Il decreto liquidità e la scadenza dei titoli di credito durante la crisi da COVID-19 ovvero il legislatore arriva in aiuto della sospensione
Pubblicato il 14/04/20 02:00 [Articolo 896]
Sommario: 1. Premessa: coronavirus, emergenza liquidità - 2. e dubbie opinioni notarili. - 3. I rischi dell'incertezza applicativa. - 4. Il riordino dovuto al decreto liquidità. - 5. Le questioni rimaste sul tappeto.
1. Premessa: coronavirus, emergenza liquidità
Dopo varie anticipazioni di stampa, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'8 aprile 2020 il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali». Lo chiameremo, per brevità, decreto «liquidità», seguendo l'uso dei soprannomi, adottato anche per il precedente intervento organico di contrasto all'epidemia, che, seppure denominato «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19», è conosciuto dal vasto pubblico come decreto «cura Italia».
L'art. 11 del menzionato decreto liquidità detta norme in merito sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito.
In un precedente mio scritto[1], avevo illustrato i termini del problema del decorso dei termini, durante la presente emergenza epidemiologica, dei titoli di credito.
2. (Segue): e dubbie opinioni notarili
In quella sede avevo commentato due prese di posizione del Consiglio nazionale del notariato[2] relative all'interpretazione dei commi 4° e 5° dell'art. 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, che disponeva la sospensione, dal 22 febbraio 2020 al 31 marzo 2020, della scadenza dei titoli di credito e più in generale di tutti i termini sostanziali.
Secondo l'organo dei notai, il decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sia pur originariamente dettato per la ristretta zona cosiddetta rossa in cui si era all'inizio sviluppata l'infezione[3], avrebbe dovuto intendersi progressivamente esteso, seguendo il diffondersi dell'epidemia, dapprima, a partire dal 9 marzo 2020, ad una seconda zona rossa[4] e poi, a partire dal 10 marzo 2020, a tutto il territorio nazionale[5].
Questa conclusione mi era parsa dubbia, posto che il successivo art. 91 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ossia del decreto cura Italia, pareva avesse invece abrogato l'art. 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, nella parte che qui interessa. Questo per nuova regolazione della materia. Il contenuto dei commi 4° e 5° dell'art. 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sembrava infatti essere stato sostituito, tanto per ciò che riguarda il tema generale della sospensione dei termini sostanziali quanto per ciò che specificamente riguarda la sospensione dei titoli di credito, da una previsione più flessibile, dettata inserendo nell'art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6[6], un nuovo comma 6°-bis. Per il suddetto comma 6°-bis, che è da ritenere retroagisca al 23 febbraio 2020 (ossia alla data dell'entrata in vigore del coevo decreto-legge), l'osservanza delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica «è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti». Ritenevo quindi che tutti i termini sostanziali, compresi quelli ricollegati ad obbligazioni cartolari, dovessero ora intendersi scaduti nei termini normali stabiliti dalle parti o imposti dalla legge. La possibilità per i debitori di adempiere avrebbe però dovuto essere valutata, volta per volta, in relazione agli impedimenti che, nel caso concreto, fossero stati eventualmente suscitati dai provvedimenti assunti per il contrasto al Covid-19.
Ma a parte ciò, ulteriori incertezze nascevano dal fatto che il Consiglio nazionale del notariato si fosse espresso nel senso di distinguere tra l'ipotesi in cui la data di scadenza dei titoli si ricavi da un conteggio e l'ipotesi in cui tale data sia indicata a giorno fisso. Nel primo caso, secondo l'organo dei notai, «se i giorni di scadenza delle cambiali e vaglia cambiari ricadono nel periodo di sospensione», il calcolo del termine di scadenza porterebbe ad uno slittamento in avanti di tanti giorni quanti sono quelli interessati dal periodo di sospensione. Nell'altro caso, invece, poiché il regime di sospensione consente al debitore di non «pagare nel giorno indicato sul titolo, [questi] dovrà procedere al pagamento non appena cessata la causa (legale) che glielo impedisce, con la conseguenza che, dovendo essere eseguito il pagamento dopo il 31 marzo 2020 (ultimo giorno del periodo di sospensione), si avrà un allineamento del termine di pagamento dei titoli con scadenza nel periodo di sospensione, al 1° aprile 2020». Se presentano una data di scadenza che cade nel periodo di sospensione, questi titoli dovrebbero essere dunque pagati «il 1° aprile, senza l'aggiunta di giorni ulteriori». E addirittura nulla quaestio per i titoli dove la data fissa di scadenza sia «posteriore al periodo di sospensione, per i quali non si applicherà alcuna sospensione dei termini»[7].
2. I rischi dell'incertezza applicativa
Non torno, rinviando al cenno svolto in chiusura, sui motivi che mi avevano indotto a criticare la tesi sostenuta dal Consiglio nazionale del notariato, che introduce una distinzione non giustificabile tra titoli che scadono in una data predeterminata e titoli per i quali la scadenza si ricava da un conteggio.
Mi basta solo ricordare che la possibilità di opzioni interpretative differenti suscitava una preoccupazione diffusa riguardo alle decisioni operative da assumere nell'immediato e alle contestazioni a cui esse avrebbero potuto dare luogo in futuro.
Insomma, poiché grande si annunciava la confusione sotto il cielo, era divenuto chiaro, già nei giorni scorsi, che il legislatore dovesse intervenire per riordinare la materia nel solco del giusto perseguimento degli scopi di contenimento degli effetti negativi che l'attuale epidemia del virus Covid-19 sta producendo sul tessuto socio-economico della nazione.
3. Il riordino dovuto al decreto liquidità
Cosi in effetti è parzialmente avvenuto.
Impregiudicata la soluzione da dare al tema più ampio della sospensione degli altri termini sostanziali, il legislatore ha infatti ritenuto opportuno, per l'evidente impatto sistemico di una massiva levatura di protesti, intervenire sul terreno dei titoli di credito.
In particolare, l'art. 11, comma 1°, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, ha recepito legislativamente la soluzione offerta a livello meramente interpretativo dal Consiglio nazionale dei notai in merito alla prima questione su cui ha preso posizione e cioè in merito all'estensione della sospensione delle obbligazioni cartolari all'intero territorio nazionale, ampliando anzi, di un giorno all'indietro, il periodo della stessa perché essa viene fatta decorrere dal 9 marzo 2020 (data dell'istituzione della seconda zona rossa) e non dal 10 marzo 2020 (data a partire dalla quale la seconda zona rossa è stata estesa a tutta l'Italia).
Inoltre, fermi restando, si deve ritenere, gli effetti sospensivi già prodotti per la prima zona rossa nel periodo compreso tra il 22 febbraio 2020 e l'8 marzo 2020 (che sarebbe irragionevole annullare, visto che il regime di sospensione è stato confermato ed anzi esteso, con decorrenza dal 9 marzo 2020, all'intero territorio nazionale), il termine di scadenza della sospensione viene spostato in avanti per tutti fino al 30 aprile 2020.
Ne discende un regime della sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito per il quale opera il duplice dies a quo del 22 febbraio 2020 a beneficio dei residenti nella zona rossa originaria e del 9 marzo 2020 a beneficio dei rimanenti destinatari della normativa e l'unico dies ad quem del 30 aprile 2020, che vale tanto per gli uni quanto per gli altri.
Come recita la relazione illustrativa, «le nuove disposizioni inoltre chiariscono, dandone una interpretazione autentica, il contenuto dell'articolo abrogato con specifico riferimento agli assegni bancari e postali, a beneficio di tutti gli attori coinvolti nell'utilizzo e nella gestione di tali titoli di credito (banche, poste, pubblici ufficiali incaricati di elevare il protesto, traenti e beneficiari degli assegni)».
Quanto poi alla trasmissione alle camere di commercio da parte dei pubblici ufficiali dei protesti e delle constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino all'entrata in vigore del decreto liquidità, avvenuta, ai sensi dell'art. 44, il 9 aprile 2020, ossia il giorno dopo alla comparsa sulla Gazzetta Ufficiale, ove essi siano stati già pubblicati, ai sensi del comma 3°, «le camere di commercio provvedono d'ufficio alla loro cancellazione». Per il medesimo comma sono altresì sospese le informative al prefetto di cui all'art. 8-bis, commi 1° e 2°, della legge 15 dicembre 1990, n. 386. Ed è da ritenere che le eventuali segnalazioni già inviate alla Centrale di allarme interbancaria debbano essere cancellate a cura dell'intermediario che le ha effettuate.
4. Le questioni rimaste sul tappeto
Il dettato legislativo peraltro non risolve né il problema del contenuto da riconoscere alla sospensione in esame, né il problema della sorte dei termini sostanziali diversi da quelli di scadenza delle obbligazioni cartolari.
Quanto al primo interrogativo, secondo l'interpretazione proposta dal Consiglio nazionale dei notai, occorrerebbe distinguere, come si è anticipato, tra i titoli che decorrano fino al giorno di scadenza individuato tramite un conteggio e i titoli il cui decorso scada «a giorno fisso». Ma, per l'appunto, di sospensione di termini «scadenti o decorrenti»[8] in un determinato periodo si tratta. E pertanto, tra il 9 marzo 2020 (il 22 febbraio 2020 per i residenti nell'originaria zona rossa) e il 30 aprile 2020, i termini di decorrenza e scadenza dei titoli di credito non avanzeranno né di un giorno, né di un'ora, né di un minuto. Riprenderanno a decorrere il 1° maggio 2020, facendo scoccare tutti quei minuti, tutte quelle ore e tutti quei giorni che nel periodo di sospensione non erano potuti avanzare, tra i quali quello stabilito all'art. 51, comma 3°, della legge cambiaria, secondo cui il protesto deve essere levato entro i due giorni feriali seguenti al giorno in cui la cambiale è pagabile. Ciò anche perché le parti non potevano prevedere la sopravvenienza del periodo di sospensione e non potevano quindi volere conseguenze diverse per aver pattuito la scadenza a giorno fisso o nel giorno individuato da un calcolo[9].
Quanto poi all'altro, in assenza di specifica regolazione, che invece è intercorsa per i termini processuali ed adesso, come si è visto, per le obbligazioni cartolari, la soluzione pare dover essere ancora una volta cercata nell'art. 91 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che ha disposto l'inserimento nell'art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, di un comma 6°-bis, secondo cui l'osservanza delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 «è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».
Come già ho sostenuto[10], tale norma sostituisce ed abroga, introducendo una previsione che dovrà fare i conti con la particolarità delle fattispecie concrete, la più ampia sospensione dei termini sostanziali contenuta nell'art. 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.
È vero che ciò non travolge più la specifica disciplina della sospensione dei termini dei titoli di credito, che, grazie al suo recepimento nel decreto liquidità, è stata estesa retroattivamente, a partire dal 9 marzo, all'intera Italia ed è da ritenere salvaguardata per la prima zona rossa a decorrere dal 22 febbraio 2020.
È però anche vero che proprio il fatto di aver ribadito, disciplinandola ex novo, la sospensione dei termini per le obbligazioni cartolari senza aver disposto nulla sulla sospensione degli altri termini sostanziali nonostante la sopravvenienza del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, modificativo dell'art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, aggiunge un ulteriore argomento in favore della tesi secondo cui, se anche c'è stata, non c'è più una generalizzata sospensione dei termini sostanziali, la cui mancata osservanza andrà valutata caso per caso ai fini del riconoscimento o meno della responsabilità del debitore.
Si deve pertanto concludere, confermando il convincimento a suo tempo espresso, che sia venuta meno, con effetto retroattivo al 23 febbraio 2020, la prescrizione contenuta nell'art. 10, comma 4° del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, secondo cui era sospesa la decorrenza anche di tutti gli altri termini sostanziali, legali o convenzionali, «comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali». Né questo pare pregiudicare gli abitanti dell'originaria «zona rossa», dato che chi rientrava tra i soggetti davvero bisognosi di salvaguardia dovrebbe in ogni caso rientrare tra coloro che non hanno potuto adempiere nei termini per rispettare le misure contro l'epidemia, che ha avuto inizio proprio nei luoghi di loro residenza.
NOTE
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[1] La scadenza dei titoli di credito al tempo del coronavirus con una postilla sul pari decorso degli altri termini sostanziali, in www.Il caso.it del 3 aprile 2020.
[2] Mi riferisco alla nota del 17 marzo 2020, dal titolo «Sospensione dei protesti per emergenza coronavirus», che può essere letta sul sito del Consiglio nazionale del notariato all'indirizzo https://www.notariato.it/sites/default/files/Segnalazione-normativa-Protesti-01042020.pdf, e al parere prot. n. 3054/2020 del 31 marzo 2020, relativo agli «Effetti della sospensione dei protesti e legislazione emergenziale», reso in risposta al quesito n. 96-2020/P.
[3] Cfr. l'allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, che individuava i comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, e Terranova dei Passerini nella regione Lombardia, nonché Vo' nella regione Veneto.
[4] Cfr. il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 marzo 2020, per il quale, «ritenuto necessario procedere a una rimodulazione delle aree» nonché individuare ulteriori misure, aveva ricompreso in una nuova zona rossa tutti i comuni della regione Lombardia e i tutti i comuni di alcune province dell'Emilia-Romagna, del Piemonte e del Veneto.
[5] Cfr. il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020, che ha applicato all'intero territorio nazionale le misure previste dall'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 marzo 2020.
[6] Convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13.
[7] I periodi virgolettati sono tratti dal parere prot. n. 3054/2020.
[8] Il comma 5° dell'art. 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, utilizzava l'analoga espressione «ricadenti o decorrenti».
[9] Per ulteriori considerazioni, cfr. il già ricordato § 4 del mio scritto del 3 aprile 2020, dove si muovono numerose critiche alla diversa opinione espressa nel parere prot. n. 3054/2020 del 31 marzo 2020, cit., dell'ufficio studi del dal Consiglio nazionale notarile, sintetizzato supra, in fondo al § 1.
[10] Cfr. il § 5 del mio scritto del 3 aprile 2020.