Cambia la modalità di svolgimento dell'udienza civile e fatalmente anche la lingua. Le misure emergenziali mettono in discussione istituti fondamentali (l'oralità, l'immediatezza), affiorano locuzioni processuali nuove e altre vengono rimaneggiate.
Si presenta allora l'occasione per un'analisi lessicale e interpretativa da coordinare con il nuovo d.l. n. 18/2020 e anche alla luce delle linee guida emanate recentemente dal CSM.
Resistiamo al contagio, le parole sono importanti[1].
Anche chi non opera nel campo dell'amministrazione giudiziaria ha dovuto fare i conti con il concetto di "assembramento" (tanto che risulta una delle parole più ricercate nelle ultime settimane sul vocabolario on line di Treccani).
L'art. 83 d.l. n. 18/2020 (come già l'art. 2 d.l. n. 11/2020) utilizza due volte quest'espressione:
- al comma 6 nel riconoscere ai capi degli uffici giudiziari il potere di adottare specifiche misure organizzative "al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone";
- al comma 7, lett. c), nel prevedere di poter regolamentare l'accesso ai servizi mediante "l'adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento".
Si scorge da queste disposizioni la necessità di modificare le modalità di svolgimento delle attività che si tengono nelle cancellerie e nelle aule d'udienza, consentendo la partecipazione fisica dei soggetti esterni all'amministrazione e alla magistratura solo ove non altrimenti ovviabile (anche per rendere concreto, per l'amministrazione stessa, il cd. lavoro agile).
Lo sappiamo bene, gli uffici giudiziari sono luoghi di intensa circolazione, che in questo momento va limitata. Il vizio di fondo, da correggere, è che le udienze sono (ancora e purtroppo) momenti di assembramento, e comunque di facile occasione di trasmissione, da regolamentare.
La limitazione dei contatti ravvicinati deve allora passare per una funzionale disciplina della libertà, ovvero della necessità, di circolazione e presenza nei tribunali.
Si discute, poi, se questa lotta senza quartiere alle forme di assembramento possa perfino consentire al giudice di celebrare l'udienza (a trattazione scritta o con collegamento da remoto) direttamente dalla propria abitazione o comunque fuori dal palazzo di giustizia (come permetteva l'ormai abrogato art. 67 disp. att. c.p.c. per le udienze d'urgenza del conciliatore).
Ausiliare
Da sempre al fianco del magistrato, l'ausiliare giudiziale è di certo la figura più bistrattata dalla normativa emergenziale. L'art. 83, co. 7, d.l. n. 18/2020 lo ha infatti annoverato (rectius: relegato) tra i soggetti diversi dalle parti e dai difensori, la presenza dei quali impedisce lo svolgimento delle udienze di cui alle lett. f) e h).
Eppure, che si tratti di consulente, delegato alla vendita o curatore, l'ausiliare, una volta nominato, ha accesso diretto al fascicolo telematico e, quale tecnico, è certamente in grado di presenziare all'udienza mediante collegamento da remoto.
Ciò nonostante, benché l'ausiliare sia stato epidemiologicamente equiparato ad un mero testimone, si deve ritenere che possano essere celebrate nelle forme individuate dall'art. 83, co. 7, d.l. n. 18/2020 quanto meno le udienze deputate al conferimento dell'incarico.
Infatti, il giuramento telematico del c.t.u. (ossia mediante deposito di nota scritta contenente l'accettazione dell'incarico) è già da tempo adottato in molti tribunali ed è stato recentemente avallato in una delibera del CSM relativa alle buone prassi in materia di esecuzioni immobiliari (cfr. delibera 11.10.2017: "Può certamente dirsi conforme all'evoluzione ordinamentale, ormai incentrata sull'utilizzo generalizzato del deposito telematico degli atti, la prassi di alcuni uffici, tesa a consentire che il giuramento dello stimatore avvenga tramite deposito di atto telematico, senza comparizione dal giudice o presso la cancelleria. Il modello per l'accettazione dell'incarico e il giuramento potrebbe essere reso disponibile sul sito del tribunale nonché, se del caso, allegato alla circolare inviata agli ausiliari e relativa ai compiti loro ascritti").
Così surrogato nello scritto depositato dal professionista (che non deve quindi comparire in udienza), il momento processuale di accettazione dell'incarico dell'ausiliare può ben farsi rientrare sia tra le udienze civili "che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti" ex lett. f) sia tra le udienze civili "che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti" ex lett. h).
Medesima sorte potrebbero seguire le udienze in cui l'ausiliare sia convocato per un'interlocuzione (si pensi, ad esempio, all'ipotesi disciplinata dall'art. 197 c.p.c.), qualora il giudice lo autorizzi a depositare una nota scritta anziché comparire in udienza.
Cartolare
Il termine è stato spesso utilizzato per definire, in modo più letterario che letterale, l'udienza a trattazione scritta, richiamandosi più al suo etimo (ovvero alla "carta") che al suo significato giuridico. In realtà - in disparte la distinzione tra la forma di rappresentazione (scritta) e il supporto materiale della stessa (carta) - l'art. 83, comma 11, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 segna la temporanea fine della carta poiché fino al 30 giugno 2020, "gli atti e documenti di cui all'articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 del medesimo articolo".
Comparizione
È la presenza effettiva, all'udienza e a mezzo del difensore, della parte costituita[2]. Tramite la comparizione la parte soddisfa l'onere di partecipazione all'udienza (art. 181 e 82 c.p.c.) ed esercita i poteri processuali attribuiti per la stessa.
L'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. 17 marzo 2020, n. 18, per il solo periodo emergenziale e inserendosi nello spettro dell'art. 121 c.p.c., consente alle parti una comparizione, ovvero una presenza effettiva, in senso figurato poiché le parti presenziano seppur per mezzo di uno scritto.
Contenimento
In questi giorni si fa un gran parlare di "contenimento" del contagio con una valenza evidentemente negativa e restrittiva.
Il d.l. n. 18/2020 ribalta la prospettiva e ricorre a questo termine in chiave positiva (o di doppia negazione): le misure organizzative individuate devono servire per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e "contenerne gli effetti negativi" sullo svolgimento dell'attività giudiziaria.
Il contenimento, dunque, è rivolto agli ostacoli che questa situazione potrebbe generare e il legislatore sollecita l'adozione di tutte quelle soluzioni in grado preservare al massimo le normali attività giudiziarie (e sulla stessa linea sembra essersi posto il CSM nelle linee guida dell'11.3.2020 e del 26.3.2020, in cui c'è un'espressa raccomandazione a promuovere la celebrazione delle udienze con collegamento da remoto o nella modalità a trattazione scritta).
Il potere di rinvio dei procedimenti è quello che, ad una lettura immediata, per primo risalta; ma è uno strumento tanto agevole per la giustizia di oggi quanto problematico per la giustizia di domani. Invece, dalle disposizioni del decreto legge che autorizzano il capo dell'ufficio giudiziario a disciplinare lo svolgimento delle udienze prevedendo specifiche modalità di partecipazione e trattazione, emerge un potere-dovere dirigenziale volto ad evitare il più possibile il rinvio d'ufficio (anche dei procedimenti non urgenti).
Contenere il contagio e contenere i rinvii, questo il mantra nelle pieghe del d.l. n. 18/2020. Ai capi degli uffici capire come.
Decreto legge
La prima fonte ad aver disciplinato l'attività giudiziaria durante l'emergenza epidemiologica è stato il d.l. 8 marzo 2020, n. 11.
Oltre all'art. 1 attinente al rinvio d'ufficio delle udienze (salvo cause urgenti) e alla sospensione dei termini per il compimento degli atti processuali fino al 22 marzo 2020, tre commi dell'art. 2 hanno direttamente interessato il processo civile: il comma 2 relativo alle modalità alternative di svolgimento delle udienze, il comma 3 riguardante la sospensione dei termini di decadenza e prescrizione e il comma 6 disponente l'obbligo del deposito telematico anche per gli atti introduttivi.
L'art. 83, co. 22, d.l. 17 marzo 2020 ha espressamente abrogato gli artt. 1 e 2 del d.l. n. 11/2020.
L'unica norma a cui dover guardare oggi, in materia di giustizia civile, è quindi diventata l'art. 83 del d.l. n. 18/2020, che:
- ai commi 1 e 2 estende il rinvio d'ufficio delle udienze (salvo cause urgenti) e la sospensione dei termini per il compimento degli atti processuali fino al 15 aprile 2020;
- ai commi 7, 8 e 11 riprende le medesime disposizioni di cui ai commi 2, 3, 6 del precedente d.l. relativamente alle modalità alternative di svolgimento delle udienze, alla sospensione dei termini di decadenza e prescrizione e all'obbligo del deposito telematico anche per gli atti introduttivi (ma fino al 30 giugno 2020);
- al comma 20 introduce la sospensione dei termini per lo svolgimento delle attività nei procedimenti di mediazione, nei procedimenti di negoziazione assistita nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, qualora siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale; sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima di questi stessi procedimenti.
Fuori (udienza)
La modalità cristallizzata nell'art. 83, co. 7, lett. h), d.l. n. 18/2020 si conclude con l' "adozione fuori udienza del provvedimento". Chi sostiene l'assenza (di fatto e di diritto) di una nuova forma di udienza concentra le sue argomentazioni su questa parte della norma.
Tuttavia, visto che qui si prova ad indagare sulle parole, offriamo qualche appiglio letterale contrario:
- la lett. h) si riferisce espressamente allo "svolgimento delle udienze civili mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte": a rigore, se con lo scambio/deposito si svolge l'udienza, questa, seppur mediata dagli scritti, assume sostanza fenomenica;
- l'emissione di un provvedimento fuori udienza presuppone che vi sia stata prima un'udienza (l'ordinanza ex art. 183, co. 7, c.p.c. può infatti essere "emanata fuori udienza", dopo che si è svolta l'udienza di prima comparizione; il termine di scioglimento della riserva ex art. 186 c.p.c. decorre proprio dall'udienza in cui le parti hanno avanzato domande ed eccezioni); alternativamente, in tutti i casi in cui non occorre un preliminare evento udienziale, il codice di rito non dispone mai che il provvedimento sia emanato fuori udienza, ma si limita a prevederne la pronuncia (come, ad esempio, a fronte della richiesta di chiamata di terzo da parte del convenuto o nel procedimento di ingiunzione); e, allora, come si fa ad avere un provvedimento fuori udienza senza un'udienza prima?
- l'art. 176, co. 2, c.p.c. prevede che le ordinanze pronunciate "fuori dell'udienza" siano comunicate a cura del cancelliere; e se il legislatore emergenziale avesse fatto riferimento all'adozione "fuori udienza" proprio per garantire che, in ogni caso, considerata la particolare modalità di trattazione, il provvedimento sarà comunque da comunicare alle parti tramite la cancelleria?
Note scritte
Nella modalità di udienza disegnata dall'art. 83, co. 7, lett. h), d.l. n. 18/2020 le note scritte costituiscono il mezzo per soddisfare l'onere di partecipazione delle parti, per consentire la loro comparizione figurata.
Si tratta quindi di note esclusivamente relative all'attività d'udienza: esse devono contenere, in maniera sintetica, solo istanze (domande ed eccezioni) e conclusioni.
Sono distinte dalle memorie (in cui è ammessa un'attività difensionale più corposa e argomentata) e si limitano a condensare ciò che la parte avrebbe rappresentato oralmente al giudice.
Nel caso in cui sia disposta la discussione ai sensi degli artt. 281 sexies o 429 c.p.c. nelle note scritte potranno svolgersi le deduzioni che si sarebbero rese in via orale, alla stregua di una loro puntuale trascrizione.
Qualora si aderisca all'orientamento secondo cui quella della lett. h) è un'udienza a tutti gli effetti, il mancato deposito delle note scritte, entro il termine stabilito (o al più tardi entro il giorno dell'udienza), dovrebbe equivalere alla non comparizione; con la conseguenza che, laddove nessuna delle parti depositi le note, si procederà ai sensi degli artt. 181 e 309 c.p.c. (o 631 c.p.c. per il processo esecutivo).
Questa soluzione[3] ha trovato conforto nel parere sul disegno di legge n. 1766 atto senato di conversione in legge del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 fornito dal CSM, all'esito della seduta straordinaria del 26.3.2020. Il CSM ha però suggerito che, per evitare incertezze o decisioni a sorpresa, le parti siano opportunamente preavvertite di tali implicazioni processuali.
Telematico (processo)
Forse mai come in questo momento se ne colgono vantaggi e potenzialità.
L'udienza da remoto e quella a trattazione scritta accarezzano il futuro. Forse non si stava meglio quando si stava peggio.
Trattazione
La trattazione è l'attività preparatoria del giudizio programmata e impostata dalle parti e dal giudice (artt. da 180 a 190 c.p.c.).
La forma della trattazione è la modalità attraverso cui i soggetti del processo si relazionano e comunicano tra di loro[4]. È la sintesi della forma degli atti del processo espressi nell'udienza, in prevalenza orali e formali, che possono comunque essere compiuti, nei limiti di diverse previsioni di legge, nella forma più idonea al raggiungimento dello scopo (art. 121 c.p.c.)[5].
La trattazione, afferma l'art. 180 c.p.c., è orale[6]. Le parti si relazionano e comunicano in forma orale, quindi intervenendo contestualmente, e di essa si redige processo verbale. "Volendo significare che la causa si svolge davanti al giudice senza solennità di forma, esponendo le parti le loro questioni e le loro domande, rispondendo il giudice con l'immediatezza che è consentita dalla preventiva conoscenza della causa, e dalla possibilità di venir a contatto con la materia stessa della contesa"[7].
La trattazione, afferma l'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18/2020, è scritta[8]. Le parti si relazionano e comunicano mediante il solo deposito telematico di note. La trattazione scritta, consentita per il periodo emergenziale, è diversa sia da quella prevista dalla vecchia formulazione dell'art. 180 post riforma del 1950[9] e dall' art. 83 bis disp. att. c.p.c. sia da quella di cui all'art. 281 quinquies c.p.c., inclusive comunque di una parte di oralità.
La trattazione scritta per il periodo emergenziale, in tal senso, fa eccezione al principio affermato da Chiovenda secondo cui l'oralità, o la scrittura, non si escludono a vicenda, manifestando una prevalenza dell'una o dall'altra forma[10].
Udienza
È il luogo e il giorno in cui, e per cui, i soggetti del processo hanno l'onere di comparire, dinanzi al giudice (art. 84 disp. att. c.p.c.), e compiere determinati atti del processo.
Il giorno. Programmato dal presidente del tribunale che determina i giorni della settimana in cui i magistrati devono tenere udienza (artt. 163 c.p.c., 69 bis, 80, 113 disp. att. c.p.c.; artt. 201 e 202 della circolare sulla formazione delle tabelle). Indicato, per la singola causa, dalla parte (art. 163 c.p.c.) o dal magistrato (artt. 168 bis, 175, 415 c.p.c., 81 e ss. disp. att. c.p.c.). Il giorno dell'udienza è il termine in cui soddisfare l'onere di comparizione, il momento in cui compiere specifiche attività previste dal codice ovvero il termine di riferimento entro cui compierle.
Il luogo. È il tribunale adito e l'aula, o per questa altra sala, dove è presente il giudice designato (artt. 163, n. 1, 414 c.p.c.). Le ipotesi in cui l'attività processuale può svolgersi al di fuori del tribunale sono tassativamente stabilite (ad esempio: artt. 203, 255, 259, 262 e 421) e l'art. 67 disp. att. c.p.c. - che consentiva al giudice conciliatore di tenere le udienze, in caso di urgenza, nella propria abitazione - è stato abrogato.
Non c'è udienza senza un giudice. Questi ha il dovere di "tenere" udienza e dirigerla (artt. 127, 168 bis c.p.c., 80 disp. att. c.p.c. e ss.; art. 202 circolare sulla formazione delle tabelle). L'assenza degli ulteriori soggetti che hanno l'onere o il dovere di presenziare ha diversificate conseguenze sul processo - il rinvio, ad esempio (artt. 164, 181 c.p.c.) - ma non sull'udienza che deve essere comunque tenuta dal giudice.
L'udienza non è un mero contenitore ma uno spazio-tempo in cui si verifica la trattazione della causa. La trattazione, o meglio la sua forma, ne determina la struttura.
Nell'udienza in cui la causa è trattata oralmente l'onere di comparizione è soddisfatto con l'intervento contestuale delle parti e del giudice e con il compimento degli atti processuali in forma orale. L'intervento contestuale dinanzi al giudice pretende un giorno e un luogo materiale, o virtuale, in cui realizzarsi. Giustifica la presunzione assoluta per cui i provvedimenti resi si ritengono conosciuti (art. 176 c.p.c.). Richiede la necessità di documentare i soggetti intervenuti, le attività compiute e per questo si redige processo verbale (artt. 126, 180 c.p.c., 84 disp. att. c.p.c.). Asseconda quella concentrazione e immediatezza che si manifesta, con la massima evidenza, nella decisione a seguito di trattazione orale (artt. 281 sexies, 429 c.p.c.).
Nell'udienza in cui la causa è trattata per iscritto l'onere di comparizione è soddisfatto con il solo deposito (telematico) di documenti scritti, le note di comparizione, tramite cui le parti compiono altresì gli atti processuali[11].
La comparizione figurata necessita di un giorno - sia perché la trattazione scritta non incide sul calendario delle udienze, sia per la necessità di un riferimento temporale per l'attività delle parti e del giudice - ma non di un luogo materiale o virtuale in cui realizzarsi, vista la non necessaria contestualità. Il luogo rimane, come riferimento geografico e come dimensione, ed è la stanza a scomparire. La scrittura rende ultronea la necessità di documentare quel che accade nella contestualità, e quindi il processo verbale, rimanendo indispensabile comunque verificare e dare atto della comparizione, o della sua mancanza, al fine di provvedere nel contradditorio delle parti. La comparizione figurata esclude la presunzione dell'art. 176 c.p.c. La discussione tramite atti scritti elide la concentrazione e l'immediatezza della fase decisoria, non il contraddittorio, consentendo comunque la decisione ex artt. 281 sexies c.p.c. o 429 c.p.c.
Verbale
Il processo verbale è il documento in cui si dà conto degli atti che vengono posti in essere nel corso dell'udienza. Deve contenere l'indicazione delle persone intervenute, le loro dichiarazioni (art. 44 disp. att. c.p.c.) e la descrizione delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti (art. 126 c.p.c.).
La necessità di attestare quanto avviene nel processo discende dal carattere orale che contraddistingue il processo civile, il quale comporta l'esigenza di una trasposizione scritta al fine di lasciare traccia delle attività svolte[12].
Gli eventi consacrati nel verbale possono essere atti processuali che si compiono alla presenza del giudice, ma possono essere anche atti materiali, o situazioni oggettive, che non hanno carattere processuale[13].
Sulla necessità della redazione di un verbale per l'udienza a trattazione scritta, sembra lecito il dubbio (pratico, più che amletico) che può assalire l'interprete.
L'art. 83, co. 7, lett. h), d.l. n. 18/2020, infatti, non dice nulla al riguardo e, anzi, fomenta il rovello. Perché prima parla di "svolgimento delle udienze civili" e poi però prescrive al giudice l'adozione "fuori udienza del provvedimento".
Ora, è innegabile che lo scambio/deposito di note deroghi al carattere orale del processo sì da non rendere impellente un ulteriore passaggio scritto (bastano le note a documentare l'intervento e le dichiarazioni delle parti).
Tuttavia, se si tiene conto che nell'ipotesi di trattazione scritta vi è comunque un giorno di udienza necessitato dalla comparizione figurata delle parti e che non tutte le attività giuridicamente significative possono emergere dalle note scritte (si pensi, su tutte, alla mancata comparizione conseguente all'omesso deposito delle note), dovrebbe riconoscersi al verbale uno spazio di rilevazione non superfluo.
Sul punto, la Sesta Commissione del CSM, nel parere sul Disegno di Legge n. 1766 Atto Senato di conversione in legge del Decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 fornito nella seduta straordinaria del 26.3.2020, sembra aver lasciato in piedi entrambe le opzioni (con e senza verbale)[14], pur prediligendo la modalità priva del processo verbale.
NOTE
-----------------------------------------
[1] Apicella M., Palombella Rossa, Sacher Film, 1989.
[2] Mandrioli C., Diritto processuale civile, Tomo II, Giappichelli, 2011, p. 73.