresì ricordare che il requisito della forma scritta è richiesto a pena di nullità dall'art. 23 del TUF.50
L'obbligo della forma scritta è, infatti, uno dei modi di attuare ed applicare il principio della trasparenza51 al cui rispetto gli intermediari sono tenuti per «realizzare l'interesse dei clienti e l'integrità del mercato».52 La forma, nel caso dell'intermediazione mobiliare, consente quindi di verificare se il comportamento dell'intermediario è rispettoso delle regole imposte dalla normativa, tra le quali assumono sicuramente rilevanza quelle che impongono il contenuto negoziale obbligatorio.53
Alla luce di queste considerazioni appare sensato affermare che l'abbandono della forma scritta debba essere giustificato da situazioni del tutto eccezionali.
La formulazione dell'art. 31 del regolamento che, in questa particolare fattispecie, esonera l'intermediario dall'applicazione di molte delle norme poste a tutela dell'investitore rende di fatto impossibile un'interpretazione adeguatrice che, a sua volta, andrebbe incontro al rischio di creare squilibri sistematici più gravi di quelli cui tenta di porre rimedio.
Pare insomma che la problematica di cui si discute non potesse che essere risolta con la formulazione di una nuova normativa che, così come ha fatto la MIFID, ha introdotto una più vasta gamma di categorie, con possibilità per l'investitore di essere catalogato in base a criteri che, almeno ad un primo esame, risultano piuttosto flessibili.
A conclusione di questa breve riflessione, vorremmo sottoporre al lettore i nostri dubbi sulla scelta che di fatto, per le motivazioni esposte, tende a ridurre l'ambito del giudice nella fase di controllo del comportamento dell'intermediario.
E' ben vero che l'alto numero degli investimenti attuati mediante acquisto diretto delle azioni da parte dei risparmiatori (execution only) è un'anomalia tipicamente italiana e che negli altri stati europei l'investitore è più propenso ad affidarsi a servizi di consulenza.
Ma ciò che in questa delicata materia dovrebbe indurre a maggiore prudenza è la considerazione che il mercato finanziario italiano è caratterizzato dalla presenza di pochissimi consulenti indipendenti e che la maggior parte dei prodotti offerti dagli intermediari (le banche) sono emessi da società in qualche modo vicine allo stesso intermediario.54
Si dovrebbe, poi, anche tener conto del problema della indipendenza delle agenzie di rating, le cui entrate sono correlate ai compensi delle stesse società che richiedono la valutazione e che hanno quindi interesse a che la stessa sia favorevole.
La giurisprudenza ha sottolineato la fondamentale importanza della valutazione di rating nella valutazione del rischio relativo a ciascun prodotto finanziario, tanto che in alcune decisioni è stato affermato che il rating può essere considerato un elemento essenziale dell'informazione dovuta dall'intermediario all'investitore.55
Se le agenzie che effettuano la valutazione del rischio operano in condizioni di potenziale conflitto di interessi riesce difficile credere che le stesse possano agire in modo realmente indipendente.56
Nel mercato italiano, a dispetto degli enunciati normativi, il conflitto di interessi degli intermediari è attualmente una realtà assai radicata e difficilmente eliminabile.
I recenti scandali finanziari, nonché la crisi dei mercati che tutto il pianeta sta in questi giorni vivendo - e che presenta risvolti che non potranno essere sottovalutati - sono eventi che dovrebbero indurre ad interrogarci sulla reale efficienza degli organi di vigilanza nei vari stati preposti a tale funzione ed ai quali la legge assegna una potestà normativa di notevole portata.
In questo particolare momento, in cui il sistema dei controlli ha dimostrato la propria insufficienza a vigilare sui mercati, viene da chiedersi se esista veramente un mercato maturo e stabile quale quello sul quale la direttiva pare voler fare affidamento e se sia giusta la scelta di emarginare il ruolo di controllo che, tramite il sistema giustizia, l'ordinamento può esercitare non solo sugli intermediari ma anche sull'efficienza degli organismi di vigilanza.









1) Trib. Torino 11 marzo 2008, in www.ilcaso.it, I, 1237.
2) La prima sentenza in tema di obbligazioni argentine è Trib. Mantova 18 marzo 2004, in Banca, borsa tit. cred., 2004, II, 440, con nota di MAFFEIS, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, commentata da SARTORI, Il mercato delle regole e la questione dei bonds argentini in Giur.it., 2005, 55 e da FIORIO, Doveri di comportamento degli intermediari, suitability rule, conflitto di interessi e nullità virtuale dei contratti di investimento in bond argentini, in Giur It. 2004, 2125; sempre in tema di obbligazioni argentine si segnala Trib. Mantova, 12 novembre 2004, in Giur. it., 2005, 754; a queste prime decisioni è seguita una copiosa giurisprudenza in parte reperibile su www.ilcaso.it.
3) L'art. 23 t.u.f. dell'art. prevede l'obbligo della forma scritta per «i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento». La norma non specifica tuttavia se la prescrizione della forma riguardi i contratti di negoziazione e trasmissione ordini o anche i singoli ordini posti in essere in esecuzione del contratto. Numerose sono le pronunce giurisprudenziali sul punto. Nel senso che la forma scritta imposta dall'art. 23 del T.U.F. riguarda solo il cd. "contratto quadro" si segnalano Trib. Venezia 22 novembre 2004, in Giur. It., 2005, 754; Trib. Genova, 2 agosto 2005, in Danno e Resp. 2005, 1225; Trib. Milano 25 luglio 2005, ibidem; Trib. Venezia 8 giugno 2005, ibidem; Trib. Mantova 22 marzo 2007, in www.ilcaso.it, I, 594, la quale esclude la convalida per gli ordini posti in essere senza previa sottoscrizione del contratto di negoziazione; Trib. Arezzo 17 aprile 2007, Ivi, I, 549; Trib. Milano 26 aprile 2007, Ivi, I, 546; Trib. Santa Maria Capua Vetere 4 ottobre 2007, Ivi, I, 1019; Trib. Parma 10 ottobre 2007, Ivi, I, 1032, la quale afferma che sono nulli, ai sensi dell'art. 1418, I comma, cod. civ., gli ordini di negoziazione posti in essere sulla base di un contratto quadro stipulato in data antecedente l'entrata in vigore delle disposizioni del TUF e che non sia stato aggiornato secondo le nuove norme che prevedono oneri formali ed ulteriori a carattere inderogabile; Trib. Venezia 25 ottobre 2007, Ivi, I, 1120; Trib. Taranto 8 gennaio 2008, Ivi, I, 1196; Trib. Milano 11 aprile 2008, Ivi, I, 1195. Nel senso di ritenere necessaria la forma scritta anche per gli ordini di negoziazione: Trib. Milano 7 ottobre 2004, in Giur. It., 2005, 754; Trib. Torino, 25 maggio 2005, in Giur. It., 2005, 1857; Trib. Bari 27 marzo 2006, in Corriere del Merito, 2006, 1000; Trib. Genova, 26. giugno 2006, in www.ilcaso.it, I, 398; Trib. Monza 4 giugno 2008, Ivi, I, 1258, che, pur ritenendo indispensabile la forma scritta, ammette la validità di ordini in assenza di contratto quadro purché impartiti per iscritto.
4) L'art. 30 del reg. Consob n. 11522/98 prescrive che gli intermediari autorizzati possano fornire i propri servizi solo sulla base di un contratto scritto avente un determinato contenuto (Art. 30 Contratti con gli investitori. 1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata all'investitore. [Omissis]) e l'art. 23 del T.U.F. prevede la sanzione della nullità per l'inosservanza della forma scritta nella stipula dei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento ed accessori (Art. 23 Contratti. 1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. [Omissis])
5) Tra le disposizioni di esonero contenute nell'art. 31 del regolamento spiccano quelle che consentono la disapplicazione dei doveri di informazione previsti dagli artt. 27, 28 e 29 e quella di cui si è detto relativa all'uso della forma scritta nei contratti di investimento.
Art. 31 (Rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori)
1. A eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.
2. Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.
6) L'art. 13, comma 1 del T.U.F. (D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164) dispone che "I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso Sim, società di gestione del risparmio, Sicav devono possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza stabiliti dal Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la Banca d'Italia e la Consob.". Il regolamento n. 468/1998, recante norme per l'individuazione dei requisiti di professionalità e di onorabilità dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso SIM, società di gestione del risparmio e SICAV (Adottato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica con decreto dell'11 novembre 1998, n. 468), all'art. 1, comma 1, prescrive che:
"I consiglieri di amministrazione ed i sindaci delle società di intermediazione mobiliare (di seguito "SIM"), delle società di gestione del risparmio (di seguito "SGR") e delle società di investimento a capitale variabile (di seguito "SICAV") devono essere scelti secondo criteri di professionalità e competenza fra persone che abbiano maturato una esperienza complessiva di almeno un triennio attraverso l'esercizio di:
a) attività di amministrazione o di controllo ovvero compiti direttivi presso imprese;
b) attività professionali in materia attinente al settore creditizio, finanziario, mobiliare, assicurativo o comunque funzionali all'attività della SIM, della SGR o della SICAV;
c) attività d'insegnamento universitario in materie giuridiche o economiche;
d) funzioni amministrative o dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni aventi attinenza con il settore creditizio, finanziario, mobiliare o assicurativo ovvero presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni che non hanno attinenza con i predetti settori purché le funzioni comportino la gestione di risorse economico-finanziarie."
7) Recente è l'intervento di Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, in www.ilcaso.it, I, 1344. Per una approfondita disamina del concetto di adeguatezza dell'operazione si rimanda a SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 198 e a FIORIO, La non adeguatezza delle operazioni di investimento, in Ivi, II, 71. In giurisprudenza sono numerose le decisioni che hanno espresso una valutazione sulla adeguatezza dell'operazione, tra le quali: Trib. Trani 30 maggio 2006, Ivi, I, 346; Trib. Trani 20 luglio 2006, Ivi, I, 548; Trib. Trani 28 settembre 2006, in Ivi, I, 471; Trib. Genova 3 novembre 2006, Ivi, I, 432; Trib. Savona 11 luglio 2007, Ivi, I, 1042; App. Torino 19 ottobre 2007, Ivi, I, 1075; Trib. Foggia 13 novembre 2007, Ivi, I, 1086; Trib. Venezia 28 febbraio 2008, Ivi, I, 1169; Trib. Padova 17 marzo 2008, Ivi, I, 1174; Trib. Livorno 20 giugno 2008, Ivi, I, 1308.
8) ALPA, Commento all'art. 21, in Alpa e Capriglione (a cura di), Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, 225.
9) Know your merchandise rule, cfr. SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 206; FIORIO, La non adeguatezza delle operazioni di investimento,cit.
10) Know your customer rule, cfr. SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 202; FIORIO, La non adeguatezza delle operazioni di investimento,cit.; Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, cit, la quale afferma che la regola di cui all'art. 21, comma 1, lett. b, (i soggetti abilitati "devono acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati") «impone all'operatore il dovere sia di farsi parte attiva nella richiesta all'investitore di notizie circa la sua esperienza e la sua situazione finanziaria, gli obiettivi di investimento e la propensione al rischio, sia di informare adeguatamente il cliente, al fine di porre il risparmiatore nella condizione di effettuare consapevoli e ragionate scelte di investimento o disinvestimento»; sul principio di adeguatezza si veda anche INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, 2008, Padova, p. 71 ss.
11) S. GRUNDMANN, L'autonomia privata nel mercato interno: le regole d'informazione come strumento, in Eur. Dir .priv., 2001, 295 s., il quale pone l'accento sulla attività interpretativa svolta dall'intermediario allorché assolve ai propri doveri infornativi: «...Gli intermediari dell'informazione devono quindi adeguare un'informazione complessa, e per lo più standardizzata, all'orizzonte recettivo dello specifico cliente, devono cioè ridurne la complessità ed inoltre applicare questa informazione al singolo caso».
12) SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004, p. 199, il quale evidenzia come il concetto di adeguatezza - che trova la propria fonte nell'art. 11, punto 5 della direttiva 93/22/CEE - è assimilabile all'analogo concetto d'oltre oceano di material fact, che consente di prescindere dalle aprioristiche specificazioni della Consob circa la definizione degli obblighi informativi. L'Autore afferma quindi che anche in Italia vi è spazio per una interpretazione elastica della disciplina dell'informazione che sia in grado di evitare sia di circoscrivere l'informazione richiesta a quella prevista a livello regolamentare, sia di travolgere l'investitore con una massa ingestibile di informazioni che porterebbe ad inevitabili distorsioni.
13) Fortemente critico sulla formulazione della norma è SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 169: «Nel formulare la norma la Commissione presuppone, a torto, che vi sia una identità tra persona fisica ... e contraente debole. L'erroneità della suddetta opinione si spiega osservando come non sia "difficile additar casi in cui il private investor esibisce un'expertice in grado di mettere alle corde gli esperti del settore". La parte in corsivo è tratta da CARRIERO, Statuto dell'impresa di investimento e disciplina del contratto nella riforma del mercato finanziario, Milano, 1997, p. 43, citata da Sartori.
14) In proposito si veda INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, cit. p. 99 ove con riferimento all'operatore qualificato persona giuridica si afferma che lo staus di operatore qualificato dovrebbe riguardare solo coloro che «per effettiva capacità, competenza ed esperienza, e quindi per ragioni obiettive» possono essere considerati tali.
15) Trib. Savona 11 luglio 2007, in www.ilcaso.it, I, 1042; Trib. Savona 9 maggio 2007, ivi, I, 1079.
16) Trib. Mantova 11 aprile 2006, in www.ilcaso.it, I, 290; Trib. Massa 21 giugno 2007, Ivi, I, 978; Trib. Milano 24 settembre 2008, Ivi, I, 1343.
17) Trib. Vasto 9 novembre 2006, in www.ilcaso.it, I, 420.
18) Trib. Venezia 28 febbraio 2008, in www.ilcaso.it, I, 1169: «...va affermato il principio per il quale ove vengano impugnate una pluralità di operazioni compiute in un certo arco di tempo, la percentuale di titoli speculativi da considerarsi come base per stabilire l'adeguatezza di ogni successiva operazione non coincide necessariamente con quella esistente precedentemente al primo acquisto ma può variare ed aggiornarsi in relazione alle caratteristiche dei successivi acquisti dell'investitore, il quale può cambiare il suo profilo di rischio nel corso del rapporto di investimento.»
19) Si pensi, a puro titolo di esempio, ad un investitore che inizi con acquisti di titoli di stato e si sposti successivamente su prodotti a maggior rischio quali azioni ed eventualmente derivati. Ad ogni operazione che non sia in sintonia con il profilo di rischio inizialmente prescelto, l'intermediario avrà l'onere di segnalare per iscritto l'inadeguatezza dell'operazione, ma dopo un certo numero di operazioni di questo genere tale obbligo dovrebbe venir meno avendo il cliente dimostrato, con i fatti, di aver mutato consapevolmente il proprio profilo di rischio. Con riferimento all'adeguatezza dell'operazione e quindi alla possibilità che le operazioni compiute dall'investiori ne mutino il profilo, Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, cit., ha affermato l'irrilevanza di operazioni a carattere occasionale in titoli a rischio.
20) SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 199, sottolineatura nostra; INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, cit, p. 71, ove si afferma che il principio di adeguatezza costituisce uno degli «aspetti fondamentali» della negoziazione di strumenti finanziari.
21) Tra le decisioni che hanno ritenuto adeguate le operazioni di investimento si segnalano le seguenti sentenze: Trib. Monza, 16 dicembre 2004, in www.ilcaso.it, I, 699; Trib. Milano 25 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1227; Trib. Torre Annunziata 27 giugno 2007, in www.ilcaso.it, I, 986; Trib. Ancona 2 marzo 2007, Ivi, I, 986; Trib. Vigevano 7 agosto 2006, Ivi, I, 586; Trib. Padova 17 maggio 2007, Ivi, I, 351; Trib. Catania 5 maggio 2006, Ivi, I, 319; Trib. Mantova 11 aprile 2006, Ivi, I, 290; Trib. Milano 15 marzo 2006, Ivi, I, 324; Hanno invece ritenuto non adeguate le operazioni: Trib. Torino, 7 novembre 2005, in Giur. it., 2006, 521; Trib. Livorno 21 novembre 2007, in www.ilcaso.it, I, 1118; Trib. Padova 31 ottobre 2007, Ivi, I, 1128; App. Torino 19 ottobre 2007, Ivi, I, 1075; Trib. Roma 20 agosto 2007, Ivi, I, 1081, la quale afferma che qualora l'intermediario non abbia provveduto ad assumere informazioni sulla situazione economica e sull'esperienza dell'investitore, si deve presumere che l'operazione di negoziazione posta in essere costituisca l'intero patrimonio dell'investitore; Trib. Barcellona Pozzo di Gotto 21 giugno 2007, Ivi, I, 1046; Trib. Vicenza 15 giugno 2007, Ivi, I, 1050; Trib. Mantova 8 febbraio 2007, Ivi, I, 541, la quale afferma che «l'inosservanza della soglia minima di ingresso fissata dall'intermediario finanziario per la stipula di contratti di gestione patrimoniale destinati all'investimento in futures costituisce un'operazione inadeguata per tipologia ed oggetto ed integra violazione della norma di cui all'art. 29 reg. Consob n. 11522/98».
22) Documento di consultazione Consob 2003 (reperibile su www.consob.it sezione documenti di consultazione - Regolamento intermediari).
Così era formulata la proposta di modifica della parte dell'art. 31 relativa alla persona fisica: [omissis]
2. Per operatori qualificati si intendono: [omissis]
- le persone fisiche che documentino il possesso di quantomeno due dei seguenti requisiti:
- aver effettuato almeno dieci operazioni in ciascuno dei quattro trimestri precedenti, per un controvalore complessivo annuo non inferiore a un milione di euro;
- avere disponibilità liquide e strumenti finanziari per un ammontare complessivo non inferiore a 0,5 milioni di euro;
- avere un'esperienza lavorativa nel settore finanziario di almeno un anno, in posizioni che presuppongano il possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari;
23) SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 238. L'Autore pone in evidenza come la tendenza al formalismo debba, nel campo della regolamentazione dei servizi finanziari, essere attentamente valuta nel rapporto costi/benefici e che la formalizzazione dei rapporti tra intermediario e cliente non deve condurre a neutralizzare lo spazio di interevento del giudice. Critico nei confronti del formalismo è anche MAFFEIS, Forme informative e cura sostanziale dell'interesse del cliente, in Riv. dir. privato, 2005, 587, nota 43, il quale, con riferimento all'informazione che deve essere data all'investitore, afferma che la stessa «non è uguale a sé stessa nei diversi ambiti di mercato bensì cambia al mutare della natura del bene o del servizio».
24) Dall'acronimo inglese "Marked in Financial Instrument Directive", è la direttiva n. 2004/39/CE del 21 aprile 2004 sui Mercati di Strumenti Finanziari che rientra nel Piano d'azione degli strumenti finanziari (FSAP dall'inglese Financial Services Action Plan) adottato dalla Commissione Europea nel maggio 1999.
Il FSAP è un insieme di 42 direttive finalizzate alla creazione di un mercato europeo dei capitali integrato, che dovrebbe in certo senso contrapporsi, in termini concorrenziali, con i mercati statunitensi e nell'ambito del quale la Direttiva MiFID è considerata l'intervento di maggiore rilevanza.
25) Alla direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004 hanno fatto seguito il regolamento attuativo n. 1287/2006/CE e la direttiva «di secondo livello» 2006/73/CE del 10 agosto 2006, quindi l'art. 10 della l. 6 febbraio 2007, n. 13 che contiene la delega al Governo per il recepimento della direttiva 2004/39/CE. La delega è stata poi attuata con il d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164, che ha apportato rilevanti modifiche al T.U.F. (d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58). Sono poi seguiti i regolamenti Consob di attuazione del d. lgs. n. 58/1998, e precisamente il regolamento n. 16190 ed il regolamento n. 16191 (cd. Nuovo Regolamento Mercati), che contiene le innovazioni di maggior rilievo in materia di mercati finanziari. La nuova normativa è entrata in vigore dal 1 novembre 2007 (il reg. 16191 il 2 novembre 2007) e sostituisce la precedente legislazione comunitaria che ha la sua fonte nella direttiva n. 93/22/CEE sui "Servizi di investimento nel settore degli strumenti finanziari" (Investment Services Directive - ISD), in vigore dal 10 maggio 1993. L'ISD era stata recepita nell'ordinamento italiano dal d. lgs 415/1996 poi confluito nel D.Lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza - TUF), nonché dalla regolamentazione attuativa CONSOB (delibere n. 11522/1998, n. 11768/1998, e n. 11971/1999).
26) Art. 24 dir. 2004/39/CE e art. 50 dir. 2006/73/CE.
27) Art. 6, comma 2 quater, lett. d), nn. 1), 2), 3) e 5) T.U.F. (nuovo testo).
28) Art. 6, comma 2 quater, lett. d), n. 4) T.U.F., all. n. 3, parte 1 e 2 Nuovo Reg. Intermediari.
29) All. n. 3 Nuovo Reg. Intermediari
30) Art. 31, comma 2 Nuovo Reg. Intermediari.
31) Art. 43 Nuovo Reg. Intermediari.
32) Cass. Sez., I civ., 25 giugno 208, n. 17340, cit., confermando l'orientamento della precedente giurisprudenza di merito, ha affermato che l'ambito oggettivo delle disposizioni concernenti le informazioni e le operazioni non adeguate è destinato a trovare applicazione anche là dove il servizio prestato dall'intermediario consista nell'esecuzione degli ordini dell'investitore.
33) Art. 40 Nuovo Reg. Intermediari.
34) Art. 42 Nuovo Reg. Intermediari.
35) In base all'art. 42 del reg. 16190/2007, l'avvertenza relativa alla non appropriatezza dell'operazione può essere fornita utilizzando un formato standardizzato.
36) ALPA, Quando il segno diventa comando: la trasparenza dei contratti bancari, assicurativi e dell'intermediazione finanziaria, in Riv. Trim. dir. Proc. civ. 2003, 2, 465, il quale, con riferimento al T.U. delle leggi bancarie, afferma che la trasparenza include anche l'obbligo della forma scritta dei contratti e che la trasparenza, in questo caso consente al contraente di conoscere e valutare l'operazione economica al momento della conclusione del contratto e, una volta concluso, di controllare il comportamento della controparte; l'A. prosegue osservando che l'uso della forma scritta consente altresì di limitare la modificazione unilaterale delle condizioni contrattuali; INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, cit, p. 4, ove si afferma che la forma scritta nel diritto dei contratti è finalizzata a garantire l'informazione e che, con specifico riferimento ai contratti bancari e finanziari caratterizzati da formazione unilaterale, il requisito della forma soddisfa una funzione che più che di informazione è di trasparenza perché consente al cliente di verificare in qualsiasi momento con certezza il contenuto degli obblighi.
37) Trib. Milano 2 aprile 2004, in www.ilcaso.it, I, 668, al fine di attribuire valore alla dichiarazione di competenza dell'operatore qualificato persona giuridica, ha indicato i criteri dimensionali proposti dal progetto di riforma dell'art. 31 del regolamento, Documento Consob 2003, cit.. In proposito si veda anche F.BRUNO-A.ROZZI, Il destino dell'operatore qualificato nell'ordinamento domestico alla luce della disciplina della Markets in financial instruments directive (MIFID), in Le Società, 2007, 277.
38) D.MAFFEIS, Forme informative e cura sostanziale dell'interesse del cliente, in Riv. dir. privato, 2005, 587.
39) Trib. Roma 8 ottobre 2004, in www.ilcaso.it, I, 702 ove si afferma che le norme del T.U.F. e quelle del regolamento configurano un regime multiforme e sempre aperto alla concreta regolamentazione di funzionamento del mercato deliberata dalla Consob, tenendo conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza dei medesimi; G.GRECO, Intermediazione finanziaria: la "nullità virtuale" per violazione degli obblighi di informazione, in www.ilcaso.it.
40) ALPA, Commento all'art. 21, in Alpa e Capriglione (a cura di), Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, cit.; F.SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, cit. p. 139.
41) Di notevole rilievo appare sul punto Trib. Roma 24 maggio 2007, in www.ilcaso.it, I, 1338, che affronta il problema del rapporto tra la legge primaria ed i regolamenti indipendenti. Il contenuto della decisione - a quanto ci risulta la prima sul tema - è di particolare rilevanza perché afferma che i regolamenti delle autorità indipendenti non possono assurgere al rango di atti normativi primari e che i regolamenti Consob in particolare sono legittimi in quanto emanati in virtù della riserva relativa di legge contenuta nell'art. 41 Cost., secondo il quale "la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali"; In argomento anche D.MAFFEIS, Forme informative e cura sostanziale dell'interesse del cliente, cit. 2005, 587.
42) R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano 1998, p. 224. Sui rapporti tra autorità indipendenti e giudici si veda L.ENRIQUES, Il ruolo delle Autorità di vigilanza sui mercati mobiliari nelle controversie economiche, intervento al convegno "Il contenzioso in Italia e in Europa" Roma 26 settembre 2008, in www.consob.it; F.ANNUNZIATA, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, 1993.
43) P.G. DEMARCHI, L'eccezione di incostituzionalità: profili processuali, Delli Priscoli­Demarchi, Bologna, 2008, p. 58, il quale evidenzia che si è espressa a favore della sindacabilità dei regolamenti parlamentari Cass. Sez. un. 23 marzo 1981, in Foro It., 1981, I, 1331, mentre Corte Cost. 23 maggio 1985, n. 154, in Foro It., 1985, I, 2173, ha affermato il contrario. Lo stesso autore sostiene poi che, per quanto riguarda le norme emanate in sede di delegificazione, il controllo di costituzionalità deve essere individuato nella legge di abilitazione all'emanazione del regolamento o nel controllo di legittimità del regolamento stesso operabile dai giudici ordinari e amministrativi.
44) P.G. DEMARCHI, L'eccezione di incostituzionalità, cit.
45) R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., p. 583.
46) R.GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., p. 222, l'Autore definisce sistematica quella interpretazione che previene le antinomie nell'ambito di un singolo documento normativo, evitando di ricavare da una data disposizione una norma che sarebbe in conflitto con un'altra norma, previamente ricavata da un'altra disposizione del medesimo documento normativo.
47) Sulle conseguenze della violazione degli oneri informativi da parte dell'intermediario va segnalato il recente intervento di Cass. Sez. Unite Civili 19 dicembre 2007, n. 26724, in Foro it., 2008, I, 784, con nota di E. SCODITTI, La violazione delle regole di comportamento dell'intermediario finanziario e le sezioni unite, la quale ha affermato che la violazione dei doveri suddetti da luogo ad inadempimento. Le Sez. Unite della S.C. hanno composto il contrasto tra le decisioni che hanno ritenuto applicabile la sanzione della nullità e coloro che hanno ritenuto applicabile la responsabilità per inadempimento. In argomento si segnalano: D.MAFFEIS Discipline preventive nei servizi di investimento: Le sezioni unite e la notte (degli investitori) In cui tutte le vacche sono nere, in www.ilcaso.it, II, 97; F.SARTORI, La (ri)vincita dei rimedi risarcitori: note critiche a Cassazione, (S.u.) 19 dicembre 2007, n. 26725, Ivi, II, 97; A.A.DOLMETTA Strutture rimediali per la violazione di «obblighi di fattispecie» da parte di intermediari finanziari (con peculiare riferimento a quelli di informazione e di adeguatezza operativa) Ivi, II, 83; D.MAFFEIS, Contro l'interpretazione abrogante della disciplina preventiva del conflitto di interessi (e di altri pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento, Ivi, II, 80.
48) E.RIMINI, Giur. Comm., 2004, II, 532.
49) «La realizzazione di un mercato unico per i servizi finanziari, che offra ai consumatori un alto livello di tutela, costituisce un obiettivo prioritario per la Comunità...» Così la raccomandazione del 1 marzo 2001 della Commissione dell'Unione europea sull'informativa precontrattuale fornita ai consumatori dagli istituti di credito che offrono mutui per la casa di abitazione (C 2001, n. 477).
50) Trib. Torino 11 marzo 2008, cit., a pag. 8, afferma che la validità del singolo negozio posto in essere dall'intermediario con il cliente presuppone l'avvenuto rispetto del principio sancito dall'art. 23 del TUF e che l'assenza del contratto quadro per mancanza della forma prescritta ad substantiam non può che comportare la nullità dell'ordine.
51) Sul principio di trasparenza nel nostro sistema giuridico, ALPA, Quando il segno diventa comando: la trasparenza dei contratti bancari, assicurativi e dell'intermediazione finanziaria, in Riv. Trim. dir. Proc. civ. 2003, 2, 465.
52) SARTORI, Le regole di condotta, cit, p. 152.
53) Art. 30 reg. Intermediari 11522/98.
54) La maggior parte delle banche gestisce fondi o altri strumenti finanziari tramite le società di gestione risparmio (SGR), nonostante l'invito della Banca d'Italia alla eliminazione delle situazioni di conflitto di interesse, cfr. Deliberazione 29 luglio 2008, in www.bancaditalia.it, sez. Vigilanza.
55) Trib. Roma 11 marzo 2005, in www.ilcaso.it, I, 83; Trib. Genova 12 aprile 2005, Ivi, I, 38, Trib. Pinerolo, 14 ottobre 2005, Trib. Catania, 5 maggio 2006 e Trib. Cagliari, 2 gennaio 2006, n. 43, in Resp. civ. Prev., 2007, fasc. IV, 912, con nota di G.FACCI, Il rating e la circolazione del prodotto finanziario: profili di responsabilità; Trib. Mantova 5 aprile 2005, in www.ilcaso.it, I, 64; Trib. Biella 12 luglio 2005, Ivi, I, 444; Trib. Milano 26 aprile 2006, Ivi, I, 287; Trib. Catania 5 maggio 2006, Ivi, I, 319; Trib. Prato 11 maggio 2007, Ivi, I, 584; Trib. Firenze 6 luglio 2007, Ivi, I, 1102; Trib. Roma 11 ottobre 2007, Ivi, I, 1085.
56) TONELLO, Le agenzie di rating finanziario. Il dibattito su un modello economico esposto al rischio di conflitto di interessi. Verso un sistema pubblico di controllo?, in Contratto e impr., 2005, p. 929. Sull'accusa alle agenzie di rating per la percentuale troppo alta di rating favorevoli alle cartolarizzazione dei mutui subprime, G.FACCI, Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 1/2008 e in www.ilcaso.it, II, 99.





















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