Meritevolezza e atti di frode nelle procedure di sovraindebitamento confluite nel codice della crisi
Pubblicato il 01/09/22 08:10 [Articolo 1950]






Per potersi aprire una procedura di sovraindebitamento, anche alla luce delle nuove norme del CdC, occorre verificare nel ricorrente la presenza del requisito della meritevolezza, vale a dire, per quanto riguarda la figura di riferimento rilevante (consumatore, imprenditore commerciale sottosoglia, artigiano o imprenditore agricolo, etc.), il mancato compimento di atti di frode, che, nella interpretazione che qui si preferisce, vanno intesi come atti volontari diretti a danneggiare o ad ingannare i creditori, caratterizzati quindi da un dolo c.d. specifico, con esclusione di quegli atti per i quali la frode costituisca solo una caratteristica oggettiva della conseguenza dell'atto, cioè la riduzione della garanzia patrimoniale, come tale non necessariamente avuta di mira dal disponente.
La miniriforma della legge n. 3/2012 attuata con la legge n. 176/2020 ha portato ad una ridefinizione dei presupposti di accesso alle procedure che hanno riguardato anche la nozione di frode, di cui si è tenuto conto anche nella stesura definitiva del Codice della Crisi.
Il tema è quello della effettiva rilevanza della frode e della sua esatta collocazione ai fini delle procedure de quibus.
Le domande a cui occorre dare risposta sono:
a) Che cosa si intende per frode? È la stessa frode posta a base dell'azione revocatoria ordinaria?
b) Si tratta sempre della stessa tipologia di frode per tutte e tre le procedure o essa si atteggia in modo diverso?
c) Entro quali limiti la frode è rilevante e se la rilevanza funzionale è la medesima per tutte e tre le procedure (ristrutturazione dei debiti mediante piano, mediante accordo o miniconcordato, liquidazione controllata).


Prima domanda: a) che cosa si intende per frode? È la stessa frode che è posta a base dell'azione revocatoria ordinaria?
Sicuramente l'atto in frode ai creditori può essere revocato, ma l'atto revocabile preclude l'accesso alle procedure di sovraindebitamento?
L'atto in questione è senz'altro revocabile, ma la frode rilevante per l'accesso alla procedura non può coincidere con la frode presupposto della revocatoria, in quanto quest'ultima opera sul piano oggettivo, come oggettiva deminutio della garanzia patrimoniale (tanto è vero che per la revocatoria ordinaria non occorre mai indagare l'eventuale dolo specifico, id est l'intentio nocendi), mentre la frode del sovraindebitato deve avere un quid pluris, deve essere caratterizzata dall'animus nocendi, perché possa impedire l'accesso alle procedure de quibus (cfr. Trib. Benevento 23 aprile 2019, IlCaso.it 2019, 21735).
L'animus nocendi può senz'altro essere desunto dalla collocazione temporale dell'atto, effettuato in un momento che già vedeva il disponente in serie difficoltà finanziarie.
Ma come potremmo desumerlo nel caso di un fondo patrimoniale costituito in epoca risalente (tre o quattro anni prima), quando ancora la crisi da debito eccessivo non si era manifestata?
Ci sarebbe un atto revocabile in via ordinaria, ma non necessariamente caratterizzato dall'intentio nocendi ai creditori.
Peraltro, attesa la pacifica assimilazione del c.d. concordato minore al concordato maggiore previsto (dalla legge fallimentare e) dal Codice della Crisi, per questo specifico tipo di frode non possono non valere gli stessi principi enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione in materia di frode ex art. 173 l.f., vale a dire che la frode rilevante deve essere "decettiva" (cfr. Cass. 18 settembre 2014 n. 9050; Cass. 8 giugno 2018 n. 15013; Cass. 26 novembre 2018 n. 30537; Cass. 29 gennaio 2015 n. 1726), cioè idonea ad ingannare circa i presupposti conoscitivi del voto (consenso informato), oltre che rilevante sul piano del danno ai creditori, cioè della concreta incidenza sul patrimonio del debitore, che deve essere tale da diminuire in modo apprezzabile le possibilità di soddisfo dei creditori (arg. ex Cass. 21 giugno 2019 n. 16808).
E' esclusa la rilevanza dell'atto di frode, dunque, quando esso sia stato dichiarato nel ricorso dal debitore con tutti i suoi estremi, consentendo, dunque, da un lato, l'apprezzamento dell'atto ai fini del voto (che potrà essere perciò negativo) e, dall'altro lato, la possibilità di agire in revocatoria da parte di ciascun singolo creditore, che potrà, dunque, votare positivamente l'accordo e riservarsi però di agire successivamente in revocatoria.
La stessa cosa può dirsi, mutatis mutandis per il piano del consumatore e per la proposta, che deve contenere la menzione degli atti di frode per essere valutata dal giudice in sede di omologazione del piano, che potrà essere negata se l'atto di frode è intenzionale e rilevante, in termini di effetti sul patrimonio.
E' perciò ininfluente, ai fini dell'ammissione alla procedura, il compimento dell'atto in frode da parte del debitore (benché caratterizzato da una intentio nocendi) se è stato dichiarato nel ricorso o, anche se non viene dichiarato, l'atto in frode che non incide comunque in modo apprezzabile sulle possibilità di soddisfo (sia pur falcidiato) dei creditori (come la vendita non dichiarata di un bene di modesto valore, che pure sarebbe in astratto revocabile).
Peraltro, l'omessa dichiarazione nel ricorso dell'atto fraudatorio è di per sé un sintomo valutabile della intenzione fraudolenta (animus nocendi), che va, però, tendenzialmente esclusa ove l'atto sia stato dichiarato, rimettendo il giudizio definitivo al voto dei creditori o alla valutazione del giudice in sede di omologazione del piano.

Seconda domanda: b) si tratta sempre della stessa tipologia di frode per tutte e tre le procedure o essa si atteggia in modo diverso?
Secondo la nuova formulazione legislativa, così si esprimeva l'art. 7, co. 2, lett. d-ter (ora art. 69, co. 1, CdC): "limitatamente al piano del consumatore, ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode;"; così si esprimeva l'art. 7, co. 2, lett. d-quater (ora art. 77 CdC): "limitatamente all'accordo di composizione della crisi, risulta abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori"; e così si esprimeva l'art. 14-quinquies, co. 1 (ora art. 270 CdC, che non prevede più questo requisito negativo): "Il giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di cui all'articolo 14-ter, verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, dichiara aperta la procedura di liquidazione.".
Aldilà della riscontrata apparentemente diversa dizione legislativa ("frode", "atti diretti a frodare", "atti in frode") non si scorgono tuttavia ragioni per non attribuire il medesimo significato alle diverse espressioni e cioè di atti intenzionalmente diretti a diminuire le possibilità di soddisfo dei creditori, sia che si tratti di atti revocabili, sia che si tratti di atti non revocabili, ma comunque lesivi degli interessi dei creditori.
E' possibile cioè che un atto sia stato posto in essere intenzionalmente a danno dei creditori, ma che, per le più varie ragioni, non sia in concreto revocabile.
La nozione di frode che rileva ai fini del sovraindebitamento è, dunque, per un verso più ampia di quella della revocatoria ordinaria e, per altro verso, più ristretta, perché, appunto, richiede la presenza dell'animus nocendi.
In altre parole, l'atto revocabile posto in essere dal debitore nel quinquennio anteriore all'apertura della procedura non preclude di per sé l'accesso alle procedure di sovraindebitamento, se non è accompagnato anche dall'animus nocendi, che, a sua volta, rende rilevante e preclusiva la frode di atti che possono anche non essere revocabili.

Terza domanda: c) entro quali limiti la frode è rilevante e se la rilevanza funzionale è la medesima per tutte e tre le procedure?
Sotto questo ulteriore profilo, la frode è rilevante come elemento valutativo che esclude la meritevolezza ed opera allo stesso modo in tutte e tre le procedure, cioè ne impedisce l'apertura, sia che si tratti di piano del consumatore, sia che si tratti di accordo dell'imprenditore (anche agricolo o artigiano) o del professionista, e impediva anche l'apertura della procedura di liquidazione.
Si tratta ora, conclusivamente, di verificare, sotto l'aspetto funzionale, se è corretto dare rilevanza all'assenza di atti di frode (nel senso specificato) in tutte e tre le procedure, sempre nella fase della valutazione dei requisiti di ammissibilità, o se, in qualche caso, non sia più corretto posticipare tale specifica valutazione di meritevolezza ad un successivo momento, consentendo comunque l'apertura della procedura.
Si ritiene invero, analizzando complessivamente l'Istituto del sovraindebitamento, che quest'ultima opzione possa e debba valere senz'altro per la procedura di liquidazione del patrimonio, oltre che, nei limiti indicati (atto di frode dichiarato e rimesso alla valutazione dei creditori e del giudice) anche per la procedura di miniconcordato e di ristrutturazione dei debiti del consumatore.
Il compimento di atti di frode in funzione dell'apertura della liquidazione controllata non può avere infatti rilevanza, posto che in ogni caso il debitore, mettendo a disposizione tutti i suoi beni per la liquidazione concorsuale, non fa altro che attuare una "resa senza condizioni", cosicché perché mai si dovrebbe impedirgli di arrendersi se egli cede tutti i suoi beni ai creditori?
L'unico motivo di impedirglielo potrebbe avere riguardo alla futura eventuale esdebitazione, che potrebbe essergli perciò negata, ma allora avrebbe concretamente senso valutare in concreto l'assenza di meritevolezza nel momento in cui il Tribunale dovrà decidere se esdebitarlo o meno, e intanto si può procedere con la liquidazione concorsuale a beneficio di tutti i creditori e, in definitiva, nell'interesse (di natura pubblicistica) alla regolazione concorsuale del debito.
Proprio facendo tali considerazioni si ritiene che il Legislatore abbia eliminato dall'art. 270 CdC la necessità per il giudice di verificare preventivamente l'assenza di atti di frode in funzione dell'apertura della liquidazione controllata, come non è mai stato necessario, peraltro, né per la dichiarazione di fallimento, né per l'apertura della nuova liquidazione giudiziale.


















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