La "passerella" reciproca fra accordi di ristrutturazione e concordato preventivo
Pubblicato il 16/01/13 02:00 [Articolo 430]






I. L'ordinamento concorsuale conosce nella sua esperienza giurisprudenziale il lemma "consecuzione", tradizionalmente frequentato a far data dagli Anni Cinquanta quando comparve­ro i primi studi sull'argomento1, anche se assunse un rilievo molto importante sul finire degli Anni Settanta quando un'imponente crisi occupazionale venne provvisoriamente go­vernata con gli istituti dell'amministrazione controllata e del concordato preventivo piegati dal loro fine proprio per essere deviati a strumenti di ammortizzazione sociale2.
Del termine consecuzione si discute, in verità, ancora oggi perché il fenomeno per il quale determinati effetti prodotti in una procedura si diffondono anche in un'altra, sia in avanti (è il caso della prededuzione), sia a ritroso (è il caso della revocato­ria), pur messo in crisi dall'introduzione del nuovo concetto di "crisi", è attuale come hanno avuto modo di precisare i giudici di legittimità3.
L'ennesima riforma del diritto concorsuale è intervenuta proprio a battezzare, definitivamente, il principio di consecu­zione quando nel nuovo art. 69 bis l.fall. si è stabilito che se un fallimento è preceduto da un concordato preventivo, il periodo sospetto di cui agli artt. 64-69 l.fall. decorre dalla pubblicazio­ne della domanda di concordato preventivo.
Si tratta di una novità decisamente rilevante in quanto per la prima volta la decorrenza del termine è fatta dipendere non già da un accertamento giudiziale ma da un atto di parte (il deposi­to e la conseguente pubblicazione di un ricorso ai sensi dell'art. 161 l.fall.), così avvicinandosi il nostro ordinamento a quello tedesco4, anche se questa scelta è dipesa da una ragione pratica molto semplice.
La nuova norma, infatti, àncora il periodo sospetto (biennale, annuale o semestrale) non già ad un accertamento giudiziale dello stato d'insolvenza (sentenza di fallimento o decreto di ammissione al concordato preventivo), ma alla data di pubbli­cazione del ricorso di concordato presso il registro delle impre­se (il che ripropone il tema di una efficacia pubblicitaria rispet­to ad imprese non iscritte e tuttavia legittime aspiranti al con­cordato perché l'irregolarità non è più requisito ostativo); tale opzione asseconda il bisogno di proteggere le azioni revocato­rie dal rischio di una "non consecuzione", dal momento che la retrodatazione del periodo viene mantenuta anche in caso di di­chiarazione di inammissibilità della domanda, ipotesi questa che tradizionalmente veniva esclusa prima della riforma5.
Non si tratta, però, di una disposizione dissonante ma di una disposizione necessitata, assente la quale la c.d. domanda di concordato in bianco (o "prenotativa"), disegnata dall'art. 161 6° comma, l.fall.6 sarebbe risultata così indigesta da provocare di sicuro una crisi di rigetto.
Nel momento in cui si allentano le briglie sulla domanda e si prevede un termine per l'ingresso in procedura che può arrivare sino a sei mesi, cioè proprio il periodo sospetto per gli atti normali, si è deciso che non si può adoperare lo strumento della domanda di concordato per sterilizzare il periodo sospetto e l'alternativa della convenienza della soluzione fallimentare.
Ma non è questo il profilo di consecuzione che si vuole qui indagare. In queste brevi note ci si vuole soffermare sulle previsioni contenute nell'art. 182 bis, 8° comma, l.fall. e nell'art. 161, 6° comma, l.fall.
Una sorta di consecuzione fra due strumenti di composizione concordata della crisi che si potrebbe meno tecnicamente defi­nire una "passerella", in quanto si transita da un procedimento all'altro, ma con conservazione degli effetti.
II. Nel momento in cui un imprenditore avverte di trovarsi in una situazione di difficoltà che non è in grado di affrontare con i normali interventi strutturali di tipo industriale o di ri­organizzazione dei fattori della produzione, è normale che si rivolga a dei professionisti i quali, normalmente, non sono in grado di stabilire nell'immediatezza quale sia lo strumento più idoneo per risolvere la crisi. Specie se l'impresa ha dimensioni medio-grandi si crea un circuito tra gli advisor (finanziari e le­gali), l'attestatore e i principali creditori che impedisce l'avvio di soluzioni rapide. Di fronte a questo dato di fatto del tutto abituale, il legislatore ha ritenuto di anticipare la protezione del patrimonio del debitore e, soprattutto, ha stabilito che la scelta dell'ingresso in un percorso protetto non deve essere, per forza, a senso unico in quanto può darsi che acquisite maggiori cono­scenze sia preferibile adottare uno strumento diverso da quello immaginato originariamente.
Questo è il sostrato delle due disposizioni sopra ricordate: la prima consente che una volta avviato il pre-accordo (o proposta di accordo) di ristrutturazione il debitore nel termine di sessan­ta giorni successivo al provvedimento del giudice possa deposi­tare, in alternativa all'accordo di ristrutturazione, una domanda di concordato preventivo; la seconda consente che una volta depositato il ricorso per concordato con riserva, nel termine concesso dal tribunale (da sessanta sino a centottanta giorni, proroghe incluse) il debitore possa depositare anziché il piano e la proposta concordataria, un accordo di ristrutturazione.
Una sorta di duplice passerella rimessa alla discrezionalità dell'imprenditore. In ambedue i percorsi il vantaggio della pas­serella è rappresentato dall'espressa previsione della conserva­zione degli effetti conseguiti con la prima domanda.
Le due disposizioni, di per sé stringate e in apparenza nitide, celano enormi criticità, specie quando dalla domanda più am?
pia (il ricorso ex art. 161) si retrocede alla domanda più ristret­ta (il ricorso ex art. 182 bis).
III. La preoccupazione di disperdere del tempo senza offrire all'imprenditore una protezione del patrimonio durante la com­plessa fase delle trattative sta al fondo della scelta, operata nel 2010, di prevedere il c.d. automatc stay in presenza della di­chiarazione di un pre-accordo di ristrutturazione. Nell'art. 182 bis venne, quindi, aggiunto un 6° comma nel quale si stabiliva che con il deposito di un'istanza di sospensione (corredata da una pre-attestazione e da un'autocertificazione
dell'imprenditore in merito all'intenzione di perfezionare un accordo di ristrutturazione), venissero provvisoriamente inibite le azioni esecutive e cautelari, nonché la costituzione di titoli di prelazione non concordati. Questo blocco delle azioni doveva essere poi confermato dal tribunale in esito alla instaurazione del contraddittorio con i creditori, col risultato che all'imprenditore poteva essere concesso un termine non supe­riore a sessanta giorni per il deposito dell'accordo (definitivo) di ristrutturazione con la relativa attestazione di attuabilità7.
Si trattava di uno strumento certamente utile ma anche ec­cessivamente complicato dal punto di vista procedimentale vi­sta la necessità di radicare il contraddittorio con tutti i creditori. Presentava, poi, un ulteriore limite costituito dal vincolo della sostanziale identità fra l'accordo definitivo e quello prospettato nell'istanza di sospensione, così da rendere assai poco flessibi­le il percorso8. A questo limite la l. 134/2012 ha verosimilmen­te posto rimedio perché l'attuale formula normativa "A segui­to del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti..." lascia intendere che l'accordo poi depositato possa anche non coincidere con quello enunciato al momento dell'avvio del procedimento9.
Tuttavia, la flessibilità è ancor più valorizzata dalla circo­stanza che il debitore, nel medesimo termine fissato dal tribunale possa depositare un ricorso per concordato preventivo, saldando gli effetti di questo (principalmente quelli di cui all'art. 168 l.fall.) con il momento del deposito del pre-accordo. Ecco, dunque, formarsi una consecuzione virtuosa fra pre­accordo e concordato preventivo. Questa disposizione è al ser­vizio di tutte quelle situazioni nelle quali il programma dell'imprenditore di raggiungere un accordo con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti sfuma ma è prospetta­bile l'alternativa del concordato preventivo.
Dal tenore letterale dell'8° comma dell'art. 182 bis ("si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo") par­rebbe doversi desumere che restano fermi il divieto di azioni esecutive e cautelari nonché quello della formazione di titoli di prelazione non concordati. In verità la l. 134/2012 ha larga­mente implementato gli effetti che si producono con l'istanza di sospensione di cui al 6° comma dell'art. 182 bis. Infatti dal deposito dell'istanza sbocciano questi ulteriori effetti: i) il debi­tore che presenta una proposta di accordo ai sensi dell'art. 182 bis, 6° comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte, se del caso, sommarie informazioni a contrarre finan­ziamenti, prededucibili (art. 182 quinquies); ii) il debitore che presenta una proposta di accordo ai sensi dell'art. 182 bis, 6° comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in pre­senza dei presupposti di cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o servizi (art. 182 quin­quies); iii) dalla data del deposito della proposta di accordo e sino all'omologazione non si applicano gli artt. 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile (art. 182 sexies)10.
Orbene, se l'imprenditore deposita il ricorso per concordato preventivo (anziché l'accordo di ristrutturazione) tutti questi effetti si conservano in quanto effetti tipici conseguenti anche al deposito della domanda di concordato preventivo non prece­duta dal pre-accordo.
A questi effetti si cumuleranno quelli propri (esclusivamen­te) del concordato e cioè la previsione dell'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori, quella della sospensione degli interessi (art. 169 l.fall.), quella dell'opponibilità degli atti (artt. 45 e 169 l.fall.), quella in tema di contratti pendenti (art. 169 bis l.fall.), quella sul c.d. concor­dato in continuità (art. 186 bis l.fall.) 11.
Il percorso ascendente dal pre-accordo al concordato preven­tivo non sconta particolari asperità in quanto gli effetti prodotti dal primo sono minori di quelli prodotti dal secondo. Tuttavia il percorso è divenuto assai poco competitivo rispetto a quello che inizia a ritroso in quanto solo nel pre-accordo sono previsti il contraddittorio con i creditori e un provvedimento del tribu­nale che deve vagliare la serietà della proposta di accordo12.
IV. Quanto accaduto dall'11 settembre 2012 in avanti, e cioè una vera e propria esplosione dei ricorsi per concordato pre­ventivo presentati nella formula del concordato con riserva (o "in bianco" o "prenotativo"), dimostra l'importanza della scelta del legislatore di agevolare un'emersione tempestiva della crisi consentendo al debitore di ottenere una serie di benefici imme­diati, ma prima di tutto quello del vincolo sul patrimonio, an­che quando l'imprenditore non è ancora "pronto" per avanzare ai creditori una proposta credibile13.
Il ricorso ex art. 161, 6° comma, l.fall. ( debitamente pubbli­cato nel registro delle imprese), sempre che non sia dichiarato inammissibile dal tribunale, fa conseguire molteplici effetti che per comodità espositiva sono enunciati negli artt. 168, 169, 169 bis, 182 quinquies, 182 sexies e (eventualmente) 186 bis.
Da un semplice confronto sinottico fra questi e gli effetti che si conseguono col deposito del pre-accordo di ristrutturazione (e col vero e proprio accordo) è agevole rilevare che non vi è totale identità. Vi sono, cioè, effetti tipici del concordato (ad esempio la sospensione degli interessi) che non si ritrovano ne­gli accordi.
La circostanza non è affatto stravagante posto che, sebbene con sempre minore sicumera (rispetto al d.l. 35/2005 dal quale gemmò l'istituto), ancora oggi è preferibile ritenere che gli ac­cordi di ristrutturazione non appartengano al catalogo delle procedure concorsuale14, talché una sfasatura normativa fra ac­cordi e concordato è più che giustificabile.
Ecco, allora, che l'interrogativo viene spontaneo: cosa acca­de degli effetti prodotti dal ricorso per concordato quando poi il debitore, entro il termine fissato dal tribunale, deposita un ac­cordo di ristrutturazione ai sensi del 6° comma dell'art. 161 l.fall. là dove si prevede che "...nello stesso termine, in alter­nativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'art. 182 bis, primo comma"? La risposta potrebbe appari­re banale visto che la disposizione dice espressamente che si conservano gli effetti e ciò fino all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione15.
Ma questa risposta non è in alcun modo condivisibile perché negli accordi non si possono trascinare effetti che l'art. 182 bis non prevede affatto.
Una volta preso atto che gli effetti di cui agli artt. 168 ss. non riprodotti nell'art. 182 bis debbono venir meno quando il debitore imbocca il percorso degli accordi di ristrutturazione, occorre chiedersi se ciò avvenga con efficacia ex nunc o ex tunc.
Le soluzioni possono rinvenire da diversi percorsi.
La prima ipotesi è che quegli effetti, in fondo, possano con­servarsi per tutto il periodo di limbo e poi cadere ma solo ex nunc, se si privilegia la tesi per la quale gli accordi di ristruttu­razione sono un sotto-tipo del concordato preventivo. Questa tesi venne enunciata con vigore nei primi tempi16, ma si è poi sostanzialmente dissolta ed oggi è un dato diffuso17 che gli ac­cordi di ristrutturazione sono uno strumento di regolazione del­la crisi dell'impresa ben distinto dal concordato preventivo, dove l'inquinamento topografico - visto che l'art. 182 bis è in­casellato nel bel mezzo delle disposizioni che concernono il concordato preventivo - non assume alcun significato interpre­tativo.
La seconda ipotesi è che si possa fare tesoro della teoria del­la consecuzione, in particolare in quel rapporto che si era crea­to fra amministrazione controllata e fallimento. é noto, però, che nell'ampio contenitore costituito dalla teoria delle conse­cuzione, sul piano applicativo il regime era assai frastagliato: infatti, se il periodo sospetto decorreva dal decreto di ammis­sione all'amministrazione controllata e se per converso le ob­bligazioni contratte nell'amministrazione controllata conserva­vano il rango della prededucibilità nel successivo fallimento, gli interessi sui crediti si sospendevano solo con la sentenza di fallimento senza alcuna retrodatazione 18 e così pure il regime dei rapporti pendenti non veniva anteriorizzato alla prima pro­cedura. Quindi utili suggerimenti da quell'esperienza non pos­sono trarsi in modo convincente.
La terza ipotesi muove dall'idea che il patrimonio del debi­tore che ricorre agli accordi di ristrutturazione possa essere configurato come un patrimonio separato al pari di quanto si stima per il concordato preventivo, e ciò a causa di quel discu­tibile richiamo all'art. 45 l.fall. contenuto nell'art. 169 l.fall. Tuttavia, la disciplina dettata nell'art. 182 bis sembra rifiutare una tesi di questo tipo. Il patrimonio del debitore è devoluto ai creditori secondo le regole del contratto; non vi sono norme al servizio della formazione di un patrimonio vincolato (al punto che l'art. 182 bis contempla solo una protezione provvisoria di sessanta giorni che può scadere quando ancora il tribunale non si è pronunciato sull'omologazione dell'accordo); l'imprenditore che deposita il ricorso ex art. 182 l.fall. non su­bisce alcuna forma di spossessamento; un'affermazione questa che non può ricevere smentita per il solo fatto che l'art. 182 quinquies ult.comma l.fall. prevede che il debitore che presenta l'accordo o il pre-accordo possa chiedere al tribunale di essere autorizzato ad effettuare pagamenti a favore di creditori ante­riori in relazione a prestazioni decisive per la prosecuzione dell'attività quando vi sia un'utilità certificata da un professio­nista munito dei requisiti di cui all'art. 67.
Questa disposizione potrebbe, se estrapolata dal contesto, divenire il grimaldello per scardinare la tesi, poco sopra ram­mentata, secondo la quale gli accordi di ristrutturazione si pon­gono fuori dal perimetro delle procedure concorsuali. Va, infat­ti, precisato che nessuno mai aveva osato prospettare che il de­bitore potesse andare incontro ad una forma, pur se la più blan­da, di spossessamento19. Pur nella consapevolezza di quanto delicato sia questo passaggio, la norma va interpretata in altro senso e cioè che rifletta una finalità ben diversa: quella di pre­costituire un'ulteriore causa di esonero dalla revocatoria che in­tegra quella di cui all'art. 67, 3° comma lett. e). Sono esentati dal rischio della revocatoria non solo gli atti posti in essere in esecuzione degli accordi (art. 67), ma anche quelli funzionali agli accordi (art. 182 quinquies).
V. L'esposizione di cinque criticità vuol dare la misura di quanto sia complessa la soluzione da offrire al problema rap­presentato supra § IV.
1. Se il tribunale autorizza (ai sensi dell'art. 169 bis l.fall.) il debitore a sciogliersi da un contratto pendente perché da subito, anche nell'ipotesi della domanda con riserva, ciò appare com­patibile con gli esiti del procedimento20, e poi si vira verso gli accordi di ristrutturazione, quel contratto rimane sciolto o rivi­ve?
2. Gli interessi sui crediti sospesi (ai sensi dell'art. 169 l.fall.) col ricorso per concordato, riprendono a decorrere e da quando?
3. Gli atti e i negozi che sono divenuti inopponibili ai credi­tori del concordato (ai sensi dell'art. 169 l.fall.) divengono per­fettamente opponibili e rivivono negli accordi o sono "perduti" per sempre?
4. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla domanda di concordato (ai sensi dell'art. 168 l.fall.) e da considerare inefficaci, debbono reputarsi di nuovo efficaci ne­gli accordi?
5. Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal de­bitore nel periodo di limbo senza autorizzazione e da conside­rare quindi inefficaci, si trasformano in efficaci se si passa agli accordi?
Per fornire una adeguata risposta a questa serie di quesiti non pare congruo offrire una soluzione unitaria ma, di volta in vol­ta, quella che può essere più calibrata in funzione del rispetto di diversi valori, fra i quali quello della tutela dell'affidamento e del "diritto quesito", ma avendo ben presente come linea-guida insuperabile quella che esclude un abuso dello strumento della domanda con riserva al solo scopo di precostituire forme di compressione dei diritti dei terzi che non si sarebbero potute at­tuare se il debitore avesse, da subito, fatto ingresso nel proce­dimento del pre-accordo di cui all'art. 182 bis 6° comma.
Le minori criticità concernono gli interrogativi 2 e 4; per en­trambi pensare alla soluzione per cui gli effetti che si produco­no sono risolutivamente condizionati alla presentazione dell'accordo di ristrutturazione non sembra pregiudicare i dirit­ti di alcuno, sì che gli interessi si considereranno fin dal primo momento non sospesi e le ipoteche giudiziali efficaci21.
Il compimento da parte del debitore di un atto urgente di straordinaria amministrazione, pur se non autorizzato, se si passa all'accordo di ristrutturazione non sconta la sanzione dell'inefficacia in quanto negli accordi, come detto, non c'è al­cuno vincolo di indisponibilità gestoria.
Restano le due fattispecie obiettivamente più complicate (gli interrogativi 1 e 3), dove si scontrano le tesi del "diritto quesi­to", della permanenza dell' "atto legalmente compiuto" e dell'affidamento.
Nella consapevolezza dell'estrema opinabilità della soluzio­ne22 , se si condivide il principio per il quale la domanda di con­cordato non può essere il grimaldello per scardinare scomode posizioni contrattuali pur quando il debitore vuole regolare la sua crisi con gli schemi negoziali dell'accordo di ristrutturazio­ne, la soluzione deve essere quella per cui il contratto o l'atto, per effetto della domanda con riserva, è solo virtualmente sciolto o non opponibile, in quanto il regime effettivo dipende­rà dal percorso che sarà seguito. Lo scioglimento, per quanto autorizzato, deve intendersi risolutivamente condizionato lad­dove si intraprenda la "passerella" verso l'accordo. Una tale so­luzione si regge sulla regola di cui all'art. 1353 c.c. che preve­de espressamente che anche la risoluzione (cioè un modello di caducazione del contratto non troppo diverso dallo scioglimen­to) possa essere sottoposta a condizione; tutto ciò consente, poi, di reputare ammesse le cautele di cui agli artt. 1356-1358 c.c. che incidono sulla condotta che le parti possono tenere pendente la condizione.
Ad edulcorare questa opzione può essere d'ausilio ammette­re che il tribunale possa, di consueto, limitarsi a sospendere il contratto ai sensi dell'art. 169 bis per lasciare il caso dello scioglimento a quelle situazioni nelle quali sia già evidente che sarà percorribile solo il concordato e non gli accordi di ristrut­turazione.
Non a caso in un recente decreto23 si è espressamente preci­sato che là dove lo scenario è incerto, sia più prudente la sem­plice sospensione del contratto.
Al fondo questa soluzione che mira ad evitare pericolose de­viazioni dall'uso della domanda con riserva, persegue anche il risultato di escludere che gli accordi di ristrutturazione siano conformati con una geometria variabile a seconda che siano, o no, preceduti dalla domanda con riserva.
VI. Le evidenti complicazioni fin qui rappresentate potreb­bero, allora, giustificare che il debitore formuli una domanda con riserva ai sensi dell'art. 161, 6° comma, l.fall. in funzione del deposito dell'accordo di ristrutturazione col risultato di far conseguire solo gli effetti di cui all'art. 182 bis; una soluzione questa già sperimentata in sede giudiziale24 che non chiude le porte alla "conversione" e che, soprattutto, consente di evitare che si producano alcuni riflessi potenzialmente devastanti per un'impresa in funzionamento e cioè quelli che attengono all'effetto dell'inopponibilità degli atti.



1) DE MARCO, La consecuzione dei procedimenti concorsuali in Dir. fallim., 1953, I, 287; SAPIENZA, Conversione e consecuzione di procedimenti concor­suali, Milano, 1958, 60
2) Per opposte visioni, v., GAMBINO, Sull'uso alternativo delle procedure concor­suali, in Giur. comm., 1979, I, 236; LANFRANCHI, Amministrazione controllata e diritto vigente, Milano, 1996, 1 ss.
3) Cass. 17 febbraio 2012, n. 2335, Foro it., Mass. 2012; 6 agosto 2010, n. 18437, id., Rep. 2011, voce Fallimento , n. 230.
4) Cfr., § 130 della InsolvezOrdnung.
5) Cass. 30 maggio 1994, n. 5285, Foro it., Rep. 1994, voce Fallimento, n. 386; 22 novembre 1991, n. 12573, id., Rep. 1992, voce cit., n. 393.
6) La letteratura è già vastissima: ex multis, FABIANI, La domanda "prenotativa" di concordato preventivo, in Foro it., 2012, I, 3184; BALESTRA, Gli obblighi in­formativi periodici nel c.d. preconcordato. in Fallimento, 2013, 106; VELLA, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato preventivo "con riserva", ibid., 82.
7) Trib. Bergamo, 12 maggio 2011 e Trib. Novara, 2 maggio 2011, Foro it., 2011, I, 2533, con osservazioni di richiami di CARMELLINO.
8) Questa, almeno, è stata la lettura proposta da NARDECCHIA, Sub art. 182 bis, in CAVALLINI (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, III, Milano, 2010, 829.
9) AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, in Fallimento, 2012, 1144.
10) Per un quadro di sintesi, FABIANI, Nuovi incentivi per la regolazione concor­data della crisi d'impresa, in Corriere giur., 2012, 1265.
11) Altro è il discorso se dopo il pre-accordo possa essere depositato il ricorso per concordato nella forma di cui all'art. 161 6° comma l.fall. Se si ammette che ciò sia possibile, allora si producono ulteriori effetti che sono sia quelli temporali di un allungamento dei termini di inibitoria (che complessivamente possono cresce­re sino a duecentosettanta giorni), ma anche quelli per i quali il debitore nel pe­riodo di "limbo" è soggetto ad una limitazione del proprio potere gestorio.
12) AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, cit., 1143.
13) V. inter alia,, Trib. Milano, 21 settembre 2012, Foro it., 2012, I, 3184; Trib. Verona, 20 settembre 2012, ibid.; Trib. Lecco, 19 settembre 2012, ibid.; Trib. Pordenone, 19 settembre 2012, ibid.; Trib. Modena, 14 settembre 2012, ibid.
14) La letteratura è vastissima; in luogo di molti, v. AMBROSINI, Gli accordi di ri­strutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, cit. 1138, che ha confermato tale lettura anche dopo la l. 134/2012; per l'opposta e, per vero minoritaria tesi, FRASCAROLI SANTI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2009, 82; una tesi che inizia a far breccia, per vero, anche fra coloro che erano accasati nel filone interpretativo dominante, v. PANZANI, La domanda in bianco, www.ilfallimentarista.it.
15) Questo significa che se il debitore presenta prima il ricorso per concordato e poi lo converte in accordo di ristrutturazione consegue, comunque, l'effetto della protezione del patrimonio dalle azioni esecutive sino all'omologazione e non so­lo per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione dell'accordo presso il regi­stro delle imprese.
16) VALENSISE, sub art. 182 bis, in Nigro-Sandulli-Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, III, Torino, 2010, 2248.
17) Sul punto, anche per un'ampia panoramica della letteratura, v. TRENTINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2012, 61.
18) Cass. 15 marzo 1995, n. 3024, Foro it., Rep. 1995, voce Amministrazione con­trollata, n. 20; per l'applicazione della compensazione solo dal momento del fal­limento, v. Cass. 7 marzo 1998, n. 2539, id., 1998, I, 1865; su questi problemi l'ampia indagine di GIORGI, Consecuzione di procedure concorsuali e prededu­cibilità dei crediti, Milano, 1996, 48.
19) In luogo di altri, anche considerando l'aggiornato apparato bibliografico, v. MUNARI, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e negli accordi di ristrutturazione, Milano, 2012, 171 ss.
20) Oltre al decreto in commento (Trib. Modena, 30 novembre 2012), v., Trib. Terni 12 ottobre 2012 e Trib. Mantova 37 settembre 2012 e, contra, Trib. Pi­stoia, 30 ottobre 2012, che saranno tutte riportate in un prossimo fascicolo.
21) Si valuti che negli accordi il trattamento dei creditori è sempre di fonte nego­ziale e prescinde dalla circostanza che il credito sia assistito da una causa di pre­lazione. Per la tesi della sopravvivenza dell'inefficacia delle ipoteche, v., PAN­ZANI, La domanda in bianco, cit.
22) Va consapevolmente dato atto che in caso di scioglimento del contratto per ef­fetto del fallimento e successiva revoca della sentenza dichiarativa, il contratto non rivive (v. Cass. 12 aprile 2001, n. 5494, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 492 ), ma lì in relazione al principio espresso dell'intangibilità degli atti legalmente compiuti che nella fattispecie in esame va correlato ad altri principi quale quello più generale, di buona fede.
23) Trib. Modena, 30 novembre 2012.
24) Trib. Verona, 29 ottobre 2012, Pres. Rel. Platania, ric. Soc. Biasi, ined.


















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