Relazione al convegno in data 22 maggio 2009 ««La disciplina civilistica dei contratti di investimento»» tenutosi presso l'Università degli Studi di Milano. Il saggio è redatto per la Rivista di Diritto Privato edita da Cacucci Editore ed è ivi in corso di pubblicazione sul fascicolo n. 3/2009.
Sommario: 1. Una lettura civilistica. 2. Il limite di ordine pubblico nell'intermediazione finanziaria. 3. Perché l'intermediario deve curare l'interesse dell'investitore e cosa significa curare l'interesse dell'investitore. 4. Entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio. 5. Quando la volontà dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati. 6. Come e perché si producono in capo all'investitore gli effetti dell'operazione di investimento.
1. Una lettura civilistica
Sono passati 11 anni da quando si sottolineava che la disciplina dei mercati finanziari è oggetto di due diversi modelli di lettura, uno ««commercialistico bancario»» ed uno ««civilistico»», con quello ««commercialistico bancario prevalente sul modello civilistico»» e che ««si propone come unico o principale»» e si osservava con pacatezza che ««non è il caso di proporre un ribaltamento di prospettiva»» 1.
Poi la prospettiva si è ribaltata per la forza degli eventi perché è stato un decennio di autentica esplosione del contenzioso, quindi di proliferazione a pioggia di soluzioni giurisprudenziali, tutte da verificare da parte del civilista, perché il contratto e la responsabilità civile sono argomenti del diritto civile.
Si può tentare di lavorare con le categorie ordinanti o in prospettiva funzionale.
È vero che oggi all'interprete sembra imporsi una prospettiva funzionale 2, ma la via preferibile resta di provare a ««rinvenire, dove esista e dove sia possibile farlo persistere, qualcosa di unitario negli istituti, piuttosto che insistere nel compiaciuto lavoro di demolizione»» 3.
Nella presente relazione vorrei tentare di richiamare qualche categoria ordinante e vedere se per questa strada si possano identificare soluzioni che sono soddisfacenti anche in chiave funzionale.
Mi chiederò se c'è e cosa è il limite di ordine pubblico nell'intermediazione finanziaria 4, perché l'intermediario deve curare l'interesse dell'investitore e cosa significa curare l'interesse dell'investitore 5, entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio 6, quando la volontà dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati 7, come e perché si producono in capo all'investitore gli effetti dell'operazione di investimento 8.
2. Il limite di ordine pubblico nell'intermediazione finanziaria
Noi oggi parliamo della disciplina civilistica dei contratti, ma la disciplina dei contratti, per il legislatore comunitario, è un accidente.
Lo testimonia bene il linguaggio tortuoso del Considerando n. 33 della Direttiva Mifid di primo livello che per dire che il contratto vincola l'intermediario a curare l'interesse dell'investitore adopera cinque righe: ««È necessario imporre effettivamente alle imprese di investimento un obbligo di esecuzione alle condizioni migliori in modo da garantire che esse eseguano gli ordini alle condizioni più favorevoli per il cliente. Questo obbligo dovrebbe applicarsi alle imprese di investimento che hanno obblighi di natura contrattuale o derivanti da un rapporto di intermediazione nei confronti del cliente»».
Più che i contratti, al legislatore comunitario 9, interessa di disciplinare
(i) i mercati e (ii) l'organizzazione degli intermediari.
Sul significato della scelta politica credo si debba fare un approfondimento.
La disciplina dei mercati ha come obiettivo la massima possibile espansione dell'industria dei mercati finanziari che presuppone la liquidità 10 e, a monte, la fiducia degli investitori 11.
A sua volta, la fiducia degli investitori presuppone che si prevengano situazioni di delusione generalizzata, perché nel mercato europeo dominano risparmiatori scarsamente avvezzi a digerire le perdite dei loro capitali.
Se questo, in sintesi, è ciò che interessa al legislatore comunitario, al civilista interessa il contratto, che ovviamente risente della scelta politica del legislatore e che non è un accidente solo perché il legislatore lo considera tale.
L'espressione contratti di investimento 12 può riferirsi a due fenomeni diversi 13.
Da un lato, esistono i contratti su strumenti finanziari 14 di cui consiste l'investimento 15, ciascuno dei quali ha regole sue proprie e diverse, nei mercati regolamentati, nei sistemi multilaterali o nelle altre piattaforme di negoziazione 16.
Dall'altro, esistono i contratti tra intermediari ed investitori in forza dei quali l'intermediario finanziario 17 compie l'investimento per conto dell'investitore 18.
La tutela dell'investitore è molto accentuata al livello del rapporto contrattuale con l'intermediario 19.
Alcuni dati sono significativi.
Noi non abbiamo un Testo Unico della Finanza, ma un Testo Unico dell'Intermediazione Finanziaria, che disciplina in generale i mercati finanziari ma, quanto ai contratti, si occupa in larga prevalenza di disciplinare profili che riguardano la conclusione e l'esecuzione dei contratti tra intermediari ed investitori mentre si limita a dettare definizioni, e solo eccezionalmente profili di disciplina, di contratti su strumenti finanziari 20.
Mentre compare soltanto la menzione del contratto di collocamento, che integra servizio di investimento, ma è un contratto tra intermediario ed emittente 21.
Se sfogliamo il repertorio del Foro Italiano constatiamo che per i contratti del mercato finanziario la voce aperta è una sola ed è la voce Intermediazione finanziaria. Fino al 2000 esiste la voce aperta Valori mobiliari, dal 2001 esiste la voce aperta Intermediazione finanziaria e se si cerca Valori mobiliari c'è la sola voce di rimando ad Intermediazione finanziaria. Non c'è una voce aperta Strumenti finanziari ma solo una voce di rimando alla voce Intermediazione finanziaria. E c'è una voce Borsa, che però è dedicata pressoché totalmente a profili strettamente organizzativi e pubblicistici.
Ci sono pericoli propri delle operazioni su strumenti finanziari e pericoli propri dei servizi prestati dagli intermediari: il Regolamento Intermediari a più riprese si riferisce, da un lato, ai ««rischi che lo strumento (...) comporta»», dall'altro, ai ««rischi che (...) il servizio di investimento (...) comporta»» 22. E la c.d. legge di riforma del risparmio aveva modificato l'art. 21 TUF con l'espressa previsione della classificazione, distintamente, del ««grado di rischiosità dei prodotti finanziari»» e del ««grado di rischiosità delle gestioni di portafogli di investimento»».
Per favorire la massima possibile espansione dell'industria dei mercati finanziari la scelta politica del legislatore comunitario può essere sintetizzata dicendo che il legislatore fa dell'intermediario un guardiano dell'integrità dei mercati 23.
Naturalmente, come tutte le scelte politiche, ivi comprese quelle a favore del mercato, questa è una scelta di ordine pubblico economico che comporta una ««logica del rischio precostituita dal legislatore»» che come tale l'interprete deve rispettare, ««giusta o ingiusta che sia»» 24 e che probabilmente si spiega anche con la consapevolezza da parte del legislatore dei limiti di efficienza quantomeno ad oggi delle autorità di controllo che lo inducono a recuperare a valle spazi di tutela 25.
La scelta di fare dell'intermediario un guardiano dell'integrità dei mercati comporta delle conseguenze.
Una è che i pericoli propri degli strumenti finanziari - l'alea 26 e la complessità 27 - incidono sui contratti tra intermediari ed investitori 28 che a loro volta sono caratterizzati dal pericolo, ulteriore e diverso, dell'opportunismo 29.
Così in dipendenza del grado di alea e di complessità dello strumento finanziario, l'attività degli intermediari può essere considerata a tutti gli effetti pericolosa ai sensi dell'art. 2050 coc.civ. con la precisa conseguenza che l'intermediario è responsabile del danno patito dall'investitore fino a quando non fornisca la prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; è una soluzione piuttosto importante che, finora inascoltati, hanno già evidenziato in uno scritto del 1992 Vincenzo Scalisi e in un saggio del 2005 Giorgio De Nova, entrambi evidenziando che il carattere pericoloso dell'attività dipenderebbe dalla ricorrenza della ««natura dei mezzi adoperati»» 30.
L'argomento contrario all'accoglimento di questa soluzione è che l'alea che caratterizza le operazioni su strumenti finanziari è una nozione diversa dal ««pericolo»» al quale fa riferimento l'art. 2050 cod.civ.
Ma si deve replicare che, in fatto, al maggior grado di alea corrisponde un maggior grado di pericolo di perdita del capitale investito o, in certe operazioni, di somme superiori al capitale investito e originariamente non prevedibili, in diritto, è la logica precostituita dal legislatore che conduce a qualificare l'alea del contratto su strumenti finanziari in termini di pericolo rappresentato per l'investitore dall'attività dell'intermediario. E quindi non solo ricorre la pericolosità della ««natura dei mezzi adoperati»», com'è stato già sostenuto, ma, a mio avviso, ricorre ancora più in radice l'espressa qualificazione dell'attività in termini di pericolo da parte del legislatore: e la Corte di cassazione è fermissima nell'insegnare che ««ai fini della responsabilità per attività pericolosa di cui all'art. 2050 c.c., costituiscono attività pericolose (...) quelle che tali sono qualificate (...) da (...) leggi speciali»» 31 con l'ulteriore precisazione che ««l'accertamento in concreto se una certa attività (...) possa o meno essere considerata pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c. (...) implica un accertamento di fatto»» esclusivamente quando essa non sia già ««espressamente qualificata come pericolosa da una disposizione di legge»» 32.
Ne consegue che l'intermediario risponde, se non prova che i suoi dipendenti erano dotati della specifica competenza e del necessario supporto aziendale che consentiva loro di gestire in maniera consapevole l'operazione nell'interesse del cliente. Se ad eseguire un ordine di acquisto di covered warrant è l' ex cassiere destinato pour cause ad inserire ordini, la piccola BCC risponde. E l'intermediario è responsabile, se non prova che in mancanza di offering circular ha acquisito aliunde ogni possibile informazione trasmettendola all'investitore.
I conseguenti costi a carico di ciascun intermediario potranno indirizzarlo nella scelta su quali strumenti operare; certo il piccolo intermediario, pensiamo ancora alla BCC, non potrà invocare il principio di proporzionalità - che pure è richiamato a proposito delle misure organizzative dal Regolamento Congiunto Consob Banca d'Italia 33 - per liberarsi dalla responsabilità, com'è pacifico in giurisprudenza che a proposito del servizio delle cassette di sicurezza non possa invocare la ««proporzionalità tra entità del canone, rischio d'impresa dell'argentarius e danno risarcibile»» per escludere il dovere di predisporre ««un servizio caratterizzato dal massimo di sicurezza ipotizzabile»» 34.
Ma è sul limite di ordine pubblico all'autonomia dei contraenti che voglio soffermarmi.
Si può pensare che il dovere dell'intermediario di servire l'integrità dei mercati si esaurisca nelle norme imperative, alcune primarie e molte secondarie 35, di cui si continua a discutere se siano regole di condotta dell'intermediario o regole di fattispecie, ovvero se costituisca un limite di ordine pubblico.
A mio avviso, l'integrità dei mercati è un limite di ordine pubblico all'autonomia contrattuale, non solo degli intermediari nel predisporre i contratti, ma anche degli investitori nel conferire ordini.
L'integrità dei mercati è un principio di ordine pubblico economico come ad es. il ««principio della libera concorrenza»» 36.
Non si tratta di ordine pubblico di protezione (essendo solo uno degli obiettivi, e non il principale, la protezione dell'investitore), ma di ordine pubblico di direzione (essendo l'obiettivo la massima possibile espansione dell'industria dei mercati finanziari).
Sul secondo aspetto relativo agli ordini dei clienti mi soffermerò tra breve.
Qui evidenzio a proposito dell'autonomia contrattuale degli intermediari che, se quel contratto tra intermediario ed investitore, sia esso il contratto di investimento o il singolo ordine eseguito, costituisce lo strumento per violare l'interesse dell'investitore, il contratto è nullo, non perché sia stata violata una norma imperativa e quindi ricorra la nullità virtuale ai sensi dell'art. 1418, comma 1 cod.civ., ma perché è stato violato l'ordine pubblico e quindi ricorre la diversa causa di nullità prevista dall'art. 1418, comma 2 cod.civ. Se la soluzione sembra severa segnalo che secondo Rodolfo Sacco non è nullo per illiceità, ma per immoralità, ««il contratto concluso da un soggetto nel proprio interesse, approfittando dei poteri a lui conferiti per l'interesse di altri»» 37.
E siccome la causa di nullità è la contrarietà all'ordine pubblico economico, la nullità è assoluta 38, cioè può essere fatta valere - se ricorre l'interesse ad agire - dall'intermediario, dall'investitore e da chiunque altro vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice 39 quando in causa sia richiesto l'adempimento 40.
Naturalmente ci sarà chi dalla nullità guadagnerà e chi perderà, ma l'esito economico della vicenda restitutoria non può condizionare l'operatività di una causa di nullità 41.
Forse la dottrina, nel ragionare delle nullità in chiave di sanzione e quindi di effetti sul patrimonio dei contraenti, qualche volta è andata oltre il segno. È vero che spesso la nullità è una sanzione civile e quindi va individuata e ricostruita tenendo conto innanzitutto degli esiti cui conduce. Ma non è vero che qualsiasi nullità sia una sanzione civile. Tantomeno quelle per contrarietà all'ordine pubblico il cui unico scopo è prevenire che si concludano e l'unico esito ripristinare lo status quo ante. E quindi può darsi benissimo che esistano cause di nullità che operano del tutto indipendentemente dagli effetti che provocano e dalla logica dei vantaggi e degli svantaggi che i contraenti ne ritraggono. L'interprete, saprà farsi una ragione se l'esito della nullità non somiglierà a un paesaggio fiammingo; il contraente deluso dall'esito delle restituzioni, rimprovererà a se stesso di non essersi astenuto dal concludere un contratto nullo.
Così, il contratto derivato rinegoziato che incorpora la perdita del derivato precedente e per questo smarrisce qualsiasi possibile finalità di copertura e financo qualsiasi logica di speculazione, per essere puramente e semplicemente destinato a rinviare la perdita economica dell'investitore e prevedibilmente ad aumentarla in maniera esponenziale, è nullo, e lo è non perché sia stata violata questa o quella norma specifica, ma perché l'operazione prelude (i) a perdite notevoli per la singola impresa ed (ii) a conseguenze sistemiche negative, qualche volta disastrose. E quindi la sua causa è contraria all'ordine pubblico.
Si pone così il problema della possibile liceità di clausole inserite in singoli contratti ulteriori e diverse da quelle imposte dal Regolamento Intermediari 42.
Qui c'è spazio per l'autonomia contrattuale. Ma, ci chiediamo, c'è anche un limite all'autonomia contrattuale ? Di nuovo, l'integrità dei mercati induce a rispondere di sì.
Porto solo un esempio.
Possono queste condizioni o questi accordi essere diversi da cliente a cliente ?
La risposta istintiva è sì, perché nel mercato finanziario la parità di trattamento degli investitori è imposta dal TUF all'emittente 43, non all'intermediario, e nello stesso mercato bancario la parità di trattamento contenuta nella c.d. legge Minervini, la legge 64 del 1986, ha vissuto una stagione brevissima terminata con la sua abrogazione ad opera della legge 488 del 1992 44.
Ma forse, anche per l'intermediazione finanziaria, un problema si pone.
Supponiamo che l'intermediario garantisca di tasca sua a un certo numero di clienti il rimborso del capitale, comunque vada l'investimento.
La pattuizione genera un conflitto di interessi tra l'intermediario e ciascuno dei clienti che non beneficiano dell'impegno dell'intermediario, perché l'intermediario sarà indotto ad adottare nei confronti dei clienti garantiti, e solo di questi, tutte le possibili condotte che prevengano perdite che ricadrebbero al postutto su di lui, e sarà indotto a fare ciò eventualmente venendo meno all'obbligo della miglior cura degli interessi dei clienti non garantiti.
La pattuizione è lecita ?
Per disciplina generale del contratto, sì, almeno se si ritiene che l'ordinamento giuridico non disapprovi qualsiasi accordo che dia luogo ad una situazione di conflitto di interessi 45.
Nell'intermediazione finanziaria, io dubito che una pattuizione simile sia lecita e ne dubito perché esiste il limite dell'integrità dei mercati che è un limite di ordine pubblico.
Abbiamo una clausola contrattuale che prelude, non ad un trattamento peggiore rispetto a quello riservato ad altri, ma ad un trattamento peggiore rispetto a quello che sarebbe stato posto in essere in sua assenza. Ad es. l'intermediario viene a sapere che c'è la possibilità di vendere 10.000 azioni in caduta libera e raccomanda al solo cliente garantito di alienare il suo pacchetto di 10.000, quando in assenza della garanzia si sarebbe verosimilmente raffigurato gli interessi di tutti i suoi clienti su un piano di parità.
Noi non abbiamo una specifica norma violata, non abbiamo problemi di nullità virtuale e non abbiamo il limite di ordine pubblico della parità di trattamento; ma abbiamo una clausola che comporta un macroscopico attentato alla fiducia degli investitori e che per questo è in contrasto con il limite di ordine pubblico rappresentato dall'integrità dei mercati. E dunque è nulla.
Forse è un caso estremo - anche se si è verificato e la giurisprudenza se ne è occupata 46 - ma credo che più in generale si ponga un problema di liceità delle clausole diciamo atipiche il cui inserimento in singoli contrati dia luogo a situazioni di conflitto di interessi e quindi sia contrario all'integrità dei mercati.
E c'è poi il tema vastissimo della frode alla legge, se la clausola sia il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, ad es. eludere il precetto di appropriatezza, prevedendo contro il vero che il servizio è prestato su richiesta dell'investitore e così sarebbe soggetto alla execution only, eludere il precetto di adeguatezza, prevedendo contro il vero che il servizio non comprende raccomandazioni personalizzate, eludere l'informazione sul conflitto di interessi prevedendo contro il vero che esistono misure preventive idonee; e così via.
Non dico che sia facile delimitare i confini né che sia auspicabile che siano incerti, tutt'altro. Ma credo che il problema esista e che si debba uscire dall'ottica riduttiva della natura delle regole di condotta degli intermediari finanziari.
3. Perché l'intermediario deve curare l'interesse dell'investitore e cosa significa curare l'interesse dell'investitore
La cura dell'interesse dei singoli investitori, come ho anticipato, non ha un ruolo primario: soltanto al Considerando n. 31 la Direttiva Mifid di primo livello dà atto quasi sommessamente che ««Uno degli obiettivi della presente direttiva è proteggere gli investitori»» 47.
L'interesse può essere inteso in senso soggettivo e ricondotto al ««vantaggio»» così come se lo raffigura e lo manifesta lo stesso titolare; oppure può essere inteso in senso oggettivo, come ««utilità»», alla stregua dell'utiliter coeptum 48.
Io considero l'interesse del dominus in qualsiasi rapporto di cooperazione l'interesse soggettivo, cioè il suo vantaggio, non inteso ovviamente come risultato utile dell'operazione, ma come rispondenza all'interesse del programma, di cui la singola operazione di investimento consiste.
Escludo quindi che sia rilevante un qualche interesse oggettivo, e lo sottolineo, perché è diffusa l'idea, che la Mifid alimenta, per cui eseguire un ordine del cliente significherebbe attuare non la sua volontà, ma il suo profilo di rischio.
È un'idea infondata, perché è la volontà dell'investitore che si tratta di attuare. Il punto è di vedere come.
L'interesse dell'investitore può essere benissimo fatto coincidere con gli ««obiettivi di gestione»» che sono un requisito essenziale del contratto di gestione 49 al pari del ««livello del rischio»» 50, il che si spiega, perché il contratto di gestione produce immediatamente effetti obbligatori e l'intermediario deve conoscere da subito quel tanto di volontà dell'investitore che gli consenta di raffigurarsi l'interesse per tradurlo in immediate scelte di investimento 51.
La ragione per cui l'««obiettivo di investimento»» non è previsto nella negoziazione per conto proprio e nell'esecuzione di ordini, non è che qui l'intermediario non debba essere messo in condizione di raffigurarsi l'interesse del cliente, ma è, tutto al contrario, che la negoziazione per conto proprio e per conto terzi non producono un'immediata obbligazione di compiere atti di investimento 52 - e per questo non sono riconducibili ad un incarico 53 - e l'obbligazione sorge solo all'atto dell'esecuzione dei singoli ordini 54 che integrano, essi, i contratti, ed incorporano, essi, la volontà dell'investitore, si direbbe parafrasando il Regolamento Intermediari gli obiettivi dell'ordine. Dice bene il Tribunale di Venezia che ««Il contratto quadro ha la funzione di regolamentare in via generale il servizio prestato dall'intermediario in favore del cliente indicando quali regole l'intermediario medesimo deve osservare per consentire al risparmiatore di porre in essere una consapevole scelta di investimento ma è del tutto privo - come invece avviene nel contratto di mandato - di un seppur minimo programma negoziale. Si può dire che il contratto quadro, sotto questo profilo, abbia un contenuto "vuoto"»» 55. Ed in presenza di ordini lo spazio entro cui l'intermediario si raffigura l'interesse dell'investitore è limitato ai profili che l'ordine non contempla, ad es. su quale mercato o sistema o piattaforma di negoziazione eseguire l'ordine 56.
Pertanto, la cura sostanziale dell'interesse dell'investitore, cioè il perseguimento del suo personale obiettivo di investimento, costituisce in tutti
i servizi l'obbligo principale dell'intermediario 57. Quel tanto o poco di interesse che l'investitore ha manifestato, vincola senz'altro l'intermediario; per il resto, sarà l'intermediario a raffigurarsi l'interesse dell'investitore e ad agire di conseguenza.
4. Entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio
La complessità riguarda lo strumento e quindi l'asimmetria informativa non corre tra investitore ed intermediario, ma tra investitore e mercato 58.
Spostare l'asimmetria informativa al livello del rapporto tra intermediario ed investitore è in certa misura ovvio, perché è con l'intermediario che l'investitore si confronta ed è da lui che può essere informato, ad es. con il documento sui rischi generali degli investimenti la cui semplice consegna basta ad eliminare qualsiasi carenza informativa sulla natura aleatoria degli investimenti.
Ma enfatizzare oltremodo l'asimmetria informativa tra intermediario ed investitore è errato, perché il pericolo principale dell'intermediazione, per l'investitore, non è l'asimmetria informativa, ma l'opportunismo 59. E difatti qualsiasi persona di indole onesta giurerebbe che chi si avvicina a un mercato complesso che non conosce e lo fa affidandosi a un cooperatore professionale ne dovrebbe trarre per definizione un beneficio, non esporsi a un ulteriore pericolo.
Questo significa che quando l'intermediario negozia in contropartita diretta strumenti finanziari atipici e complessi, il problema non è quanto lo strumento è complesso, ma se l'intermediario si rivela opportunista. E quindi non è sufficiente che l'intermediario provi che l'investitore aveva compreso che il derivato over the counter avrebbe generato flussi destinati a compensarsi a scadenza, ma è necessario che provi che il criterio di determinazione dei flussi risponde all'interesse dell'investitore. Perché il problema non essendo l'asimmetria informativa ma l'opportunismo, l'intermediario può informare quanto vuole, ma sarà giudicato per come ha agito (e qui, istruzioni per l'uso: la Mifid questo non lo dice).
L'integrità dei mercati passa tra l'altro dalla cura dell'interesse di ciascun cliente; ma sul significato dell'obbligo dell'intermediario di curare l'interesse del cliente non v'è uniformità di vedute.
Angelo Luminoso ha riscontrato nella scelta di vincolare l'intermediario alla cura dell'interesse del cliente l'epifania di un principio che sarebbe proprio in generale dei contratti con causa di scambio secondo cui il contraente professionale dovrebbe sempre valutare la convenienza dell'affare per la sua controparte in ottemperanza all'obbligo di buona fede in executivis previsto dall'art. 1375 cod.civ. 60.
Ora, che la regola, qua e là, esista, è condivisibile: un'epifania recente si rinviene nell'««obbligo di verifica del merito creditizio»» contenuto nella nuova direttiva sul credito ai consumatori 61 ed è ben noto che esiste un vivace dibattito in sede di elaborazione delle fonti persuasive sul significato da attribuire alla buona fede oggettiva ed in particolare se in omaggio alla ««giustizia contrattuale»» 62 si debba fare del contraente professionale il garante della cura dell'interesse dell'altro contraente.
Io ritengo però che le vecchie e le nuove epifanie della regola non possano e non debbano fondare nei contratti con causa di scambio un principio generale.
Penso che nei contratti di scambio valga il principio caveat emptor in virtù del quale ciascuno dei contraenti si raffigura l'interesse proprio 63 e la clausola generale di buona fede si arresta al limite del sacrificio apprezzabile dell'interesse proprio 64.
Dove a mio avviso il principio di cura sostanziale dell'interesse della controparte c'è, è in una vecchia categoria ordinante, quella dei contratti con causa gestoria, che sono dominati dal precetto di raffigurarsi e di perseguire sempre al meglio, nella sostanza, l'interesse del dominus 65, com'era nel pensiero di Salvatore Pugliatti e già negli studi di Siegmund Schlossmann 66. Ricordo la definizione di Antonio Scialoja, che il mandatario deve essere ««interprete intelligente della volontà del mandante»» 67.
Nei servizi di investimento, il carattere essenziale dell'agire nell'interesse, non solo per conto, risulta dal chiarissimo significato delle parole ««nell'interesse»» previste dall'art. 21 TUF, dal Regolamento Mercati che utilizza l'espressione ««per conto e nell'interesse d(el) cliente»» 68 ed è coerente con il modello al quale si ispira la disciplina dell'intermediazione, cioè l'agency, in cui, come scrive Michael Joachim Bonell, ««the agent, in fulfilling its mandate, is under a fiduciary duty to act in the interest of the principal to the exclusion of its own interest or that of anyone else if they conflict with one another»» 69.
Correttamente quindi la Corte di cassazione, sezione I, del 25 giugno 2008 ha chiarito che ««la prestazione dei servizi di investimento»» è soggetta ««ad una disciplina diversa e più intensa rispetto a quella discendente dall'applicazione delle regole di correttezza previste dal c.c.»» 70. Il superamento della mera correttezza del codice civile è ribadito dalla Corte d'appello di Milano che sia nella sentenza n. 1094 in data 1/15 aprile 2009 71sia nella sentenza n. 1163 in data 18/24 aprile 2009 ha motivato che la disciplina del TUF e del Regolamento Intermediari è ««diversa e più intensa rispetto a quella discendente dall'applicazione delle regole di correttezza previste dal c.c.»» 72. Cioè la Corte d'appello di Milano si è ispirata alla cassazione, addirittura la ha copiata, ma ha copiato la sezione I del 25 giugno 2008, non altre sentenze della Corte di cassazione, non le Sezioni Unite. La Corte d'appello di Milano lo dice: dice chiaro che la sentenza del 25 giugno 2008 ««ha offerto una lettura tanto severa, quanto convincente dell'art. 21 TUF»» 73.
Ma, se è così, e se torniamo alla distinzione da cui ho preso le mosse tra contratti su strumenti finanziari e contratti tra intermediari ed investitori, allora la differenza è nettissima.
Il mercato degli strumenti finanziari è dominato dal caveat emptor, perché le operazioni su strumenti finanziari sono atti di scambio; e difatti l'investitore non può mai lamentarsi dell'esito negativo dell'investimento, che se ricorre rileva semplicemente come interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 cod.proc.civ. Tutto al contrario, il mercato dell'intermediazione finanziaria è lontano mille miglia dal caveat emptor, perché le prestazioni dell'intermediario sono atti di cooperazione 74; ed è proprio per questo che l'investitore ha titolo per lamentarsi che l'intermediario non abbia agito nel suo esclusivo interesse.
Pensiamo in particolare alla negoziazione per conto proprio.
Chi esclude che l'essenza della gestione sia la cura sostanziale dell'interesse qualifica la negoziazione per conto proprio come un contratto di scambio 75. Ma in questo modo, il precetto di agire nell'interesse cede il passo - o almeno è fortemente ridimensionato - dal caveat emptor. In altre parole, secondo questa concezione l'intermediario che negozia per conto proprio può agire anche nell'interesse proprio.
Per parte mia, credo che siamo in presenza della causa gestoria e quindi del dovere di cura sostanziale dell'interesse e che per questa ragione l'intermediario che negozia uno strumento in contropartita diretta non può allegare il caveat emptor, mai, e soltanto nel caso eccezionale in cui l'operazione soddisfi perfettamente l'interesse dell'investitore gli è consentito di entrarci, per usare l'espressione un po' rozza e quindi molto efficace che la dottrina ha sempre utilizzato per descrivere la fattispecie del contratto concluso dal commissionario in proprio 76.
E quindi la risposta al quesito, entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio, è: lo deve sacrificare del tutto. Il contratto su strumenti finanziari deve rispondere intieramente all'interesse dell'investitore.
In particolare, la cura dell'interesse si articola nelle due fasi della raffigurazione dell'interesse, che precede il compimento dell'operazione, e della conseguente manifestazione della volontà 77.
Ebbene la raffigurazione dell'interesse da parte dell'intermediario deve essere totalmente immune dall'incidenza di un interesse in conflitto 78; usando le vecchie espressioni pubblicistiche precedenti alla dottrina di Salvatore Pugliatti diremmo non abusa, oggi con gli anglosassoni diciamo non si rivela opportunista.
Deve essere chiaro che questo non ha nulla a che fare con la prevenzione e la gestione tramite la trasparenza delle situazione di conflitto di interessi, su cui Consob e Banca d'Italia si concentrano nel regolamento Congiunto recependo le regole analiticissime di organizzazione della Direttiva di secondo livello 79.
Perché l'intermediario previene o non previene le situazioni di conflitto di interessi 80, informa o non informa l'investitore - supponiamo che un po' grottescamente informi per iscritto l'investitore che in quel momento è in atto una forte politica push su derivati over the counter - e fa tutto ciò con maggiore o minore efficacia: ma questi sono aspetti che riguardano, da un lato, la sua organizzazione d'impresa, dall'altro, il carattere informato (e quindi, in tesi, consapevole) del consenso dell'investitore. Ma se, dopo avere informato l'investitore che è in atto una politica push l'intermediario pushes, cioè beffardamente raccomanda all'investitore di concludere un contratto derivato inutilmente pericoloso, l'intermediario risponde, e sono superflui tutti i discorsi sull'organizzazione e sulla trasparenza, per la semplice ragione che il nome della politica push, in qualsiasi industria della cooperazione, è conflitto di interessi.
Vorrei aggiungere che il carattere prioritario del precetto di non agire in conflitto di interessi non rispecchia solo quella che a mio avviso è, diciamo, l'ideale gerarchia dei precetti che si rinvengono nell'art. 21 TUF, ma rispecchia anche la tradizionale opinione dei Maestri: Francesco Carnelutti recensiva i primi scritti sul tema di Pugliatti nel 1929 ed osservava che proprio la delimitazione del concetto di conflitto di interessi costituiva l'angolo visuale dal quale si domina l'intera teoria della rappresentanza 81, che è quanto dire la natura dei contratti con causa gestoria.
5. Quando la volontà dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati
Ma, come anticipavo, esiste un limite di liceità anche per la manifestazione di volontà dell'investitore.
Questo limite non dipende dal fatto che l'intermediario debba attuare un qualche interesse oggettivo, come malamente si tende a credere, o peggio che l'intermediario debba sostituire la sua volontà a quella dell'investitore quasi si trattasse di un suo affare. Questi sono tutti discorsi basati secondo me su un equivoco. L'equivoco è che si stia proteggendo innanzitutto l'investitore. Non è vero. Si sta proteggendo il mercato.
Il limite dipende, di nuovo, dall'esigenza di tutela dell'integrità dei mercati.
Il legislatore non protegge l'investitore da se stesso e non protegge l'investitore dall'intermediario; il legislatore protegge il mercato dall'investitore.
Ed è un limite comune tanto alla gestione quanto alla negoziazione per conto proprio ed all'esecuzione di ordini di terzi.
Nel contratto di gestione è espressamente previsto che l'intermediario debba astenersi dal compiere operazioni inadeguate, siano esse o meno oggetto di un ordine del cliente; il che è ovvio, perché una discrezionalità estesa fino al compimento di operazioni non conformi all'interesse del dominus non può essere l'oggetto di un valido incarico.
Nella negoziazione per conto proprio e per conto terzi 82, il problema sono gli ordini, ma non gli ordini spontanei, bensì quelli sollecitati dall'intermediario nel contesto del c.d. mis selling, cioè la politica delle reti di vendita di spingere prodotti inadeguati con raccomandazioni personalizzate 83.
Il contratto di negoziazione per conto proprio e quello di esecuzione di ordini per conto terzi devono ««indica(re) se e con quali modalità e contenuti in connessione con il servizio di investimento può essere prestata la consulenza in materia di investimenti»»84. Qui, naturalmente, è essenziale che la disciplina funzioni. Se l'intermediario inserisce nel contratto la previsione secondo cui egli ««non può»» prestare consulenza, è essenziale che non lo faccia con la riserva mentale, poi, di farlo di sua iniziativa confidando di non risponderne.
In tutti i casi in cui di fatto la consulenza è prestata - che sono la netta maggioranza dei casi sottoposti ai giudici -, noi non siamo in presenza di una semplice esecuzione di ordini che come tale non è soggetta al precetto di adeguatezza, ma siamo in presenza di ««raccomandazioni personalizzate»» su ««iniziativa del prestatore del servizio (...)»» 85 e quindi siamo in presenza di una consulenza dell'intermediario 86. E pertanto è richiesto che ««l'intermediari(o) ott(enga) dal cliente le informazioni necessarie in merito (...) alla situazione finanziaria ed agli obiettivi di investimento»» 87 e l'intermediario, se l'operazione è inadeguata, deve astenersi 88, proprio come nella gestione.
Occorre soggiungere che il rispetto della disciplina primaria e secondaria non pone soltanto il problema della sorte degli effetti dell'atto gestorio, ma pone anche il problema della liceità dell'oggetto del contratto.
Lo schema gestorio offre, anche qui, indicazioni preziose, perché richiede che si distingua tra atto giuridico, prestazione di facere e trasferimento (diretto o indiretto) degli effetti.
Certo, il mandato è nullo se l'atto giuridico del cui compimento si tratta è illecito: la negoziazione per conto proprio, l'esecuzione di ordini e la gestione possono avere ad oggetto strumenti finanziari che, riguardati come atti giuridici, sono nulli 89.
Ma il mandato è nullo anche se l'atto giuridico è lecito, quando è illecita, per com'è programmata in contratto, la prestazione di facere del mandatario o la produzione degli effetti in capo al mandante 90.
E così, il Regolamento congiunto Consob Banca d'Italia dispone che ««gli intermediari informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura e/o delle fonti dei conflitti affinché essi possano assumere una decisione informata sui servizi prestati, tenuto conto del contesto in cui le situazioni di conflitto si manifestano »» 91; se il contratto di investimento contiene una clausola con la quale l'investitore è informato una volta per tutte di una serie di possibili situazioni di conflitto di interessi, che si potranno verificare in occasione di singole operazioni, il contratto tra intermediario ed investitore è nullo, perché la prestazione dell'intermediario è delineata ab origine in termini difformi rispetto alla condotta imposta dalla normativa.
Se contiene una clausola che attesta il rifiuto dell'investitore di fornire il profilo di rischio necessario per valutare l'inadeguatezza, il contratto di gestione è nullo, perché conforma ab origine la prestazione dell'intermediario in termini difformi da quanto imposto dalla normativa, perché tale da escludere il giudizio di inadeguatezza 92.
Per la stessa ragione, sono nulli tutti i contratti di investimento e le operazioni poste in essere quando il contrato di investimento non è uniformato nel suo contenuto alla legislazione primaria e secondaria vigente (oggi, la Mifid).
6. Come e perché si producono in capo all'investitore gli effetti dell'operazione di investimento
La natura gestoria non è esclusa dalla circostanza che, a differenza del mandato, in cui è in gioco il solo interesse privato del mandante, invece nei contratti tra intermediari ed investitori sia in gioco innanzitutto l'integrità dei mercati.
Al contrario, i contratti nei quali la causa gestoria è funzionale ad un interesse pubblico sono riconducibili all'ufficio di diritto privato 93, in cui ««accanto a concorrenti interessi privati vi è sempre un interesse superiore e costante dello Stato alla realizzazione di quegli interessi privati»» 94 perché si tratta della ««tutela di un interesse privato, che la comunità giuridica non può trascurare»» 95.
Gli istituti abitualmente ricondotti spesso per vero in un'ottica di pura ontologia giuridica all'ufficio di diritto privato sono noti: tutela del minore e dell'interdetto, per qualcuno l'esecutore testamentario.
Se ora in particolare si pensa all'intermediario finanziario, certo le differenze con l'ufficio di diritto privato ci sono e sono rilevanti: innanzitutto nell'intermediazione il dominus è presente e manifesta la sua volontà, poi che di norma l'ufficio è gratuito e non è affidato ad un'impresa - come l'intermediario finanziario - che legittimamente persegue l'utile e lo fa in un contesto (più o meno) concorrenziale.
Nonostante le differenze, non credo manchino del tutto i presupposti per avviare una riflessione e coltivare un percorso di ricerca, sulla base di taluni elementi comuni.
I tratti caratterizzanti dell'ufficio di diritto privato che si ricavano dalla giurisprudenza più recente sono l'««assimila(zione) al mandato»» 96, la ««cura dell'esclusivo interesse»» altrui 97 ed al tempo stesso la ««tutela d(i un) complesso di interessi (...) realizzante una cooperazione, in regime di autonomia»» 98.
Sono diversi gli elementi che accomunano intermediazione ed ufficio di diritto privato.
L'investitore sceglie a quale intermediario affidarsi, ma non se contrattare, perché, a parte casi eccezionali o addirittura di scuola 99, egli deve affidarsi all'intermediario una volta che abbia deciso di compiere operazioni di investimento: e dunque si tratta in larga parte di cooperazione necessaria, come è proprio dell'ufficio di diritto privato, che non è in alcun modo evitabile dall'interessato 100.
L'ufficio di diritto privato ha per contenuto un facere variamente predeterminato con norme imperative di condotta, esattamente come l'attività dell'intermediario, in cui le modalità di trattativa, le modalità di conclusione, le modalità di esecuzione dei contratti di investimento sono disciplinate analiticamente.
Al pari dell'ufficio di diritto privato, che è fortemente permeato dal controllo amministrativo dell'autorità giudiziaria, in sede di volontaria giurisdizione 101, così nella prestazione dei servizi di investimento l'attività dell'intermediario è soggetta ad un controllo amministrativo da parte delle autorità indipendenti, Consob e Banca d'Italia 102, funzionale alla ««salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario»» ed alla ««stabilità e buon funzionamento del sistema finanziario»» prima che alla ««tutela degli investitori»» 103.
In particolare, ««in caso di violazion(i)»», Consob e Banca d'Italia ««possono ordinare (agli intermediari) di porre termine a(lle) irregolarità»», possono ««vietare (...) di intraprendere nuove operazioni»» ed ««imporre ogni altra limitazione riguardante singole tipologie di operazioni»» e ««singoli servizi»», e, si badi, non soltanto quando ««le violazioni commesse possono pregiudicare interessi di carattere generale»», ma pure ««nei casi di urgenza per la tutela degli interessi degli investitori»»
104.
Ora, la peculiare struttura dell'ufficio di diritto privato è tale, che riveste importanza del tutto secondaria stabilire se il comportamento dell'agente integra inadempimento o è causa di nullità, perché il problema è innanzitutto quello di stabilire la sorte degli effetti dell'atto gestorio 105, tenendo conto che l'intermediario agisce, pressoché senza eccezioni, in nome proprio 106.
Già nel mandato, quando v'è eccesso, difetto o abuso di mandato, opera la regola dettata dall'art. 1711 cod.civ. e gli effetti dell'atto gestorio restano a carico del mandatario perché ««l'efficacia degli atti compiuti dal rappresentante nella sfera giuridica del rappresentato è conseguenza dell'esercizio legittimo del potere rappresentativo»» 107.
Così, se il mandato è nullo, o se è nullo l'ordine o l'istruzione, l'atto giuridico posto in essere dal mandatario con il terzo resta efficace 108, ma restano a carico del mandatario gli effetti dell'atto compiuto eccedendo i limiti del mandato o senza un mandato 109. Volendo guardare alle solo regole del mandato mi pare condivisibile il ragionamento del Tribunale di Firenze e di altri tribunali: se vi è violazione della disciplina del conflitto di interessi o dell'inadeguatezza il mandato è nullo, se il mandato è nullo lo è anche l'atto di ritrasferimento, che viene a mancare della ««causa gestoria»» 110 e l'investitore ripete la somma investita, per il venir meno della causa di somministrazione dei mezzi di esecuzione dell'operazione 111, mentre resta efficace il contratto concluso dall'intermediario sul mercato 112.
Ebbene la regola dell'ufficio di diritto privato è ancora più rigorosa rispetto all'art. 1711 cod.civ.: perché nell'ufficio, scriveva Salvatore Pugliatti, ««l'efficacia degli atti compiuti dal rappresentante (...) è conseguenza dell'applicazione di peculiari norme di imputazione degli effetti allorché si verificano tutti gli elementi obiettivi che integrano determinate fattispecie»» 113.
In altre parole, se l'intermediario, nella prestazione del servizio, non rispetta le regole - ad es. compie l'operazione quando doveva astenersi o senza il prescritto consenso dell'investitore - significa che mancano gli elementi oggettivi da cui dipende l'efficacia degli atti compiuti.
È una soluzione sulla quale sembra si sia assestato il Tribunale di Milano che con due sentenze recentissime, del 14 febbraio 2009 e del 18 febbraio 2009, ha condannato l'intermediario, che aveva violato in un caso la disciplina del conflitto di interessi 114 e nell'altro la disciplina dell'inadeguatezza 115, a restituire al cliente l'intero capitale investito, maggiorato di interessi, così lasciando definitivamente in capo all'intermediario gli effetti dell'operazione di investimento compiuta in violazione delle regole.
La soluzione mi sembra al tempo stesso rispettosa delle categorie ordinanti del diritto civile e soddisfacente anche in chiave prettamente funzionale, dato che l'intermediario su cui si stabilizzano gli effetti può tornare sul mercato per compensare il danno con un lucro 116.
1) G. Alpa, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca borsa tit.cred., 1998, I, pag. 373.
2) G. Alpa, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di investimento finanziario. Per l'armonizzazione dei modelli regolatori e per l'uniformazione delle regole di diritto comune, in Contr.impr., 2008, pag. 916.
3) P. Rescigno, Relazione di sintesi, in G. Visintini (cur.), Rappresentanza e gestione, Padova, 1992, pag. 257.
4) Infra, par. 2.
5) Infra, par. 3.
6) Infra, par. 4.
7) Infra, par. 5.
8) Infra, par. 6.
9) Il legislatore è quello comunitario: lo dimostra la meteora legislativa interna della c.d. legge di riforma del risparmio, l. 28 dicembre 2005, n. 262.
10) La liquidità, si badi, non costituisce affatto un dato necessariamente presente in qualsiasi mercato perché sono sempre esistiti mercati poco liquidi ma efficienti, ma serve all'obiettivo della massima espansione dei mercati finanziari.
11) Il Considerando n. 44 della Direttiva 2004/39/CE menziona gli obiettivi di ««garantire l'effettiva integrazione dei mercati azionari degli Stati membri, (...) rafforzare l'efficacia del processo globale di formazione dei prezzi degli strumenti rappresentativi del capitale e (...) favorire il rispetto effettivo dell'obbligo di esecuzione alle condizioni migliori»»; nel Considerando n. 71 si legge: ««Per raggiungere lo scopo di creare un mercato finanziario integrato, nel quale gli investitori siano efficacemente tutelati e l'efficienza e l'integrità del mercato nel suo insieme siano salvaguardate, è necessario che le imprese di investimento debbano rispettare gli stessi obblighi in qualsiasi Stato membro esse ottengano l'autorizzazione e che i mercati regolamentati e gli altri sistemi di negoziazione siano soggetti alle stesse norme in tutta la Comunità, in modo da impedire che l'opacità o le disfunzioni di un mercato mettano a repentaglio il buon funzionamento del sistema finanziario europeo nel suo insieme»».
12) L'espressione sintetizza la nozione presente nel Testo Unico, che è ««contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento»»: art. 23, comma 1 TUF; restano escluse le attività di investimento, quali la gestioni di servizi multilaterali di negoziazione, che non sono oggetto di un contratto. Si tratta di raggruppamento perché i contratti sono accomunati dal paradigma normativo, secondo l'insegnamento di Giorgio De Nova già richiamato da F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 21. L'eterogeneità dei servizi di investimento è bene evidenziata da P. Ferro Luzzi, Le gestioni patrimoniali, in Giur.comm., 1992, I, pag. 53. Adde E. Gabrielli - R. Lener, I contratti del mercato finanziario, Torino, 2006, I, pag. 45. È stato già osservato da R. Sacco a proposito dei contratti di investimento (Considerazioni conclusive, in M. Bessone - F.D. Busnelli, La vendita "porta a porta»" di valori mobiliari, Milano, 1992, pag. 178) che un presunto ««tipo (...) che abbia oggetti transtipici, cioè capaci di appartenere ai tipi nominati noti, certamente è una categoria diversa dal tipo»». Nel raggruppamento di contratti tra intermediari ed investitori, è utile a mio avviso individuare un sottoraggruppamento di contratti con causa strettamente gestoria che comprende la negoziazione per conto proprio (Contra A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv.dir.civ., 2007, I, pag. 767., l'esecuzione di ordini per conto terzi e la gestione individuale. Il contratto di negoziazione per conto proprio di strumenti finanziari ha ad oggetto ««l'attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita diretta e in relazione a ordini dei clienti»» (art. 1, comma 5 bis TUF); l'esecuzione di ordini per conto terzi è la tradizionale attività del broker; il contratto di gestione (individuale) di portafogli di strumenti finanziari ha ad oggetto ««la gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento che includono uno o più strumenti finanziari e nell'ambito di un mandato conferito dai clienti»» (art. 1, comma 5 quinquies TUF) ed in cui ««il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere»» (art. 24, comma 1 lett. a) TUF). Resta esclusa - fra gli altri servizi - la consulenza, che ha ad oggetto il compimento di atti materiali, non giuridici ed in particolare ha ad oggetto ««la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente (...) riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario»»: art. 1, comma 5 septies TUF; l'art. 1, comma 5 TUF contempla anche i servizi di sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente, di collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente, di ricezione e trasmissione ordini e l'attività di gestione di servizi multilaterali di negoziazione, che non è oggetto di un contratto.
13) Non considero il contratto di collocamento di cui all'art. 1, comma 2 lett. c) TUF:,
14) Anche se vi sono strumenti finanziari che sono contratti, ad es. gli swap.
15) I contratti hanno ad oggetto i prodotti finanziari, cioè gli strumenti finanziari ed ogni altra forma di investimento, esclusi i mezzi di pagamento (ad es. l'acquisto di azioni, lo swap). Si tratta dei contratti c.d. di borsa o conclusi in altri mercati regolamentati o fuori dai mercati regolamentati. La voce curata da A.A. Dolmetta ed U. Minneci nel 2001 era intitolata Borsa (contratti di), in Encicl. dir., aggiornamento-V, Milano, 2001, pagg. 161 ss mentre l'aggiornamento del 2007 è intitolato Contratti di borsa (ovvero dei mercati mobiliari regolamentati), in Il diritto-Encicl. giur., Milano, 2007, vol. IV, pagg. 111ss. Una volta i c.d. ordini di borsa erano considerati contratti di borsa, mentre a far data dalla legge 1 del 1991 non è più così, il contratto di borsa è l'atto giuridico a valle del cui compimento si tratta in esecuzione dell'ordine che rientra nel contratto di intermediazione; F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 148. La dottrina tradizionale identificava appunto l'operatore di borsa come il soggetto che compiva l'investimento, distinto dall'intermediario: L. Bianchi d'Espinosa, voce (Borsa (contratti di), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1959, pag. 595.
16) M. Bessone , I mercati mobiliari, Milano, 2002, pag. 139; F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pagg. 142 ss. Le regole di borsa, le regole dei mercati regolamentati dei covered warrant, e così via, soprattutto, ciascuno di questi mercati è peculiare perché gli strumenti finanziari che formano oggetto dei contratti (che a loro volta sono l'oggetto dei contratti di intermediazione) hanno una loro natura che è variabile ed ha tratti comuni, ma anche diversissimi (si pensi alla differenza fra le obbligazioni e gli strumenti derivati over the counter).
17) O soggetto abilitato: l'impresa che presta i servizi di investimento è un soggetto abilitato, perché la prestazione è riservata; art. 18, comma 1 TUF che individua i soggetti abilitati anche come intermediari.
18) I contratti che hanno ad oggetto strumenti finanziari sono quelli originariamente disciplinati dalla legge 216 del 1974 mentre i contratti che hanno ad oggetto i servizi di un soggetto terzo (l'intermediario finanziario) che consentono di accedere a strumenti finanziari sono quelli per la prima volta disciplinati in Italia dalla legge n. 1 del 1991 ed in relazione ai quali si era parlato di contratti di intermediazione mobiliare (F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pagg. 1 ss. V. Roppo, Investimento in valori mobiliari (contratto di), in Contr.impr, 1986, pag. 261 ss. aveva proposto la categoria del ««contratto di investimento»» definito come il ««contratto concluso da un investitore relativamente a valori mobiliari, che gli siano offerti nell'ambito di un'attività di sollecitazione del pubblico risparmio»». Proposta criticata da Guido Alpa che considerava quella del ««contratto di investimento»» una ««nozione pericolosa»» (Una nozione pericolosa: il c.d. "contratto di investimento", in AA.VV., I valori mobiliari, Padova, 1991, pagg. 393 ss.) e da G. De Nova, Il contratto di investimento in valori mobiliari dopo la legge sim e i regolamenti Consob di "esecuzione", in M. Bessone - F.D. Busnelli, La vendita "porta a porta»" di valori mobiliari, Milano, 1992, pag. 60 che constatava la ««breve vita di un tipo legale»» dato che più che un tipo di contratto si sarebbe stati in presenza di una disciplina dell'attività.). Entrambi i gruppi di contratti potrebbero rientrare in un ampio genus che potrebbe essere quello dei contratti del mercato finanziario: E così del mercato degli strumenti finanziari, già mercato mobiliare, e difatti in dottrina si parlava di ««contratti di mercato mobiliare»» distinguendo poi fra ««contratti di investimento»» e ««contratti di intermediazione»»: R. Costi, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1993, pagg. 724 s. Distingue tra contratti di investimento ««diretti e indiretti»» F. Guerrera, Contratto d'investimento e rapporto di gestione (riflessioni sulla proprietà delegata), in Riv.crit.dir.priv., 1988, pag. 692 nota 24. Un esame dell'evoluzione della disciplina interna si trova in R. Lener, Strumenti finanziari e servizi di investimento. Profili generali, in Banca borsa tit.cred., 1997, I, pag. 336.
19) Si consulti da ultimo G. Carriero, Mifid, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in Dir. banca merc.fin., 2008, pagg. 431 ss.
20) Ad es. nell'art. 100 bis che prevede la nullità del contratto di acquisto da parte dell'investitore, che abbia agito fuori da un'attività imprenditoriale o professionale, nel caso di mancata pubblicazione di un prospetto informativo: cfr. G. Alpa, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di investimento finanziario. Per l'armonizzazione dei modelli regolatori e per l'uniformazione delle regole di diritto comune, in Contr.impr., 2008, pag. 902.
21) Art. 1, comma 2 bis, lett. c) TUF.
22) Artt. 42, comma 1, 27, comma 2 del Regolamento Intermediari Consob n. 16190 del 2007.
23) Art. 21 TUF.
24) G. Alpa, voce Rischio, in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1989, pag. 1145.
25) Senza disperderci in ««sottigliezze nominalistiche»» - così R. Nicolò, voce Alea, in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1958, pag. 1025 alla nota 4 - osserviamo che emerge l'utilizzo da parte del legislatore, nella c.d. riforma della legge del risparmio, e della Consob, nel Regolamento Intermediari, della stessa espressione, ««rischio»», nei suoi due possibili significati, che sono diversissimi, e cioè, per ciò che concerne i prodotti finanziari, alea (o complessità) come pericolo prevedibile di mancata soddisfazione dell'interesse economico, e per ciò che concerne invece i servizi di investimento, il rischio dell'inadempimento della controparte (nella forma dell'opportunismo). I due possibili significati sono evidenziati da G. Alpa, voce Rischio, in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1989, pag. 1146.
26) E. Gabrielli, Contratti di borsa, contratti aleatori e alea convenzionale implicita, in Banca borsa tit.cred., 1986, pag. 578. È dunque certamente da escludere che alea e complessità non incidano sui servizi prestati dall'intermediario, pur essendo del tutto ovvio che l'intermediario non è responsabile per il semplice fatto che l'investimento non sia andato a buon fine: cfr. sul punto M. Lobuono, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999, pag. 191 e Id., I contratti aventi ad oggetto servizi di investimento, in R. Bocchini (cur.), I contratti di somministrazione di servizi, Torino, 2006, pagg. 265 ss.
27) Gli strumenti finanziari sono pericolosi, una volta perché aleatori, una volta perché caratterizzati da asimmetria informativa; G. De Nova, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti, 2005, pag. 709; V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, in Riv.dir.civ., 1994, II, pagg. 179 ss.; A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv.dir.civ., 2007, I, pag. 761; D. Maffeis, Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l'estensione del modello al credito ai consumatori, in Contratti, 2005, pag. 6. Il problema è acuto per gli strumenti finanziari atipici (N. Salanitro, Titoli di credito e strumenti finanziari, in Banca borsa tit.cred., 2009, I, pag. 6) eventualmente solo nominati dal TUF che esaurisce il richiamo alla nozione puramente e semplicemente evocativa del fenomeno economico. Si noti che il Regolamento Intermediari 16190 del 2007 (art. 44) distingue tra strumenti finanziari complessi e non complessi.
28) All'intermediario è affidato un compito che si articola in una serie di doveri funzionali a garantire obiettivi di ordine pubblico (in sintesi, il ««corretto rapporto tra sistema finanziario, sistema bancario e sistema industriale»»; N. Salanitro, Titoli di credito e strumenti finanziari, in Banca borsa tit.cred., 2009, I, pag. 5). Tra le altre conseguenze, ad es., gli intermediari devono segnalare alla Consob le operazioni sospette: art. 187 nonies TUF, artt. 44 ss. del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007.
29) Sono in gioco due letture diversissime.
In base alla prima, avvalersi di un intermediario professionale è meno pericoloso perché egli dispone di un patrimonio informativo e appunto di una professionalità che dovrebbero consentire di operare al meglio. Questa prima lettura è quella tradizionale, in cui la considerazione dei pericoli era relegata alla fattispecie tutto sommato residuale dell'abuso.
Nella seconda lettura, avvalersi di un intermediario professionale è più pericoloso perché egli può approfittare del suo patrimonio informativo ed operare bensì al meglio, ma per sé. Questa seconda lettura è quella che si è prepotentemente affermata con la teoria nordamericana dell'agency, che ha insistito sul fatto che l'intermediario può tenere, come si dice, comportamenti opportunistici.
30) V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, in Riv.dir.civ., 1994, II, pagg. 1990; G. De Nova, La responsabilità dell'operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in Contratti, 2005, pagg. 709 ss. Nello stesso senso anche D. Maffeis, Forme informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, pagg. 575 ss.; da ultimo G. Carriero, Mifid, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in Dir. banca merc.fin., 2008, pag. 434.
31) Cass., 7 maggio 2007, n. 10300, in Foro it., Rep. 2007, voce "Responsabilità civile", n. 419.
32) Cass., 19 gennaio 2007, n. 1195, in Foro it., Rep. 2007, voce "Responsabilità civile", n. 420.
33) Art. 25, comma 1.
34) Cass., 12 maggio 1992, n. 5617, in Foro it., 1993, I, col. 878.
35) È una disciplina di ordine pubblico economico che - proprio perché ha di mira l'ordine pubblico economico - si applica soltanto agli intermediari che siano soggetti abilitati e cioè, da un lato, che prestino attività in modo professionale, dall'altro, che si rivolgano al pubblico, per l'evidente ragione che è l'attività svolta professionalmente e verso il pubblico che mette in gioco i grandi numeri e mette a rischio l'integrità dei mercati.
36) Cfr. App. Brescia, 29 gennaio 2000, in Giur. it., 2000, col. 1876.
37) R. Sacco, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, Torino, 2004, II, pag. 74.
38) Il modello è chiarito da A. Gentili, Nullità annullabilità inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), in Contratti, 2003, pagg. 200 ss.
39) Art. 1421 cod.civ.
40) ««Il potere officioso del giudice di rilevare la nullità in materia di contratti sussiste tutte le volte in cui l'esame della loro validità costituisca una, sia pure implicita, questione pregiudiziale rispetto alla domanda, come nella ipotesi in cui sia chiesto l'adempimento del contratto, non potendosi prescindere dall'accertamento, appunto, della validità ed efficacia del negozio posto a fondamento della pretesa»»; Cass., 28 maggio 2007, n. 12398, in Foro it., Rep. 2007, "Contratto in genere", n. 521.
41) Cfr. Cass., 30 gennaio 1990, n. 638, in Giur. agr. it., 1990, I, pag. 550; Cass., 23 maggio 1987, n. 4681, in Foro it., 1987, col. 2372; Cass., 6 maggio 1966, n. 1168, in Foro it., 1966, coll. 1249 - 1253.
42) L'intermediario può inserire nei contratti di investimento pattuizioni ulteriori e diverse rispetto al contenuto imposto (art. 37, comma 2, letf. h) Regolamento Intermediari n. 16190 del 2007) e comunque può accadere che stipuli accordi a latere.
43) Art. 92 TUF.
44) Il legislatore speciale aveva dettato una regola eccezionale - ora abrogata - di "parità di trattamento dei clienti della stessa azienda o istituto", intesa a vietare discriminazioni poste in essere in ragione della "località di insediamento o della loro sfera di operatività territoriale. La norma, ideata da Gustavo Minervini, era contenuta nell'art. 8 l. 1 marzo 1986, n. 64 ««Uniformità del trattamento praticato da aziende ed istituti di credito»». La norma - ora espressamente abrogata dall'art. 4 l. 19 dicembre 1992, n. 488 - era stata a suo tempo introdotta per combattere il fenomeno dell'applicazione di differenti tassi ai clienti delle diverse "piazze" e di riequilibrare così il costo del denaro a beneficio delle regioni del Sud dell'Italia: ««Le aziende e gli istituti di credito, salve le disposizioni della presente legge, debbono praticare, in tutte le proprie sedi principali e secondarie, filiali, agenzie e dipendenze, per ciascun tipo di operazione bancaria, principale o accessoria, tassi e condizioni uniformi, assicurando integrale parità di trattamento nei confronti dei clienti della stessa azienda o istituto, a parità di condizioni soggettive dei clienti, ma esclusa, in ogni caso, la rilevanza della loro località di insediamento o della loro sfera di operatività territoriale»». Evidenziano correttamente come la ratio della norma fosse circoscritta e consistesse nell'esigenza di ridurre lo svantaggio delle regioni del Meridione F. Martorano, Trasparenza e parità di trattamento nelle operazioni bancarie, in Banca borsa tit.cred., 1991, 703 s. e N. Salanitro, Tassi e condizioni nei contratti bancari: vincoli di trasparenza ed uniformità, in Banca borsa tit.cred., 1989, 489 ss. Contra L. Nivarra, Disciplina del mercato: il monopolio, in Commentario del codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano, 1992, 172 il quale, sulla scia di L. Maisano (Trasparenza e riequilibrio delle operazioni bancarie, Milano, 1991, 65 s.), scrive che la norma avrebbe avuto come scopo quello di ««promuovere un assetto dei rapporti tra la banca e i suoi clienti più conforme alle esigenze di tutela di questi»». È stato osservato, in maniera non condivisibile, che, a fronte dell'abrogazione dell'espressa previsione della parità di trattamento di cui all'art. 8 l. 64/1986, l'introduzione ad opera dell'art. 2, comma 3 l. 17 febbraio 1992, n. 154 (ora art. 116, comma 1, 6, 7 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) dell'obbligo di dare pubblicità a ««tassi di interesse, prezzi, spese (...) e ogni altra condizione economica»» confermerebbe l'esistenza di un obbligo di parità di trattamento nei contratti bancari: L. Nivarra, Disciplina del mercato: il monopolio, in Commentario del codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano, 1992, 172.
45) Però, Rodolfo Sacco considera nullo per contrarietà al buon costume ««qualsiasi accordo per cui colui, il quale deve operare nell'interesse altrui, acconsente a lasciar influire sulle proprie scelte circostanze diverse da quell'interesse altrui, cui egli deve vegliare»»: R. Sacco, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, Torino, 2004, II, pag. 73.
46) Trib. Bolzano, sez. II civile, G.U. Pasquali, 20 ottobre - 3 novembre 2007, n. 1305, in www.filodiritto.it.
47) Considerando n. 31 della Direttiva 2004/39/CE.
48) G. Minervini, Il conflitto d'interessi fra rappresentante e rappresentato nella recente codificazione, in Arch.giur. Filippo Serafini, 1946, II, pagg. 137, 138.
49) Art. 40, comma 1, lett. a) del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007. Il dovere compare nel Regolamento Intermediari come articolazione del dovere di adeguatezza cui l'intermediario è tenuto nell'esecuzione del contratto di gestione. Uno degli elementi essenziali del contratto di gestione è l'indicazione del ««livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità»» e di ««eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità»»: art. 38, comma 1, lett. b), seconda parte del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.
50) Art. 38, comma 1, lett. b), prima parte del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007
51) Al momento della conclusione l'investitore versa il denaro come patrimonio da gestire così somministrando i mezzi per l'esecuzione, che avrà poi ad oggetto lo stesso denaro ed i beni - denaro e strumenti finanziari - che ad esso andranno via via sostituendosi. Il contratto di gestione individuale è stato considerato un mandato (F. Capriglione, Le gestioni bancarie di patrimoni mobiliari, in Banca, borsa tit.cred., 1987, I, pag. 265), che ad oggetto il compimento di un'attività, alla stregua di un mandato generale. A differenza dalla negoziazione per conto terzi, in cui gli ordini integrano un mandato speciale. R. Lener, Il conflitto di interessi nelle gestioni di patrimoni, individuali e collettive, in Banca borsa tit.cred., 2007, I, pagg. 431 ss. Esistono in dottrina letture diverse, secondo cui la gestione non sarebbe riconducibile ad un mandato generale a compiere investimenti in strumenti finanziari bensì sarebbe a sua volta uno strumento finanziario che l'intermediario offre al pubblico (P. Ferro Luzzi, Le gestioni patrimoniali, in Giur.comm., 1992, I, pagg. 47, 53.) o sarebbe riconducibile ad un appalto di servizi - per la prevalenza della componente intellettuale organizzata su quella del compimento di atti giuridici (G. Ghidini e G. Minervini citati da F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pagg. 105 s. nota 107) o ad un contratto d'opera intellettuale (M. Nuzzo, Società fiduciarie: un progetto di riforma, in Dir. banc., 1988, II, pag. 172) o ad un tipo autonomo e nuovo (M. Zaccheo, Gestione fiduciaria e disposizione del diritto, Milano, 1991, pag. 283; M. Cossu, La "gestione di portafogli di investimento" tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari, Milano, 2002, pag. 231).
È massima ricorrente della Suprema Corte che ««si ha gestione patrimoniale (...) là dove siano presenti gli elementi del mandato e dello svolgimento dell'attività su base discrezionale ed individualizzata; ove tali tratti caratterizzanti manchino, si è al di fuori del servizio di gestione patrimoniale, rientrandosi nell'area, consentita ai promotori finanziari (che pertanto vanno esenti da provvedimenti sanzionatori), della consulenza ed assistenza nelle attività decisionali del cliente»»: Cass., 28 maggio 2007, n. 12479, in Società, 2007, pag. 1351; Cass., 20 marzo 2003, n. 4081, in Foro it., 2003, I, col. 2085.
52) Al momento della sua conclusione l'investitore non somministra alcun mezzo per l'esecuzione, non versa denaro.
53) Contra F. Galgano, Il contratto di intermediazione finanziaria davanti alle sezioni unite della cassazione, in Contr.impr., 2008, pagg. 1 ss. La questione della qualificazione dei contratto di investimento si trova affrontata per lo più laddove si tratta di verificare l'osservanza del requisito di forma. Al riguardo l'art. 23 del TUF dispone che ««I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento (...) sono redatti per iscritto»». La forma del contratto di negoziazione rileva perché, se essa difetta, l'intermediario non può eseguire gli ordini. Il legislatore detta un divieto di agire perché vieta l'attività di negoziazione che si svolga senza la previa conclusione in forma scritta e la consegna del contratto che presenti i requisiti di forma contenuto che risultano dal combinato disposto dell'art. 23 TUF e dell'art. 37 del Regolamento Intermediari. E per questo il contratto di negoziazione deve pure precedere temporalmente gli ordini (si veda Trib. Bologna, 2 marzo 2009, in www.ilcaso.it). È certo che nel contratto di negoziazione la forma imposta dall'art. 23 non riguarda gli ordini - così B. Inizitari - V. Piccinini, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Padova, 2008, pag. 12 -, perché ai sensi dell'art. 38 del Regolamento Intermediari ««le modalità attraverso cui il cliente può impartire ordini e istruzioni»» debbono essere contenute in un ««apposito contratto scritto»» che dunque deve precedere gli ordini ed è il contratto di cui all'art. 23 TUF.
54) L'alternativa è se l'intermediario sia o meno libero di eseguire l'ordine ai sensi dell'art. 1327 cod.civ. Nel Regolamento Intermediari 11522 del 1998 era contenuta una norma regolamentare già contenuta in regolamenti precedenti di Consob secondo cui nel servizio di negoziazione ««Il rifiuto di eseguire un ordine d(oveva) essere prontamente comunicato all'investitore»» (art. 32, comma 2 Regolamento 11522 del 1998 e sul punto già F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 73) e questa norma regolamentare - che ricorda la vecchia norma delle NUB per cui l'azienda di credito potrebbe sempre rifiutare di eseguire gli ordini - era riprodotta nei contratti. Se ne desumeva a mio avviso che l'intermediario fosse libero di non eseguire gli ordini del cliente del tutto indipendentemente dalla ricorrenza di questa o di quella circostanza, sicché il contratto di investimento non solo non produceva obbligazioni di compiere atti di investimento, ma lasciava pure libere le parti di contrattare o non su singoli atti di investimento (non così F. Annunziata, Abusi di mercato e tutela del risparmio, Torino, 2006, pag. 70 al richiamo della nota 71 e nella nota stessa il quale riteneva che ««il rifiuto [di eseguire l'ordine] debba essere motivato»» in forza ««di un principio generale, che già discende dall'applicazione del principio di trasparenza e di buona fede nell'esecuzione del contratto»»). Il quadro è mutato nel nuovo Regolamento Intermediari 16190 del 2007 in cui non solo non si trova la precedente e risalente previsione regolamentare ma si trovano diverse disposizioni che inducono a ritenere che l'intermediario sia tenuto ad eseguire l'ordine; così è per l'intiero titolo dedicato alla ««gestione degli ordini dei clienti»» (artt. 49 ss. del Regolamento Intermediari 16190 del 2007). Anche la disciplina delle operazioni sospette di cui agli artt. 44 ss. del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007 sembra confermare che l'intermediario è tenuto ad eseguire l'ordine, tanto da non avere la facoltà di astenersi neppure se l'operazione è da segnalarsi come sospetta a Consob (sul punto manifestava dubbi sotto la previgente disciplina F. Annunziata, Abusi di mercato e tutela del risparmio, Torino, 2006, pagg. 69 ss.).
55) Trib. Venezia, 30 maggio 2007, n. 1114, Pres. R. Zacco, Est. A. Fidanzia, in www.ilcaso.it.
56) Non a caso la scelta è una di quelle in cui si articola l'obbligo di best execution di cui agli artt. 45 ss. del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.
57) Comune ai diversi servizi è pure la valutazione della capacità dell'investitore di ««comprendere i rischi dell'operazione (...) e del servizio»»: artt. 40, comma 1, lett. c); 42, comma 1, ultima parte del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.
58) Anche nei derivati over the counter, l'asimmetria è tra investitore ed intermediario in quanto controparte sostanziale, non in quanto intermediario. L'investitore, a certe condizioni, ha un onere di informarsi che prescinde del tutto da un obbligo di informazione dell'intermediario; lo conferma la previsione del Regolamento Intermediari secondo cui costituiscono strumenti finanziari ««non complessi»» quelli che presentano tra le altre la caratteristica che ««sono pubblicamente disponibili informazioni sufficientemente complete e di agevole comprensione sulle sue caratteristiche in modo tale che il cliente al dettaglio medio possa prendere una decisione informata in merito alla realizzazione o meno di un'operazione su tale strumento»»: art. 44, comma 1, lett. d).
59) È in questa prospettiva che devono essere inquadrate le questioni se incidano sulla natura dei contratti di intermediazione i pericoli che dipendono dagli atti illeciti dell'emittente, di Consob, delle agenzie di rating, dello sponsor o del revisore contabile dell'emittente (Cfr. Trib. Milano, 4 novembre 2008, in Corr.giur., 2009, pagg. 531 ss.; Trib. Milano, 25 luglio 2008, in www.ilcaso.it. In tema C. Alvisi, Abusi di mercato e tutele civili, in Contr.impr.Eur., 2007, pagg. 253 ss.), se esulino dall'ambito della responsabilità contrattuale i casi di concorso dell'intermediario nell'illecito extracontrattuale da falso prospetto in operazioni di collocamento (in tema G. Ferrarini, La responsabilità da prospetto delle banche, in Banca, borsa tit.cred., 1987, I, pagg. 437 ss.), se l'intermediario risponda quando l'emittente assume l'iniziativa di diffondere informazioni false, ai sensi dell'art. 114, comma 1 TUF, e gli investitori adottano decisioni di investimento diverse da quelle che avrebbero adottato in presenza di un'informazione corretta, se l'intermediario risponda quando l'informazione diffusa dall'emittente su richiesta di Consob, ai sensi dell'art. 114, comma 5 TUF, sia oggettivamente di dubbia interpretazione, (ad es. perché il comunicato è laconico; in tema A. Crespi, Manipolazione del mercato e manipolazione di norme incriminatrici, in Banca nborsa tit.cred., 29009, I, pagg. 107 ss.). È istruttivo uno sguardo alle regole poste a presidio della distribuzione di prodotti sicuri: la disciplina distingue fra produttore e distributore a seconda che l'imprenditore a valle eserciti un'attività che possa incidere (anche se non abbia inciso in concreto) sulle caratteristiche di sicurezza (in tal caso egli è produttore) o non incida sulle caratteristiche di sicurezza: a fronte di specifici obblighi del primo, il secondo è tenuto ad un generico obbligo di diligenza professionale: artt. 103, comma 1, lett. d), e), 104 cod.cons.
60) A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv.dir.civ., 2007, I, pag. 768 il quale richiama la previsione dell'art. 1759 cod.civ.
61) Art. 8 Direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008. Si veda M. Lobuono, Brevi note sui profili giuridici del sovra indebitamento del consumatore, in M. Lobuono - M. Lorizio (cur.), Credito al consumo e sovra indebitamento del consumatore. Scenari economici e profili giuridici, Torino, 2007, pagg. 150 ss.
62) A. Somma, La buona fede contrattuale. Modelli solidali e modelli ordoliberali a confronto, in Eur.dir.priv., 2006, pagg. 501 ss.
63) G. Osti, voce Contratto, in Noviss dig.it., s.d. ma Torino, 1959, pag. 472; P.G. Monateri, Ripensare il contratto: verso una visione antagonista del contratto, in Riv.dir.civ., 2003, I, pag. 409.
64) Come del resto da tempo statuisce la giurisprudenza, anche se in maniera non sempre nitidissima . G. De Nova, Gli interessi in conflitto e il contratto, in Riv.dir.priv., 2004, pag. 243; G. Sicchiero, Buona fede e rischio contrattuale, in Contr.impr., 2006, pag. 923. In giurisprudenza Cass., 15 febbraio 2007, n. 3462, in Foro it., Rep. 2007, voce "Contratto in genere", n. 560; Cass., 7 giugno 2006, n. 13345, in Foro it., Rep. 2006, voce "Contratto in genere", n. 492.
65) Mentre di per sé non è decisiva l'espressione legislativa ««intermediario»», che non coincide automaticamente con mandatario, al contrario è assunta nel significato economico di intermediario nella circolazione di beni (gli strumenti finanziari appunto) come accade già nel codice civile che all'art. 2195, n. 2 considera espressamente la ««attività intermediaria nella circolazione di beni»» come elemento caratterizzante dell'attività di qualsiasi imprenditore commerciale.
66) Si veda G. Minervini, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in Giur.comm., 2006, I, pag. 147. S. Pugliatti, Il rapporto di gestione sottostante alla rappresentanza, ora in Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, pag. 166 e Id., Rilevanza del rapporto interno nella rappresentanza indiretta, ora in Studi cit., 486; V. Scalisi, Inadempimento del mandatario e tutela del mandante, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1977, pagg. 1470 ss.; G. Bavetta, Mandato (dir.priv.), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1975, pag. 322; D. Maffeis, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, pagg. 135 ss. In giurisprudenza Cass., 26 luglio 2005, n. 15607, in Foro it., Rep. 2005, voce "Mandato", n. 6 definisce l'oggetto del contratto di mandato ««un'attività qualificata di conclusione di negozi giuridici per conto e nell'interesse del mandante»» e così anche Cass., 26 ottobre 2004, n. 20739, in Foro it., Rep. 2005, voce "Mandato", n. 7; Cass., 30 marzo 1995, n. 3803, in Foro it., Rep. 1995, voce "Mandato", n. 3. La prospettiva è respinta, com'è noto, da A. Luminoso (Mandato, commissione, spedizione, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 1984, pagg. 11 ss.). Contra G. Minervini, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Trattato di diritto civile it. diretto da F. Vassalli, Torino, 1954, pag. 15; A. Luminoso, Il mandato, Torino, 2007, pagg. 20 ss.
67) Lo riferisce G. MINERVINI, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Trattato di diritto civile it. diretto da F. Vassalli, Torino, 1954, pag. 54, nota 4.
68) Art. 23, comma 3, lett. d) del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007.
69) M.J Bonell, Agency, in Eur.dir.priv., 2003, pag. 244.
70) La disciplina ««impone all'operatore il dovere sia di farsi parte attiva nella richiesta all'investitore di notizie circa la sua esperienza e la sua situazione finanziaria, gli obiettivi di investimento e la propensione al rischio, sia di informare adeguatamente il cliente, al fine di porre il risparmiatore nella condizione di effettuare consapevoli e ragionate scelte di investimento o disinvestimento. Il duplice riferimento alle informazioni adeguate e necessarie e la direzione dell'obbligo nei confronti del cliente inducono a ritenere che le informazioni debbano essere modellate alla luce della particolarità del rapporto con l'investitore, in modo da soddisfare le specifiche esigenze proprie di quel singolo rapporto»»; Cass., 25 giugno 2008, n. 17340, in Foro it., Rep. 2008, voce "Intermediazione finanziaria", n. 89.
71) App. Milano, 1/15 aprile 2009, Pres. Boiti - Rel. Lamanna, in www.ilcaso.it.
72) App. Milano, 18/24 aprile 2009, Pres. Lapertosa - Rel. Lamanna, in www.ilcaso.it.
73) App. Milano, 18/24 aprile 2009, Pres. Lapertosa - Rel. Lamanna, in www.ilcaso.it.
74) Ampiamente in D. Maffeis, Forme informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv.dir.priv., 2005, pagg. 575 ss. Da ultimo G. Carriero, Mifid, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in Dir. banca merc.fin., 2008, pag. 433.
75) A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv.dir.civ., 2007, I, pagg. 752 s.
76) Art. 1735 cod.civ.
77) Ampiamente in D. Maffeis, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, pagg. 56 ss.
78) A. Luminoso, Il conflitto di interessi nel rapporto di gestione, in Riv.dir.civ., 2007, I, pagg. 739 ss.; D. Maffeis, Tutela dell'interesse e conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, in Riv.dir. priv., 2004, pagg. 253 - 282.
79) D. Maffeis, Sostanza e rigore nella disciplina Mifid del conflitto di interessi, in Dir. banca merc. fin., 2008, pagg. 581 ss.
80) Si legge nel Considerando n. 29 della Direttiva 2004/39/CE che ««La gamma sempre più ampia di attività che molte imprese di investimento esercitano simultaneamente ha aumentato le possibilità che vi siano conflitti tra queste diverse attività e gli interessi dei clienti. È pertanto necessario prevedere regole volte a garantire che tali conflitti non si ripercuotano negativamente sugli interessi dei loro clienti»».
81) F. Carnelutti, Recensione a Pugliatti, in Riv.dir.proc.civ., 1929, I, pag. 113.
82) Per il contratto di consulenza non è prevista la forma scritta e conseguente consegna all'investitore: art. 23, comma 1 TUF. Il contratto di consulenza è stato considerato contratto d'opera intellettuale (M. Nuzzo, Società fiduciarie: un progetto di riforma, in Dir. banc., 1988, II, pag. 172) o, in considerazione della rilevanza che assumerebbe l'organizzazione dell'intermediario, appalto di servizi (F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 119 nota 117). Si vedano anche nel Regolamento Intermediari n. 16190 del 2007 l'art. 27, comma 2 relativo ai requisiti generali delle informazioni, l'art. 31, comma 1 relativo alle informazioni sugli strumenti finanziari.
83) In Gran Bretagna è vivissimo il dibattito sull'opportunità che la Financial Services Authority (FSA) definisca il c.d mis-selling.
84) Art. 37, comma 2 lett. g) Regolamento Intermediari 16190 del 2007.
85) Art. 1, comma 5 septies TUF.
86) Lo riconosce la Direttiva 2004/39/CE al Considerando n. 3 in cui si dà atto della ««sempre maggiore dipendenza degli investitori dalle raccomandazioni personalizzate»». È sufficiente pensare che l'intermediario è assai spesso la banca (non, s.i.m. o s.g.r.) che, avendo già rapporti con il cliente, non agisce per lo più come un soggetto appositamente incaricato da un investitore, ma come un consulente spontaneo che invita il cliente tradizionale ad investire; cfr. F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano, 1992, pag. 120.
87) Art. 39, comma 1, lett. b) e c) del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007. Nella Comunicazione n. 8080252 del 28 febbraio 2008 Consob si è così espressa: ««Per i servizi c.d. "esecutivi" (esecuzione di ordini, ricezione e trasmissione di ordini e collocamento), il vaglio dell'intermediario (valutazione di appropriatezza) è limitato alla verifica del livello di conoscenza ed esperienza in capo al cliente necessario per comprendere i rischi connessi alla decisione di investimento da assumere. In tale contesto, per procedere alla prestazione di tali servizi "a minore valore aggiunto", il legislatore europeo (e quindi la disciplina nazionale di recepimento) non ha ritenuto imprescindibile l'assunzione delle informazioni dalla clientela, ferma restando peraltro la necessità di comunicare al cliente l'impossibilità di determinare l'appropriatezza delle decisioni di investimento ove l'investitore non abbia fornito gli elementi necessari al proprio "profilo".
In un'ottica di maggior valore aggiunto fornito al cliente e di tutela degli investitori, il modello di offerta dei servizi di investimento da parte dell'intermediario può legittimamente prevedere il regolare abbinamento del servizio di consulenza ai c.d. "servizi esecutivi" comportando, conseguentemente, l'osservanza da parte dell'intermediario medesimo delle più stringenti regole di condotta, anche in materia di "conoscenza del cliente" tipiche della "consulenza in materia di investimenti"»».
88) Dunque, il problema della consulenza non è tanto il contratto, raro, quanto la responsabilità (contrattuale o extracontrattuale): è appena il caso di notare che il regime cambia poco dal punto di vista dell'onere della prova dell'elemento soggettivo, dato che per espressa previsione dell'art. 23, comma 6 TUF l'onere della prova della diligenza professionale è a carico dell'intermediario 89) Potrebbe trattarsi di strumenti vietati o semplicemente giudicati nulli in corte perché non meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 cod.civ. (Trib. Salerno, 12 aprile 2007, in Giur. it., 2008, pag. 134 e Trib. Brindisi, 21 giugno 2005, in Contratti, 2006, pag. 884 a proposito di fattispecie di ««"contratto aleatorio unilaterale" non meritevole di tutela da parte dell'ordinamento giuridico»»). Può essere il caso degli strumenti My Way (Trib. Brindisi 8 luglio 2008, in www.ilcaso.it.), For You (Trib. Salerno 26 settembre 2007, in www.ilcaso.it.) o di taluni derivati strutturati caratterizzati ab origine da un'alea squilibrata o dalla totale mancanza di una corrispettività delle alee. Per parte sua, la Mifid non vieta specifici strumenti - lo evidenzia A. Nigro, La nuova regolamentazione dei mercati finanziari: i principi di fondo delle direttive e del regolamento Mifid, in Dir.banca merc.fin., 2008, pag. 10 - ma ad es. vieta la simulazione di operazioni su strumenti finanziari, che integra la fattispecie delittuosa della manipolazione del mercato (art. 185 TUF).
90) G. Minervini, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Trattato di diritto civile it. diretto da F. Vassalli, Torino, 1954, pag. 23; A. Luminoso, Il mandato, Torino, 2007, pag. 37. Lo stesso vale per ordini ed istruzioni, che integrano dichiarazioni non negoziali di volontà, secondo l'insegnamento di V. Panuccio, Le dichiarazioni non negoziali di volontà, Milano, 1966, pag. 319 ss.
91) Art. 23, comma 3 Regolamento Congiunto Consob Banca d'Italia.
92) Con riferimento alla nullità della pattuizione della retrocessione di commissioni vietate (inducements) da ultimo S. Fortunato, Conflitto di interessi e disciplina degli inducements, in Banca borsa tit.cred., 2009, I, pag. 150.
93) La categoria ha numerose epifanie legislative nel codice civile, in particolare nella disciplina del tutore del minore e dell'interdetto e dell'esecutore testamentario. Contra, quanto alla figura dell'esecutore testamentario, M. Talamanca, Successioni testamentarie, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna, 1965, pag. 437. Non osta l'interesse dell'intermediario ad esercitare l'attività come non osta in generale all'individuazione dell'ufficio di diritto privato l'interesse proprio del titolare dell'ufficio a rivestire la carica o a conseguire il compenso: F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1946, pag. 41.
94) A. Candian, Del c.d. "ufficio privato" e, in particolare, dell'esecutore testamentario, in Temi, 1952, pagg. 383, 397. Tratti caratterizzanti della figura secondo F. Macioce, voce Ufficio (dir.priv.), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1992, pag. 644 sono ««la doverosità dell'attività svolta dal soggetto titolare dell'ufficio e l'alienità dell'interesse perseguito da quest'ultimo nel compimento della predetta attività»».
95) S. Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, pag. 45. Cfr. ora M. Graziadei, Il diritto soggettivo, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, 2001, pag. 70.
96) Cass., 16 agosto 2000, n. 10815, in Foro it., Rep. 2001, voce "Comunione e condominio", n. 167.
97) Trib. minorenni Brescia, 28 dicembre 1998, in Foro it., Rep. 2000, voce "Potestà dei genitori", n. 18.
98) Cass., 12 febbraio 1997, n. 1286, in Foro it., Rep. 1997, voce "Comunione e condominio", n. 166.
99) Sul fenomeno della ««disintermediazione»» nei c.d. internet-based bullettin boards cfr. F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2002, pag. 336.
100) F. Macioce, voce Ufficio (dir.priv.), in Enc.dir., s.d. ma Milano, 1992, pag. 648.
101) Se volgiamo l'attenzione agli istituti codicistici che consistono testualmente in un ««ufficio»», constatiamo che il tutore del minore - e dell'interdetto (art. 424 cod.civ.) - può essere ««rim(osso)»» dal ««giudice tutelare»» se ««si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole dell'ufficio (...) ovvero sia divenuto insolvente»» (Art. 384 cod.civ. Cfr. per la natura di volontaria giurisdizione del provvedimento di rimozione del tutore Cass., 14 febbraio 2003, n. 2205, in Foro it., Rep.2003, voce "Tutela e curatela", n. 2; Cass. 1 luglio 1998, n. 617, in Foro it., Rep. 1998, voce "Tutela e curatela", n. 6). E l'esecutore testamentario può essere dall'««l'autorità giudiziaria (...) esonera(to) dal suo ufficio per gravi irregolarità nell'adempimento dei suoi obblighi, per inidoneità all'ufficio o per aver commesso azione che ne menomi la fiducia»» (art. 710 cod.civ. Cfr. per la natura di volontaria giurisdizione del provvedimento di esonero dell'esecutore Cass. 28 gennaio 2008, n. 1764, in Foro it., Rep. 2008, voce "Successione ereditaria", n. 64).
102) In tema R. Lener, Il controllo amministrativo sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari nei rapporti contrattuali con la clientela, in Dir.banc., 1997, I, pagg. 544 ss.
103) Art. 5, comma 1 TUF. In particolare la Consob vigila sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari ed è ben noto che nell'odierno sistema delle fonti ««qualunque dichiarazione dell'autorità indipendente viene considerata come norma per chi deve svolgere un'attività soggetta a quella autorità indipendente»»: G. De Nova, Le fonti di disciplina del contratto e le Autorità Indipendenti, in Riv.dir.priv., 2003, pag. 7. Ora in tema V. Scalisi, Complessità e sistema delle fonti di diritto privato, in M. Lobuono (cur.), Scienza giuridica privatistica e fonti del diritto, Bari, 2009, pag. 60.
104) Art. 51 TUF. Si aggiungono i pregnanti strumenti di intervento sugli organi degli intermediari: art. 7 TUF.
105) A. Auricchio, Considerazioni sull'eccesso di mandato, in Dir.giur., 1956, pag. 5.
106) Nella disciplina dei contratti tra intermediari ed investitori, pur essendo più volte richiamato nel Regolamento Mercati il ««trasferimento effettivo della proprietà di uno strumento finanziario»» 106 e nel Regolamento Intermediari che ««l'intermediario (...) attua tutte le misure ragionevoli per assicurare che gli strumenti finanziari (...) di pertinenza dei clienti (...) siano prontamente e correttamente trasferiti sul conto del cliente»» (at. 49, comma 4 del Regolamento Intermediari n. 16190 del 29 ottobre 2007.), tuttavia manca una disciplina dell'individuazione secondo quanto richiesto dall'art. 1378 cod.civ. È apertissimo, come ha notato Guido Ferrarini, il quesito che si pone ««sul piano civilistico (circa) la tenuta dei vari schemi (mandato con o senza rappresentanza»»: G. Ferrarini, Novità e problemi del decreto Eurosim, in Banca borsa tit.cred., 1996, I, pag. 886. Sul punto si vedano anche G. Alpa - P. Gaggero, I servizi di investimento in valori mobiliari nel decreto Eurosim, Milano, 1996, pagg. 80 s. Ciò che accade è che l'intermediario inserisce gli strumenti finanziari nel conto titoli del cliente e ne resta depositario con facoltà di sub deposito in forza di un contratto - normalmente di deposito titoli a custodia e amministrazione - concluso contestualmente al contratto di negoziazione o di gestione. Trattandosi di cose mobili di genere gli effetti si producono direttamente in capo all'investitore per effetto dell'individuazione. In dottrina R. Sacco, Principio conensualistico ed effetti del mandato, in Foro it., 1966, I, col. 1390 e Id., Intervento in G. Visintini (cur.), Rappresentanza e gestione, Padova, 1992, pagg. 55 s.; M. Graziadei, voce Mandato, in Digesto IV, Disc.priv., s.d. ma Torino, 1994, pag. 166. Con specifico riferimento agli strumenti finanziari F. D'Alessandro, Dissesto dell'intermediario mobiliare e tutela dei clienti, in Giur.comm., 1997, I, pag. 476. In giurisprudenza Cass., 24 giugno 2002, n. 9166, in Giust.civ., 2003, I, pagg. 2896 s.; Cass., Sez. Un., 15 novembre 1995, n. 11834, in Nuova giur.civ.comm., 10996, I, pagg. 780 ss. In particolare la Corte di cassazione statuisce che ««L'ordine di borsa, in forza del quale una banca si sia impegnata ad acquistare ed a trasferire al cliente la proprietà di un certo numero di azioni nominative (...), ha ad oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, nell'ambito del quale la proprietà si trasmette esclusivamente, a norma dell'art. 1378 c.c., mediante "individuazione" dei beni che ne formano oggetto, non essendo sufficiente la messa a disposizione delle azioni presso la società; pertanto, in difetto di tale individuazione, la banca è inadempiente al suo obbligo essenziale, quale commissionaria, di ritrasferire al committente la cosa acquistata per suo conto, facendogliene acquistare la proprietà»»; Cass., 9 gennaio 1997, n. 108, in Foro it, Rep. 1997, voce "Commissione", n. 3. Nella Comunicazione n. 98046829 del 5 giugno 1998 Consob così si esprimeva: ««Gli intermediari per agire in nome proprio e per conto di terzi nella prestazione dei servizi d'investimento devono ottenere preventivamente dal cliente un'autorizzazione scritta. Ottenuta tale autorizzazione, l'intermediario non sarà tenuto a comunicare a terzi il nome del cliente o un suo codice identificativo. Anche in tal caso, l'intermediario deve comunque assicurare, attraverso opportune procedure interne, l'esatto raccordo tra l'ordine ricevuto dal cliente, l'ordine trasmesso sul mercato e l'operazione eseguita con la controparte. Deve così essere resa possibile la ricostruzione dell'intero percorso dell'ordine, dal suo rilascio da parte del cliente alla sua esecuzione con la controparte»». L'art. 21, comma 2 TUF prevede che ««Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente»», ma - quantomeno sui mercati regolamentati - l'intermediario agisce sempre in nome proprio, non solo perché sarebbe assurdo il contrario, ma perché così impongono le stesse discipline dei singoli mercati (ad es., MTA, Sedex e così via). L'opposta disciplina primaria vigente sotto la legge n. 1/1991, che prevedeva l'agire in nome del cliente, era stata svuotata e rovesciata da Consob, che aveva sostanzialmente legittimato la prassi di agire in nome proprio. C. Coltro Campi, La nuova disciplina dell'intermediazione e dei mercati mobiliari, Torino, 1991, pag. 48 scriveva senza mezzi termini che la previsione dell'agire dell'intermediario in nome proprio ««mi sembra un lapsus calami del legislatore, non ritenendo che le SIM in tale attività si discostino dal loro normale agire in nome proprio, se pur per conto altrui!»»; adde L. Balestra, La natura giuridica dell'ordine di borsa, in Corr.giur., 1996, pag. 661; M. Miola, in G.F. Campobasso (cur.), L'Eurosim, Milano, 1997, pag. 126. Si veda già L. Bianchi d'Espinosa, I contratti di borsa. Il riporto, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo, II, Milano, 1969, pag. 295. Ed è stato giustamente notato che la qualificazione dell'agire in nome proprio nei termini di una facoltà subordinata al consenso scritto dell'investitore, e quindi in termini di apparente eccezione, è di per sé curiosa ed è significativo che, quando il Regolamento Mercati richiede che siano segnalate alla Consob le operazioni concluse su strumenti finanziari (art. 23, comma 3, lett. d) del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007) o le operazioni sospette (art. 47, comma 1, lett. d) del Regolamento Mercati n. 16191 del 29 ottobre 2007), l'intermediario è tenuto ad indicare ««se l'operazione è stata conclusa per conto proprio o per conto, e nell'interesse, di un cliente»», senza che sia richiesto di segnalare se l'investitore abbia agito in nome. Probabilmente l'agire in nome proprio è subordinato al consenso scritto dell'investitore perché è poco coerente con il principio della separatezza dei patrimoni dei clienti 106 che tanta importanza assume in caso di crisi dell'intermediario, poiché da esso dipende l'ammissione alla sezione separata dello stato passivo: artt. 57, comma 3, 91, comma 1 e 4 TUB. Cass., 12 febbraio 2008, n. 3380, in Foro it., Rep. 2008, voce "Liquidazione coatta amministrativa e ammin. straord.", n. 17; Cass., 12 giugno 2007, n. 13762, in Foro it., Rep. 2007, voce "Fallimento", n. 640; Cass., 5 aprile 2006, n. 7878, in Foro it., Rep. 2007, voce "Intermediazione finanziaria", n. 145.
107) S. Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, pagg. 523 s.
108) Secondo Trib. Cagliari, 18 gennaio 2007, in Foro it., Rep. 2007, voce "Intermediazione finanziaria", n. 256 nel ««mandato senza rappresentanza,(...) talvolta l'atto gestorio sopravvive all'invalidità del contratto di mandato»».
109) Cfr. art. 1711 cod.civ. Invece, se il mandatario agisce nel nome, il contratto con il terzo non è valido (art. 1398 cod.civ.).
110) Trib. Firenze, 24 febbraio 2006, in Foro it., Rep. 2007, voce "Intermediazione finanziaria", n. 222: ««la nullità degli ordini di negoziazione (qualificabili come proposte di contratto di mandato che si conclude mediante la loro esecuzione) (comporta) il venir meno della causa gestoria che ha giustificato il trasferimento dei titoli»».
111) Trib. Firenze, 18 ottobre 2005, in Foro it., Rep. 2007, voce "Intermediazione finanziaria", n. 211.
112) Trib. Saluzzo, 28 aprile 2009, in www.ilcaso.it.
113) S. Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, pagg. 523 s. U. Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, 1947, I, pag. 342 ammoniva - trattando dell'esecutore testamentario - ad evitare di ricercare le regole sull'imputazione degli effetti al patrimonio ereditario nei meccanismi della rappresentanza, rilevando che ««l'esecutore è fornito di una specifica legittimazione a mettere in essere l'attività»» e precisava che ««proprio perché questa attività è legittima (...) non può essere disconosciuta (...) sino a che naturalmente l'esecutore non abbia esorbitato dai limiti entro i quali egli, come titolare dell'ufficio, è competente ad agire»».
114) Trib. Milano 14 febbraio 2009, Pres. Bernardini - Rel. Raineri, in www.ilcaso.it.
115) Trib. Milano 18 febbraio 2009, Pres. Vanoni, Rel. Raineri, in www.ilcaso.it.
116) G. Alpa, Gli obblighi informativi precontrattuali nei contratti di investimento finanziario. Per l'armonizzazione dei modelli regolatori e per l'uniformazione delle regole di diritto comune, in Contr.impr., 2008, pag. 916 auspica l'individuazione del ««rimedio più adatto per tutelare l'interesse pubblico e l'interesse del contraente debole»»