Corte di Cassazione - 11 gennaio 2013, n. 602 - Pres. Fioretti - Rel. Dogliotti.
Usura - Usura sopravvenuta - Rilevanza - Affermazione - Sostituzione automatica - Misura del tasso soglia.
Trattandosi di rapporti non esauriti al momento dell'entrata in vigore della legge n. 108/1996, va richiamato l'art. 1 di detta legge che ha previsto la fissazione di tassi soglia e affermare che, ove vengano superate le misure consentite, gli interessi corrispettivi e moratori ulteriormente maturati vanno considerati usurari e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi degli artt. 1419, comma 2, e 1339, circa l'inserzione automatica di clausole, in relazione ai diversi periodi, dai tassi soglia.
1.- Secondo il delta delle mie conoscenze, a livello di Corte di Cassazione si tratta della prima pronuncia1, che positivamente afferma il principio della possibile rilevanza dei tassi soglia anche in relazione ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge del '96. In via segnata, il riferimento va agli interessi maturati dopo l'entrata in vigore della legge: sì che alla sentenza non può essere mossa nessuna accusa di procedere in modo «retroattività» (pensare diversamente, in effetti, significherebbe affidarsi ancora al vecchissimo pregiudizio che gli effetti negoziali si producano esclusivamente in virtù dell'atto di autonomia, senza nessuna intermediazione di eteronomia: ma v., invece, la norma dell'art. 1374 c.c.).
Così stando le cose, la sentenza in discorso risulta decisamente importante perché viene a spezzare un orientamento del Supremo Collegio, che ben poteva definirsi consolidato. Può infatti dirsi tradizionale, in quest'ambito, l'affermazione che, «trattandosi di pattuizione anteriore all'entrata in vigore alla legge 7 marzo 1996 n. 108, É i criteri in essa previsti non trovano applicazione, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nel d. l. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, comma 1» (così, da ultimo, Cass. n. 8138/2009).
Quanto alla decisione di Cass., n. 5324/2003 - che quella del 2013 richiama in termini di precedente conforme - non si può non esplicitare, d'altra parte, che la relativa indicazione risulta, in verità, alquanto forzata. La parte motiva della decisione del 2003, infatti, risulta così strutturata: «nella specie, siffatta normativa [scil.: la legge anti-usura del '96] non trova applicazione, trattandosi di tassi convenuti prima della data della sua entrata in vigore mentre, d'altro canto, a tale data il rapporto si era completamente esaurito».
Non mancano, del resto, altre decisioni del Supremo Collegio che - alla statuizione di inapplicabilità della legge del '96 per anteriorità del patto di interessi - pure aggiungono l'espressa definizione che, nel caso, l'esaurimento del rapporto era pure avvenuto prima della vigenza della nuova legge (cfr., ad esempio, Cass. n. 9532/2010): ma utilizzare qui l'argomento a contrario sembrava - e continua a sembrare - cosa troppo «tirata». Resterebbe in ogni caso da verificare, inoltre, se nelle varie fattispecie esaminate il rapporto fosse davvero esaurito; ovvero, se si preferisce, che nozione di «rapporto esaurito» venga in realtà ad assumere la Cassazione. Ricordo, in proposito, secondo quanto sembra corretto distinguere (in generale), che rapporto non esaurito, ma «chiuso» è quello in cui, terminata la fase fisiologico del rapporto (ché altrimenti il rapporto è ancora «aperto»), questo resta però ancora produttivo di una serie di effetti. Nei rapporti «esauriti», invece tutto è stato compiuto (nel caso dell'usura, l'attore, insomma, agisce in ripetizione). In materia v. comunque il saggio di Briolini, Fideiussioni omnibus non «esaurite» e legge sulla trasparenza bancaria, in Banca e borsa, 1996, I, p. 685 ss.
2.- A livello di giurisprudenza di merito, invece, la tesi della rilevanza della usura sopravvenuta - per quanto decisamente minoritaria - risulta ben rappresentata (e sostanzialmente pure nei termini allontanativi del disposto dell'art. 1815, comma 2, c.c. che la cassazione del 2013 sembra volere seguire). Cfr., tra gli altri, Trib. Milano, 15 ottobre 2005, Giust. Milano, 2006, n. 11, p. 75; Trib. Monza, 22 aprile 2003, Giur. merito, 2004, p. 285; Trib. Cagliari, 6 aprile 2009, Riv. giur. sarda, 2009, p. 747; Trib. Salerno 19 marzo 2009, Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p. 65 (nota Senatore); Trib. Benevento, 2 gennaio 2009, Riv. giur. molise, 2009, n. 2, p. 1 (nota Izzo; non ho ancora potuto prendere conoscenza del testo di questa decisione, ma dal tenore della massima approntata per il Rep. Foro it., la motivazione sembrerebbe di spessore peculiare).
Da segnalare in questa direzione è poi, a livello di interventi dell'Arbitro bancario e finanziario, la decisione del Collegio Roma, 29 febbraio 2012, che pure si spende sul piano dell'argomentazione (richiamando, oltre la norma dell'art. 2 della legge del '96, anche il canone fondamentale della buona fede oggettiva).
Per il dominante orientamento, preclusivo di ogni rilevanza della legge anti-usura sui rapporti avviatisi prima della sua entrata in vigore, v. per tutti, App. Napoli, 1 ottobre 2010 Dir. Fall., 2011, II, p. 237 (nota Fasciano), nonché, per il contesto dell'ABF, la decisione del Collegio Milano, 18 ottobre 2011, n. 2183 (: «gli interessi, che al tempo della stipula del contratto non sono usurari, non lo possono in alcun modo diventare in un tempo successivo»).
3.- E' scontato, ma è bene comunque esplicitarlo. Il problema dell'usura sopravvenuta non si pone solo come problema di diritto intertemporale (secondo la fattispecie concreta avuta davanti da quasi tutte le pronunce di cui al n. 2 e - sembra pure di dovere affermare - da tutte le decisioni della Cassazione civile). Si pone, altresì (ma in fondo soprattutto, visto il tempo ormai passato) per i contratti stipulati successivamente al '96, in cui gli interessi sono poi risultati - trimestre di maturazione per trimestre di maturazione - usurari.
In addizione alle brevi note che precedono, riporto la parte finale della relazione che ho svolto al Convegno «Contratto e reato», Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino, 23/24 settembre 2011, sotto il titolo di Sul contratto usurario (incidenze della legge penale antiusura sul regime civilistico dell'equilibrio economico), come destinata a comparire anche nei relativi Atti (tale parte riprende e aggiorna delle riflessioni già espressi in Le prime sentenze della Cassazione in materia di usura ex lege n. 108/1996, in Banca e borsa, 2000, II, p. 627 ss.).
4.- Dall'incidenza diretta a quella del principio. L'usura sopravvenuta - Una delle questioni più importanti - in punto di equilibrio economico nei contratti di credito - attiene alla definizione del tempo di rilevanza del medesimo. Per essere più precisi, si tratta di stabilire se, per il giudizio di cui alla sproporzione, occorra fare riferimento al mercato corrente al tempo del patto del carico economico o al tempo del pagamento o ancora al tempo della scadenza di questo (c.d. periodo di maturazione degli interessi).
Nei primi tempi di applicazione della legge n. 108/1996 la questione risulta molto dibattuta: anche per la forte dimensione di diritto intertemporale che legge porta con sé (si pensi anche solo alla durata media dei mutui) e pure perché la norma penale mette sullo stesso piano promessa dei vantaggi usurari e dazio-ne dei medesimi. Sostanzialmente per risolvere il problema intertemporale, sopravviene allora la legge n. 24/2001, di «interpretazione autentica», per cui «ai fini dell'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite É in cui essi sono promessi o comunque convenuti».
Dall'epoca tale soluzione è rimasta nettamente prevalente. E così la stessa risulta di frequente ripetuta in giurisprudenza. I mutui con carico non usurario al tempo della stipula conquisterebbero, pare, una patente di immunità (anche quelli a tasso variabile, pare).
Questa soluzione, tuttavia, non è convincente; essa risulta sin troppo meccanicistica. Al di là di ogni rilevo sulla sua natura intertemporale, in effetti, la legge n. 24/2001 viene unicamente a escludere l'applicazione della peculiare sanzione prescritta dal comma 2 dell'art. 1815 c.c. alle ipotesi di c.d. usura sopravvenuta (: rispetto al tempo della conclusa pattuizione; v. sopra). Non già a negare ogni rilevanza alla medesima.
Come è stato osservato in proposito, «se le finalità della legge sull'usura si possono riassumere nella necessità di razionalizzare il mercato del credito e nel conseguente abbassamento del costo del danaro [...] circoscrivere la rilevanza e l'applicabilità della [...] disciplina del fenomeno usurario al momento costitutivo dei rapporti di [...] credito, significa contraddire e vanificare gli scopi della stessa legge» (la frase è di Ferroni, RaDC, 1999, p. 511 ss.). Per loro struttura, gli interessi compensativi maturano «giorno per giorno ... in ragione della durata del diritto» (art. 821, comma 3, c.c.). Per loro funzione, essi vanno a remunerare le diverse, singole unità che compongono il periodo temporale per cui il creditore concede al debitore il godimento del capitale (il criterio coerente, pertanto, è quello della maturazione). Tutto meno che istantaneo, il fenomeno è casomai «ciclico»: occuparsi solo del giorno del patto sarebbe, in definitiva, come interessarsi di un giorno su mille. Preoccuparsi di un graffio e trascurare l'infezione.
Applicare interessi che sul mercato del giorno (rectius: del trimestre) risultano oggettivamente usurari non può essere considerato cosa meritevole di tutela ex art. 1322 c.c.: ancora una volta è il principio fissato dalla legge penale a fissare la sponda. Né la cosa potrebbe dirsi conforme al canone di buona fede oggettiva: non sembra corretto, in effetti, il comportamento di chi pretende il pagamento di una somma a titolo di interessi da chi per legge, in quel momento, non potrebbe promettere quella somma. Corretto ed equo è, piuttosto, riportare la richiesta al quantum che risulta in quel periodo mediamente normale (meglio, è una delle possibili varianti dell'equità): al TEGM corrente del trimestre, dunque.
Ciò posto, è appena il caso di aggiungere che la soluzione, qui accolta, per cui rileva (anche) il tempo della maturazione degli interessi non viene a predicare nessuna specie di invalidità sopravvenuta. L'ottica è decisamente diversa: rispetto ai periodi futuri, la clausola di interessi non è - nel momento della stipula - né valida, né invalida. La relativa valutazione è solo rimessa al tempo opportuno.
1) Per la maggiore chiarezza, segnalo che il procedimento è partito con un decreto ingiuntivo dell'ottobre 1991: nella fattispecie concreta, dunque, gli interessi maturati dopo la legge anti-usura non possono non essere moratori. Per altro verso, segnalo pure che detto procedimento era già passato in cassazione (la relativa sentenza è della fine del '99, con numero 12507) e che la presente pronuncia cassa nuovamente con rinvio. Il montante della somma in contestazione sembra, infine, non particolarmente significativo.