Sommario: 1. Il caso sottoposto alla Corte di Cassazione. - 2. La concorsualità del credito fiscale. - 3. Il procedimento tributario in pendenza del concordato preventivo. - 4. Funzione ricognitiva della cartella e sorte degli aggi.
1. Ad una società ammessa alla procedura di concordato preventivo veniva notificata una cartella esattoriale recante l'iscrizione a ruolo di crediti maturati con riferimento a periodi d'imposta precedenti a quello di apertura del concorso.
La società impugnava l'atto rilevando come l'accesso alla procedura di concordato produca in capo al debitore la cd. "cristallizzazione" del debito fiscale, non potendo l'Amministrazione finanziaria, con l'apertura del concorso, procedere in executivis contro il contribuente.
L'adita Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso della società ed annullava la cartella di pagamento; avverso la sentenza di primo grado proponeva appello l'ente erariale.
La Commissione tributaria regionale accoglieva l'appello, ritenendo legittima la notifica della cartella di pagamento, sul presupposto della "dovuta" iscrizione del carico tributario maturato in capo al debitore ante concordato nei ruoli straordinari.
Avverso tale pronunzia la società proponeva ricorso per cassazione: rimarcava la violazione dell'art. 168 l. fall., così come dei principi che regolano l'attività di riscossione, apparendo, fra l'altro, illegittima l'iscrizione a ruolo del cd. aggio esattoriale.
La Corte di Cassazione accoglieva il gravame e cassava la sentenza di secondo grado, peraltro compensando integralmente le spese dell'intero giudizio, attesa "l'assenza di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione oggetto del motivo accolto".[1]
2. La Suprema Corte ha preso le mosse dall'art. 168 l. fall.: dal momento della iscrizione al Registro delle imprese della domanda di concordato, e fino al momento in cui il decreto di omologa non diventi definitivo, i creditori per titolo/causa anteriore non possono, a pena di nullità, iniziare né proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.
Tale norma assolve ad una duplice funzione: da un lato, preserva l'integrità giuridica del patrimonio dell'imprenditore, proteggendolo dalle possibili azioni pregiudizievoli dei creditori, dall'altro, assicura il rispetto del criterio di par condicio creditorum, nella prospettiva del possibile, successivo esito negativo del concordato.[2]
Gli effetti della cristallizzazione del passivo, ed il correlato divieto di azioni pregiudizievoli da parte dei creditori, trovano - pacificamente - applicazione anche ai crediti fiscali il cui presupposto impositivo sia sorto prima dell'apertura del concordato (principio di concorsualità).[3]
Ne consegue che i crediti "gestiti" dell'agente della riscossione devono partecipare alle vicende della procedura concordataria secondo le regole ordinarie del concorso, e ciò ove anche gli stessi siano assistiti da un qualche titolo esecutivo.[4]
È dunque inammissibile ogni eventuale nuova azione posta in essere dall'ente impositore e/o dall'agente della riscossione, come pure diviene improcedibile ogni azione eventualmente pendente al momento dell'apertura del concorso.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la notifica al contribuente di una cartella di pagamento rappresenta un vero e proprio esercizio di azione esecutiva: prevale, cioè, su tutto, la funzione "coattiva" dell'atto, finalizzata a realizzare, anche forzosamente, la pretesa erariale.
La valenza "esecutiva" della cartella - equiparabile al precetto - trova un insormontabile limite nel ricordato divieto di azioni pregiudizievoli ex art. 168 l. fall..
In effetti, sotto un profilo di legalità sostanziale, l'emissione della cartella - atto munito di esecutività ex art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 - dà luogo ad un'attività non adeguata, né funzionale rispetto alla partecipazione alla procedura concorsuale.
La notifica della cartella di pagamento è così "inutile" anche sotto un profilo pratico, non potendo la stessa assolvere al proprio compito di dare avvio, in via prodromica, all'esecuzione esattoriale.
Si verifica, nel concreto, un'evidente incongruenza fra lo scopo dell'atto amministrativo (agire in executivis contro il contribuente) e l'interesse dell'Amministrazione finanziaria (prendere regolarmente parte alla procedura concorsuale).
3. Per quanto detto sopra, la cartella di pagamento non rappresenta un titolo "necessitato" ai fini della partecipazione al concordato preventivo da parte dell'ente erariale.
Ai sensi degli artt. 33, D.Lgs. n. 112/1999 e 90, D.P.R. n. 602/1973, ove il contribuente sia sottoposto ad una procedura concorsuale, l'ufficio procede ad iscrivere a ruolo il credito e l'agente della riscossione, in base al ruolo, richiede la partecipazione al concorso del credito medesimo.
Nel caso del concordato preventivo, la partecipazione al concorso da parte dell'Amministrazione finanziaria si sostanzia nella domanda di inserimento del credito nell'elenco dei crediti della procedura ex art. 171 l. fall.
Unica incombenza richiesta in capo all'Erario è dunque quella di produrre agli organi della procedura il cd. estratto di ruolo, "senza alcuna necessità di notificare alla società concordataria la cartella di pagamento".[5]
Né, sotto altro profilo, la cartella di pagamento rappresenta un atto idoneo - né necessario - a consentire l'interruzione dei termini decadenziali dell'azione esecutiva.
Questo tema è trattato dall'art. 25, comma 1-bis, lett. a), D.P.R. n. 602/1973.
Tale norma prevede che per i crediti anteriori alla pubblicazione del ricorso per l'ammissione al concordato, non ancora iscritti a ruolo, l'agente notifichi la cartella di pagamento, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione:
1) del decreto che revochi l'ammissione al concordato ovvero ne dichiari la mancata approvazione, ex artt. 173-179 l. fall.;
2) della sentenza che dichiari la risoluzione ovvero l'annullamento del concordato, ex art. 186 l. fall.
Per effetto della norma sopra richiamata, la cartella non può essere emessa se non all'eventuale esito negativo del concordato, verificandosi, di fatto, una "sospensione" ex lege dei termini decadenziali dell'azione esattiva.
In questo quadro, l'eventuale notifica della cartella in corso di procedura esplica, al più, una funzione meramente ricognitiva del credito tributario, perdendo la propria peculiare caratteristica di atto prodromico all'azione coattiva.
Resta così ferma la facoltà da parte del contribuente di impugnare la cartella notificata in pendenza del concordato, ove, in particolare, la stessa rappresenti il primo atto del procedimento tributario, come nel caso della liquidazione delle somme dovute in base ai controlli formali della dichiarazione ex artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973, nonché art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972.[6]
Da ultimo, dal divieto di azioni esecutive consegue che nessun credito a titolo di aggio esattoriale in ambito di concordato possa essere opposto alla massa dei creditori, mancando - per quanto detto sopra - la causa giuridica che legittimi tale pretesa creditoria.
E poiché tale credito, che non ha natura tributaria[7], sorge al momento dell'esercizio dell'azione di riscossione - dunque, in ipotesi, dopo l'apertura del concorso -, mancherebbe, in relazione allo stesso, il ricordato profilo di concorsualità.
NOTE
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[1] Così la sentenza in commento: Cass. Civ., Sez. V, 3 maggio 2022, n. 13831.
[2] Si veda, da ultimo, Cass. Civ., Sez. I, 18 maggio 2021, n. 13514.
[3] Secondo la Cassazione il credito fiscale sorge al verificarsi del presupposto materiale al quale la norma colleghi la nascita del tributo: l'obbligazione sorge quindi ex lege, indipendentemente dai successivi provvedimenti relativi al rapporto tributario (in questo senso, si veda, fra le altre, Cass. Civ., Sez. V, 13 settembre 2013, n. 20978).
[4] Cass. Civ., Sez. Un., 11 novembre 2021, n. 33408.
[5] Cass. Civ., Sez. Un., 15 marzo 2012, n. 4126.
[6] Per quanto la Corte, con la sentenza qui annotata, abbia ribadito l'impossibilità di notificare la cartella dopo l'apertura della procedura ove anche la stessa sia notificata ex art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973, senza previa notifica di un avviso di accertamento (contra: Cass. Civ., Sez. V, 6 novembre 2020, n. 24880).
[7] Corte Cost., 19 gennaio 1993, n. 7.