Sull'inefficacia del decreto ingiuntivo per sua omessa notificazione ex art. 644 c.p.c.
Pubblicato il 16/04/22 10:11 [Articolo 1901]






Sommario: 1. La communis opinio sulla mancata notificazione del decreto ingiuntivo quale causa della sua inefficacia ex art. 644 c.p.c. - 2. Illogicità intrinseche a quella opinio. - 3. Nostra opinione: arbitrarietà agli effetti de quibus della distinzione tra mancanza e tardività della notificazione. - 4. Nostra opinione: l'inefficacia ex art. 644 c.p.c. quale causa ostativa a una decisione di merito anche in caso di opposizione conseguente ad una notificazione tardiva del decreto ingiuntivo. - 5. Nostre conclusioni. - 6. Obiezioni specifiche all'opinione sull'opposizione ex art. 645 quale esclusivo strumento utilizzabile per far valere l'inefficacia del decreto conseguente ad una sua notificazione tardiva. - 7. Obiezioni specifiche all'opinione sulla possibilità di far valere l'inefficacia del decreto conseguente alla sua notificazione tardiva tanto con l'opposizione quanto con il ricorso ex art. 188 disp. att. c.p.c. - 8.Morale della favola.


1. La communis opinio sulla mancata notificazione del decreto ingiuntivo quale causa della sua inefficacia ex art. 644 c.p.c.

- Ai sensi dell'art. 644 c.p.c. il decreto ingiuntivo diventa inefficace qualora la sua notificazione (prevista dall'art. 643, comma 2, c.p.c.) non sia stata fatta alla parte intimata nel termine ivi stabilito ([1]).

L'inefficacia così comminata, a sua volta, può essere fatta valere con una ordinaria azione di accertamento (art. 188, ultimo comma, disp. att. c.p.c.) o con quel particolare procedimento semplificato previsto dall'art. 188, commi 1-3, disp. att. ([2]).

Pur con diverse (e talvolta significative) varianti ([3]), dottrina e giurisprudenza sono solite affermare che codesta disciplina è applicabile soltanto nell'ipotesi di mancanza materiale (cui è equiparata l'inesistenza giuridica) della notificazione in questione, mentre essa non è invocabile in presenza di una notificazione tardiva (o nulla o irregolare).

In quest'ultimo caso (di notificazione tardiva o nulla o irregolare), invece, si ritiene comunemente che:

- l'ingiunto abbia comunque l'onere di proporre opposizione (eventualmente tardiva ex art. 650 c.p.c., qualora la nullità o l'irregolarità abbiano impedito all'ingiunto stesso di avere tempestiva conoscenza del decreto), in difetto della quale (opposizione) si produrrebbe la definitiva esecutività dell'ingiunzione ai sensi dell'art. 647 c.p.c. ([4]);

- l'inefficacia del decreto ([5]) possa essere fatta valere solo con l'opposizione (purchè espressamente dedotta), con esclusione di ogni altro strumento: ivi compreso il rito semplificato ex art. 188 disp. att. ([6]).

Tutto ciò viene di solito spiegato dicendo che "la notificazione del decreto comunque effettuata … è pur sempre indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso" e, quindi, che in tali casi (di notificazione tardiva o nulla o irregolare) "deve essere esclusa la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di cui all'art. 644 c.p.c." ([7]).


2. Illogicità intrinseche a quella opinio

Simili affermazioni a noi sembrano incongrue.

Osserviamo, anzitutto, che:

- chi fa tali affermazioni dovrebbe quanto meno rivederle e/o integrarle in presenza di un decreto dichiaratoprovvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c., che il ricorrente abbia utilizzato per iscrivere ipoteca ai sensi dell'art. 655 c.p.c. ancor prima della sua notificazione all'intimato ([8]), così dimostrando già (e ancor prima della notificazione stessa) di non volere "abbandonare" il titolo e così restando "caducata" in codesta situazione la giustificazione come sopra addotta rispetto alla previsione di inefficacia ex art. 644 c.p.c.;

- questa sola considerazione basta a dimostrare che le norme ex artt. 644 c.p.c. e 188 disp. att. sono dettate nell'"interesse del debitore, il quale non deve rimanere illimitatamente sotto la spada di Damocle di un provvedimento, nella cui emanazione la sua posizione non è in tutto garantita" ([9]);

- trattasi, più esattamente, di norme finalizzate a conseguire una spedita instaurazione di quel contraddittorio ([10]) "che la legge (art. 101 c.p.c.) richiede per statuire sulla domanda" ([11]) e per rendere sollecitamente proponibile l'opposizione ex art. 645 c.p.c. ([12]),a seguito della quale il processo prosegue nelle forme ordinarie (v. art. 645, comma 2, c.p.c.) e con entrambe le parti in condizioni di parità ([13]);

- essendo norme poste a tutela di una garanzia costituzionale dell'ingiunto (quella del contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost.) e/o di un "interesse costituzionalmente protetto" di rilevanza (anche) pubblica (recte, del principio della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost.) ([14]), la loro operatività non può essere lasciata nella disponibilità del ricorrente: come, invece, di fatto succede in base alla communis opinio qui contestata, che finisce con il consentire al ricorrente stesso di instaurare il contraddittorio (anche tardivamente e anche molto tardivamente e quindi) … quando vuole!


3. Nostra opinione: arbitrarietà agli effetti de quibus della distinzione tra mancanza e tardività della notificazione

Ciò posto, evidenziamo adesso che la distinzione agli effetti ex art. 644 c.p.c. tra notificazione mancante e notificazione tardiva è a parer nostro arbitraria perché quella imposta al ricorrente dalla norma in questione (o, se si preferisce, elemento della fattispecie ex art. 644 c.p.c.)non è una "notificazione" tout court, mauna "notificazione eseguita nel termine" ivi prescritto.

Pertanto:

- una "notificazione eseguita dopo" quel termine non coincide con l'elemento della fattispecie divisato dall'art. 644 c.p.c. (elemento costituito dalla "notificazione eseguita entro" quel termine);

- in presenza di una "notificazione eseguita dopo" quel termine manca la notificazione imposta dall'art. 644, che è (lo si ripete) la "notificazione eseguita nel termine" ivi fissato.

Né le affermazioni qui avversate (circa la distinzione agli effetti ex art. 644 c.p.c. tra notifica totalmente mancante e notifica solo tardiva) potrebbero, infine, trovare un qualche appiglio nell'art. 188 disp. att., dove si parla sic et simpliciter di notificazione del decreto "nei termini di cui all'art. 644": di guisa che quelle affermazioni si risolvono in una vera e propria manipolazione dei testi normativi ([15]).


4. Nostra opinione: l'inefficacia ex art. 644 c.p.c. quale causa ostativa a una decisione di merito anche in caso di opposizione conseguente ad una notificazione tardiva del decreto ingiuntivo

A nostro avviso, poi, non solo non è corretto (come testè dimostrato) affermare che la notificazione tardiva del decreto non esimerebbe il debitore dal proporre opposizione, ma non è neanche esatto sostenere che l'opposizione medesima (se proposta) potrebbe bensì portare ad una declaratoria di inefficacia del decreto [se espressamente richiesta dall'opponente ([16])], ma non impedirebbe comunque una contestuale decisione di merito (vale a dire, una pronuncia sulla fondatezza o meno della pretesa creditoria fatta valere con il ricorso per ingiunzione ex art. 638 c.p.c.) ([17]): e ciò - si dice -perché dalla dichiarazione di inefficacia"riesce travolto il solo decreto …e non anche il ricorso", con il quale il ricorrente ha esercitato l'azione ordinaria di condanna ([18]).

Quest'ultima proposizione, tuttavia, si rivela giuridicamente viziataperché tra poco dimostreremo come l'inefficacia del decreto ex art. 644 c.p.c. sia mera conseguenza dell'estinzione di quell'unico processo ([19]) iniziato con il ricorso ex art. 638 c.p.c., alla quale (estinzione) consegue ex art. 310, comma 2, c.p.c. l'inefficacia degli atti compiuti: "compreso l'atto introduttivo della lite" ([20]), che èproprio quel ricorso.

5. Nostre conclusioni

Traendo le nostre prime conclusioni dalle precedenti considerazioni, a nostro avviso:

a) elemento della fattispecie ex art. 644 c.p.c. è la "notificazione entro" il termine ivi stabilito;

b) una "notificazione dopo" quel termine è agli effetti ex art. 644 c.p.c. (inefficacia del decreto) una notificazione (non semplicemente tardiva, ma) giuridicamente inesistente e/o comunque irrilevante perché non corrispondente a quella costituente elemento della fattispecie normativa ([21]);

c) la mancata notificazione del decreto (recte, del ricorso e del decreto: art. 643, comma 2, c.p.c.) nel termine fissato dall'art. 644 c.p.c. determina non solo l'inefficacia del decreto ([22]), ma anche l'impossibilità di proporre opposizione ([23]) e, con essa, l'impossibilità di addivenire ad una pronuncia di merito sulla domanda (di condanna) proposta con il ricorso per ingiunzione;

d) la notificazione divisata dall'art. 644 c.p.c., pertanto, va concepita come un vero e proprio onere a carico del ricorrente ([24]), il quale è tenuto a compierla per potere continuare ad avvalersi non solo di un provvedimento emesso a suo favore inaudita altera parte (il decreto ingiuntivo, per l'appunto), ma anche del ricorso per ingiunzione quale domanda giudiziale introduttiva di quell'unico giudizio (d'ingiunzione in senso lato) disciplinato dagli artt. 633-656 c.p.c. ([25]);

e) tale notificazione, quindi, può pienamente assimilarsi ad un atto di impulso processuale, il cui mancato compimento "entro il termine di legge" determina una vera e propria estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c. [" … il processo si estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di … proseguire … il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge" ([26])];

f) al pari dell'estinzione prevista da quest'ultima disposizione, infatti, anche l'estinzione conseguente alla mancata notificazione ex art. 644 c.p.c.: a) "non estingue l'azione" (v. art. 310, comma 1, c.p.c.) perché "la domanda può essere riproposta" (ex art. 644, ultima parte) sia nelle forme ordinarie sia in quelle monitorie ([27]); b) "rende inefficaci gli atti compiuti" (art. 310, comma 2, c.p.c.) perché produce l'inefficacia del decreto ingiuntivo ([28]);

g) al fine di conseguire la dichiarazione di tale inefficacia il legislatore si è preoccupato di agevolare al massimo la posizione dell'ingiunto ([29]), consentendogli di richiederla o con un rito semplificato ad hoc (v. art. 188, commi 1-3, disp. att.) oppure con un'ordinaria azione di accertamento(v. art. 188, ultimo comma, disp. att.), rispetto alla quale (va sottolineato) non sono previsti termini di decadenza (e, quindi, esercitabile sine die)e che può essere addirittura esercitata pure in caso di rigetto dell'istanza dedotta con il predetto rito semplificato (come sta espressamente scritto nell'art. 188, ultimo comma, cit.);

h) quel rito semplificato, in particolare, consente all'ingiunto di ottenere [contestualmente alla dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo "a tutti gli effetti" (v. il citato art. 188, comma 3, ultima parte) e, quindi, anche agli eventuali "effetti ipotecari" ([30])] l'ordine di cancellazione dell'ipoteca giudiziale eventualmente iscritta sulla base del decreto ingiuntivo (immediatamente esecutivo ex art. 642 e divenuto) inefficace ex art. 644 c.p.c. in modo assai più sollecito di quanto non succederebbe, se proponesse la "domanda di dichiarazione di inefficacia nei modi ordinari" prevista dall'art. 188, ultimo comma, disp. att.;

i) in quest'ultimo caso, infatti, ai sensi dell'art. 2884 c.c. l'ordine di cancellazione dell'ipoteca potrebbe essere eseguito dal conservatore solo dopo la definizione del relativo giudizio ordinario di cognizione (con i suoi "canonici e possibili" tre gradi, salvo rinvii…) "con sentenza passata in giudicato"; mentre con il predetto rito semplificato la dichiarazione di inefficacia del decreto ed il contestuale (eventuale) ordine di cancellazione dell'ipoteca vengono dati "con ordinanza non impugnabile" e, quindi, soggetta soltanto al ricorso "straordinario" in cassazione ex art. 111 Cost. ([31]): in mancanza del quale (ricorso) o rigettato il quale, quell'ordinanza integra quel "provvedimento definitivo" richiesto dall'art. 2884 c.c. (in alternativa alla sentenza passata in giudicato) ai fini della cancellazione dell'ipoteca ([32]).


6. Obiezioni specifiche all'opinione sull'opposizione ex art. 645 quale esclusivo strumento utilizzabile per far valere l'inefficacia del decreto conseguente ad una sua notificazione tardiva

Più approfondite parole merita la confutazione dell'opinione (dominante), secondo cui la notificazione tardiva del decreto impedisce (se, ovviamente, non già dichiarata) di far valere la sua inefficacia con il ricorso ex art. 188 disp. att., essendo all'uopo utilizzabile solo l'opposizione ex art. 645 c.p.c. ([33]), la cui intempestiva proposizione determina la definitiva esecutività del decreto ex art. 647 c.p.c.

Osserviamo, anzitutto, in contrario che quel supposto onere di opposizione a carico dell'ingiunto per l'ipotesi sopra rappresentata si risolve in una preclusione di fatto all'esercizio degli strumenti previsti ad hoc dall'art. 188 disp. att., rispetto aiquali invece non è stabilito alcun termine di decadenza ([34]).

In secondo luogo, poi, rileviamo che, se si assecondasse l'opinione suindicata, si consentirebbe al creditore-ricorrente di "bloccare" anche la richiesta di dichiarazione di inefficaciapresentata ex art. 188, commi 1-3, disp. att. dalla parte intimata che, purnon avendo ricevuto alcuna notificazione del decreto, ne fosse per un qualunque motivo venuta a conoscenza del decreto ([35]): avuta la notifica del decreto di fissazione dell'udienza previsto dall'art. 188, comma 2, disp. att., infatti, il creditore alla stregua dell'opinione qui avversata potrebbe procedere (tardivamente) alla notificazione del decreto ingiuntivo per "vanificare" l'iniziativa presa dall'intimato ex art. 188 disp att. e costringerlo a proporre l'opposizione ex art. 645 c.p.c. per evitare la definitiva esecutività ex art. 647 c.p.c. di un'ingiunzione … già inefficace ([36]). Assurdo!

In terzo luogo, infine, si evidenzia che:

a) come abbiamo detto sopra ([37]), la notificazione nel termine previsto dall'art. 644 c.p.c. può pienamente assimilarsi ad un atto di impulso processuale, il cui mancato compimento entro il termine di legge determina una vera e propria estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c. e l'inefficacia degli atti compiuti (nella specie, del decreto ingiuntivo) ex art. 310, comma 2, c.p.c.;

b) ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, c.p.c. (nel testo oggi vigente) "l'estinzione opera di diritto" e ciò "sta a significare che, l'estinzione, una volta dichiarata, produce i propri effetti fin dal giorno in cui si è verificata la fattispecie che l'ha determinata" ([38]): nel nostro caso, quindi, dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall'art. 644 c.p.c. (con conseguente inefficacia del decreto da quello stesso giorno);

c) in base allo stesso art. 307, ultimo comma, poi, l'estinzione "è dichiarata anche d'ufficio";

d) "l'opinione prevalente giustamente ritiene" che, oltre a potere essere pronunciata dal giudice del processo estinto ([39]), "il maturare di una fattispecie estintiva possa essere accertato dal giudice di un diverso processo incidenter tantum, cioè al solo scopo di valutare gli effetti che l'estinzione potrebbe determinare sul processo del quale egli è attualmente investito".

Orbene!

Da tutto ciò deriva che, anche nel caso come sopra ipotizzato (notificazione del decreto fatta fuori termine), l'ingiunto non ha alcun onere di proporre l'opposizione per far valere l'inefficacia del decreto e per impedire la sua definitiva esecutività ex art. 647 c.p.c. perché:

A) pure in mancanza di opposizione ex artt. 645 c.p.c. quell'inefficacia deve essere, anzitutto, rilevata ex officio ed incidenter tantum (quale conseguenza dell'intervenuta estinzione del giudizio introdotto con il ricorso per ingiunzione) dal giudice adito ex art. 647 c.p.c., il quale dovrà conseguentemente rigettare l'istanza di dichiarazione di esecutorietà del decreto (perché già inefficace);

B) in caso di omessa rilevazione da parte di quel giudice (che abbia, perciò, erroneamente dichiarato l'esecutività del decreto ex art. 647 c.p.c. ad onta della sua già maturata inefficacia ex art. 644), l'inefficacia stessa può essere fatta valere con l'opposizione all'esecuzione ([40]) .


7. Obiezioni specifiche all'opinione sulla possibilità di far valere l'inefficacia del decreto conseguente alla sua notificazione tardiva tanto con l'opposizione quanto con il ricorso ex art. 188 disp. att. c.p.c.

Per chiudere definitivamente il discorso sulla (da noi affermata) insuscettibilità dell'inefficacia del decreto ex art. 644 c.p.c. a costituire l'oggetto di un'opposizione ex art. 645 o 650 c.p.c. ([41]), è doveroso prendere in specifica considerazione una "variante" della suindicata e contraria opinione, secondo cui, in presenza di una tardiva notificazione del decreto fatta prima che l'intimato ne abbia fatto dichiarare l'inefficacia ex art. 188 disp. att., l'intimato stesso avrebbe l'onere di proporre tempestiva opposizione per impedire la definitiva esecutività dell'ingiunzione ex art. 647 c.p.c.

Ci riferiamo, più esattamente, all'opinione di chi ([42]) postula che, in mancanza di quella opposizione, "la inefficacia del decreto rimane assorbita dalla cosa giudicata che si forma in merito al diritto del ricorrente" ai sensi dell'art. 647 c.p.c. ([43]); mentre in presenza di quella opposizione, essa, "sboccando necessariamente in una pronuncia di merito, implica una rinuncia ad eccepire la inefficacia del decreto stesso" ([44]).

In questa prospettiva, quindi, nell'ipotesi di notificazione tardiva del decreto l'inefficacia del decreto stesso ex art. 644 c.p.c. resterebbe di fatto "sanata" se non ancora dichiarata al momento della notificazione stessa, atteso che da essa (notificazione) deriverebbe per l'intimato un onere di opposizionedeterminante la "sterilizzazione" dell'inefficacia de qua sia in caso di mancata proposizione dell'opposizione sia in caso di sua proposizione.

Si tratta di conclusioni non condivisibili non solo perché si espongono alle stesse obiezioni formulate nel paragrafo precedente, ma soprattutto perchè sostanzialmente vanificano ilcontenuto dell'art. 644 c.p.c. ([45]).

Altra peculiarità dell'opinione qui considerata rispetto a quella confutata nel paragrafo precedente, infine, consiste nel sostenere che "il ricorso di cui all'art. 188 può proporsi anche dopo la notificazione tardiva del decreto, purchè non sia scaduto il termine per l'opposizione ex art. 645 e non si sia quindi ancora formata la cosa giudicata" ex art. 647 c.p.c. ([46]).

A nostro avviso, tuttavia, tale affermazione è a dir poco opinabile perché è foriera di non pochi interrogativi privi di univoche risposte normative.

Per esempio:

- la proposizione del ricorso ex art. 188, comma 1, disp. att. sospende la decorrenza del termine per proporre l'opposizione ex art. 645 c.p.c.?

- se sì, in base a quale norma, posto che la stessa (sospensione) non è prevista da alcuna disposizione e posto altresì che la stessa (sospensione) si risolverebbe in una proroga ope legis del termine ex art. 645 c.p.c., che è invece improrogabile ex art. 153, comma 1, c.p.c.?

- se no: 1) la mancata opposizione determina comunque la definitiva esecutività del decreto ex art. 647 c.p.c., rendendo cosìinutile il ricorso proposto ex art. 188 disp. att.? 2) è possibile la proposizione tanto del ricorso ex art. 188 disp. att. quanto dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. e come andrebbe regolata la contemporanea pendenza dei relativi procedimenti?


8.Morale della favola

Quanti falsi problemi da un'intepretazione che, introducendo nel testo dell'art. 644 c.p.c. una distinzione (tra mancanza e tardività della notificazione) che non esiste, inutilmente ingarbuglia l'applicazione di una norma di per sé chiara ([47])!

NOTE
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* "Se pensi come la maggioranza, il tuo pensiero diventa superfluo" (Paul Valèry, Cattivi pensieri, Milano, 2006, 71).

([1]) L'art. 644 c.p.c. dispone: (Mancata notificazione del decreto) "Il decreto di ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica, e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta".


([2]) L'art. 188 disp. att. c.p.c. è così formulato:
(Dichiarazione di inefficacia del decreto di ingiunzione)

"La parte alla quale non è stato notificato il decreto di ingiunzione nei termini di cui all'articolo 644 del codice può chiedere con ricorso al giudice che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l'inefficacia.

Il giudice fissa con decreto un'udienza per la comparizione delle parti davanti a sé e il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati alla controparte. La notificazione è fatta nel domicilio di cui all'articolo 638 del codice se avviene entro l'anno dalla pronuncia e personalmente alla parte a norma degli articoli 137 e seguenti del codice se è fatta posteriormente.

Il giudice, sentite le parti, dichiara con ordinanza non impugnabile l'inefficacia del decreto ingiuntivo a tutti gli effetti.

Il rigetto dell'istanza non impedisce alla parte di proporre domanda di dichiarazione d'inefficacia nei modi ordinari".

([3]) Per un riepilogo delle diverse opinioni dottrinarie e dei variegati orientamenti giurisprudenziali v. MANDRIOLI-CARRATTA, Diritto processuale civile, Torino, III, 2019, 23-25, spec. nota 48.

([4]) In tal senso v. GARBAGNATI, Il procedimento d'ingiunzione, Milano, 1991, 108-109; e più recentemente CONTE, Il procedimento d'ingiunzione, Bologna, 2012, 196.

([5]) V. tra le più recenti Cass., sentenza 24 novembre 2021 n. 36496: "Qualora il creditore, munito di decreto ingiuntivo, provveda a rituale notificazione del medesimo, ancorché dopo il decorso del termine d'efficacia fissato dall'art 644 c.p.c. (anche in ipotesi di precedente infruttuoso tentativo di notificazione in detto termine), le ragioni del debitore, comprese quelle relative all'inefficacia del titolo prevista dalla citata norma, possono essere fatte valere solo con l'ordinaria opposizione da esperirsi nel termine di legge, e non anche attraverso gli strumenti previsti dagli artt. 188 disp. att. c.p.c. (ricorso per la declaratoria d'inefficacia del decreto) e 650 c.p.c. (opposizione tardiva), i quali presuppongono, rispettivamente, la mancanza o la giuridica inesistenza della notificazione del decreto, e il difetto di tempestiva conoscenza del decreto stesso per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Ne discende che, ove il decreto sia stato notificato (ancorché tardivamente), il ricorso proposto dal debitore ai sensi dell'art. 188 disp. att. c.p.c. per la declaratoria di inefficacia del decreto stesso è inammissibile".

([6]) Sulle diverse opinioni circa la compatibilità tra l'opposizione e il ricorso ex art. 188 disp. att. torneremo nei paragrafi 6 e 7.

([7]) Così sta espressamente scritto in Cass., ordinanza 21 gennaio 2029 n. 1509.

([8]) Sulla possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale prima della notificazione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. v. specialmente GARBAGNATI, op. cit., 119-120, che richiama al riguardo pure la Relazione ministeriale alle disposizioni di attuazione e che alla nota 341 menziona autori e decisioni in senso adesivo.

([9]) Così esattamente ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli 1964, 63, pur con conclusioni non condivisibili (v. infra, paragrafi 4 e 6).

Nello stesso senso GARBAGNATI, op. cit., 105 (ma, anche stavolta, con conclusioni non convincenti: v. paragrafo 7).

In giurisprudenza v. (pur con alcune ambiguità) Cass., sentenza 6 giugno 2003 n. 9131, in motivazione ("La norma in esame ha invece l'unica finalità di tutelare l'interesse del debitore a vedere accertata l'inutilizzabilità in via definitiva di quella richiesta che, per non essere stato notificato il decreto ingiuntivo, si presume abbandonata da parte dell'istante, e per garantire il debitore a fronte di un perdurante stato di incertezza capace di provocare una ingiustificata moltiplicazione di giudizi ed un aggravio di spese. In altri termini, la procedura ex art. 188 disp. att. c.p.c. configura uno strumento processuale di tutela dell'interesse del debitore ad attestare, a seguito di un contraddittorio con la controparte, la rinunzia a servirsi a fini monitori del decreto dichiarato inefficace".

([10]) V. Cass., Sezioni unite, ordinanza 1° ottobre 2007 n. 20596 e Cass., ordinanza 18 aprile 2012 n. 6059 (non massimata, ma reperibile in http://www.gadit.it/articolo/80463), nelle cui motivazioni sta scritto, per l'appunto, che "la fondamentale funzione della notifica del ricorso e del decreto è di provocare il contraddittorio".

Mette conto ricordare che:

- ai sensi dell'art. 643, comma 3, c.p.c. la notificazione de qua "determina la pendenza della lite";

- dopo le due ordinanze delle Sezioni unite del 1° ottobre 2007 n. 20596 e n. 20600 nessuno mette più in discussione che "la litispendenza si verifica solo se il ricorso e il decreto sono notificati, ma retroagisce al momento del deposito del ricorso" [e proprio in quest'ultimo senso avevamo già concluso in VIGNERA, La relazione strutturale tra procedimento monitorio e giudizio di opposizione, in Riv. dir. proc., 2000, 720, 770, uniformandoci alla (all'epoca minoritaria) dottrina ivi richiamata nella nota 181].

([11]) V. le motivazioni delle due ordinanze ricordate nella parte iniziale della nota precedente.

([12]) V. la già citata Cass., ordinanza 18 aprile 2012 n. 6059, nella cui motivazione viene "ribadita la necessità della notifica del ricorso e del decreto per l'instaurazione del contraddittorio" e l'esclusione tanto "della possibilità di un giudizio di opposizione indipendente dalla notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo" quanto della possibilità di un "riconoscimento di una forma di sanatoria del giudizio iniziato, a seguito della successiva notifica del decreto".

([13]) Sull'opposizione quale strumento di attuazione del principio costituzionale della parità delle parti rinviamo a VIGNERA, Il giusto processo d'ingiunzione, in AA.VV., Giusto processo e riti speciali, Milano, 2009, 67 ss.

([14]) "L'impegno alla ragionevole durata", infatti, "non rappresenta soltanto un diritto della persona coinvolta nel processo, ma anche una garanzia oggettiva di buon funzionamento della giustizia": così esattamente FERRUA, La ragionevole durata del processo tra Costituzione e Convenzione europea, in Questione giustizia, 2017, 109, 110, dove si criticano pure (condivisibilmente) le opinioni, secondo cui la norma costituzione sarebbe posta esclusivamente in funzione di garanzia dell'individuo contro gli abusi derivanti dal protrarsi ingiustificato del processo.

Sulla preesistenza della garanzia de qua alla modifica dell'art. 111 Cost. posta in essere dall'art. 1 l. cost. 23 novembre 1999 n. 2 e sui suoi rilievi pure pubblicistici rinviamo a ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, Torino 1997, 95 ss. (e già prima ANDOLINA-VIGNERA, Il modello costituzionale del processo civile italiano, Torino, 1990, 88 ss.), dove evidenziavamo l'immanenza di tale garanzia a quella ex art. 24, comma 1, Cost. (c.d. diritto di azione) e richiamavamo le icastiche parole di TROCKER, Processo civile e costituzione, Milano, 1974, 276-277 ["una giustizia realizzata a rilento ... provoca danni economici (immobilizzando beni e capitali), favorisce la speculazione e l'insolvenza, accentua la discriminazione tra chi ha la possibilità di attendere e chi nell'attesa ha tutto da perdere. Un processo che si trascina per lungo tempo diventa anche un comodo strumento di minaccia e di pressione, un'arma formidabile nelle mani del più forte per dettare all'avversario le condizioni di resa"].

([15]) Merita di essere segnalato il fatto che la stessa rubrica dell'art. 644 c.p.c. recita "mancata notificazione del decreto", così facendo chiaramente intendere che si considera "mancata" una notificazione che "non sia eseguita nel termine" ivi previsto: e se (a voler disputare a mezzo di brocardi) è pur vero che "rubrica legis non est legis", altrettanto vero è che "in claris non fit interpretatio" e che "ubi lex non distinguit nec non distinguere debemus"

E la distinzione tra notificazione mancante e notificazione tardiva non si rinviene né nell'art. 644 c.p.c. né nell'art. 188 disp. att.!

([16]) Del tutto singolare è l'opinione di GARBAGNATI, op. cit., 108-109, secondo cui addirittura la proposizione dell'opposizione, "sboccando necessariamente in una pronuncia di merito, implica una rinuncia ad eccepire la inefficacia del decreto stesso".

Per la specifica confutazione delle idee del predetto autore v. il paragrafo 7.

([17]) Cass., sentenza 30 marzo 1995 n. 3783: "Qualora il creditore, munito di decreto ingiuntivo, provveda alla notificazione del medesimo dopo il decorso del termine di efficacia fissato dall'art. 644 cod. proc. civ., le ragioni del debitore, ivi comprese quelle relative all'inefficacia del titolo prevista dalla citata norma, possono essere fatte valere solo con l'ordinaria opposizione da esperirsi nel termine prefissato dal provvedimento notificato; in tale giudizio il debitore opponente che si limiti ad eccepire l'inefficacia del titolo tardivamente notificato non può impedire che ad un'eventuale dichiarazione di inefficacia del decreto si accompagni la decisione da parte del giudice dell'opposizione in merito all'esistenza del diritto fatto valere con il ricorso per ingiunzione, e l'inosservanza da parte del creditore del termine di cui all'art. 644 cod. proc. civ. può acquisire rilevanza, nel caso di rigetto dell'opposizione, solo ai fini della condanna alle spese del giudizio, consentendo l'esclusione di quelle relative all'ottenimento dell'ingiunzione dichiarata inefficace".

Nello stesso senso v. tra le più recenti Cass., ordinanza 6 ottobre 2021 n. 27062.

([18]) Così ANDRIOLI, op. cit., 64-65.

Analogamente Cass., sentenza 16 gennaio 2013 n. 951: "La notificazione del decreto ingiuntivo oltre il termine di quaranta giorni" (recte, sessanta: v. sotto) "dalla pronuncia comporta, ai sensi dell'art. 644 cod. proc. civ., l'inefficacia del provvedimento, vale a dire rimuove l'intimazione di pagamento con esso espressa e osta al verificarsi delle conseguenze che l'ordinamento vi correla, ma non tocca, in difetto di previsione in tal senso, la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale; ne deriva che, ove su detta domanda si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta (in senso sostanziale), la quale eccepisca quell'inefficacia, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell'eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente".

Poiché tale massima è conforme alla motivazione, va stigmatizzato il marchiano errore in cui è incorso l'estensore della predetta sentenza perché il termine per la notificazione de qua è di sessanta (e non di quaranta) giorni!

Se questa è nomofilachia…

([19]) V. sin d'ora la nota 25 e la dominante giurisprudenza recentemente avallata da Cass., Sezioni unite, sentenza 13 gennaio 2022 n. 927.

([20]) V. esplicitamente Cass., sentenza 3 luglio 1980 n. 4214: "La proposizione della domanda giudiziale va annoverata tra le cause impeditive della decadenza, non in quanto costituisce una manifestazione di volontà sostanziale, ma in quanto instaura un rapporto processuale, il cui esito naturale è rappresentato da una pronuncia di merito. Ne consegue che la sopravvenuta estinzione del processo, pur non essendo incompatibile con il nuovo esercizio dell'azione, rende inefficaci tutti gli atti processuali compiuti, compreso l'atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto processuale o sostanziale e, quindi, neppure quello di impedire la decadenza del diritto dedotto in giudizio. Nè rileva, in contrario, l'art 2967 c.c., in base al quale, 'nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione', giacchè, tale norma si riferisce, non all'ipotesi (dell'estinzione del processo) regolata dal secondo comma dell'art. 310 c.p.c., ma a quella in cui la decadenza può essere impedita dal compimento di un atto stragiudiziale".

Nello stesso senso v. ex multis Cass., sentenza 19 aprile 1982 n. 2407; sentenza 14 aprile 1994 n. 3505; sentenza 8 giugno 2000 n. 7801; ordinanza 14 marzo 2018 n. 6230, in motivazione.

([21]) Assolutamente contraddittoria è l'opinione di GARBAGNATI, il quale:

- da una parte (op. cit., 106) afferma che una notificazione tardiva non può eliminare gli effetti dell'inosservanza dell'art. 644 "nei limiti di cui si dirà";

- dall'altra parte (e precisando codesti limiti: op. cit., 108-109), sterilizza pienamente questa stessa affermazione, sostenendo che: a) dalla notificazione tardiva deriva l'onere per la parte intimata di proporre l'opposizione ex art. 645 c.p.c.; b) in mancanza di opposizione "la inefficacia del decreto rimane assorbita dalla cosa giudicata che si forma in merito al diritto del ricorrente"; c) in presenza di opposizione, essa, "sboccando necessariamente in una pronuncia di merito, implica una rinuncia ad eccepire la inefficacia del decreto stesso".

Non è chi non veda come codeste supposte conseguenze sub b) e sub c) della notificazione tardiva cancellino totalmente gli effetti dell'inosservanza dell'art. 644 c.p.c., i quali invece poco prima erano stati considerati non eliminabili da una … notificazione tardiva!

Per la specifica confutazione dell'opinione di questo scrittore v. il paragrafo 7.

([22]) Suscita profondo sconcerto quanto affermato da Cass., sentenza 1° settembre 2003 n. 12752, secondo cui "la previsione dell'art. 188 disp. att. cod. proc. civ. e lo speciale procedimento per la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo, hanno riguardo esclusivamente alla ipotesi del decreto ingiuntivo notificato al di là del termine di cui all'art. 644 cod. proc. civ. e non si applicano quindi alla ipotesi della semplice nullità della notificazione del decreto ingiuntivo e a quella della mancata notificazione del decreto stesso": così lasciandosi fuori dall'ambito operativo dell'art. 188 disp. att. proprio quell'unica ipotesi (mancata notificazione del decreto), rispetto alla quale è indiscussa l'operatività di quella disposizione!

Né si tratta di errore del massimatore perchè la stessa cosa risulta pure dalla relativa motivazione, dove sta scritto: "Una lettura integrale della disposizione contenuta nell'art. 188 disp. att. codice di procedura civile conferma che l'ambito di efficacia della menzionata disposizione è individuato dal legislatore (primo comma) nei provvedimenti monitori notificati al di là dei termini di cui all'art. 644 codice di procedura civile e non può riguardare la semplice nullità della notificazione e quindi anche i decreti ingiuntivi non notificati". Se questa è nomofilachia…

([23]) V. Cass., ordinanza 18 aprile 2012 n. 6059 ricordata nelle note 10 e 12.

([24]) V. (per limitarci alla dottrina "moderna") ROPPO, Diritto privato, Torino, 2016, 55 ("L'onere è la situazione di chi deve tenere un determinato comportamento, se vuole avere la possibilità di utilizzare qualche sua situazione attiva, perchè le norme subordinano tale possibilità alla condizione che egli tenga quale comportamento"); e più icasticamente PARADISO, Corso di Istituzioni di diritto privato, Torino, 2016, 50-51 ("L'onere … consiste propriamente in una attività o comportamento che è posto a carico di un soggetto, ma per la realizzazione di un suo interesse").

Che la notificazione in questione integri un onere a carico del ricorrente è, peraltro, incontroverso in dottrina: v. per tutti GARBAGNATI, op. cit., 104.

([25]) E' importante ricordare in questa nota come assolutamente dominante sia stato negli ultimi anni quell'orientamento giurisprudenziale che, nell'escludere l'autonomia del c.d. giudizio di opposizione rispetto al precedente procedimento svoltosi inaudita altera parte, riconosce apertis verbis il carattere unitario del procedimento speciale disciplinato dagli artt. 633-656 c.p.c., ravvisando nella fase ingiuntiva stricto sensu e nella fase oppositiva due sub-procedimenti di un unico processo (ingiuntivo in senso lato): unico processo introdotto con la domanda contenuta nel ricorso ex art. 638 c.p.c.

Codesto orientamento sembra destinato a diventare "diritto vivente" a seguito della recente sentenza 13 gennaio 2022 n. 927, che è stata resa a Sezioni unite dalla Corte di cassazione proprio allo scopo di risolvere "definitivamente ed univocamente" la questione sulla natura del rapporto tra le due fasi de quibus (come risulta dalla relativa motivazione)

A tal fine la suprema Corte ha con chiarezza affermato che "l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è una 'actio nullitatis' o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo".

Sulle varie opinioni sui rapporti tra la fase monitoria e quella oppositiva rinviamo a VIGNERA, La relazione strutturale, cit.

([26]) Sulla perentorietà e, quindi, non prorogabilità del termine de quo v. esemplificativamente GARBAGNATI, op. cit., 104, nota 285; Corte cost., ordinanza 18 maggio 1989 n. 276; e la motivazione di Cass. 6 giugno 2003 n. 9132 ("Non può non rilevarsi come l'art. 644 c.p.c., dopo avere ricollegato l'inefficacia del decreto al mancato rispetto del termine perentorio nello stesso articolo indicato, abbia, con espressione di ampia portata - insuscettibile pertanto di alcuna limitazione - aggiunto che la domanda dei decreto ingiuntivo possa essere riproposta").

([27]) Conf. ex multis GARBAGNATI, op. cit., 106, testo e nota 291.

([28]) In caso di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. la dichiarazione della sua inefficacia determina, ovviamente, (pure) la caducazione della sua qualità di titolo esecutivo ex art. 474, comma 2, n. 1, c.p.c. e della sua qualità di titolo ipotecario ex art. 655 c.p.c.: v. per tutti GARBAGNATI, op. cit., 106.

([29]) Tale particolare tutela dell'ingiunto trova piena giustificazione nel fatto che lo stesso è destinatario di un provvedimento che non solo è stato emesso senza la sua audizione, ma che può essere anche immediatamente esecutivo ex art. 642 c.p.c.: con tutte le annesse conseguenze pregiudizievoli qualora sulla sua base il ricorrente abbia iscritto ipoteca sui beni dell'ingiunto ex art. 655 c.p.c.

Infatti, l'iscrizione "può costituire un ostacolo alla alienazione del bene o alla concessione di nuovi crediti in quanto i terzi non sono sempre in grado di infornarsi sulla effettiva nullità o invalidità dell'iscrizione o in quanto il semplice dubbio può distoglierli dall'acquistare il fondo o dal concedere nuovi crediti" (son puntuali parole di GORLA-ZANELLI, Pegno. Ipoteche, Bologna-Roma, 1992, 507, sostanzialmente riprese in motivazione da Cass., sentenza 26 luglio 1994 n. 6958).

([30]) Conf., per esempio, GARBAGNATI, op. cit., 106.

([31]) Tale conclusione è incontroversa: v. per tutte Cass., Sezioni unite, sentenza 18 marzo 1987 n. 2714; e Cass., sentenza 14 settembre 2006 n. 19799.

Altrettanto incontroversa è l'affermazione, secondo cui "in materia di decreto ingiuntivo, solo il provvedimento con cui il giudice accoglie l'istanza diretta ad ottenere la declaratoria di inefficacia del decreto stesso, ai sensi dell'art. 188 disp. att. cod. proc. civ., ha carattere definitivo, atteso che, viceversa, in caso di rigetto la parte può sempre chiedere nei modi ordinari la dichiarazione di inefficacia dell'ingiunzione" con conseguente preclusione in quest'ultimo caso del ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost." (così Cass., ordinanza 2 aprile 2013 n. 7976; nello stesso senso v. ex plurimis, oltre alla suindicata pronuncia delle Sezioni unite n. 2714 del 1987, Cass., ordinanza 6 marzo 2018 n. 5239).

([32]) Sull'idoneità di tale ordinanza ai fini della cancellazione dell'ipoteca ex art. 2884 c.c. v. GARBAGNATI, op. cit., 120, che al riguardo richiama pure la Relazione ministeriale alle disposizioni di attuazione.

Conf. GORLA-ZANELLI, op. cit., 513-514, nota 3.



([33]) V. esemplificativamente in giurisprudenza Cass., sentenza 24 novembre 2021 n. 36496, già ricordata nella nota 5; e in dottrina ANDRIOLI, op. cit., 65, il quale con perentorietà (sin troppa …) afferma: "Ma se la notificazione del decreto determina, pur qualora il decreto sia stato tardivamente notificato, l'onere dell'opposizione, questo è soddisfatto mediante l'opposizione, non già con l'esperimento del rimedio previsto dall'art. 188, sia oggetto della opposizione un decreto puro e semplice ovvero un decreto provvisoriamente esecutivo, né la diversità dei due rimedi consente di riconoscere alla procedura prevista dall'art. 188 effetti conservativi della facoltà di proporre opposizione. Pertanto, non basta affermare il carattere facoltativo del ricorso previsto nell'art. 188 per riconoscere al debitore la facoltà di proporre opposizione avverso il decreto tardivamente notificatogli, ma bisogna precisare che, ove il decreto sia stato tardivamente notificato, il debitore, lungi dall'aver la scelta di due vie, è tenuto a proporre tempestivamente opposizione, né basta che ciò faccia perché, se vuole far dichiarare la inefficacia del decreto, deve proporne specifica istanza".

Sulla confutazione dell'opinione di questo autore rinviamo al paragrafo 6.

([34]) V. paragrafo 5, sub g).

Proprio per questa ragione GARBAGNATI, op. cit., 110, ritiene che "il ricorso di cui all'art. 188 può quindi proporsi anche dopo la notificazione tardiva del decreto, purchè non sia scaduto il termine per l'opposizione ex art. 645 e non si sia quindi ancora formata la cosa giudicata" ex art. 647 c.p.c.: e anche su questa opinione ritorneremo tra poco (paragrafo 7).

([35]) Malgrado la mancata notificazione del decreto, invero, la parte ingiunta potrebbe venire a conoscenza dello stesso, per esempio, a seguito di:

- consultazione dei registri di cancelleria (oggi tramite il SICID-Sistema Informativo Civile Distrettuale);

- certificazione del cancelliere sulla pendenza di procedimenti monitori;

- ispezione ipocatastale presso la conservatoria dei registri immobiliari, che gli riveli un'iscrizione di ipoteca giudiziale fatta immediatamente dal ricorrente in virtù di un decreto provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c., alla quale (iscrizione) però non sia seguita alcuna notificazione del decreto ex art. 643 c.p.c.) (sulla possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale prima della notificazione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. v. la nota 8).



([36]) V. quanto diremo tra poco sub b) a proposito del momento in cui si produce l'inefficacia de qua.

([37]) V. paragrafo 5, sub e).

([38]) BALENA, Istituzioni di diritto processuale civile, II, Bari, 2018, 234, nota 15.

([39]) Più esattamente "con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio": come recita l'art. 307, ultimo comma, c.p.c.

([40]) V. Cass., ordinanza 3 settembre 2009 n. 19119: "La sussistenza delle condizioni che, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., legittimano la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, è sindacabile esclusivamente nel giudizio di opposizione ex art. 645 ovvero ex art. 650 c.p.c. ovvero, ancora, in quello di opposizione all'esecuzione intrapresa in base al medesimo decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, non essendo previsto alcun mezzo d'impugnazione avverso il relativo decreto ex art. 647 cit., né essendo proponibile il ricorso per cassazione".

Nello stesso senso v. più recentemente Cass., ordinanza 23 novembre 2021 n. 36196.

([41]) Non escludiamo, tuttavia, che l'intimato (per ragioni di "economia processuale") possa proporre sub specie oppositionis la domanda di accertamento dell'inefficacia del decreto prevista dall'art. 188, ultimo comma, disp att.: che cioè l'intimato, pur non avendo l'onere di farlo, possa proporre l'opposizione al solo scopo di fare dichiarare quell'inefficacia ex art. 188, ultimo comma, disp. att. [con preclusione, comunque, per il giudice di pronunciarsi in tal caso sul merito della domanda esercitata con il ricorso ex art. 638 c.p.c., la quale (domanda) non esiste più (v. supra, paragrafo 4)].

([42]) GARBAGNATI, op. cit., 108-109.

([43]) Questa affermazione ("la inefficacia del decreto rimane assorbita dalla cosa giudicata che si forma in merito al diritto del ricorrente") è "figlia" dell'opinione che riconosce l'autorità di cosa giudicata sostanziale ex art. 2909 c.c. ai decreti dichiarati esecutivi ai sensi dell'art. 647 c.p.c.: opinione di cui uno dei primi e più noti sostenitori è stato proprio GARBAGNATI, op. cit., 5 ss., 271 ss.

Richiamando in senso contrario un nostro precedente lavoro (VIGNERA, Sulla non idoneità al giudicato sostanziale del decreto ingiuntivo non opposto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 1099), riteniamo che tale opinione sia destinata ad essere disattesa anche dalla Corte di cassazione, se la stessa farà coerente applicazione della sua più recente giurisprudenza (Cass., Sezioni unite, sentenza 13 gennaio 2022 n. 927, richiamata nella nota 25), che nega la natura impugnatoria dell'opposizione a decreto ingiuntivo (sull'interdipendenza esistente tra le nozioni di impugnazione ordinaria - cosa giudicata formale - cosa giudicata sostanziale v. per tutti LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, III, Milano, 1976, pp. 24 ss., 161 ss.; e PUGLIESE, voce Giudicato (diritto vigente), in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, pp. 785, 800 ss.).

([44]) Così GARBAGNATI, op. cit., 108-109.

([45]) V. al riguardo pure la nota 21.

([46]) GARBAGNATI, op. cit., 110.

Nella stessa direzione v. RONCO, Struttura e disciplina del rito monitorio, Torino, 2000, 316, secondo cui la notificazione tardiva non preclude al debitore l'utilizzo del rimedio ex art. 188 disp. att. in alternativa all'opposizione ex art. 645 c.p.c. (possibile, quindi, ma non necessaria).

([47]) V. nuovamente il paragrafo 3 e la nota 15.






















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