Esecuzione del concordato fallimentare e cancellazione delle ipoteche
Pubblicato il 09/04/08 02:00 [Articolo 913]






Lo scritto è stato pubblicato ed è dunque reperibile anche in "Il diritto fallimentare e delle società commerciali", Anno LXXXIII - N. 5 - Settembre-Ottobre 2008, p. 559.
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Sommario: 1. Premessa; 2. La giurisprudenza; 3. La cancellazione giudiziale delle ipoteche; 4. La cancellazione delle ipoteche e i provvedimenti del giudice delegato nell'esecuzione del concordato fallimentare; 5. La cancellazione con la sentenza di omologazione nel regime previgente la riforma; 6. La riforma e la cancellazione con il decreto di omologazione; 7. Conclusioni.


1. La riforma della legge fallimentare, attuata con il d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e quindi con il d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (cd. "decreto correttivo"), ha apportato importanti modifiche anche all'istituto del concordato fallimentare. Una delle innovazioni che è destinata ad incidere in modo decisivo sull'applicazione di tale istituto è quella contenuta nel terzo comma dell'art. 124, che consente e regola la compressione delle ragioni dei creditori privilegiati.

La norma, introdotta dalla riforma e "corretta" dal d. lgs. 169/2007, prevede infatti la possibilità che il piano concordatario offra una soddisfazione non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, purchè tale soddisfazione avvenga, nel rispetto del grado di privilegio, in misura non inferiore a quella realizzabile avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

Il legislatore, pertanto, dopo aver abbandonato la concezione che vedeva il concordato come un beneficio cui poteva accedere solo il debitore meritevole ("onesto e sfortunato"), ha acconsentito alla chiusura anticipata del fallimento per iniziativa dello stesso debitore o di terzi che offrano ai creditori privilegiati una soluzione simile - e comunque non peggiore - di quella ottenibile dalla prosecuzione della liquidazione dei beni in sede fallimentare. Potrà dunque accadere che i creditori privilegiati ed in particolare, per venire all'oggetto di questa breve riflessione, quelli garantiti da ipoteca, subiscano, per effetto del concordato, una falcidia delle loro ragioni.

Il fatto che i crediti garantiti da ipoteca possano, in sede di concordato fallimentare, ottenere soddisfazione solo parziale ripropone in termini di attualità il problema della cancellazione delle ipoteche iscritte prima del fallimento a garanzia dei crediti medesimi.

Ci si chiede quindi se il giudice delegato, allorché provveda, ai sensi dell'art. 136 legge fall., all'accertamento della esecuzione del concordato, possa ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei crediti ipotecari. E la problematica che, come vedremo, si era posta all'attenzione della dottrina e della giurisprudenza anche nel regime previgente, ove i creditori privilegiati ottenevano integrale soddisfacimento, rischia di divenire di decisiva rilevanza nel nuovo sistema concordatario ove per il creditore ipotecario è prevista una forma di soddisfazione solo parziale.

L'art. 136 legge fall., già nella formulazione previgente la recente riforma, al terzo comma, contemplava il potere del giudice delegato di accertare la completa esecuzione del concordato e nel contempo di ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia del concordato medesimo.[1] La norma prevede quindi espressamente che il giudice delegato possa ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte sui beni immobili facenti parte dell'attivo fallimentare a garanzia della esecuzione degli obblighi e degli impegni previsti dalla sentenza di omologazione del concordato a carico del garante, dell'assuntore o dello stesso debitore.

Sennonché, come è agevole constatare, la disposizione normativa in esame si riferisce esclusivamente alle ipoteche iscritte a favore della massa a garanzia della esecuzione del concordato e nulla stabilisce in ordine alle formalità iscritte prima della dichiarazione di fallimento a garanzia dei crediti che nel concordato ante riforma avrebbero comunque dovuto trovare integrale soddisfazione.

La sopravvivenza dell'iscrizione ipotecaria sui beni oggetto di concordato costituisce sicuramente un gravame destinato ad incidere sul valore del bene che ne è oggetto e questa condizione potrebbe apparire illogica e contraria allo scopo del concordato ed agli effetti che lo stesso comporta nei confronti dei creditori e del debitore.

In base all'art. 135 legge fall. il concordato fallimentare è, infatti, obbligatorio per tutti i creditori, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. Tutti i creditori quindi (privilegiati e non), ivi compresi quelli che non hanno partecipato alla procedura fallimentare, rimangono assoggettati agli effetti del concordato. Essi, pertanto, una volta eseguito il concordato con le modalità ed alle condizioni previste nella sentenza di omologazione, ne subiranno gli effetti e non potranno promuovere alcuna azione esecutiva sui beni del debitore facenti parte dell'attivo fallimentare.

Il regolare adempimento del concordato produce poi l'importante effetto esdebitativo nei confronti del debitore, il quale, a differenza di quanto avviene nel fallimento, viene liberato dai debiti residui non soddisfatti.[2]

Se dunque il concordato regolarmente adempiuto da un lato è obbligatorio per i tutti i creditori e dall'altro produce l'effetto di liberare il fallito dai debiti, riesce difficile comprendere il motivo per il quale i beni che formano oggetto degli accordi concordatari debbano rimanere gravati dalle ipoteche iscritte prima del fallimento a garanzia di quei crediti che i creditori non possono più esigere e dai quali il debitore viene liberato, tanto più se si tratta di creditori privilegiati che, come si è detto, secondo la normativa in vigore prima della riforma, hanno avuto integrale soddisfazione dalla completa esecuzione del concordato.

E la conseguenza di questa impostazione si rivela ancor più problematica qualora il concordato fallimentare preveda la cessione dei beni ad un assuntore. Anche in questo caso ci si è chiesti se il giudice, allorché dispone il trasferimento del bene all'assuntore, abbia il potere di ordinare al conservatore dei registri immobiliari la cancellazione delle ipoteche iscritte sul bene medesimo. Ci si è chiesti ancora se, in tale ipotesi, il potere del giudice di ordinare la cancellazione possa trovare fondamento nell'art. 586 c.p.c., il quale prevede che nel decreto di trasferimento del bene all'aggiudicatario sia contenuto l'ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni ipotecarie.

La questione, già sottoposta alla attenzione della giurisprudenza e della dottrina prima dell'entrata in vigore dell'art. 124, III comma legge fall., si pone ora con urgenza all'attenzione degli operatori per effetto del notevole incremento delle proposte di concordato su fallimenti la cui massa attiva comprende cespiti immobiliari.


2. La giurisprudenza ha avuto modo di occuparsi del problema in varie occasioni. In quasi tutti i casi esaminati, l'attenzione delle corti si è concentrata sul quesito se il provvedimento del giudice delegato che accerta la completa esecuzione del concordato ai sensi dell'art. 136 legge fall. possa o meno contenere l'ordine al conservatore di cancellazione delle ipoteche iscritte prima del fallimento a garanzia dei crediti.[3]

In alcuni precedenti piuttosto risalenti si è affermato che il provvedimento del giudice delegato divenuto definitivo in mancanza di reclamo ex art. 26 legge fall. costituisce titolo idoneo per ottenere la cancellazione. [4]

Altre pronunce hanno riconosciuto analoga efficacia al decreto di esecutività dello stato passivo, con il quale, in sede di verifica dei crediti, è stata dichiarata l'inefficacia di determinate garanzie ipotecarie.[5]

Di particolare interesse per la nostra indagine si prospetta la sentenza del Tribunale di Torino del 16 novembre 1990[6] , la quale osserva che nell'ambito del concordato, a differenza di quanto avviene nel fallimento, la falcidia concordataria non ha efficacia soltanto endofallimentare (nel fallimento, come è noto, una volta chiusa la procedura il creditore può richiedere al debitore il pagamento della parte non soddisfatta del proprio credito). Nel concordato fallimentare, invero, la falcidia concordataria determina l'estinzione dell'obbligazione in via definitiva, con l'unica limitazione della possibilità di azione nei confronti dei coobbligati e dei fideiussori ai sensi dell'art. 135 legge fall. Ciò posto, prosegue la sentenza, il consenso alla cancellazione delle ipoteche iscritte è atto dovuto per il creditore una volta che il concordato sia stato eseguito ed in difetto il terzo acquirente del bene (nel caso di specie l'assuntore) avrà facoltà di agire per ottenere una sentenza che ordini la cancellazione ed eventualmente si pronunci sulla richiesta di danni e spese derivanti dall'illegittimo rifiuto del creditore di prestare il proprio consenso alla rimozione della formalità pregiudizievole.

Dopo aver fatto questa precisazione, a nostro parere assolutamente condivisibile alla luce di quanto detto nei paragrafi che precedono, il tribunale nega tuttavia che la sentenza di omologazione del concordato possa contenere l'ordine di cancellazione delle formalità iscritte sugli immobili che per effetto dell'omologazione rimangono in capo al fallito o vengono trasferiti all'assuntore. Si legge nella decisione citata che, in tale ipotesi, non è applicabile l'art. 2884 cod. civ., in quanto la sentenza, che in base a detta norma costituisce titolo idoneo per la cancellazione dell'ipoteca, presuppone che venga radicato il contraddittorio nei confronti del creditore a favore del quale la formalità risulta iscritta. E poiché il creditore, prosegue il tribunale, non è parte del giudizio di omologazione, l'ordine di cancellazione eventualmente contenuto nella sentenza sarebbe pronunciato nei confronti di un terzo estraneo.

Altro interessante approfondimento della questione lo si rinviene nella pronuncia della Corte d'Appello di Catania del 4 novembre 1999[7], che, a conferma della decisione del giudice di primo grado, ha dichiarato inefficacie, perché emesso in carenza di potere, il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva ordinato la cancellazione delle ipoteche iscritte prima del fallimento sui beni trasferiti all'assuntore. La corte è pervenuta a tale conclusione dopo aver rilevato che "non può ritenersi sussistente un principio generale … alla cui stregua il trasferimento dei beni dell'attivo fallimentare agli assuntori in esecuzione del concordato comporta sempre ed automaticamente un effetto purgativo delle ipoteche iscritte sui cespiti trasferiti, sicchè gli stessi si intenderebbero acquisiti liberi da pesi ed oneri di qualsivoglia natura…un siffatto principio non risulta previsto da alcuna espressa previsione di legge, né può essere desunto dai principi generali che regolano la materia." La corte prosegue affermando che il trasferimento dei beni dell'attivo agli assuntori è regolato da principi che in via generale non implicano ma anzi escludono la liberazione dagli oneri e dai pesi precedenti al trasferimento, dovendo l'effetto traslativo in questione essere ricondotto esclusivamente alla sentenza di omologazione della proposta di concordato, proposta che dovrà pertanto contenere la previsione delle attività fallimentari oggetto di cessione e la cancellazione delle formalità di cui si discute.

Questa pronuncia, che pare sovvertire i principi dai quali è partita la presente riflessione, costituisce, a nostro modesto parere, un importante punto di riferimento per giungere ad una soluzione che consenta all'istituto del concordato fallimentare di perseguire lo scopo che gli è naturale nel rispetto dei diritti e delle garanzie dei creditori e dei principi che regolano la materia delle ipoteche.


3. Le norme dettate in tema di ipoteche prescrivono che il conservatore dei registri immobiliari possa procedere alla cancellazione della iscrizione ipotecaria a fronte dell'esplicito consenso del creditore ovvero di una sentenza che espressamente contenga l'ordine di cancellazione o di uno specifico provvedimento emesso da giudice competente.

In considerazione delle gravi conseguenze che derivano dalla cancellazione[8], la legge esige, quindi, che questa abbia luogo in forza di provvedimenti ben precisi, caratterizzati da certezza in ordine alla provenienza ed agli effetti, così da sollevare il conservatore da ogni valutazione che non sia quella in ordine alla idoneità del titolo per ottenere l'annotazione.[9]

Per attenersi al tema impostato, in questa sede si avrà riguardo solo ai casi di cancellazione giudiziale, posto che, ove il creditore dovesse prestare direttamente il proprio consenso (art. 2882 cod. civ.), il problema non si porrebbe.

L'art. 2884 cod. civ. richiede per la cancellazione una sentenza passata in giudicato o altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti.

Le sentenze di cui si discute si possono distinguere in due tipi: i) quelle che operano un accertamento in ordine alla esistenza del credito e che pertanto, come diretta conseguenza di tale accertamento, possono contenere anche l'ordine al conservatore di cancellazione dell'iscrizione della garanzia ipotecaria; ii) quelle che, pur non avendo ad oggetto l'accertamento del credito, definiscono giudizi promossi al solo scopo di ottenere la cancellazione della formalità[10] .

Per quanto riguarda l'«altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti» menzionato dall'articolo in esame, si ritiene che la legge abbia, con questa espressione, voluto limitare il novero degli atti idonei esclusivamente a quelli che siano espressamente previsti dalla legge come tali[11]. Vengono pertanto in considerazione il decreto cui si è già fatto cenno[12] , con il quale il giudice dell'esecuzione dispone il trasferimento del bene espropriato all'aggiudicatario[13], il provvedimento del giudice a conclusione del processo di purgazione delle ipoteche di cui agli artt. 794 e ss. cod. proc. civ. ed il provvedimento con il quale il giudice delegato, accertata l'esecuzione del concordato, ordina la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia del concordato medesimo [14].

Come è agevole constatare, per procedere alla cancellazione, occorre una sentenza passata in giudicato che contenga l'ordine al conservatore di cancellare l'iscrizione o altro provvedimento, diverso dalla sentenza e divenuto definitivo, emesso da un giudice sulla scorta di una norma che espressamente e specificamente gli riconosce tale potere.

La legge non prevede ulteriori ipotesi di cancellazione giudiziale delle ipoteche.


4. Come abbiamo detto, l'attenzione di quasi tutti i precedenti giurisprudenziali citati si è concentrata sul provvedimento reso dal giudice delegato ai sensi dell'art. 136, III comma, legge fall. e quindi sulla possibilità che il giudice, nell'adottare tale provvedimento, ordini la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei crediti concorrenti. E poiché anche la nostra riflessione è partita da questo punto, potrebbe essere utile accennare, sia pur brevemente, al ruolo degli organi della procedura nella fase conclusiva del procedimento di concordato fallimentare.

L'art. 136 legge fall. prevede che, una volta omologato il concordato, gli organi della procedura (giudice delegato, curatore e comitato dei creditori) ne sorveglino l'adempimento secondo le modalità stabilite nel provvedimento di omologazione. Il primo comma della norma detta quindi la regola generale che definisce il ruolo di siffatti organi, i quali sono appunto chiamati a svolgere una attività di sorveglianza che, come tale, si differenzia nettamente da quella svolta nella fase precedente l'omologazione, caratterizzata invece, per dirla in estrema sintesi, da un ruolo direttivo e da poteri destinati ad incidere profondamente sull'esito della procedura[15].

Il primo comma dell'articolo in esame, sostanzialmente immutato dopo le recenti riforme[16], delimita anche l'estensione del potere di sorveglianza degli organi, precisando che tale potere riguarda esclusivamente l'adempimento del concordato, le cui modalità sono stabilite nel decreto di omologazione.

Nella fase esecutiva del concordato, gli organi della procedura vedranno pertanto la loro attività regolata dal provvedimento di omologa, il quale conterrà la definizione delle modalità di esecuzione dell'accordo concordatario e definirà anche nel dettaglio i compiti loro assegnati. Non si vuole in questa sede procedere alla precisazione degli ambiti operativi degli organi della procedura, offrendo una distinzione tra funzioni di sorveglianza in senso lato e modalità attuative del provvedimento di omologa; ciò che si vuole evidenziare è come i poteri in questione, una volta che sia stato dichiarato chiuso il fallimento ai sensi dell'art. 130 l.f.[17], subiscano un mutamento radicale, dal momento che la legge sembra ricondurre in buona parte al provvedimento di omologa la loro fonte e giustificazione.

La dottrina prevalente ha sempre sostenuto che le funzioni degli organi dopo l'omologazione del concordato sono di natura amministrativa ed ha escluso che gli organi stessi conservino compiti di carattere giurisdizionale contenzioso.[18]

Su identica linea si è posta la giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che i provvedimenti emessi dal giudice delegato nell'ambito dell'esecuzione del concordato - e quindi dopo la chiusura del fallimento - hanno carattere gestorio ed amministrativo e sono riconducibili a funzioni tutorie degli organi della procedura.[19]

L'accento sul ruolo esecutivo degli organi è stato posto dalla Cassazione con riferimento al provvedimento con il quale il giudice delegato ha disposto, conformemente alla sentenza di omologazione, il trasferimento dei beni del fallimento all'assuntore del concordato. La Corte ha affermato che i provvedimenti integrativi o attuativi del giudice delegato si pongono, rispetto alla sentenza di omologazione, "come atti meramente esecutivi, pienamente consentiti ed anzi dovuti dal giudice delegato medesimo nell'esercizio del potere-dovere di sorvegliare sull'esecuzione del concordato, che permane finchè questo non abbia avuto integrale esecuzione."[20]

Anche di recente, autorevole dottrina ha ribadito che il ruolo degli organi della procedura nella fase esecutiva del concordato è limitato alla sorveglianza dell'adempimento e che l'eventuale loro coinvolgimento attivo deve aver luogo solo se espressamente previsto nella proposta di concordato.[21]

Si è negato, in sostanza, che possa attribuirsi natura decisoria al provvedimento del giudice delegato che accerta l'esecuzione del concordato, escludendo peraltro che contro tale atto possa essere esperito il rimedio di cui all'art. 111 Cost.[22]

Si è detto che il provvedimento in questione non solo non ha natura decisoria, ma nemmeno giurisdizionale, e che senza tali requisiti, trattandosi di provvedimento avente forma diversa dalla sentenza, non può essere impugnato con il ricorso straordinario per cassazione.[23]

E la situazione non è gran che mutata per effetto della riforma di cui al d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, che ha modificato il terzo comma dell'art. 136 conferendo al giudice delegato il compito di adottare "ogni misura idonea per il conseguimento delle finalità del concordato". Potrebbe sembrare, infatti, che il legislatore abbia voluto attribuire al giudice delegato un ampio potere di emanare provvedimenti finalizzati a realizzare lo scopo del concordato e si potrebbe essere indotti a credere che tra questi provvedimenti rientrino anche quelli di cancellazione delle ipoteche.

In realtà, il legislatore della riforma, non avendo modificato il primo comma della norma, ha lasciato intatta la regola generale che, come abbiamo detto, circoscrive il ruolo degli organi alla mera attività di sorveglianza.

Le funzioni del giudice delegato che si distinguono dalla pura e semplice attività di controllo sono poi specificamente indicate al terzo comma. Esse, infatti, conferiscono espressamente al giudice il potere di ordinare lo svincolo delle cauzioni e delle ipoteche iscritte a garanzia del concordato. Quando il legislatore ha voluto che nella fase di esecuzione del concordato gli organi della procedura svolgessero funzioni diverse dalla pura e semplice sorveglianza lo ha stabilito espressamente (ubi lex voluit…).

E questa considerazione appare ancor più fondata con riguardo al potere di ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia del concordato. La specifica previsione di tale facoltà è infatti coerente con la disciplina dettata in tema di ipoteche, che, come detto, richiede che la cancellazione giudiziale, nei casi in cui non venga disposta con sentenza, possa aver luogo solo sulla base di provvedimenti ad hoc espressamente previsti dalla legge. La formulazione del terzo comma dell'art. 136 legge fall. costituisce, pertanto, a nostro parere, la conferma di siffatta impostazione.

Significativa in tal senso è anche la terminologia utilizzata per definire gli ulteriori atti che il giudice può adottare: non "ordini", ma "misure".

Terminologia che manifesta l'intenzione di confermare che, in questa fase, gli atti del giudice sono sempre (salve le eccezioni cui si è accennato) di carattere amministrativo e non giurisdizionale.

Se il recente intervento riformatore ha di fatto confermato l'assetto della precedente disciplina, l'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale[24] svolta prima della riforma conserva ancor oggi tutto il suo valore e ad essa è possibile rifarsi per proseguire la nostra indagine.

Sulla scorta di quanto sino ad ora osservato ci pare di dover rispondere in senso negativo al quesito iniziale se l'art. 136 legge fall. conferisca al giudice delegato il potere di ordinare la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei crediti.

Abbiamo visto, invero, che l'art. 2884 cod. civ. prescrive che la cancellazione giudiziale delle ipoteche possa essere eseguita solo sulla scorta di sentenza passata in giudicato o di altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti. Ebbene: il provvedimento del giudice delegato reso ai sensi dell'art. 136 non è una sentenza posto che non ne possiede né i requisiti di forma né quelli di sostanza (il caratteristico contenuto decisorio). Abbiamo poi visto che la previsione contenuta nell'ultima parte dell'art. 2884 cod. civ., la quale fa riferimento ad altri provvedimenti definitivi emessi dalle autorità competenti, deve essere interpretata in senso rigoroso, atteso che i provvedimenti idonei alla cancellazione diversi dalle sentenze sono solo quelli cui la legge ha conferito espressamente tale efficacia[25] .

La disamina operata da dottrina e giurisprudenza sulla natura dei provvedimenti degli organi della procedura, con particolare riferimento a quelli del giudice delegato, nella fase di esecuzione del concordato dopo la chiusura del fallimento ci consente di affermare che in nessun caso a tali atti (con esclusione di quelli espressamente previsti dal terzo comma dell'art. 136) è possibile riconoscere natura giurisdizionale (richiesta dall'art. 2884 per la cancellazione delle ipoteche), essendo la loro funzione esclusivamente quella di favorire con misure di natura prettamente amministrativa l'esecuzione del concordato nel rispetto delle modalità fissate nella sentenza di omologazione.

Pertanto, sulla scorta delle considerazioni che precedono, ci pare possibile concludere che nella fase di esecuzione del concordato fallimentare, nessun atto del giudice delegato è idoneo ad ottenere la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei crediti prima della dichiarazione di fallimento.


5. Se i provvedimenti del giudice delegato adottati nell'ambito della attività di sorveglianza sulla esecuzione del concordato fallimentare ai sensi dell'art. 136 legge fall. non consentono di ottenere la cancellazione delle ipoteche relative ai crediti che in seguito al concordato vengono soddisfatti, è spontaneo chiedersi se tale efficacia sia attribuibile al provvedimento che omologa il concordato, in modo che l'effetto esdebitativo si possa realizzare rimuovendo ogni vincolo sul patrimonio del debitore.

La risposta al quesito non si prospetta però particolarmente agevole, soprattutto alla luce delle modifiche apportate all'istituto del concordato dalla recente riforma.

Prima di affrontare gli aspetti critici scaturiti dalla riforma medesima, in ordine allo specifico tema, può essere utile fare un brevissimo cenno alla situazione previgente.

Gli articoli 129, 130 e 131 legge fall. prevedevano che il procedimento di omologazione del concordato fallimentare avvenisse in seguito ad un giudizio all'esito del quale veniva emessa la sentenza di omologa. Avverso la sentenza (art. 131) era possibile proporre appello e contro la decisione di appello era ammesso ricorso in cassazione. Per espressa previsione normativa, inoltre, (art. 131, ultimo comma) la sentenza era idonea alla formazione del giudicato, posto che la norma prevedeva esplicitamente che "con il passaggio in giudicato della sentenza di omologa del concordato la procedura di fallimento è chiusa".

Nel regime anteriore alla riforma, la sentenza di omologazione del concordato poteva quindi costituire valido titolo per la cancellazione delle ipoteche ai sensi dell'art. 2884 cod. civ..

A conforto di questa posizione soccorrono varie pronunce giurisprudenziali alle quali abbiamo già fatto cenno. La Corte di Appello di Catania, invero, con la sentenza 4 novembre 1999[26], dopo aver affermato che non esiste alcun principio generale in base al quale il trasferimento dei beni all'assuntore del concordato fallimentare comporti sempre ed automaticamente un effetto purgativo delle ipoteche e che anzi il trasferimento dei beni dell'attivo agli assuntori è regolato da principi che addirittura escludono la liberazione dagli oneri e dai pesi precedenti al trasferimento, giunge a negare che, nel caso sottoposto al suo giudizio, il decreto del giudice delegato possa disporre la cancellazione delle ipoteche iscritte prima del fallimento.

Ma ciò che, ai nostri fini, di tale decisione assume particolare rilievo è che la Corte approda a siffatta conclusione dopo aver riscontrato che né la sentenza di omologa nè la proposta di concordato prevedevano la cancellazione delle ipoteche in questione, per cui il relativo potere esercitato dal giudice delegato nella fase successiva alla sentenza non solo non trovava giustificazione nei principi generali che regolano la materia, ma nemmeno nell'accordo concordatario suggellato dalla sentenza.[27]

La motivazione ci pare sotto questo aspetto ineccepibile. Se, infatti, come si è detto, la sentenza di omologazione prevista, prima della riforma, dagli artt. 129 e ss. legge fall. presenta i requisiti richiesti dall'art. 2884 cod. civ. per la cancellazione delle formalità ipotecarie, allora, è plausibile che la cancellazione medesima possa essere attuata mediante esplicito ordine contenuto in tale sentenza. E poiché appare opportuno che la cancellazione venga eseguita solo dopo che i crediti garantiti da ipoteca siano stati pagati, la soluzione migliore, come sostenuto da autorevole dottrina, era quella di disporre l'ordine di cancellazione condizionato all'esecuzione del concordato[28]. E la condizione si sarebbe dovuta considerare avverata in seguito alla pronuncia del provvedimento emesso dal giudice delegato ai sensi dell'art. 136, III comma, legge fall. con il quale si accertava l'avvenuta esecuzione del concordato fallimentare.

La sentenza di omologazione prevista dall'art. 130 legge fall. nella formulazione anteriore alla riforma, oltre che essere, come abbiamo notato, del tutto idonea, per espressa previsione legislativa, a passare in giudicato, si caratterizza anche per il contenuto decisorio destinato ad incidere sui diritti soggettivi dei creditori, per cui ci pare corretto sostenere che tale provvedimento potesse e dovesse contenere (ove la proposta di concordato lo prevedesse) anche l'ordine di cancellazione delle ipoteche delle quali si discute[29].


6. La riforma della legge fallimentare attuata con il d. lgs. n. 5/2006 ed il successivo intervento correttivo del recente d. lgs. n. 169/2007 hanno inciso in modo sostanziale sul procedimento di omologa del concordato fallimentare e sulla natura stessa dell'istituto, accentuandone in maniera spiccata gli aspetti negoziali a discapito dei poteri di intervento dell'autorità giudiziaria.[30]

Gli articoli 129 e 130 della legge fallimentare, nella formulazione risultante dai suddetti interventi legislativi, hanno notevolmente modificato il procedimento di omologazione del concordato ed hanno altresì previsto che il provvedimento con il quale il tribunale si pronuncia sull'omologa sia costituito non più da una sentenza ma da un decreto (art. 130).

Oltre alla modifica relativa alla forma del citato provvedimento che, come vedremo, è destinata ad avere rilievo determinante nell'ambito dell'indagine che ci interessa, l'altro aspetto problematico è costituito dal fatto che il decreto di omologa del concordato può scaturire da un procedimento nell'ambito del quale il contraddittorio si pone come elemento eventuale e non necessario. In base all'art. 129, IV comma legge fall., infatti, nell'ipotesi in cui non siano state proposte opposizioni, il tribunale, dopo aver verificato la regolarità del rito, procede senz'altro all'omologa con decreto motivato non soggetto gravame. Qualora, invece, vi siano opposizioni, il tribunale darà inizio ad un procedimento giurisdizionale, con tanto di istruttoria e contraddittorio, che culminerà nella pronuncia di un decreto impugnabile mediante reclamo alla corte d'appello, la quale si pronuncerà a sua volta con decreto ricorribile per cassazione.

Appare subito evidente che il procedimento di omologazione tracciato dalle nuove disposizioni presenta caratteri giurisdizionali solo nell'ipotesi in cui il tribunale debba decidere eventuali opposizioni.

La nuova procedura, ispirata alla massima semplificazione e finalizzata ad un rapido raggiungimento degli obiettivi del concordato (assicurare che la soluzione concordata della crisi avvenga in tempi quanto più possibili rapidi), pone tuttavia vari problemi di coordinamento con la disciplina degli effetti del concordato stesso.

E' stato correttamente osservato come il decreto di omologa reso in assenza di opposizioni non presenti caratteri di decisorietà e che, come tale, non potendo incidere sulle posizioni di diritto soggettivo delle parti interessate alla composizione dell'insolvenza, sarebbe collocabile nella categoria degli atti di volontaria giurisdizione.[31]

31 E' noto che l'attività giudiziaria svolta nell'ambito della volontaria giurisdizione è finalizzata alla tutela di interessi generali, è esercitata senza un vero e proprio contraddittorio e, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non ha lo scopo di statuire su di essi a definizione di un conflitto tra parti contrapposte: pertanto, ciò che in questa sede rileva, le decisioni emesse in tale ambito non hanno l'attitudine ad acquisire autorità di cosa giudicata.[32]

Già sulla scorta degli elementi ora brevemente accennati, è possibile rendersi conto del fatto che il decreto di omologazione del concordato reso in mancanza di opposizioni con la procedura semplificata di cui al IV comma dell'art. 129 legge fall. non presenta i requisiti richiesti dall'art. 2884 cod. civ.. La norma, come si è detto, prevede, invero, che la cancellazione abbia luogo sulla scorta di sentenza passata in giudicato o di altro provvedimento definitivo reso da giudice competente.

Il decreto di omologa non rientra in nessuno dei due tipi di atti richiesti dall'art. 2884: non nel primo tipo perché non è una sentenza, non ha carattere decisorio e non è suscettibile di passare in giudicato; non nel secondo perché, come si è ricordato, gli altri provvedimenti definitivi che consentono la cancellazione sono solo quelli cui la legge espressamente conferisce tale idoneità.

Ci pare quindi di poter affermare che il decreto in esame, a differenza della sentenza di omologazione del concordato prevista dalla normativa previgente le ultime riforme non può contenere l'ordine al conservatore di cancellazione delle iscrizioni ipotecarie iscritte a garanzia dei crediti prima della dichiarazione di fallimento e che ove tale ordine fosse comunque contenuto nel provvedimento, il conservatore dei registri immobiliari non potrebbe procedere alla cancellazione in questione.

Più complessa, sulla base dei principi sino ad ora utilizzati, è la questione se l'ordine di cancellazione possa essere pronunciato con il decreto che omologa il concordato nel secondo dei due casi previsti dall'art. 129 legge fall., quello in cui il procedimento si svolga in contraddittorio a causa della presenza di opposizioni. In questa seconda ipotesi, infatti, il procedimento ha carattere giurisdizionale, è idoneo ad incidere sui diritti soggettivi dei creditori ed è suscettibile di divenire definitivo (art. 130, II comma legge fall.).

Tuttavia, continuando ad utilizzare i principi che ci hanno guidato nelle altre ipotesi esaminate, e procedendo quindi ad una applicazione rigorosa dall'art. 2884 cod. civ., siamo costretti a constatare anche in tale ipotesi che il provvedimento in questione, pur essendo emesso nell'ambito di un procedimento caratterizzato dal contraddittorio e che culmina in un atto assoggettabile agli ordinari mezzi di impugnazione, riveste pur sempre la forma del decreto e non della sentenza. E poiché la legge non attribuisce espressamente a siffatto provvedimento la specifica funzione di cancellare le iscrizioni di cui si discute, lo stesso non può costituire titolo idoneo per la cancellazione delle ipoteche.

Una diversa conclusione apparirebbe del resto illogica ed incoerente, atteso che non avrebbe alcun senso negare l'efficacia di cui si discute al decreto reso in assenza di opposizioni e riconoscerla invece al decreto che risolve le questioni sottoposte dagli opponenti al giudizio del tribunale.

Può essere opportuno rilevare come, nel secondo caso, l'oggetto del giudizio del tribunale abbia una portata piuttosto limitata rispetto all'ordinario giudizio di cognizione che sfocia in una sentenza. La riduzione dei poteri decisionali dell'autorità giudiziaria nell'ambito della composizione negoziale della crisi di impresa ha per forza di cose influito anche sulla natura del giudizio di omologazione del concordato. Si è evidenziato in particolare come l'opponente possa far valere questioni relative alla irregolarità della procedura o della votazione[33] o questioni attinenti alla possibilità di pagamento parziale dei creditori privilegiati in rapporto al probabile realizzo dei beni su cui grava il privilegio. La cognizione del giudice in questa sede non è dunque piena ed ha la limitata funzione di agevolare una soluzione negoziale della crisi di impresa che vede come protagonisti i creditori, colui che formula la proposta di concordato ed il debitore.

A queste considerazioni va aggiunto che il legislatore della riforma della legge fallimentare, oltre a limitare i poteri dell'autorità giudiziaria e l'oggetto del giudizio di omologa del concordato fallimentare, ha anche previsto un particolare effetto che riguarda l'efficacia della proposta e della definitività del provvedimento. Prevede infatti l'art. 130 legge fall. che nel caso l'omologa sia decretata in mancanza di opposizioni, la proposta di concordato acquista efficacia nel momento in cui scadono i termini per opporsi alla omologazione. E poiché i termini in questione scadono in un momento precedente alla pronuncia del decreto, si verifica la particolarità per cui la proposta di concordato acquista efficacia prima che venga pronunciato il decreto di omologa. In questo caso, pertanto, il controllo giudiziale ha una portata limitatissima, posto che l'efficacia della proposta è svincolata dalla pronuncia del giudice.

Come è possibile constatare, il procedimento presenta aspetti decisori del tutto peculiari e molto limitati. Ed anche nell'ipotesi in cui si debbano decidere opposizioni, l'oggetto del giudizio, così come necessariamente quello dei successivi stadi di gravame, è circoscritto alle questioni sulle quali all'autorità giudiziaria è consentito intervenire.

Ed allora, sulla base di questi fattori, ben si comprende come il legislatore abbia regolato la soluzione negoziale della crisi d'impresa con modalità ben differenti da quelle che caratterizzano l'attività giurisdizionale vera e propria.

Del tutto giustificata ci sembra quindi la conclusione secondo la quale, nel regime delineato dalla riforma della legge fallimentare, il tribunale non ha facoltà, né con il provvedimento che omologa il concordato, né con gli atti di sorveglianza e di esecuzione del medesimo previsti dall'art. 136 legge fall. (le "misure") di ordinare la cancellazione delle ipoteche.


7. Oggetto del "vecchio" concordato era la soddisfazione dei crediti mediante pagamento dei creditori, mentre ora il concordato può prevedere forme molto diverse di soddisfazione, così che riesce difficile far conseguire all'omologa, sempre ed in ogni caso, l'automatica estinzione delle eventuali garanzie ipotecarie. Gli accordi potranno infatti essere di contenuto molto vario e prevedere assetti del tutto particolari, i quali potrebbero richiedere la permanenza dei vincoli ipotecari.

Se, come rilevato dalla Corte d'Appello di Catania, non esiste nel nostro sistema un principio generale per il quale in seguito al trasferimento dei beni all'assuntore si verifica anche la purgazione delle ipoteche, ancor più in questo nuovo sistema delineato dalla riforma, tale principio non può ritenersi esistente, essendo la composizione della crisi interamente rimessa alla volontà negoziale delle parti: queste ultime possono infatti trovare soluzioni varie e diverse dal puro e semplice pagamento che la vecchia legge fallimentare riteneva fosse l'unico mezzo di soddisfazione dei creditori.[34]

La limitazione dei poteri degli organi della procedura, con particolare riferimento a quelli del giudice delegato, l'ampia gamma delle soluzioni praticabili nell'ambito della proposta di concordato per la soddisfazione dei creditori,[35] la semplificazione degli aspetti procedurali di cui si è detto sono elementi che, come riconosciuto dai più recenti commentatori, evidenziano come le soluzioni della crisi di impresa offerta dagli strumenti introdotti dalla riforma assumano una connotazione fortemente contrattuale, connotazione cui fa riscontro un arretramento delle funzioni pubbliche di intervento dell'autorità giudiziaria.[36]

La eventuale cancellazione dei vincoli ipotecari relativi ai crediti concorrenti sarà quindi oggetto di "negoziazione" tra le "parti" del concordato, per cui potrà o meno essere prevista nella proposta in base al tipo di sistemazione offerta.[37] Conseguentemente, qualora, una volta eseguito il concordato, il creditore non ottemperasse alla cancellazione dei vincoli con i tempi e con le modalità espressamente contemplati nella proposta, il proponente o il debitore potranno far valere il loro diritto ad ottenere la cancellazione medesima in un ordinario giudizio di cognizione, così come avverrebbe ove non venisse rispettato un qualsiasi altro accordo negoziale.[38]

NOTE
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[1] Si riporta il terzo comma dell'art. 136 legge fall. nel testo previgente l'entrata in vigore del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5: "Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia."

[2] GUERRERA, Il concordato fallimentare nella riforma: novità, problemi, prospettive, anche alla luce del "decreto correttivo", in Dir. Fall. 2007, 815; Cass. civ. 18 marzo 2003, n. 3957, in Fallimento, 2004, 38.

[3] Alcuni precedenti in proposito sono riportati da BOERO, Le ipoteche, Torino 1999, p. 904 ss.

[4] Trib. Ascoli Piceno, decreto 15 aprile 1960, in BOERO, cit., p. 905.

[5] App. Lecce, 28 giugno 1954, Trib. Pisa, decreto 31 gennaio 1968, in BOERO, cit., p. 906, ove sono citati anche altri precedenti di segno contrario quali App. Napoli, 2 maggio 1966, Trib. Agrigento, 27 luglio 1967, Trib. Torino, 20 dicembre 1984.

[6] Trib. Torino, 16 novembre 1990, est. Panzani, in Il Fallimento 1991, p. 715, con commento di GIORGIO TARZIA.

[7] App.Catania 4 novembre 1999, est. D'Alessandro, in Dir. Fall. 2000, II, 108. In argomento v. anche Trib. Torino 25 luglio 2002, in Fallimento, 328.



[8] L'art. 2878 cod. civ. prevede tra le cause di estinzione dell'ipoteca la cancellazione dell'iscrizione, mentre l'art. 2881 cod. civ. prevede che in mancanza di conservazione dell'iscrizione la nuova iscrizione prenda grado dalla sua data.

[9] GORLA, Commentario al Codice Civile Scialoja e Branca, sub art. 2882.

[10] RAVAZZONI, in Trattato di diritto privato, diretto da A. Rescigno, Torino, vol. 20, 1998, pag. 114.

[11] BOERO, cit., p. 903; RAVAZZONI, cit..

[12] Si veda in proposito quanto detto nel paragrafo 2.

[13] Le norme relative del codice di procedura civile possono essere applicate anche al decreto di trasferimento pronunciato dal giudice delegato al fallimento per effetto del richiamo di cui agli artt. 105 e ss. legge fallimentare.

[14] Si veda in proposito quanto detto nel paragrafo 2.

[15] Si pensi, puro titolo esemplificativo, al potere di valutare la convenienza della proposta (art. 125 l.f.) esercitato dal giudice delegato prima della novella di cui al d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5; all'attuale potere del comitato dei creditori chiamato ad esprimere sulla proposta un parere vincolante, posto che l'art. 125 legge fall., nella formulazione risultante dalle modifiche apportate dal d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal successivo d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (cd. "decreto correttivo"), al secondo comma, prevede che il giudice delegato, prima di ordinare la comunicazione della proposta ai creditori unitamente al parere del curatore, acquisisca il parere favorevole del comitato dei creditori, il cui potere in questa sede si esplica pertanto attraverso la manifestazione di un parere vincolante che si risolve, con riferimento ad una determinata proposta, in un vero e proprio potere di veto.

[16] Il d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 ha sostituito la parola sentenza con decreto per coordinare la norma con le modifiche che hanno cambiato il tipo del provvedimento di omologa che ora è adottato nella forma del decreto (art. 129, ult. comma l.f.), mentre nella normativa precedentemente in vigore aveva forma di sentenza.

[17] Si noti che, dopo la recente riforma, la chiusura del fallimento ha luogo in seguito ad un apposito provvedimento del giudice delegato (art. 130), il quale, una volta divenuto definitivo il decreto di omologa e dopo che il curatore ha reso il conto della gestione, dichiara chiuso il fallimento. Nel regime previgente, invece, la chiusura della procedura si verificava ex lege in seguito al passaggio in giudicato della sentenza di omologa (art. 131 previgente).

[18] GUGLIELMUCCI, L'esecuzione del concordato fallimentare, in Fallimento, 1989, 194; BONSIGNORI, Del concordato, in Commentario Scialoja-Branca, 1977, 255.

[19] Cass. civ. 2 aprile 1985, n. 2251.

[20] Cass. civ. 23 dicembre 1992, n. 13626.

[21] GUERRERA, Il concordato fallimentare nella riforma, cit.

[22] App. Catania 4 novembre 1999, cit.; Cass. civ. 20 settembre 1999, n. 10142.

[23] Cass. civ. Sez. Un. 2270/1984; Cass. civ. 2 aprile 1985, n. 2251; Cass. civ. 11 giugno 1997, n. 5242.

[24] SANZO, Il nuovo diritto fallimentare Jorio-Fabiani, p. 2078, Bologna 2007.

[25] BOERO, cit., p. 903; RAVAZZONI, cit..

[26] Vedi nota (7).

[27] Si riporta lo stralcio della motivazione di App. Catania 4 novembre 1999, citata alla nota (7): «Il potere del giudice delegato di disporre la cancellazione dell'ipoteca non può farsi derivare, poi, neanche dalla proposta di concordato, né dalla successiva sentenza di omologazione, atteso che né la prima, né tanto meno la seconda, prevedevano in alcun modo che i beni dei falliti da trasferire agli assuntori, a concordato eseguito, dovessero essere purgati dagli eventuali pesi ipotecari originariamente gravanti sui vari cespiti. »

[28] GIORGIO TARZIA, Commento a Trib. Torino, 16 novembre 1990, cit..

[29] GIORGIO TARZIA, Commento a Trib. Torino, 16 novembre 1990, cit..

[30] GUERRERA, Il concordato fallimentare nella riforma: novità, problemi, prospettive, anche alla luce del "decreto correttivo", cit., p. 824.

[31] CAVALAGLIO, Il nuovo diritto fallimentare Jorio-Fabiani, p. 2028, Bologna 2007.



[32] Tra le tante Cass. civ. 21 marzo 2007, n. 6805.

[33] CAVALAGLIO, Il nuovo diritto fallimentare, cit. p. 2028.

[34] DI MARZIO, Le soluzioni concordate della crisi d'impresa, in Il Caso.it, II, 84, p. 7: «Le strutture normative attuate nei diversi istituti ruotano intorno al concetto di accordo sulla ristrutturazione della finanza. La ristrutturazione diviene oggetto di negoziato tra debitore e creditori. Essa è progettata in un piano redatto dal debitore e sottoposto al controllo di un esperto, che ne verifica e certifica ragionevolezza e fattibilità: in breve, l'idoneità al superamento della crisi, sia questo ottenuto con il rilancio dell'attività dell'impresa oppure con la liquidazione del suo patrimonio.»

[35] DI MARZIO, Le soluzioni concordate della crisi d'impresa, cit., p. 7, il quale, a proposito del concordato preventivo, osserva che «Lo spazio in cui si manifesta l'autonomia privata non è più quello del contratto inteso in senso stretto; nondimeno, l'amplissimo margine di manovra concesso al debitore nell'organizzare la proposta (e dunque nell'organizzare il piano) testimonia ancora del riconoscimento tributato all'autonomia privata anche in tale contesto.»

[36] JORIO, Le soluzioni concordate della crisi d'impresa tra «privatizzazione» e tutela giudiziaria, in Fallimento, 2005, 1455; AMBROSINI-DEMARCHI, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2005, p. 5.

[37] 37 GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino, 2006, p. 341, il quale evidenzia come nel nuovo sistema il piano concordatario può prevedere diverse e peculiari forme di soddisfazione dei creditori a seconda che lo stessa preveda il risanamento dell'impresa ovvero la liquidazione della stessa.

[38] 38 38 Si ritiene opportuno segnalare che l'art. 13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies del d. l. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, ha introdotto una nuova ipotesi di estinzione delle ipoteche iscritte a garanzia dei mutui concessi da soggetti esercenti attività bancaria o finanziaria, nonché da enti di previdenza obbligatoria. L'estinzione dell'ipoteca (e quindi la perdita di efficacia dell'iscrizione) si verificheranno per effetto della comunicazione inviata per via telematica con la quale il creditore comunica l'estinzione dell'obbligazione. Per quanto riguarda le ipotesi esaminate nello scritto che precede, si osserva come l'esecuzione del concordato possa costituire un'ipotesi di estinzione dell'obbligazione e che pertanto il creditore che si presti al rispetto degli accordi concordatari che prevedano la cancellazione della formalità possa utilizzare tale nuova modalità in luogo del tradizionale assenso notarile.





















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