Le modifiche alla disciplina della liberazione dell'immobile pignorato e le novità introdotte dall'art. 1 co. 12 l. 206/2021 per la riforma del codice di rito
Pubblicato il 27/01/22 09:00 [Articolo 1862]
La disciplina normativa della liberazione dell'immobile pignorato è un working progress senza soluzione di continuità.
L'importanza e la delicatezza degli interessi coinvolti, induce il legislatore a continue revisioni dell'istituto in commento e così alla pressoché integrale recente riscrittura dell'art. 560 cpc per effetto delle leggi 12/2019 e 8/2020, ha fatto seguito, ahinoi, la legislazione di emergenza per la prevenzione e il contenimento del contagio da Covid19 (art. 54ter d.l. n. 18/2020) sulla "Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa", la proroga di detta norma con l'art.4 comma I d.l. 137/2020 fino al 31/12/2020 e l'ulteriore proroga ex-art. 13, c. XIV, del d.l. 183/2020, fino al 30/06/2021.
Da ultimo, la pronuncia di incostituzionalità della seconda proroga per effetto della nota sentenza nr 128 depositata in data 22/06/2021 che ne ha dichiarato l'illegittimità per violazione dell'art. 24 della Costituzione, seppur a solo otto giorni dallo spirare del termine della proroga stessa, quasi a voler ammonire l'esecutivo intento a proclamare la terza proroga.
Oggi il legislatore rimette mano all'istituto in commento con alcune modifiche e introduce un'ipotesi di rilascio spontaneo dell'immobile pignorato legata al deposito dell'istanza del debitore esecutato finalizzata alla vendita diretta dell'immobile pignorato, istituto anch'esso previsto dalla legge delega.
L'art. 1 comma 12 L. 206/2021 dispone che "Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina del processo di esecuzione sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
f) prevedere che il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile pignorato non abitato dall'esecutato e dal suo nucleo familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla procedura, al più tardi nel momento in cui pronuncia l'ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni e che ordina la liberazione dell'immobile abitato dall'esecutato convivente col nucleo familiare al momento in cui pronuncia il decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilità di disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti;
h) prevedere che sia il custode ad attuare il provvedimento di liberazione dell'immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti del codice di procedura civile, successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano".
La legge delega, pur confermando che allorquando l'immobile pignorato sia l'abitazione principale del debitore (e del suo nucleo familiare) costui non ne perde il possesso (da intendersi in senso atecnico posto che, come noto, con la notifica dell'atto di pignoramento il debitore ne diviene custode e perciò detentore) fino alla firma del decreto di trasferimento, ha previsto per tutti gli altri casi (fatta eccezione per il caso in cui l'immobile sia occupato da terzi con titolo opponibile alla procedura), che il Ge debba emettere l'ordine di liberazione al più tardi, all'udienza 569 Cpc.
La disposizione in esame ha il pregio di individuare in modo preciso la fase processuale entro cui il Giudice dell'esecuzione dovrà emettere l'O.d.L. nelle ipotesi suddette.
Fermo restando quindi il principio cardine dell'art. 560 cpc nuovo conio "a favore" del debitore e del suo nucleo familiare che abitino nell'immobile oggetto di pignoramento, la legge delega ha disposto che:
Ø la liberazione dell'immobile subastato abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare dovrà sempre essere attuata dal Custode giudiziario "ultrattivo"; il legislatore non dice a carico di chi dovranno essere poste le spese per l'attuazione della liberazione e sul punto si ritiene che le stesse debbano gravare sulla procedura[1];
Ø la liberazione dell'immobile subastato non è più condizionata all'istanza dell'aggiudicatario/assegnatario, salvo espressa esenzione (meglio se resa per iscritto da depositare nel fascicolo della procedura a cura del custode) da parte di costoro;
Ø l'attuazione della liberazione, che resta "deformalizzata" (ovvero senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti cpc), non è più vincolata al rispetto dei termini indicati nell'attuale testo dell'art. 560 cpc (il riferimento alla decorrenza delle operazioni di sgombero non prima di 60 gg dalla firma del decreto di trasferimento e non oltre 120 gg è stato eliminato), bensì rimessa solo alle disposizioni del giudice dell'esecuzione che ben potrà disporre al riguardo come meglio riterrà opportuno. In mancanza di indicazioni sul punto, si ritiene che il Custode dovrà provvedere senza indugio alla liberazione, così come per il compimento di ogni altro incarico conferitogli dall'Ufficio.
Le disposizioni sopra indicate sono sicuramente d'aiuto agli interpreti e agli operatori coinvolti, ma non incidono sulla sostanza dell'istituto della liberazione che, per quanto attiene l'immobile abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, resta subordinata al trasferimento del bene subastato.
La legge delega non dice (e quindi rimette la scelta al Giudice dell'esecuzione) quale forma debba rivestire il provvedimento per la liberazione dell'immobile che costituisca l'abitazione principale del debitore che pertanto potrà essere sia lo stesso decreto di trasferimento (T. Milano[2]), eventualmente "rinforzato" (T. Roma[3]) o un distinto e tradizionale ordine di liberazione da emettersi parallelamente e contestualmente al decreto di trasferimento (T. Napoli adotta entrambe le soluzioni).
L'aver il legislatore previsto genericamente che il Giudice "ordina la liberazione dell'immobile abitato dall'esecutato convivente col nucleo familiare al momento in cui pronuncia il decreto di trasferimento" e che "il provvedimento di liberazione dell'immobile pignorato" dovrà essere attuato dal custode "successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento", unitamente all'eliminazione del riferimento "all'attuazione del provvedimento di cui all'articolo 586, secondo comma" può far ragionevolmente ritenere che le soluzioni sopra prospettate siano tutte corrette.
La legge delega, all'art. 1 comma 12 lettera n) nr 1 prevede che il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima dell'udienza prevista dall'articolo 569 comma I cpc può chiedere al giudice dell'esecuzione di essere autorizzato a procedere direttamente alla vendita dell'immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella relazione di stima. La norma de qua prevede che all'istanza debba essere sempre allegata l'offerta di acquisto irrevocabile per centoventi giorni e che, a garanzia della serietà dell'offerta, è prestata cauzione in misura non inferiore a un decimo del prezzo proposto.
Si tratta dell'istituto della cd vente priveè o vendita "self service"[4] sulla cui natura si rimanda alla lettura de "La vendita dell'immobile pignorato da parte del debitore. Prassi correnti e prospettive di riforma", D'Alonzo, www.inexecutivis.it, 2020 e "Annotazioni sulla legge di delegazione per la riforma del codice di rito", Crivelli-Mercurio in R.E.F. n. 4/2021.
Al n. 2 delle medesima lett. n) si legge che il Giudice dell'esecuzione, verificata l'ammissibilità dell'istanza presentata dal debitore, prevede che lo stesso rilasci l'immobile pignorato nella disponibilità del custode giudiziario (che per effetto di quanto disposto alla lettera "e" dell'art- 1 comma XII sarà stato nominato entro quindici giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell'articolo 567 del codice di procedura civile, contemporaneamente alla nomina dell'esperto di cui all'articolo 569 del medesimo codice) entro trenta giorni dall'istanza medesima a pena di decadenza, salvo che il bene sia occupato con titolo opponibile alla procedura.
L'avvenuto rilascio dell'immobile pignorato in favore del custode giudiziario potrà essere attestato dall'ausiliario del Ge nel più breve tempo possibile nonché dal difensore del debitore, posto che in dottrina si ritiene[5] pacifico che l'assistenza tecnica per la presentazione dell'istanza sia obbligatoria.
La norma introduce una novità nell'ambito della procedura esecutiva per espropriazione immobiliare, ovvero il rilascio spontaneo (previo inutile invito dell'Ufficio in tal senso) dell'immobile pignorato da parte del debitore esecutato al fine di portare a compimento la vendita diretta.
Ci si chiede come non sarebbe potuto essere altrimenti: se il debitore che abita nell'immobile pignorato ha trovato un acquirente che ha anche versato la cauzione nella misura non inferiore a un decimo del prezzo base, dovrà ben consegnare le chiavi di casa, giacchè in mancanza decadrà dall'istanza di vendita diretta.
Si evidenzia che la decadenza dall'istanza di vendita diretta è l'unica sanzione prevista dal legislatore a carico del debitore che ometta di rilasciare spontaneamente l'immobile pignorato nel termine di trenta giorni dal deposito della suddetta istanza.
Tralasciamo qui le implicazioni e i risvolti civilistici (ammesso che ve ne siano, ma ciò dipenderà dalla natura che sarà attribuita alla vente priveè) conseguenti al mancato rilascio dell'immobile abitato da parte del debitore e, in prima battuta, ci chiediamo se tale condotta "inadempiente" dell'esecutato, che così facendo avrà inevitabilmente fatto slittare l'udienza 569 cpc, possa essere valutata dal Giudice dell'esecuzione quale violazione degli obblighi che gravano sul debitore medesimo, al fine di emettere l'ordine di liberazione anticipato rispetto al decreto di trasferimento, considerato che il legislatore non ha ritenuto di aggiornare l'elenco delle violazioni contemplate dall'art. 560 VI co cpc che ne costituiscono il presupposto.
Si potrebbe obbiettare facilmente che l'invito al rilascio di cui al provvedimento di ammissione della vente priveè non è annoverabile tra gli obblighi che gravano sul debitore che abita l'immobile pignorato e che si dovrà pur sempre attendere l'emissione del decreto di trasferimento come prescritto dall'art. 560 cpc per la liberazione dell'immobile subastato.
Tuttavia non si può escludere che qualche Giudice dell'esecuzione possa assumere la condotta del debitore quale presupposto per emettere l'ordine di liberazione da attuarsi a cura del custode giudiziario.
In tale ultima ipotesi si dovrà capire se la vendita in favore dell'offerente priveè, possa procedere secondo lo schema peculiare di tale istituto al fine di non perdere ulteriore tempo o se, revocata la vente priveè si debba ritornare indietro al punto di partenza, ovvero rifissando l'udienza 569 cpc e l'asta nei successivi 90/120 gg.
Esaminato il caso del debitore inadempiente rispetto all'obbligo di rilascio spontaneo dell'immobile è opportuno affrontare l'ipotesi che veda l'offerente o l'aggiudicatario, per il caso di gara, non versare il saldo prezzo, pur avendo nel frattempo l'esecutato rilasciato spontaneamente l'immobile pignorato.
In questo caso il debitore avrà consegnato le chiavi di casa al custode giudiziario nel termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza di vendita diretta, ma per colpa del promissario acquirente o dell'aggiudicatario inadempienti, non avrà potuto portare a conclusione la liquidazione dell'immobile pignorato, ma ciò che più è grave, si troverà fuori di casa.
Potrà il debitore, in questa ipotesi, chiedere di tornare ad abitare nell'immobile pignorato?
In dottrina[6] la risposta è negativa perché rappresenta "l'unica interpretazione razionale o di sistema in presenza di una procedura di vendita oramai avviata".
Sul punto probabilmente si potrebbe obbiettare che l'incidente (soprattutto perché non dipeso dalla volontà del debitore che anzi ha adempiuto al rilascio) non è idoneo a scardinare il principio dettato dall'art. 560 III comma cpc secondo cui "Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma" e che pur essendo vero che "quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare" il G.e., ai sensi dell'art. 560 cpc VI comma deve emettere un ordine di liberazione, nel caso di specie detto provvedimento non è stato ancora emesso.
Qualcosa non va e sarà come sempre onere dei Giudici dell'esecuzione dipanare la matassa accogliendo o rigettando l'istanza del debitore che, una volta constatato il mancato versamento del saldo prezzo, chieda di poter tornare ad abitare nell'immobile pignorato.
E ancora, in caso di rigetto di detta istanza, bisognerà attendere l'esito del giudizio di opposizione ex-art 617 cpc che il debitore dovesse promuovere.
Da ultimo, nell'ipotesi di istanza per la vendita diretta di un immobile pignorato sebbene occupato da terzi privi di titolo opponibile alla procedura che non intendano concedere il proprio apporto alla buona riuscita della vente priveè rilasciando spontaneamente l'immobile, ci si chiede se il debitore debba subire passivamente l'inerzia degli occupanti e quindi desistere dall'occasione offerta dal nuovo istituto o se possa, contestualmente all'istanza per l'autorizzazione alla vendita diretta, sollecitare il Giudice dell'esecuzione ad emettere l'ordine di liberazione ai sensi dell'art. 560 VI comma cpc trattandosi di immobile non abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, onde far sì che la vente priveè faccia il suo corso.