Contro l'interpretazione abrogante della disciplina preventiva del conflitto di interessi (e di altri pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento
Pubblicato il 12/11/07 02:00 [Articolo 729]






Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, Pres. Losavio, rel. Marziale : << La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'art. 1418, primo comma, cod. civ., postula che la violazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale. La violazione da parte della società di intermediazione mobiliare del divieto di effettuare operazioni con o per conto del cliente nel caso in cui abbia, direttamente o indirettamente, un interesse conflittuale nell'operazione, a meno che non abbia comunicato per iscritto la natura e l'estensione del suo interesse nell'operazione ed il cliente abbia preventivamente ed espressamente acconsentito per iscritto all'operazione (art. 6, comma 1 lett. g), applicabile nella specie 'ratione temporis'), non determina la nullità del contratto di compravendita successivamente stipulato, ma può dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ. >> *.

* Massima non ufficiale.



SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Conflitto di interessi e rimedi nel codice civile. - 3. Conflitto di interessi e rimedi nella prestazione dei servizi di investimento. - 4. La diffusione del modello della disciplina della situazione di conflitto di interessi. - 5. La generale tendenza alla disapplicazione delle discipline preventive del conflitto di interessi. - 6. La mancata previsione del rimedio nella disciplina del conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento. - 7. La ricostruzione in via interpretativa del rimedio. - 8. La posizione della giurisprudenza di merito. - 9. La posizione della giurisprudenza di legittimità: la disapplicazione della disciplina nella sentenza in commento. - 10. L'opinione, conforme alla giurisprudenza di legittimità, di una parte della dottrina. - 11. Una critica interna degli argomenti della dottrina e della sentenza in commento contrari alla tesi della nullità. Nullità e restituzioni. - 12. (segue). Regole di validità e regole di responsabilità. - 13. Dal conflitto di interessi alla nullità per violazione della disciplina secondaria sull'adeguatezza dell'operazione (art. 29 Regolamento 11522/1998). - 14. L'ambito in cui opera esclusivamente il rimedio risarcitorio: cura sostanziale dell'interesse (art. 21 T.U.F.) ed informazione sulla natura ed i rischi dell'operazione (art.28). - 15. Riflessione conclusiva: i rimedi ed il cliente spavaldo.



1. Premessa.

La teoria dei formanti[1] mostra che una scelta del legislatore può faticare a divenire effettiva - o può non divenirlo mai - a causa delle premesse, esplicite o implicite, del ragionamento dei giudici, variamente mediate dalle interpretazioni dottrinali.

Spesso il legislatore ci mette del suo: come quando sceglie di enumerare precetti imperativi sulla condotta dei contraenti, sulle forme del contratto, sul contenuto del contratto, sul procedimento di formazione della volontà, ma tace completamente dei rimedi, dando la fastidiosa sensazione di considerare ugualmente importanti momenti diversissimi, ad es. un'autorizzazione necessaria per il compimento dell'operazione come l'informazione sulla natura del servizio e l'informazione come il rispetto di un termine per la consegna di documenti superflui.

La cosa non è grave se il precetto non tocca un momento nevralgico, come accade per l'obbligo di consegna al cliente di una copia del contratto di investimento, bancario, di credito al consumo, di viaggio, perché il contenzioso sul punto non esiste o è marginale.

La cosa è grave, invece, se il precetto è realmente importante e dà luogo ad un ampio contenzioso, o ad un contenzioso di massa.

Servirebbero un precetto semplice ed un rimedio chiaro[2] e, invece, la giurisprudenza e la dottrina si dividono.

È la vicenda della disciplina del conflitto di interessi (e di altri pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento, sulla quale si pronuncia oggi la Corte di cassazione con la sentenza la cui massima è oggetto del presente commento.


2. Conflitto di interessi e rimedi nel codice civile.

La risposta al quesito quale regola, secondo il legislatore, è idonea a governare il conflitto di interessi nel contratto è certa: "una regola di validità"[3].

Il conflitto di interessi nel contratto concluso dal rappresentante volontario è disciplinato dal codice civile con la previsione testuale di un rimedio impugnatorio: l'annullamento del contratto, svantaggioso per il rappresentato perché inciso da un interesse in conflitto, quando l'incidenza dell'interesse sul contratto era conosciuta o riconoscibile dal terzo contraente (art. 1394 cod.civ.)[4].

Oltre all'annullamento del contratto, il rappresentato può ottenere il risarcimento del danno dipendente dalla violazione dell'obbligo del rappresentante di agire nel suo interesse[5].

In assenza di potere di rappresentanza, il mandante può respingere gli effetti del contratto gestorio concluso dal mandatario, ai sensi dell'art. 1711, comma 1 cod.civ., che si riveli contrario al suo interesse (anche se il carattere svantaggioso non dipenda dall'incidenza di un interesse in conflitto)[6].

Anche qui, il mandante può ottenere il risarcimento del danno dipendente dalla violazione dell'obbligo del mandatario di agire nel suo interesse[7].

Una disciplina del risultato dell'azione posta in essere in conflitto di interessi, non della situazione di conflitto di interessi.

La Corte di cassazione - al di là di frequenti massime mentitorie[8] - fa buon governo di queste regole, incentrate sulla previsione testuale di un rimedio impugnatorio e sulla ricostruzione in via interpretativa di un rimedio risarcitorio, destinati entrambi a trovare applicazione nel solo caso che il risultato dell'azione si riveli contrario all'interesse del dominus[9].

Il dato che si registra, alla luce del condivisibile orientamento giurisprudenziale, è che i contratti annullati per conflitto di interessi, come i rifiuti efficacemente opposti dal mandante al trasferimento degli effetti dell'atto gestorio, sono pochi[10].

E ciò è un bene per la sicurezza dei traffici: perché è preferibile addossare al dominus commoda et incommoda della scelta di farsi sostituire nel compimento di atti giuridici, e non intaccare la fiducia dei terzi che, per una scelta di altri, contrattano con sostituti volontari[11].


3. Conflitto di interessi e rimedi nella prestazione dei servizi di investimento.

Diverso è il quadro quando i traffici, e la fiducia nei cooperatori, riguardano la prestazione di servizi essenziali per l'economia ed al tempo stesso pericolosi, per loro natura e, talvolta, per la natura dei beni che formano oggetto dell'attività di cooperazione[12].

È il caso dei servizi di investimento.

La disciplina del conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento è, sulla carta, molto articolata e severa.

Ferma restando l'applicabilità residuale della disciplina di cui all'art. 1394 cod.civ.[13], incentrata sul risultato dell'azione, il legislatore, fin dalla legge 1 gennaio 1991, n. 1 ha ritenuto di predisporre una disciplina preventiva incentrata sulla situazione di conflitto di interessi (c.d. disclose or abstain)[14]. Così, è attualmente previsto dall'art. 27 del Regolamento 11522/1998 - ed era previsto dalla l. 1/1991 - che la banca (o la s.i.m., ma potrebbe essere anche una S.G.R. per servizi di gestione individuale) debba previamente informare per iscritto il cliente della situazione di conflitto di interessi e non possa concludere il contratto se non dopo avere ricevuto un'autorizzazione scritta. Si legge nell'art. 27 del Regolamento che "Gli intermediari autorizzati non possono (il corsivo è mio) effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione dell'operazione" (il corsivo è mio). La disciplina, incentrata sulla prevenzione dell'incidenza dell'interesse in conflitto, vieta alla banca di concludere il contratto senza previa informazione e senza previa autorizzazione. Lo vieta: perché essendo in gioco un interesse pubblico, l'incidenza dell'interesse in conflitto deve essere prevenuta.

Sembrerebbe legittimo aspettarsi che i contratti conclusi dalla banca per conto del cliente nell'ambito della prestazione di servizi di investimento, sanzionati per la violazione del divieto, non siano pochi come quelli conclusi da un normale mandatario o rappresentante volontario, e coincidano con quelli non preceduti da informazione ed autorizzazione.

Il dato che si registra, tuttavia, non è questo. La sanzione per la violazione del divieto non è infatti considerata applicabile dalla Corte di cassazione, come dimostra la massima in commento, è applicata da una parte soltanto della recente giurisprudenza di merito e, in dottrina, è poco o punto approfondita dai più.

Vediamo perché, facendo precedere all'esame una breve ricognizione degli altri ambiti in cui opera una disciplina preventiva del conflitto di interessi nel contratto.


4. La diffusione del modello della disciplina della situazione di conflitto di interessi.

Il modello della disciplina preventiva, incentrata sulla situazione di conflitto di interessi - adottato per i servizi di investimento, non in via generale dall'art. 1394 cod.civ. -, è molto diffuso.

La diffusione del modello si spiega perché il pericolo dell'incidenza di interessi in conflitto non è, ovviamente, una peculiarità dei servizi di investimento, né lo è la presenza di un interesse pubblico che presidia la tutela dell'interesse del dominus.

Nello stesso codice civile del 1865, da ben prima che il legislatore ideasse la disciplina contenuta nell'art. 1394 del codice civile it. del 1942, erano contenute, e sono ora contenute nel codice civile del 1942, discipline del conflitto di interessi nel contratto incentrate sulla situazione e cioè sulla prevenzione dell'incidenza dell'interesse in conflitto. Si tratta delle discipline del contratto concluso in conflitto di interessi dal rappresentante legale in violazione del dovere di astenersi e di far nominare un curatore speciale (artt. 320, comma 6, 347, 360, 394, comma 4, 424 cod.civ.).

E lo stesso modello troviamo anche in assenza di un interesse pubblico terzo, nella norma immediatamente successiva all'art. 1394, l'art. 1395 cod.civ., che disciplina il contratto concluso dal rappresentante volontario con se stesso, che è, testualmente, annullabile in difetto di una specifica autorizzazione del rappresentato (e così di un accordo tra rappresentante e rappresentato quantomeno sugli elementi essenziali del contratto, che richiede una preventiva informazione da parte del rappresentante sulle caratteristiche dell'affare di cui si tratta)[15].

Troviamo il modello, fuori dall'ambito contrattuale, anche in materia di deliberazioni delle assemblee di società di capitali (art. 2391 cod.civ.) dove sono disciplinati molto analiticamente gli obblighi di informazione a carico dell'amministratore che abbia un interesse nell'operazione. Ed in materia di divieto di concorrenza (art. 2390 cod.civ.), la cui ratio è il conflitto di interessi. E l'elenco potrebbe arricchirsi di molto.

Ora, in tutti i casi, il rimedio alla violazione della disciplina tesa a prevenire l'incidenza dell'interesse in conflitto, previsto testualmente, è un rimedio impugnatorio, l'annullamento.


5. La generale tendenza alla disapplicazione delle discipline preventive del conflitto di interessi.

Il modello della disciplina della situazione di conflitto di interessi è diffuso ma sfortunato.

I giudici, infatti, muovono dalla premessa - implicita, nella sentenza in commento, ma spessissimo esplicita - che, anche se è in gioco un interesse pubblico, ad es. la tutela dell'interesse del minore o dell'incapace, il conflitto di interessi non esiste se non c'è un danno (è l'approdo al quale conduce l'operazione consistente nell'inserire come medio logico il concetto di "compatibilità" degli interessi in conflitto). I giudici sono, per così dire, appiattiti sulla fattispecie dell'art. 1394 cod.civ., in cui rilevante è il risultato dell'azione, non la situazione. E pertanto essi sono propensi a non far discendere alcuna sanzione dalla violazione delle regole incentrate sulla situazione.

Così, la giurisprudenza tende a non annullare il contratto con se stesso per il solo fatto che sia mancata l'autorizzazione[16] e tende a non annullare il contratto del rappresentante legale, per il solo fatto che esso sia stato concluso dal rappresentante legale, invece che dal curatore speciale[17].

In breve, per la giurisprudenza il pericolo dell'incidenza sul contratto (e, più in generale, su un atto) di un interesse in conflitto è irrilevante: i rimedi impugnatori, anche se previsti testualmente, non sono applicati, se l'interesse non finisce per incidere sul contratto rendendolo contrario all'interesse del dominus. Né al mancato riconoscimento del rimedio impugnatorio supplisce il rimedio risarcitorio, che presuppone anch'esso - in assenza, nel nostro ordinamento, del disgorgement[18] - la contrarietà all'interesse del dominus.


6. La mancata previsione del rimedio nella disciplina del conflitto di interessi nella prestazione dei servizi di investimento.

Se la tendenza giurisprudenziale a disapplicare i rimedi testualmente previsti dimostra che il modello della situazione è in generale sfortunato, nei servizi di investimento il destino del modello appare ancora più gramo e la ragione, anticipata in premessa, è la mancanza della previsione testuale del rimedio (già nella l. 1/1991 ed ora nell'art. 27 del Regolamento 11522 del 1998), che offre al giudice uno spazio di ampia discrezionalità.

Ed infatti a partire da più di quindici anni orsono (l. 1/1991) e sotto la vigenza del Regolamento 11522 del 1998 i giudici, adusi a non applicare i rimedi previsti, non li avevano ricostruiti in sede applicativa con la conseguenza che per lungo tempo la disciplina incentrata sull'obbligo della banca di informare il cliente e sul divieto di contrattare senza autorizzazione del cliente è rimasta lettera morta. Vuota declamazione di rituali formalistici privi di sanzione[19].


7. La ricostruzione in via interpretativa del rimedio.

In dottrina è stata prospettata la tesi che la violazione dell'art. 27 del Regolamento, in particolare la violazione dell'obbligo di informare il cliente e di ricevere espressa autorizzazione preventiva, sia assistita da un rimedio impugnatorio ed in particolare comporti la nullità del contratto concluso dalla banca e dell'atto di ritrasferimento dalla banca al cliente del risultato dell'operazione[20]. Cave: non ovviamente la nullità del contratto fra banca e cliente relativo alla prestazione dei servizi[21].

Nullità, e non annullabilità, non soltanto per essere la disciplina finalizzata alla protezione dell'interesse pubblico alla tutela della fiducia nel risparmio prima che alla protezione dell'interesse del cliente[22], bensì per una ragione direttamente attinente alla riprovazione del contratto da parte dell'ordinamento[23].

La riprovazione dipende dal fatto che in assenza di previa informazione sull'esistenza di un interesse in conflitto è precluso al cliente di conoscere se il contratto concluso dalla banca per suo conto sia meno vantaggioso di quanto sarebbe stato se la banca non fosse stata portatrice di un interesse in conflitto e se questo interesse non avesse inciso sul contratto nonché dal fatto che senza espressa autorizzazione preventiva risulta mancante il necessario consenso al compimento dell'operazione nella situazione di pericolo che dipende dalla presenza dell'interesse in conflitto[24].

Così, in un contratto di gestione l'acquisto di 1000 azioni Alfa o la vendita di 500 obbligazioni Beta può essere più o meno rispondente all'interesse del cliente a seconda che la banca avesse o meno interesse a favorire un altro cliente o a liberarsi di titoli in portafoglio o nel portafoglio della s.i.m. del gruppo. Così, in un contratto di negoziazione la stessa identica operazione può essere più o meno rispondente all'interesse a seconda che la banca, per essere interessata, abbia modulato ad arte la consulenza incidentale, o, ipotizzando che il dipendente della banca abbia prestato una cooperazione muta limitandosi a ricevere un ordine e ad eseguirlo, si sia astenuta, proprio perché interessata, dal comunicare al cliente il carattere inadeguato dell'operazione oggetto dell'ordine.

Insomma l'ordinamento riprova il contratto non preceduto da informazione ed autorizzazione in ordine al conflitto sia perché manca il necessario consenso del cliente sia perché l'ignoranza dell'interesse in conflitto in capo alla banca comporta, sotto non indifferenti profili, l'impossibilità per il cliente di valutare se sussistano i presupposti per l'esercizio di numerosi diritti e ciò - si ritiene - è rilevante sul piano della conformità all'ordinamento dell'atto gestorio (e quindi dell'atto di ritrasferimento degli effetti) compiuto dalla banca.

Scelte legislative, tutto sommato, chiare: disclose or abstain. E che poi l'informazione e l'autorizzazione siano affidate a forme si spiega, per l'insopprimibile esigenza di consentire la sveltezza dell'operato della banca e pure per facilitare l'assolvimento dell'onere della prova - con la semplice produzione del documento - da parte del cliente e da parte della stessa banca (art. 23, comma 6 T.U.F.)[25].


8. La posizione della giurisprudenza di merito.

Una parte della giurisprudenza di merito ha mostrato di recepire la ricostruzione appena sintetizzata e così ha dato effettività al meccanismo di prevenzione dell'incidenza dell'interesse: diverse sentenze statuiscono che il contratto concluso dalla banca per conto del cliente, in violazione dell'art. 27 del Regolamento 11522 del 1998, è nullo[26]. La soluzione della nullità è accolta anche da una parte della dottrina[27]. Non si tratta di nullità relativa, bensì di nullità assoluta, che dunque anche la banca - se vi abbia interesse - può fare valere[28].

Il novello orientamento giurisprudenziale, tuttavia, non è univoco, anzi è contrastato da talune sentenze di merito che continuano ad appiattire la disciplina sul modello dell'art. 1394 cod.civ. così ignorando il meccanismo di prevenzione dell'incidenza dell'interesse sul contratto[29]. Peraltro, si tratta di una corrente giurisprudenziale tutt'altro che consolidata, la quale, in una prima fase, ha ritenuto applicabile, per la violazione di qualsiasi regola di condotta della banca, il solo rimedio del risarcimento del danno, ad esclusione del rimedio impugnatorio, ma ora comincia a distinguere sulla base dell'argomento - che può far pensare ad un prossimo rovesciamento della soluzione - secondo cui opera la nullità se le norme della cui violazione si tratta sono imperative[30].

Le nuove disposizioni sulla tutela del risparmio, sul punto, non sembrano innovare né preludere ad innovazioni di diritto positivo in sede di attuazione[31] mentre nel dibattito, sempre vivissimo, l'espressione "conflitto di interessi" risuona, ma talmente spesso da far sospettare che l'istituto si sia trasformato in un esercizio retorico.


9. La posizione della giurisprudenza di legittimità: la disapplicazione della disciplina nella sentenza in commento.

La sentenza in commento - che non recepisce la soluzione della nullità del contratto per la mancanza di previa informazione ed autorizzazione scritta - è destinata a suscitare un istintivo e diffuso apprezzamento per l'ammonimento a rifuggire da un'espansione incontrollata dei fulmini della nullità, ma in realtà non controlla se quello di cui si tratta sia o meno un caso in cui la sanzione della nullità si giustifichi (ed il difetto di approfondimento è testimoniato bene dall'assoluta mancanza di un dialogo con i giudici di merito e la dottrina).

Eppure la motivazione, assai autorevolmente redatta, è tutt'altro che improvvisata: la Corte Suprema conferma la vocazione alla totale disapplicazione delle discipline del conflitto di interessi inteso come situazione. La Corte di cassazione, così, adotta un'interpretazione che, a mio avviso, può essere utile - anche per la chiarezza dei termini del dibattito - definire "abrogante" della disciplina preventiva del conflitto di interessi[32]. Abrogante: perché il precetto, incentrato sulla situazione, non è presidiato da alcun rimedio.

La motivazione, laddove respinge la tesi della nullità per la mancanza di forma ad substantiam[33], è di facciata: la vera ratio decidendi risiede nella più generale affermazione secondo cui le regole di informazione sul conflitto di interessi sarebbero regole di condotta della banca e così in generale la loro violazione sarebbe rilevante sul piano dell'inadempimento e della conseguente responsabilità, non sul piano della nullità. L'affermazione, per come è formulata, appare apodittica, se non altro perché ignora del tutto il momento dell'autorizzazione, che integra una condotta del cliente, non della banca.

Così decidendo la sentenza in commento ignora che la disciplina del conflitto di interessi riguarda il contratto concluso dalla banca con il terzo, o con se stessa, e la prevenzione dell'incidenza su di esso, non su un contratto fra banca e cliente, dell'interesse in conflitto.

L'osservazione che sembra opportuno formulare è che ricondurre alla violazione di regole di condotta, segnatamente al dovere di correttezza nella fase precedente al contratto, ai sensi dell'art. 1337 cod.civ., regole che disciplinano la situazione di conflitto di interessi appare tesi inedita, come sarebbe sostenere che il contratto concluso dal rappresentante con se stesso, senza avere informato il rappresentato ed averne ricevuta autorizzazione, non sarebbe annullabile, bensì esporrebbe il rappresentante al solo risarcimento dell'eventuale danno per scorrettezza nelle trattative, o come lo sarebbe sostenere che il contratto concluso in conflitto di interessi dal rappresentante legale, senza avere informato il giudice ed ottenuto la nomina di un curatore speciale, non sarebbe annullabile, bensì, di nuovo, esporrebbe il rappresentante legale al solo eventuale risarcimento ove il contratto si rivelasse contrario all'interesse del minore. Ed alla formulazione di una tesi inedita la Corte di cassazione può giungere soltanto omettendo del tutto di considerare che l'autorizzazione del cliente non può davvero essere considerata una regola di condotta della banca.

La principale ragione per cui si segnala la sentenza in commento è l'omesso approfondimento della natura della disciplina del conflitto di interessi.

Sul punto non resta che attendere che maturino i tempi di un revirement, mentre utile sin da subito si rivela il dialogo con la dottrina ed in particolare l'esame critico delle opinioni conformi al dictum della Corte di cassazione.


10. L'opinione, conforme alla giurisprudenza di legittimità, di una parte della dottrina.

La tesi della nullità è respinta anche da una parte della dottrina, la quale si mostra non sensibile all'approfondimento della natura della disciplina speciale del conflitto di interessi.

Gli argomenti in campo sono - ad oggi - sostanzialmente due.

Il primo argomento, di politica del diritto, è che non sarebbe desiderabile che il cliente benefici del rimedio della restituzione del denaro investito nell'operazione, conseguente alla nullità, bensì sarebbe desiderabile che il cliente si faccia carico di provare il danno ed il nesso causale fra violazione e danno e di contrastare l'eccezione di avere concorso alla sua causazione con un comportamento (quantomeno) colposo[34].

Il secondo argomento, di taglio esegetico-sistematico, è che la violazione dei doveri di comportamento non potrebbe essere sanzionata con la nullità, bensì solo con il risarcimento del danno. L'argomento è ispirato a dottrine solidissime, ma ricevute prima della penetrazione del diritto comunitario nel diritto interno - che, notoriamente, ha modificato i termini della sistemazione concettuale delle invalidità contrattuali - e muove dalla premessa non dimostrata che l'art. 27 del Regolamento disciplini la condotta della banca, non il contratto[35].


11. Una critica interna degli argomenti della dottrina e della sentenza in commento contrari alla tesi della nullità. Nullità e restituzioni.

Ad una seria obiezione di sistema si espone la ricorrente affermazione secondo la quale il rimedio a disposizione del cliente non potrebbe essere diverso dal risarcimento del danno per la necessità di impedire che, per il tramite della più agevole via delle restituzioni, il cliente finisca per ritrarre dall'esecuzione dell'operazione nulla un vantaggio uguale o maggiore rispetto ad un investimento posto in essere con l'osservanza (da parte della banca) dei precetti su di essa incombenti e che avrebbe potuto condurre, per il semplice effetto dell'andamento del mercato, ad una perdita parziale o totale del denaro investito dal cliente[36].

La circostanza che il risultato economico di un contratto sia aleatorio, come accade per i contratti di investimento, non incide sulla soggezione delle prestazioni eseguite - e così ad es. della prestazione consistente nel conferimento della somma di denaro per l'esecuzione dell'ordine - al regime delle restituzioni per l'originaria o sopravvenuta mancanza di un titolo.

Per regola generale, le obbligazioni restitutorie sorgono dall'esecuzione di un contratto nullo per il semplice effetto della solutio e, come non risentono del carattere commutativo o aleatorio del contratto, così non sono legate da un vincolo di sinallagmaticità mirante ad evitare che la vicenda delle restituzioni si traduca in un vantaggio per uno o l'altro dei contraenti[37].

In particolare, l'irrilevanza del vantaggio che uno dei contraenti possa eventualmente ritrarre dalle restituzioni caratterizza - in un sistema in cui la disciplina della ripetizione dell'indebito è fondata sopra una concezione (prevalentemente) reale, non patrimoniale dell'arricchimento - tutti i contratti illegali o illeciti (non immorali)[38].

Il tema non è qual è l'esito delle restituzioni. Il tema è se il contratto (eseguito) è nullo o non lo è.

Dunque le restituzioni da contratto nullo non giustificano uno scandalo, o lo scandalo è di maniera, tant'è vero che per alimentare lo scandalo si è costretti a revocare in dubbio: (i) che la disciplina dei contratti di investimento risponda davvero all'esigenza di carattere pubblico di protezione della fiducia nei mercati; (ii) che essa debba ricevere una sanzione civilistica; (iii) che non si possa liquidare il problema della violazione della disciplina dei servizi di investimento col ricorso a mere sanzioni amministrative[39].

E qui, francamente, basterà ricordare in pochissime righe che la disciplina del T.U.F. e del Regolamento è una disciplina del contratto che protegge, prima e più che l'interesse del cliente, l'interesse pubblico alla fiducia dei risparmiatori e degli investitori professionali nel mercato (giova ribadire: non dei soli risparmiatori, ma anche degli investitori professionali)[40].

Non solo.

Chi esaurisce la prospettiva di indagine nella valutazione della correttezza della condotta della banca precedente alla conclusione del contratto gestorio, oltre a spiegare come si possa considerare condotta della banca quella che testualmente è l'autorizzazione del cliente, dovrebbe provare che la violazione delle regole di condotta non possa condurre all'annullamento del contratto per dolo. Perché, se si ammette l'annullamento, che è un rimedio impugnatorio, si dischiude la conseguenza delle restituzioni, senza rilevanti differenze rispetto alle restituzioni da contratto nullo[41].

Ed una simile prova appare tutt'altro che banale, posto che la migliore dottrina ha dimostrato che "la violazione della lealtà" che si verifica in presenza di violazione del "dovere d'informazione", allorché incida sulla formazione della volontà della controparte, "scatena la reazione di cui all'art. 1439"[42].

Anche sotto tale profilo non si può non notare che la massima in commento si mantiene su posizioni veramente conservative[43] quando limita la statuizione circa la astratta rilevanza della violazione delle regole di condotta sub specie di vizio del consenso al solo "dolo incidente (art. 1440 cod. civ.)" e così al solo risarcimento del danno da "contratto valido e tuttavia (...) pregiudizievole".


12. (segue). Regole di validità e regole di responsabilità.

Non appaiono condivisibili gli assunti secondo cui, per definizione, i precetti identificherebbero sempre e solo regole di condotta e l'unica reazione dell'ordinamento alla violazione di regole di condotta risiederebbe nel risarcimento del danno.

L'idea che il legislatore in materia di servizi di investimento pensi per definizione solo alla condotta della banca, disinteressandosi del contratto concluso dal cliente, può somigliare ad una forma di solipsismo, a fronte di una previsione molto chiara qual è quella di cui all'art. 30 del Regolamento 11522 del 1998 a tenore della quale "Il contratto con l'investitore deve (...) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni". Fra queste "modalità" vi è quella descritta nell'art. 27 - e, come stiamo per vedere, anche dell'art. 29 - che, dunque, costituisce una modalità imperativa attraverso cui si struttura la manifestazione della volontà del cliente[44].

Ma non è solo questione di esegesi della disciplina speciale.

È ampiamente acquisito alla riflessione civilistica che "la normativa europea dei contratti assegna all'informazione un ruolo eminente, assumendola non solo ad oggetto di precisi e specifici obblighi e a fonte quindi di responsabilità, ma altresì a contenuto necessario di tutti o quasi i contratti da essa disciplinati e così elevandola a fondamento dello stesso regolare e valido venire ad esistenza dell'operazione contrattuale"[45].

Con questa consapevolezza, benché il cammino verso una risistemazione organica delle regole di validità sia tutt'altro che compiuto[46], è a mio avviso da evitare l'acritica adesione al dogma della distinzione fra regole di validità e regole di responsabilità[47], non senza accennare che pure mantenendo distinti i due ambiti di regole non appare possibile distinguere fra i rimedi, ove si ammetta che il risarcimento (per dolo incidente, ma ovviamente anche per dolo determinante) possa operare in forma specifica ai sensi e nei limiti di cui all'art. 2058 cod.civ.[48].

Solo per questo, la posizione conservativa di una parte della giurisprudenza e della dottrina - alla quale aderisce la massima in commento - appare meritevole di attenta riflessione critica ed all'esito, a mio avviso, appare senz'altro meritevole di superamento.


13. Dal conflitto di interessi alla nullità per violazione della disciplina secondaria sull'adeguatezza dell'operazione (art. 29 Regolamento 11522/1998).

L'art. 30 del Regolamento a tenore della quale "Il contratto con l'investitore deve (...) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni" riguarda anche l'art. 29 e così i precetti sull'adeguatezza dell'operazione che costituiscono una modalità imperativa attraverso cui si struttura la manifestazione della volontà del cliente[49].

Anche qui, l'ordine di eseguire l'operazione, che segue all'informazione, è una condotta del cliente.

Anche la violazione dell'art. 29 è dunque sanzionata con la nullità[50].

La nullità opera se la banca compie un'operazione inadeguata: lo vieta testualmente il primo comma.

La deroga al divieto richiede, per l'appunto, il rispetto dei precetti sull'informazione ed il successivo conferimento di un ordine scritto.

Ove l'operazione sia compiuta, a fronte dell'informazione sull'inadeguatezza e del successivo conferimento per iscritto dello specifico ordine, il contratto sarà valido. Ma la banca sarà tenuta a risarcire il danno se non avrà anche (provato di avere) sconsigliato il compimento dell'operazione.


14. L'ambito in cui opera esclusivamente il rimedio risarcitorio: cura sostanziale dell'interesse (art. 21 T.U.F.) ed informazione sulla natura ed i rischi dell'operazione (art.28).

Che la banca che viola gli obblighi di cui all'art. 21 T.U.F. sia tenuta a risarcire il danno al cliente, a causa dell'inadempimento ai doveri che su di essa incombono in forza del contratto che ha ad oggetto la prestazione del servizio di investimento, è fuori discussione[51]: il T.U.F. detta regole di tutela sostanziale dell'interesse del cliente, cui si accompagnano gli obblighi di buona fede operanti per il contratto in generale e le condotte rilevanti sul piano dell'annullabilità del contratto (per dolo o, se del caso, per errore)[52].

Applicazione dell'obbligo di informazione di cui all'art. 21 è l'art. 28 del Regolamento, sicché fra i precetti del Regolamento - artt. 27, 28, 29 - è quello dell'informazione ai sensi dell'art. 28 l'ambito in cui opera esclusivamente il rimedio risarcitorio.

È quindi condivisibile l'affermazione della massima in commento, nella parte in cui esclude rimedi diversi da quello risarcitorio (cui però si aggiunge anche l'annullamento per dolo, ove ne ricorrano i presupposti) per la violazione dell'obbligo di informazione su "elementi utili per la valutazione della convenienza dell'operazione". L'informazione, che può essere precedente ma essere pure successiva all'operazione, è attuazione dell'obbligo di curare nella sostanza l'interesse del cliente e di garantire che egli sia "sempre (il corsivo è mio) adeguatamente informato" (art. 21 T.U.F.).

Non si tratta di un obbligo di informazione sulle caratteristiche del servizio riconducibile al canone classico dei doveri di informazione precontrattuale (artt. 1337, 1439 cod.civ.), posto che non si tratta della conclusione di un contratto fra banca e cliente, bensì della conclusione da parte della banca di un contratto con un terzo (o con se stessa) per conto del cliente in cui, rispetto al classico schema gestorio, il dovere della banca va ben oltre l'obbligo di informazione sulle "circostanze sopravvenute" sanzionato con il risarcimento del danno (cfr. art. 1710, comma 2 cod.civ.).

In particolare la diligenza professionale della banca non si esaurisce nel rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 27 e 29 del Regolamento, sicché la banca, oltre alla restituzione della somma investita nel caso di violazione degli artt. 27 e 29, è tenuta al risarcimento del danno ulteriore, per l'inadempimento del sottostante contratto fra banca e cliente[53], che è caratterizzato da causa mandati e così da un preciso dovere sostanziale di cooperazione da svolgersi, da parte della banca, nell'esclusivo interesse del cliente[54]. Correttamente, con una recente sentenza il Tribunale di Treviso ha avuto modo di statuire che "l'intermediario non può limitarsi a ricevere gli ordini di acquisto o di vendita di titoli, ma è tenuto a prestare un'attività ulteriore che consiste nell'informare l'investitore (anche in presenza di una dichiarata esperienza in strumenti finanziari e di alta propensione al rischio) con la diligenza dell'operatore particolarmente qualificato ed informato"[55]. Spetta alla banca convenuta, una volta che il cliente si sia fatto carico di fornire al giudice le opportune allegazioni[56], di fornire la prova di avere rispettato i precetti del Regolamento e di avere prestato il surplus di diligenza professionale discendente dalle previsioni del T.U.F.

In materia di informazione e di art. 28 del Regolamento è decisivo il nesso causale tra la lamentata mancata informazione e il preteso danno; a seconda del contenuto e del momento della mancata informazione ovvero dell'informazione e della mancata decisione del cliente, ad es., di operare il disinvestimento.

Contro il riconoscimento di una responsabilità non vale sostenere che sarebbe escluso il nesso causale tra violazione delle regole di condotta e danno quando risulti che il cliente non aveva alcun bisogno di essere informato perché conosceva perfettamente la natura ed i rischi dell'operazione o era comunque convinto (senza speranza di dissuaderlo) di correre il rischio dell'investimento[57].

Anche senza considerare che le ragioni di analisi economica e di behavioural finance sottese a questo modo di argomentare - indipendentemente dalla loro fondatezza - appaiono ben lungi dall'essere prese in considerazione dal legislatore comunitario[58], si deve replicare che la banca, nei casi eccezionali in cui investe in prodotti finanziari particolarmente pericolosi, deve provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno[59] e negli altri casi deve provare di avere adempiuto al dovere sostanziale di cura dell'interesse del cliente[60], che si traduce in una specifica consulenza, segnatamente nello sconsigliare al cliente il compimento dell'operazione[61] (è invece da escludere un dovere della banca di astenersi dal compimento dell'operazione[62]; anzi la banca sarebbe inadempiente se si astenesse, posto che sua obbligazione principale è quella di prestare il servizio di investimento e, in presenza di ordini del cliente, di eseguirli).

Una recente presa di posizione della Corte d'Appello di Milano è pienamente coerente con la tesi dell'esistenza di un dovere sostanziale di cura dell'interesse del cliente. La Corte, infatti, respinge le domande del cliente dopo avere accertato che la banca aveva sia rispettato i precetti del Regolamento sia adottato, con diligenza professionale e scrupolo, un'ulteriore condotta positiva, espressamente sconsigliando al cliente il compimento dell'operazione (la circostanza era addirittura oggetto di confessione stragiudiziale del cliente ai sensi dell'art. 2735 cod.civ.)[63] .

Insomma, per la violazione di obblighi informativi (art. 28; non artt. 27 e 29 del Regolamento 11522) il rimedio è risarcitorio, non impugnatorio, ma il regime dell'onere della prova resta assai rigoroso per la banca.


15. Riflessione conclusiva: i rimedi ed il cliente spavaldo.

Il legislatore impone il divieto di compiere operazioni in conflitto di interessi, non precedute dalle forme dell'art. 27 del Regolamento; il legislatore impone il divieto di compiere operazioni inadeguate, non precedute dalle forme dell'art. 29 del Regolamento; il legislatore impone di informare (art. 28 Regolamento) e di prestare consulenza incidentale (art. 21 T.U.F.).

La violazione della disciplina preventiva, intesa a prevenire l'incidenza sul contratto di un interesse in conflitto ed il compimento di operazioni non adeguate al profilo di rischio del cliente, comporta la nullità del contratto concluso per conto del cliente e dell'atto di ritrasferimento al cliente degli effetti dell'operazione.

Se il contratto si rivela anche contrario all'interesse del cliente, esso è annullabile (art. 1394 o 1395 cod.civ.) o, in difetto del potere di agire in nome, inefficace verso il cliente (art. 1711, comma 1 cod.civ.), salvo sempre il risarcimento del danno.

Il contratto concluso per conto del cliente è valido, e non sussiste responsabilità, se la banca osserva i precetti dell'art. 27 e dell'art. 29; se prova di avere informato il cliente della natura e dei rischi dell'operazione (art. 28 del Regolamento) e se, da un lato, ravvisandone la contrarietà all'interesse del cliente, ne abbia sconsigliato l'esecuzione, dall'altro, non abbia poi fatto incidere sull'operazione il suo interesse in conflitto.

Non sussiste, infatti, un obbligo della banca di astenersi dalla conclusione del contratto, una volta rispettate le prescrizioni del Regolamento e l'obbligo di curare nella sostanza l'interesse del cliente prestando la consulenza incidentale. Alla banca si richiede una non comune diligenza, cui fa bene da contraltare il carattere riservato dell'attività.

È mia convinzione che la banca non dovrebbe dimostrarsi refrattaria al rispetto delle forme richieste dal Regolamento.

Anzi, la banca potrebbe ricorrere allo scritto - pur senza prevederlo nel contratto relativo alla prestazione dei servizi - anche nell'informazione sulla natura ed i rischi dell'operazione richiesta dall'art. 28 del Regolamento e nella prestazione della consulenza incidentale alla quale è tenuta in forza dell'art. 21 T.U.F.

L'adozione delle forme sarebbe assai utile per precostituirsi la prova di avere, oltre che informato per iscritto del conflitto di interessi e dell'inadeguatezza (con successiva autorizzazione e specifico ordine), anche informato e sconsigliato il compimento dell'operazione, per iscritto appunto, con una (chiara ancorché succinta) indicazione dei motivi, e relativa sottoscrizione da parte della banca stessa e, per presa d'atto, del cliente. Esempio: "Sconsigliamo l'acquisto di Cirio Bonds perché inadeguati ai sensi dell'art. 29 e non destinati all'offerta generalizzata ai risparmiatori, come emerge dalla c.d. offering circular". Il ricorso allo scritto si raccomanderebbe in particolare in considerazione dell'estrema difficoltà per la banca di fornire per testi la prova dell'adempimento dell'obbligo di informazione e di consulenza incidentale, atteso il (non condivisibile) orientamento di parte dei giudici di merito di considerare incapace a testimoniare il dipendente che abbia trattato ed abbia agito per conto del cliente (invece che affidarsi al successivo libero apprezzamento dell'attendibilità del dipendente).

L'obbiettivo dichiarato di chi ritiene applicabile il solo rimedio del risarcimento del danno è di escludere la restituzione della somma investita ai sensi dell'art. 2033 cod.civ. per fare sì che, pur a fronte delle violazioni poste in essere dalla banca, soccomba, oltre al cliente spavaldo, anche il cliente che ha mal riposto la sua fiducia nella banca.

Di fronte a questa opinione è impossibile constatare senza disagio come alla diffusissima tendenza a declamare i diritti del cliente si accompagni sovente il dichiarato auspicio che sia realmente difficile esercitarli.

Appare fuori luogo lamentare che la scelta della nullità sia una scelta politica[64], atteso che quella di "nullità politiche"[65] è una delle definizioni correnti dei contratti contrari a norme imperative ed è ampiamente acquisito che, nel tempo presente, una delle più rilevanti scelte politiche del civilista riguarda proprio l'identificazione dei rimedi per la violazione dei doveri di informazione in materia contrattuale[66].

In definitiva.

Aderendo alla soluzione del riconoscimento al cliente del rimedio della restituzione che segue alla declaratoria di nullità del contratto, il cliente spavaldo potrà utilizzare il giudice per ottenere la restituzione della somma consapevolmente investita in un'operazione rischiosa ?

La risposta è no, se la banca avrà riconosciuto lo spavaldo prima del compimento dell'operazione e si sarà comportata di conseguenza.

Viceversa, spavalda sarà stata la banca (che peraltro, ad evitare ingiustificati arricchimenti del cliente per l'eventuale valore residuo dei titoli, potrà quantomeno, una volta convenuta in giudizio, ricordarsi di proporre una domanda riconvenzionale subordinata di condanna del cliente alla restituzione[67]).

L'auspicio è che la banca sia incentivata a migliorare la sua organizzazione per assicurare l'effettività dei precetti e magari il legislatore in sede di recepimento della Direttiva Mifid operi per tabulas la scelta del rimedio[68].

Ma l'auspicio di chi ?

Il problema, alla fine, è tutto qui.









* Il saggio è pubblicato su Riv.dir.civ., 2007, pagg. 71 - 92.
[1] R. SACCO, Che cos'è il diritto comparato, Milano, 1992, 3.
[2] G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 ss.
[3] G. DE NOVA, Gli interessi in conflitto e il contratto, in Riv.dir.priv., 2004, 245.
[4] Rinvio a D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 138 s.
[5] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 404.
[6] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 474.
[7] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 475.
[8] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 83.
[9] Cass., 24 febbraio 1998, n. 1998, in Corr.giur., 1998, pag. 665; Cass., 21 agosto 1996, n. 7698, in Foro it., 1996, I, 3356; App. Milano, 28 ottobre 1986 (decr.), in Foro pad., 1986, I, 402 ss, in particolare 407. La dottrina più autorevole ha scritto che la "situazione" di conflitto finisce per richiedere, in realtà, "una indagine da svolgere ex post rispetto al compimento dell'atto (...); così "P. RESCIGNO, Relazione di sintesi all'incontro di studio a cura di G. Visintini, in G. Visintini (cur.), Rappresentanza e gestione, Padova, 1992, pag. 260. La voce di P. Rescigno è ripresa da L. FRANCARIO, Il conflitto di interessi nella rappresentanza, in L. BIGLIAZZI GERI ed altri (cur.), Il contratto in generale, Tomo IV, in Trattato di diritto privato diretto da M. Bessone, Giappichelli, Torino, 2000, 75 al richiamo della nota 18 e nella nota stessa, il quale scrive che "l'apprezzamento statico della situazione che precede la stipula del negozio rappresentativo non risulta decisivo per valutare il conflitto e - come l'esperienza giurisprudenziale ha dimostrato - sempre più spesso si deve far ricorso ad una valutazione ex post per misurare gli eventuali pregiudizi arrecati al rappresentato dall'esercizio del potere rappresentativo". In tal senso vedi già S. GATTI, La rappresentanza del socio nell'assemblea, Milano, 1975, pag. 146 il quale distingue nettamente l'ipotesi dell'art. 1394 cod.civ., nella quale avrebbe luogo un giudizio ex post, e, ad esempio, l'ipotesi dell'art. 1471 cod.civ., nella quale avrebbe luogo un giudizio ex ante.
[10] G. DE NOVA, Gli interessi in conflitto e il contratto, in Riv.dir.priv., 2004, 245.
[11] Amplius in D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 143 ss.; Id., Tutela dell'interesse e conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, in Riv.dir.priv., 2004, 269.
[12] Sulla natura e la varia intensità del pericolo G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 ss. Per la totale incomprensione della natura dei servizi di investimento e dei principi di diritto che li governano nel tempo presente si consulti l'obiter dictum finale, del tutto superfluo, della motivazione della sentenza (corretta quanto al dispositivo, posto che respinge le domande dei clienti accertando che la banca non aveva violato alcuna disposizione di legge e regolamento) di Trib. Viterbo, 7 dicembre 2004, in Banca borsa tit.cred., 2005, II, 681.
[13] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 492: così anche la massima in commento.
[14] F. ANNUNZIATA, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, 1993, 329; F. CARBONETTI, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, 53.
[15] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 289 ss.
[16] Già C. DONISI, Il contratto con se stesso, Napoli, 1982 , 148 denuncia "quelle pronunce che, pur richiamandosi in linea preliminare al concetto di conflitto d'interessi - alimentando in tal modo la convinzione che ad esso si intenda ricorrere ai fini della decisione della controversia - nella fase conclusiva dell'iter decisionale ripiegano poi sostanzialmente su quello di abuso di rappresentanza, risolvendo alla stregua di quest'ultimo e non del primo il caso de quo". Adde G. GABRIELLI, Il requisito di specificatezza dell'autorizzazione a contrarre in conflitto di interessi: un eccesso di rigore moralistico, in Riv.dir.civ., 1999, 547.
[17] G. VISINTINI, Della rappresentanza, in Commentario del codice civile A. Scialoja e G. Branca a cura di F. Galgano, Bologna - Roma, 1993, 185 pone esattamente in rilievo che "sulla nozione di conflitto di interessi e in ordine alla problematica se il conflitto debba essere attuale o potenziale, gli orientamenti giurisprudenziali sono analoghi nell'ambito della rappresentanza legale e della rappresentanza volontaria".
[18] Sul rimedio del disgorgement E.A. FARNSWORTH, Vour loss or my gain ? The Dilemma of the disgorgement principle in breach of contract, in 94 The Vale Law Journal, 1985, 1339. In materia di servizi di investimento F. SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004, 383 ss.
[19] Lo testimonia Trib Mantova, 18 marzo 2004, in Banca borsa tit.cred., 2004, II, 440 ss. con commento di D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine ed in Giur.it., 2005, 55 ss. con commento di F. SARTORI, Il mercato delle regole e la questione dei bonds argentini e 2004, 2125 ss. di P. FIORIO, Doveri di comportamento degli intermediari, suitability rule, conflitto di interessi e nullità virtuale dei contratti di investimento in bond argentini.
[20] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 490 ss. Così anche F. SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004, 390.
[21] Trib. Ferrara, 25 febbraio 2005, in Contratti, 2006, 12 ss. con nota di F. POLIANI, Obblighi di informazione e acquisto di obbligazioni Parmalat non ha chiarito l'aspetto evidenziato nel testo, perché ha deciso un caso in cui le violazioni riguardavano sia la fase precedente alla conclusione del contratto di investimento sia la fase precedente alla singole operazione di investimento. Neppure sembra distinguere R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 669 s.
[22] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 490; aderisce R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 669.
[23] Può non essere decisivo ai fini dell'individuazione di un'ipotesi di nullità che la norma risponda anche ad un interesse pubblico: G VILLA, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Milano, 1993, 262.
[24] Amplius in D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 490 ss. Aderisce M. DELLACASA, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile, in Danno e resp., 2005, 1247.
[25] Art. 27, comma 3 del regolamento: "Ove gli intermediari autorizzati, al fine dell'assolvimento degli obblighi di cui al precedente comma 2, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi".
[26] Si vedano Trib. Venezia, 22 novembre 2004, con commento di D. MAFFEIS, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 11 ss.; Trib. Venezia, 11 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1234 con commento di M. DELLACASA, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile.
[27] La tesi della nullità con conseguenti restituzioni è accolta da diversi Autori. G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 sostiene che "quando l'operatore finanziario (...) esegue la prestazione, ma non rispetta le regole di comportamento (...) sul piano contrattuale, il rimedio è quello della nullità e delle restituzioni". G. PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031 fonda la sua opinione su una contrarietà a norme imperative, non già della forma, bensì del "contenuto". R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 669 rileva che la nullità, invece che l'annullabilità, si spiega con l'interesse pubblico da tutelare. A. NIGRO, La tutela del risparmio e l'efficienza del sistema: il ruolo delle banche, in Società, 2003, 73 riconosce che la violazione del Regolamento 11522 "è ritenuta suscettibile di fondare rimedi demolitori nei confronti del contratto". A. DI MAJO, Prodotti finanziari e tutela del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1287 afferma che l'individuazione del rimedio della nullità può seguire alla qualificazione dei precetti come requisiti di forma, invece che come doveri di comportamento.
[28] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 488 s. Rileva condivisibilmente A. GENTILI, Nullità annullabilità inefficacia (nel diritto privato europeo), in Contratti, 2003, 205 che "la dottrina che riduce tutta la specialità delle "nuove" nullità a legittimazione e protezione sembra (...) semplificare troppo. La ratio delle previsioni del diritto privato europeo è nel governo delle dinamiche del mercato attraverso il più ampio disconoscimento degli strumenti con cui si restringe la concorrenza o si abusa delle asimmetrie contrattuali". Adde Id, Codice del consumo ed esprit de géométrie, in Contratti, 2006, 171.
[29] Si veda Trib. Milano, 25 luglio 2005, in Danno e resp., 2005, 1231 con commento di M. DELLACASA, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile.
[30] Trib. Milano, 20 marzo 2006, in www.ilcaso.it. Il Tribunale di Milano richiama i precedenti che riconoscevano il rimedio del risarcimento del danno ed escludevano la nullità ed osserva: "Le sentenze emesse hanno tuttavia riguardato le sole violazioni degli obblighi di informazione (sul prodotto finanziario, sulla esistenza di ipotesi di conflitto di interessi, ovvero sulla non adeguatezza dell'operazione) e non già ipotesi di violazione delle regole che presiedono (a monte) la distribuzione dei titoli sul mercato, relativamente alle quali, in considerazione dei più generali interessi sottesi, la sanzione della nullità ex art. 1418 c.c. - per contrarietà all'ordine pubblico economico - appare più appropriata. Ed invero, le considerazioni concernenti la cd. "offerta indiretta" in limine effettuate ben possono fondare una declaratoria di nullità dei contratti per violazione del superiore principio di tutela della integrità dei mercati, oltrechè per la prospettabilità di una ipotesi di negozio in frode alla legge".
[31] L'art. 10 l. 28 dicembre 2005, n. 262 si limita a prevedere che "La Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB, disciplina i casi in cui, al fine di prevenire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate da strutture distinte e autonome".
[32] Utilizzo l'espressione "abrogante" ipotizzando che il ricorso all'espressione sia utile per la chiarezza dei termini del dibattito, sintetizzabile nel quesito: dare o meno effettività al precetto. Sono consapevole di non seguire il suggerimento di G. TARELLO, L'interpretazione della legge, in Trattato di diritto civile e commerciale già diretto da A. Cicu e F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 1980, 39 a non utilizzare l'espressione, al pari di altre che "occultan(o) il fatto che le "norme" sono da considerarsi piuttosto il risultato che il presupposto delle attività in senso lato interpretative".
[33] La statuizione è certamente dalla prospettazione del ricorrente, il quale lamentava la violazione dell'art. 27 del Regolamento unicamente sotto il profilo del difetto di forma del contratto.
[34] Così M. AMBROSOLI, Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1110 che dopo aver ricostruito il sistema dei rimedi incentrandolo sulle difficoltà di prova del nesso causale da parte del cliente, riconosce "l'insufficienza dell'apparato civilistico" e conclude auspicando de iure condendo "proposte di integrazione e modifica del sistema". A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1015, 1023 s. L'affresco di un mercato in cui "sembrano regnare sovrane l'oculatezza e la professionalità" ma dove si susseguono "giorno dopo giorno i dissesti bancari e di società industriali con i loro inevitabili risvolti giudiziari" è dipinto in poche felicissime righe da A. CRESPI, Mercati finanziari, magistrati investitori e filologia fuori luogo, in Riv.soc., 2005, 1105.
[35] A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1015 s. denuncia che "la conseguenza economica" dell'individuazione di una causa di nullità sarebbe, sempre ed indistintamente, "di traslare in capo all'intermediario anche la componente della perdita che possa dipendere dal generale andamento del mercato"; M. AMBROSOLI, Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1110 sostiene che la tesi della restituzione sia "uno stratagemma per semplificare la posizione del cliente nei confronti dell'impresa di investimento". Nello stesso senso M. PELLEGRINI, Brevi note sulla vexata quaestio dei bonds argentini, in Banca borsa tit.cred., 2005, II, 682 la quale si spinge a definire "a dir poco paradossale" la tesi della nullità. Si leggano le considerazioni di G. PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031 a proposito delle opinioni di A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, ora in Riv.soc., 2005, 1012 ss. Molto lineare la presentazione dei termini del problema operata da V. ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 624 ss.
[36] Una critica sintetica ed efficace è già in G. PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031.
[37] Nel nostro sistema non vige la regola della sinallagmaticità delle obbligazioni restitutorie. La nostra giurisprudenza non ha che raramente mostrato di aver riguardo ad un'interdipendenza fra le obbligazioni e, quando lo ha fatto, si trattava della ripetizione di prestazioni di fare (Cass., 30 gennaio 1990, n. 638., in Giur. agr. it., 1990, I, pag. 550) o far godere (Cass., 3 maggio 1991, n. 4849, in Giur.it., 1991, I, 1, col. 1314; Cass., 6 maggio 1966, n. 1168, in Foro it., 1966, coll. 1249 - 1253).
[38] Il dato è acquisito senza bisogno di richiamare la categoria dottrinale della nullità come sanzione civile indiretta, la quale ha cura di evidenziare in quali e quanti rilevanti casi il vantaggio che uno dei contraenti ritrae dalle restituzioni da contratto nullo è esattamente ciò che il legislatore si ripromette, disciplinando la nullità, al fine di disincentivare la conclusione di contratti disapprovati sotto i profili più diversi. Rinvio a D. MAFFEIS, "Attività "riservate" e prestazione del soggetto non iscritto, tra privilegi corporativi e concorrenza ", in Corr.giur., 2004, 260 ss. Sulla sanzione civile indiretta cfr. F. GALGANO, Alla ricerca delle sanzioni civili indirette, premesse generali, in Contr. e impr., 1987, pag. 536: "il non scritto all'albo che esercita un'attività intellettuale protetta, ossia una di quelle attività professionali per le quali la legge richiede l'iscrizione in appositi albi, non ha diritto al compenso per la prestazione eseguita. Questo è un tipico modello di sanzione civile indiretta (...).Il prestatore d'opera intellettuale non ha azione per il compenso, e questa è una sanzione prevista a tutela di interessi che non sono certo particolari. Ecco perché è una sanzione, ossia una misura punitiva: non è posta a tutela dell'interesse del cliente, ma a tutela di interessi generali, se si vuole di interessi corporativi, degli interessi della categoria professionale, che l'ordinamento giuridico mostra di avere fatto propri. Certo, chi si trova nella condizione di avere fruito di una prestazione professionale senza doverla pagare ne ritrae un vantaggio, ma la norma non è diretta a soddisfare un suo interesse. Dunque, sanzione civile, che colpisce nel patrimonio il soggetto, ma vera e propria sanzione, con la funzione tipica della sanzione, quale misura afflittiva volta a garantire l'effettività dell'ordinamento giuridico".
[39] A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1021 s.
[40] D. MAFFEIS, Tutela dell'interesse e conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, in Riv.dir.priv., 2004, 30. Così anche R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 671.
[41] P. SCHLESINGER, Mancanza dell'effetto estintivo della novazione oggettiva, in Riv.dir.civ., 1958, I, pag. 363: "l'esercizio dell'azione di annullamento costituisce il presupposto per l'esperibilità della condictio indebiti".
[42] R. SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 567. Lo spunto è ben valorizzato da R. VIGO, La reticenza dell'intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit.cred., 2005, I, 668. Adde V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, 817. In tema M. DE POLI, Servono ancora i "raggiri" per annullare il contratto per dolo ? Note critiche sul concetto di reticenza invalidante, in Riv.dir.civ., 2004, II, 920 ss.
[43] Cfr. Cass., 18 ottobre 1980, n. 5610, in Foro it., Rep. 1981, voce "Contratto in genere", n. 111: "La disposizione dell'art. 1337 c.c., che impone alle parti l'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, è (al pari di quelle degli art. 1175 e 1375 c.c.) norma meramente precettiva o imperativa positiva, dettata a tutela ed a limitazione degli interessi privatistici nella formazione ed esecuzione dei contratti, e non può, perciò, essere inclusa tra le «norme imperative», aventi invece contenuto proibitivo, considerate dal 1º comma dell'art. 1418 c.c., la cui violazione determina la nullità del contratto anche quando tale sanzione non sia espressamente comminata; ne consegue che, fuori dell'ipotesi di responsabilità precontrattuale (che si ha quando una parte receda dalle trattative dopo aver determinato nell'altra l'affidamento sulla conclusione del contratto), la violazione dell'obbligo generico di comportarsi secondo buona fede non implica né responsabilità civile né invalidità del contratto, ove il comportamento deprecato non integri una determinata ipotesi legale cui sia connessa quella specifica sanzione civilistica, come confermato anche dalla disciplina dettata, in tema di dolo, dagli art. 1439 e 1440 c.c.".
[44] Sulla forma come "modalità di manifestazione della volontà" R. SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 703.
[45] V. SCALISI, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Eur.dir.priv., 2005, 497. Si leggano le considerazioni di V. ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 627 e di M. NUZZO, Sub art. 38, in G. Alpa - L. Rossi Carleo, Codice del consumo. Commentario, Napoli, 2005, 256. Sull'opportunità di superare la tradizionale distinzione BENATTI, Culpa in contraendo, in Contr.impr., 1987, 302 e R. SACCO, in R. Sacco - De Nova, Il contratto, II, Torino, 2004, 313. Resta fedele alla distinzione G. D'AMICO, "Regole di validità" e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, passim ed in particolare 250 ss.; cfr. anche Id., Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in Riv.dir.civ., 2002, I, 37 ed ora in F. DI MARZIO (cur.), Il nuovo diritto dei contratti. Problemi e prospettive, Milano, 2004, 51 ss.
[46] Sul tema i due saggi di V. SCALISI, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Eur.dir.priv., 2005, 489 ss. e Invalidità e inefficacia. Modalità assiologiche della negozialità, in Riv.dir.civ., 2003, I, 201 nonché A. GENTILI, Nullità, annullabilità, inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), in Contratti, 2003, 200 ss. G. AMADIO, Autorità indipendenti e invalidità del contratto, in G. Gitti (cur.), L'autonomia privata e le autorità indipendenti, Bologna, 2006, 227 ricorda il "parziale abbandono dell'equazione "nullità - imperfezione strutturale", realizzato già dal codificatore del 1942 (...) attraverso la norma di chiusura dell'art. 1418, comma 1 cod.civ.".
[47] Al dogma aderisce, peraltro con una considerazione attenta dell'insegnamento tradizionale, M. AMBROSOLI, Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1103 ss.
[48] Cfr. R. SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 573; Id. , in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, II, Torino, 2004, 98 ss.; Id., Considerazioni conclusive, in M. Bessone - F.D. Busnelli, La vendita "porta a porta" di valori mobiliari, Milano, 1992, 181 s.
La stessa, condivisibile impostazione è sostenuta - ancorché limitatamente alle "condizioni economiche" del contratto - da M. MANTOVANI, "Vizi incompleti" del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, 186 la quale a proposito dei "vizi incompleti" scrive che "ciò che lamenta la parte delusa è, in sostanza, un assetto di interessi (sotto il profilo giuridico-economico) difforme da quello che sarebbe risultato se la controparte avesse agito lealmente. La funzione del risarcimento non sarà allora quella di attribuire al contraente deluso, in via surrogatoria o sostitutiva, i vantaggi connessi alla prestazione - che non è mancata - bensì a "compensare" le più sfavorevoli condizioni alle quali il contratto è stato concluso, attraverso una "correzione" del risultato economico del regolamento di interessi, pregiudicato dal contegno sleale e scorretto del partner".
Contra G. D'AMICO, "Regole di validità" e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 249.
Sul punto anche U. MORELLO, Culpa in contrahendo, accordi e intese preliminari, ne La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive. Aspetti civilistici, II, Milano, 1986, 78 s.
[49] Sulla forma come "modalità di manifestazione della volontà" R. SACCO, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, Torino, 2004, 703. Il principio dell'adeguatezza dell'operazione di investimento presenta analogie con il principio del credito responsabile di cui alla Proposta modificata di Direttiva del parlamento europeo e del Consiglio relativa ai contratti di credito ai consumatori che modifica la direttiva 93/13 del Consiglio; COM (2005) 483 def., del 7 ottobre 2005; in tema D. MAFFEIS, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 11 ss.
[50] Si veda Trib. Palermo, 16 marzo 2005, in Foro it., 2005, I, 2539. Contra ad es. Trib. Genova, 15 marzo 2005 e Trib. Roma (ord.), 22 dicembre 2004, in Foro it., 2005, I, 2540.
[51] La violazione dell'obbligo di cura sostanziale dell'interesse del cliente comporta il risarcimento del danno, sia che non siano stati rispettati i requisiti di forma informativa, sia che questi requisiti siano stati, invece, rispettati.
[52] Non si comprende su quali basi A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1017 affermi che l'individuazione in capo alla banca di obblighi ulteriori rispetto a quelli regolamentari sarebbe una "dogmatizzazione piuttosto libera". Statuisce correttamente Trib. Firenze, 30 maggio 2004, in Banca borsa tit.cred., II, 545 che "non si può ritenere che il rispetto dell'obbligo di trasparenza si esaurisca nella consegna di tutti gli opportuni documenti, posto che l'intermediario deve comunque assicurare all'investitore la propria assistenza e la propria guida nella scelta delle operazioni da compiere, anche al di là delle asettiche e standardizzate informazioni riportate nel documento".
[53] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 490 s. Così anche G. PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1031 che ritiene ammissibile oltre al risarcimento al cliente del danno patrimoniale anche il risarcimento, ove ne ricorrano i presupposti, del danno c.d. esistenziale. Assumo che l'inadempimento delle obbligazioni ex lege (spesso riprodotte nel contratto) che sorgono dal sottostante rapporto di gestione e che si è verificato in occasione dell'ordine di cui si tratta sia di scarsa importanza, ai sensi dell'art. 1455 cod.civ.: perché se l'inadempimento è di non scarsa importanza, il cliente ottiene la risoluzione del contratto di investimento sottostante e, con essa, la restituzione delle somme investite, ai sensi dell'art. 1458, comma 1 cod.civ., del tutto indipendentemente dal risarcimento e dalla prova di un danno; così V. ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 628.
[54] D. MAFFEIS, Forme informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, 18 ss.
[55] Trib. Treviso, 10 ottobre 2005, in www.ilcaso.it. Contra Trib. Venezia, 8 giugno 2005, in Danno e resp., 2005, 1234 ss.con commento di M. DELLACASA, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile.
[56] D. MAFFEIS, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, in Banca borsa tit.ccred., 2004, 462; M. AMBROSOLI, Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1109.
[57] Così A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1016 al richiamo della nota 8 e nella nota stessa. In giurisprudenza Trib. Milano, 5 gennaio 2005, in www.ilcaso.it: "Il danno (...) può considerarsi eziologicamente connesso alla omissione di un obbligo informativo solo se può dirsi accertato che la diversa informazione non resa dall'intermediario era in concreto nella disponibilità di quest'ultimo e se tale informazione, ove resa, avrebbe dissuasa l'investitore dal compiere l'operazione, ovvero lo avrebbe condotto ad una scelta di investimento diversa".
[58] La constatazione è anche in A. PALMIERI, Prestiti obbligazionari, "default" e tutela "successiva" degli investitori: la mappa dei primi verdetti, in Foro it., 2005, I, 2543.
[59] G. DE NOVA, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti, 2005, 709 ss.; D. MAFFEIS, Forme informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, 609 ss.
[60] Per ciascuno dei tre profili esaminati - informazione; conflitto di interessi; adeguatezza - esiste un doppio livello di disciplina, perché per ciascuno dei tre profili esistono due diversi precetti, uno di fonte primaria ed uno di fonte secondaria: D. MAFFEIS, Forme informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, 575 ss.
[61] D. MAFFEIS, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 15 ss. Nello stesso senso G. PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr.giur., 2005, 1029.
[62] D. MAFFEIS, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, 16. Così anche A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1022. Aperto de iure condendo alla "soluzione drastica" del "puro e semplice divieto" è A. NIGRO, La tutela del risparmio e l'efficienza del sistema: il ruolo delle banche, in Società, 2003, 76.
[63] App. Milano, 13 ottobre 2004, in Contratti, 2005, 1085 ss. Non deve trarre in inganno l'obiter dictum sulla pretesa non configurabilità di una nullità per violazione dei precetti di informazione previsti dal Regolamento, posto che, da un lato, le domande di nullità sarebbero state infondate in fatto, dall'altro, esse erano state proposte irritualmente e con riguardo, non già alle singole operazioni, bensì al contratto di investimento. M. AMBROSOLI, Doveri di informazione dell'intermediario finanziario e sanzioni, in Contratti, 2005, 1102 nella nota 1 dà atto che la Corte accerta che la banca aveva rispettato gli obblighi su di essa incombenti.
[64] A. PERRONE, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv.soc., 2005, 1020.
[65] V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, 746.
[66] Lo evidenzia puntualmente A. GENTILI, Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv.dir.priv., 2004, 564.
[67] V. ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Girio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 629.
[68] La Direttiva Mifid continua ad insistere sull'obbligo di "informare chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse". Cfr. art. 18, comma 2 Direttiva 2004/39/CE. Non sembra mutare dunque il modello disclose or abstain: così A. NIGRO, La tutela del risparmio e l'efficienza del sistema: il ruolo delle banche, in Società, 2003, 73.






















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