I. L'ordinamento concorsuale conosce nella sua esperienza giurisprudenziale il lemma "consecuzione", tradizionalmente frequentato a far data dagli Anni Cinquanta quando comparvero i primi studi sull'argomento1, anche se assunse un rilievo molto importante sul finire degli Anni Settanta quando un'imponente crisi occupazionale venne provvisoriamente governata con gli istituti dell'amministrazione controllata e del concordato preventivo piegati dal loro fine proprio per essere deviati a strumenti di ammortizzazione sociale2.
Del termine consecuzione si discute, in verità, ancora oggi perché il fenomeno per il quale determinati effetti prodotti in una procedura si diffondono anche in un'altra, sia in avanti (è il caso della prededuzione), sia a ritroso (è il caso della revocatoria), pur messo in crisi dall'introduzione del nuovo concetto di "crisi", è attuale come hanno avuto modo di precisare i giudici di legittimità3.
L'ennesima riforma del diritto concorsuale è intervenuta proprio a battezzare, definitivamente, il principio di consecuzione quando nel nuovo art. 69 bis l.fall. si è stabilito che se un fallimento è preceduto da un concordato preventivo, il periodo sospetto di cui agli artt. 64-69 l.fall. decorre dalla pubblicazione della domanda di concordato preventivo.
Si tratta di una novità decisamente rilevante in quanto per la prima volta la decorrenza del termine è fatta dipendere non già da un accertamento giudiziale ma da un atto di parte (il deposito e la conseguente pubblicazione di un ricorso ai sensi dell'art. 161 l.fall.), così avvicinandosi il nostro ordinamento a quello tedesco4, anche se questa scelta è dipesa da una ragione pratica molto semplice.
La nuova norma, infatti, àncora il periodo sospetto (biennale, annuale o semestrale) non già ad un accertamento giudiziale dello stato d'insolvenza (sentenza di fallimento o decreto di ammissione al concordato preventivo), ma alla data di pubblicazione del ricorso di concordato presso il registro delle imprese (il che ripropone il tema di una efficacia pubblicitaria rispetto ad imprese non iscritte e tuttavia legittime aspiranti al concordato perché l'irregolarità non è più requisito ostativo); tale opzione asseconda il bisogno di proteggere le azioni revocatorie dal rischio di una "non consecuzione", dal momento che la retrodatazione del periodo viene mantenuta anche in caso di dichiarazione di inammissibilità della domanda, ipotesi questa che tradizionalmente veniva esclusa prima della riforma5.
Non si tratta, però, di una disposizione dissonante ma di una disposizione necessitata, assente la quale la c.d. domanda di concordato in bianco (o "prenotativa"), disegnata dall'art. 161 6° comma, l.fall.6 sarebbe risultata così indigesta da provocare di sicuro una crisi di rigetto.
Nel momento in cui si allentano le briglie sulla domanda e si prevede un termine per l'ingresso in procedura che può arrivare sino a sei mesi, cioè proprio il periodo sospetto per gli atti normali, si è deciso che non si può adoperare lo strumento della domanda di concordato per sterilizzare il periodo sospetto e l'alternativa della convenienza della soluzione fallimentare.
Ma non è questo il profilo di consecuzione che si vuole qui indagare. In queste brevi note ci si vuole soffermare sulle previsioni contenute nell'art. 182 bis, 8° comma, l.fall. e nell'art. 161, 6° comma, l.fall.
Una sorta di consecuzione fra due strumenti di composizione concordata della crisi che si potrebbe meno tecnicamente definire una "passerella", in quanto si transita da un procedimento all'altro, ma con conservazione degli effetti.
II. Nel momento in cui un imprenditore avverte di trovarsi in una situazione di difficoltà che non è in grado di affrontare con i normali interventi strutturali di tipo industriale o di riorganizzazione dei fattori della produzione, è normale che si rivolga a dei professionisti i quali, normalmente, non sono in grado di stabilire nell'immediatezza quale sia lo strumento più idoneo per risolvere la crisi. Specie se l'impresa ha dimensioni medio-grandi si crea un circuito tra gli advisor (finanziari e legali), l'attestatore e i principali creditori che impedisce l'avvio di soluzioni rapide. Di fronte a questo dato di fatto del tutto abituale, il legislatore ha ritenuto di anticipare la protezione del patrimonio del debitore e, soprattutto, ha stabilito che la scelta dell'ingresso in un percorso protetto non deve essere, per forza, a senso unico in quanto può darsi che acquisite maggiori conoscenze sia preferibile adottare uno strumento diverso da quello immaginato originariamente.
Questo è il sostrato delle due disposizioni sopra ricordate: la prima consente che una volta avviato il pre-accordo (o proposta di accordo) di ristrutturazione il debitore nel termine di sessanta giorni successivo al provvedimento del giudice possa depositare, in alternativa all'accordo di ristrutturazione, una domanda di concordato preventivo; la seconda consente che una volta depositato il ricorso per concordato con riserva, nel termine concesso dal tribunale (da sessanta sino a centottanta giorni, proroghe incluse) il debitore possa depositare anziché il piano e la proposta concordataria, un accordo di ristrutturazione.
Una sorta di duplice passerella rimessa alla discrezionalità dell'imprenditore. In ambedue i percorsi il vantaggio della passerella è rappresentato dall'espressa previsione della conservazione degli effetti conseguiti con la prima domanda.
Le due disposizioni, di per sé stringate e in apparenza nitide, celano enormi criticità, specie quando dalla domanda più am?
pia (il ricorso ex art. 161) si retrocede alla domanda più ristretta (il ricorso ex art. 182 bis).
III. La preoccupazione di disperdere del tempo senza offrire all'imprenditore una protezione del patrimonio durante la complessa fase delle trattative sta al fondo della scelta, operata nel 2010, di prevedere il c.d. automatc stay in presenza della dichiarazione di un pre-accordo di ristrutturazione. Nell'art. 182 bis venne, quindi, aggiunto un 6° comma nel quale si stabiliva che con il deposito di un'istanza di sospensione (corredata da una pre-attestazione e da un'autocertificazione
dell'imprenditore in merito all'intenzione di perfezionare un accordo di ristrutturazione), venissero provvisoriamente inibite le azioni esecutive e cautelari, nonché la costituzione di titoli di prelazione non concordati. Questo blocco delle azioni doveva essere poi confermato dal tribunale in esito alla instaurazione del contraddittorio con i creditori, col risultato che all'imprenditore poteva essere concesso un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito dell'accordo (definitivo) di ristrutturazione con la relativa attestazione di attuabilità7.
Si trattava di uno strumento certamente utile ma anche eccessivamente complicato dal punto di vista procedimentale vista la necessità di radicare il contraddittorio con tutti i creditori. Presentava, poi, un ulteriore limite costituito dal vincolo della sostanziale identità fra l'accordo definitivo e quello prospettato nell'istanza di sospensione, così da rendere assai poco flessibile il percorso8. A questo limite la l. 134/2012 ha verosimilmente posto rimedio perché l'attuale formula normativa "A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti..." lascia intendere che l'accordo poi depositato possa anche non coincidere con quello enunciato al momento dell'avvio del procedimento9.
Tuttavia, la flessibilità è ancor più valorizzata dalla circostanza che il debitore, nel medesimo termine fissato dal tribunale possa depositare un ricorso per concordato preventivo, saldando gli effetti di questo (principalmente quelli di cui all'art. 168 l.fall.) con il momento del deposito del pre-accordo. Ecco, dunque, formarsi una consecuzione virtuosa fra preaccordo e concordato preventivo. Questa disposizione è al servizio di tutte quelle situazioni nelle quali il programma dell'imprenditore di raggiungere un accordo con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti sfuma ma è prospettabile l'alternativa del concordato preventivo.
Dal tenore letterale dell'8° comma dell'art. 182 bis ("si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo") parrebbe doversi desumere che restano fermi il divieto di azioni esecutive e cautelari nonché quello della formazione di titoli di prelazione non concordati. In verità la l. 134/2012 ha largamente implementato gli effetti che si producono con l'istanza di sospensione di cui al 6° comma dell'art. 182 bis. Infatti dal deposito dell'istanza sbocciano questi ulteriori effetti: i) il debitore che presenta una proposta di accordo ai sensi dell'art. 182 bis, 6° comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte, se del caso, sommarie informazioni a contrarre finanziamenti, prededucibili (art. 182 quinquies); ii) il debitore che presenta una proposta di accordo ai sensi dell'art. 182 bis, 6° comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o servizi (art. 182 quinquies); iii) dalla data del deposito della proposta di accordo e sino all'omologazione non si applicano gli artt. 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile (art. 182 sexies)10.
Orbene, se l'imprenditore deposita il ricorso per concordato preventivo (anziché l'accordo di ristrutturazione) tutti questi effetti si conservano in quanto effetti tipici conseguenti anche al deposito della domanda di concordato preventivo non preceduta dal pre-accordo.
A questi effetti si cumuleranno quelli propri (esclusivamente) del concordato e cioè la previsione dell'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori, quella della sospensione degli interessi (art. 169 l.fall.), quella dell'opponibilità degli atti (artt. 45 e 169 l.fall.), quella in tema di contratti pendenti (art. 169 bis l.fall.), quella sul c.d. concordato in continuità (art. 186 bis l.fall.) 11.
Il percorso ascendente dal pre-accordo al concordato preventivo non sconta particolari asperità in quanto gli effetti prodotti dal primo sono minori di quelli prodotti dal secondo. Tuttavia il percorso è divenuto assai poco competitivo rispetto a quello che inizia a ritroso in quanto solo nel pre-accordo sono previsti il contraddittorio con i creditori e un provvedimento del tribunale che deve vagliare la serietà della proposta di accordo12.
IV. Quanto accaduto dall'11 settembre 2012 in avanti, e cioè una vera e propria esplosione dei ricorsi per concordato preventivo presentati nella formula del concordato con riserva (o "in bianco" o "prenotativo"), dimostra l'importanza della scelta del legislatore di agevolare un'emersione tempestiva della crisi consentendo al debitore di ottenere una serie di benefici immediati, ma prima di tutto quello del vincolo sul patrimonio, anche quando l'imprenditore non è ancora "pronto" per avanzare ai creditori una proposta credibile13.
Il ricorso ex art. 161, 6° comma, l.fall. ( debitamente pubblicato nel registro delle imprese), sempre che non sia dichiarato inammissibile dal tribunale, fa conseguire molteplici effetti che per comodità espositiva sono enunciati negli artt. 168, 169, 169 bis, 182 quinquies, 182 sexies e (eventualmente) 186 bis.
Da un semplice confronto sinottico fra questi e gli effetti che si conseguono col deposito del pre-accordo di ristrutturazione (e col vero e proprio accordo) è agevole rilevare che non vi è totale identità. Vi sono, cioè, effetti tipici del concordato (ad esempio la sospensione degli interessi) che non si ritrovano negli accordi.
La circostanza non è affatto stravagante posto che, sebbene con sempre minore sicumera (rispetto al d.l. 35/2005 dal quale gemmò l'istituto), ancora oggi è preferibile ritenere che gli accordi di ristrutturazione non appartengano al catalogo delle procedure concorsuale14, talché una sfasatura normativa fra accordi e concordato è più che giustificabile.
Ecco, allora, che l'interrogativo viene spontaneo: cosa accade degli effetti prodotti dal ricorso per concordato quando poi il debitore, entro il termine fissato dal tribunale, deposita un accordo di ristrutturazione ai sensi del 6° comma dell'art. 161 l.fall. là dove si prevede che "...nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'art. 182 bis, primo comma"? La risposta potrebbe apparire banale visto che la disposizione dice espressamente che si conservano gli effetti e ciò fino all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione15.
Ma questa risposta non è in alcun modo condivisibile perché negli accordi non si possono trascinare effetti che l'art. 182 bis non prevede affatto.
Una volta preso atto che gli effetti di cui agli artt. 168 ss. non riprodotti nell'art. 182 bis debbono venir meno quando il debitore imbocca il percorso degli accordi di ristrutturazione, occorre chiedersi se ciò avvenga con efficacia ex nunc o ex tunc.
Le soluzioni possono rinvenire da diversi percorsi.
La prima ipotesi è che quegli effetti, in fondo, possano conservarsi per tutto il periodo di limbo e poi cadere ma solo ex nunc, se si privilegia la tesi per la quale gli accordi di ristrutturazione sono un sotto-tipo del concordato preventivo. Questa tesi venne enunciata con vigore nei primi tempi16, ma si è poi sostanzialmente dissolta ed oggi è un dato diffuso17 che gli accordi di ristrutturazione sono uno strumento di regolazione della crisi dell'impresa ben distinto dal concordato preventivo, dove l'inquinamento topografico - visto che l'art. 182 bis è incasellato nel bel mezzo delle disposizioni che concernono il concordato preventivo - non assume alcun significato interpretativo.
La seconda ipotesi è che si possa fare tesoro della teoria della consecuzione, in particolare in quel rapporto che si era creato fra amministrazione controllata e fallimento. é noto, però, che nell'ampio contenitore costituito dalla teoria delle consecuzione, sul piano applicativo il regime era assai frastagliato: infatti, se il periodo sospetto decorreva dal decreto di ammissione all'amministrazione controllata e se per converso le obbligazioni contratte nell'amministrazione controllata conservavano il rango della prededucibilità nel successivo fallimento, gli interessi sui crediti si sospendevano solo con la sentenza di fallimento senza alcuna retrodatazione 18 e così pure il regime dei rapporti pendenti non veniva anteriorizzato alla prima procedura. Quindi utili suggerimenti da quell'esperienza non possono trarsi in modo convincente.
La terza ipotesi muove dall'idea che il patrimonio del debitore che ricorre agli accordi di ristrutturazione possa essere configurato come un patrimonio separato al pari di quanto si stima per il concordato preventivo, e ciò a causa di quel discutibile richiamo all'art. 45 l.fall. contenuto nell'art. 169 l.fall. Tuttavia, la disciplina dettata nell'art. 182 bis sembra rifiutare una tesi di questo tipo. Il patrimonio del debitore è devoluto ai creditori secondo le regole del contratto; non vi sono norme al servizio della formazione di un patrimonio vincolato (al punto che l'art. 182 bis contempla solo una protezione provvisoria di sessanta giorni che può scadere quando ancora il tribunale non si è pronunciato sull'omologazione dell'accordo); l'imprenditore che deposita il ricorso ex art. 182 l.fall. non subisce alcuna forma di spossessamento; un'affermazione questa che non può ricevere smentita per il solo fatto che l'art. 182 quinquies ult.comma l.fall. prevede che il debitore che presenta l'accordo o il pre-accordo possa chiedere al tribunale di essere autorizzato ad effettuare pagamenti a favore di creditori anteriori in relazione a prestazioni decisive per la prosecuzione dell'attività quando vi sia un'utilità certificata da un professionista munito dei requisiti di cui all'art. 67.
Questa disposizione potrebbe, se estrapolata dal contesto, divenire il grimaldello per scardinare la tesi, poco sopra rammentata, secondo la quale gli accordi di ristrutturazione si pongono fuori dal perimetro delle procedure concorsuali. Va, infatti, precisato che nessuno mai aveva osato prospettare che il debitore potesse andare incontro ad una forma, pur se la più blanda, di spossessamento19. Pur nella consapevolezza di quanto delicato sia questo passaggio, la norma va interpretata in altro senso e cioè che rifletta una finalità ben diversa: quella di precostituire un'ulteriore causa di esonero dalla revocatoria che integra quella di cui all'art. 67, 3° comma lett. e). Sono esentati dal rischio della revocatoria non solo gli atti posti in essere in esecuzione degli accordi (art. 67), ma anche quelli funzionali agli accordi (art. 182 quinquies).
V. L'esposizione di cinque criticità vuol dare la misura di quanto sia complessa la soluzione da offrire al problema rappresentato supra § IV.
1. Se il tribunale autorizza (ai sensi dell'art. 169 bis l.fall.) il debitore a sciogliersi da un contratto pendente perché da subito, anche nell'ipotesi della domanda con riserva, ciò appare compatibile con gli esiti del procedimento20, e poi si vira verso gli accordi di ristrutturazione, quel contratto rimane sciolto o rivive?
2. Gli interessi sui crediti sospesi (ai sensi dell'art. 169 l.fall.) col ricorso per concordato, riprendono a decorrere e da quando?
3. Gli atti e i negozi che sono divenuti inopponibili ai creditori del concordato (ai sensi dell'art. 169 l.fall.) divengono perfettamente opponibili e rivivono negli accordi o sono "perduti" per sempre?
4. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla domanda di concordato (ai sensi dell'art. 168 l.fall.) e da considerare inefficaci, debbono reputarsi di nuovo efficaci negli accordi?
5. Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore nel periodo di limbo senza autorizzazione e da considerare quindi inefficaci, si trasformano in efficaci se si passa agli accordi?
Per fornire una adeguata risposta a questa serie di quesiti non pare congruo offrire una soluzione unitaria ma, di volta in volta, quella che può essere più calibrata in funzione del rispetto di diversi valori, fra i quali quello della tutela dell'affidamento e del "diritto quesito", ma avendo ben presente come linea-guida insuperabile quella che esclude un abuso dello strumento della domanda con riserva al solo scopo di precostituire forme di compressione dei diritti dei terzi che non si sarebbero potute attuare se il debitore avesse, da subito, fatto ingresso nel procedimento del pre-accordo di cui all'art. 182 bis 6° comma.
Le minori criticità concernono gli interrogativi 2 e 4; per entrambi pensare alla soluzione per cui gli effetti che si producono sono risolutivamente condizionati alla presentazione dell'accordo di ristrutturazione non sembra pregiudicare i diritti di alcuno, sì che gli interessi si considereranno fin dal primo momento non sospesi e le ipoteche giudiziali efficaci21.
Il compimento da parte del debitore di un atto urgente di straordinaria amministrazione, pur se non autorizzato, se si passa all'accordo di ristrutturazione non sconta la sanzione dell'inefficacia in quanto negli accordi, come detto, non c'è alcuno vincolo di indisponibilità gestoria.
Restano le due fattispecie obiettivamente più complicate (gli interrogativi 1 e 3), dove si scontrano le tesi del "diritto quesito", della permanenza dell' "atto legalmente compiuto" e dell'affidamento.
Nella consapevolezza dell'estrema opinabilità della soluzione22 , se si condivide il principio per il quale la domanda di concordato non può essere il grimaldello per scardinare scomode posizioni contrattuali pur quando il debitore vuole regolare la sua crisi con gli schemi negoziali dell'accordo di ristrutturazione, la soluzione deve essere quella per cui il contratto o l'atto, per effetto della domanda con riserva, è solo virtualmente sciolto o non opponibile, in quanto il regime effettivo dipenderà dal percorso che sarà seguito. Lo scioglimento, per quanto autorizzato, deve intendersi risolutivamente condizionato laddove si intraprenda la "passerella" verso l'accordo. Una tale soluzione si regge sulla regola di cui all'art. 1353 c.c. che prevede espressamente che anche la risoluzione (cioè un modello di caducazione del contratto non troppo diverso dallo scioglimento) possa essere sottoposta a condizione; tutto ciò consente, poi, di reputare ammesse le cautele di cui agli artt. 1356-1358 c.c. che incidono sulla condotta che le parti possono tenere pendente la condizione.
Ad edulcorare questa opzione può essere d'ausilio ammettere che il tribunale possa, di consueto, limitarsi a sospendere il contratto ai sensi dell'art. 169 bis per lasciare il caso dello scioglimento a quelle situazioni nelle quali sia già evidente che sarà percorribile solo il concordato e non gli accordi di ristrutturazione.
Non a caso in un recente decreto23 si è espressamente precisato che là dove lo scenario è incerto, sia più prudente la semplice sospensione del contratto.
Al fondo questa soluzione che mira ad evitare pericolose deviazioni dall'uso della domanda con riserva, persegue anche il risultato di escludere che gli accordi di ristrutturazione siano conformati con una geometria variabile a seconda che siano, o no, preceduti dalla domanda con riserva.
VI. Le evidenti complicazioni fin qui rappresentate potrebbero, allora, giustificare che il debitore formuli una domanda con riserva ai sensi dell'art. 161, 6° comma, l.fall. in funzione del deposito dell'accordo di ristrutturazione col risultato di far conseguire solo gli effetti di cui all'art. 182 bis; una soluzione questa già sperimentata in sede giudiziale24 che non chiude le porte alla "conversione" e che, soprattutto, consente di evitare che si producano alcuni riflessi potenzialmente devastanti per un'impresa in funzionamento e cioè quelli che attengono all'effetto dell'inopponibilità degli atti.
1) DE MARCO, La consecuzione dei procedimenti concorsuali in Dir. fallim., 1953, I, 287; SAPIENZA, Conversione e consecuzione di procedimenti concorsuali, Milano, 1958, 60
2) Per opposte visioni, v., GAMBINO, Sull'uso alternativo delle procedure concorsuali, in Giur. comm., 1979, I, 236; LANFRANCHI, Amministrazione controllata e diritto vigente, Milano, 1996, 1 ss.
3) Cass. 17 febbraio 2012, n. 2335, Foro it., Mass. 2012; 6 agosto 2010, n. 18437, id., Rep. 2011, voce Fallimento , n. 230.
4) Cfr., § 130 della InsolvezOrdnung.
5) Cass. 30 maggio 1994, n. 5285, Foro it., Rep. 1994, voce Fallimento, n. 386; 22 novembre 1991, n. 12573, id., Rep. 1992, voce cit., n. 393.
6) La letteratura è già vastissima: ex multis, FABIANI, La domanda "prenotativa" di concordato preventivo, in Foro it., 2012, I, 3184; BALESTRA, Gli obblighi informativi periodici nel c.d. preconcordato. in Fallimento, 2013, 106; VELLA, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato preventivo "con riserva", ibid., 82.
7) Trib. Bergamo, 12 maggio 2011 e Trib. Novara, 2 maggio 2011, Foro it., 2011, I, 2533, con osservazioni di richiami di CARMELLINO.
8) Questa, almeno, è stata la lettura proposta da NARDECCHIA, Sub art. 182 bis, in CAVALLINI (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, III, Milano, 2010, 829.
9) AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, in Fallimento, 2012, 1144.
10) Per un quadro di sintesi, FABIANI, Nuovi incentivi per la regolazione concordata della crisi d'impresa, in Corriere giur., 2012, 1265.
11) Altro è il discorso se dopo il pre-accordo possa essere depositato il ricorso per concordato nella forma di cui all'art. 161 6° comma l.fall. Se si ammette che ciò sia possibile, allora si producono ulteriori effetti che sono sia quelli temporali di un allungamento dei termini di inibitoria (che complessivamente possono crescere sino a duecentosettanta giorni), ma anche quelli per i quali il debitore nel periodo di "limbo" è soggetto ad una limitazione del proprio potere gestorio.
12) AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, cit., 1143.
13) V. inter alia,, Trib. Milano, 21 settembre 2012, Foro it., 2012, I, 3184; Trib. Verona, 20 settembre 2012, ibid.; Trib. Lecco, 19 settembre 2012, ibid.; Trib. Pordenone, 19 settembre 2012, ibid.; Trib. Modena, 14 settembre 2012, ibid.
14) La letteratura è vastissima; in luogo di molti, v. AMBROSINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma del 2012, cit. 1138, che ha confermato tale lettura anche dopo la l. 134/2012; per l'opposta e, per vero minoritaria tesi, FRASCAROLI SANTI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2009, 82; una tesi che inizia a far breccia, per vero, anche fra coloro che erano accasati nel filone interpretativo dominante, v. PANZANI, La domanda in bianco, www.ilfallimentarista.it.
15) Questo significa che se il debitore presenta prima il ricorso per concordato e poi lo converte in accordo di ristrutturazione consegue, comunque, l'effetto della protezione del patrimonio dalle azioni esecutive sino all'omologazione e non solo per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione dell'accordo presso il registro delle imprese.
16) VALENSISE, sub art. 182 bis, in Nigro-Sandulli-Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, III, Torino, 2010, 2248.
17) Sul punto, anche per un'ampia panoramica della letteratura, v. TRENTINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2012, 61.
18) Cass. 15 marzo 1995, n. 3024, Foro it., Rep. 1995, voce Amministrazione controllata, n. 20; per l'applicazione della compensazione solo dal momento del fallimento, v. Cass. 7 marzo 1998, n. 2539, id., 1998, I, 1865; su questi problemi l'ampia indagine di GIORGI, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, Milano, 1996, 48.
19) In luogo di altri, anche considerando l'aggiornato apparato bibliografico, v. MUNARI, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e negli accordi di ristrutturazione, Milano, 2012, 171 ss.
20) Oltre al decreto in commento (Trib. Modena, 30 novembre 2012), v., Trib. Terni 12 ottobre 2012 e Trib. Mantova 37 settembre 2012 e, contra, Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012, che saranno tutte riportate in un prossimo fascicolo.
21) Si valuti che negli accordi il trattamento dei creditori è sempre di fonte negoziale e prescinde dalla circostanza che il credito sia assistito da una causa di prelazione. Per la tesi della sopravvivenza dell'inefficacia delle ipoteche, v., PANZANI, La domanda in bianco, cit.
22) Va consapevolmente dato atto che in caso di scioglimento del contratto per effetto del fallimento e successiva revoca della sentenza dichiarativa, il contratto non rivive (v. Cass. 12 aprile 2001, n. 5494, Foro it., Rep. 2001, voce cit., n. 492 ), ma lì in relazione al principio espresso dell'intangibilità degli atti legalmente compiuti che nella fattispecie in esame va correlato ad altri principi quale quello più generale, di buona fede.
23) Trib. Modena, 30 novembre 2012.
24) Trib. Verona, 29 ottobre 2012, Pres. Rel. Platania, ric. Soc. Biasi, ined.