Brevi note circa il cash pooling
Pubblicato il 07/02/11 02:00 [Articolo 501]






I. Il caso.
Alcuni dipendenti di una società propongono opposizione allo stato passivo, relativo al fallimento di altra società del medesimo gruppo economico, a fronte della mancata ammissione dei crediti da loro vantati per l'attività lavorativa svolta. I dipendenti giustificano la domanda di insinuazione nel passivo di una società diversa da quella con la quale intercorre il rapporto di lavoro con la sussistenza di un unico centro di imputazione nonostante l'esistenza di più società.
Il Tribunale rigetta l'opposizione sostenendo che la presenza di un gruppo economico, reputata pacifica dalle parti, non consente il riconoscimento di un unico centro di imputazione in assenza dei requisiti richiesti dalla giurisprudenza della Cassazione. Questi ultimo vengono individuati come segue: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie persone giuridiche del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo - finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie persone giuridiche distinte, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori.
Il Tribunale afferma inoltre che anche gli altri elementi offerti dall'attività istruttoria, pur confermando l'esistenza di un gruppo, non costituiscono circostanze univocamente convergenti ad evidenziare la dissoluzione del rapporto di lavoro nel gruppo.
Nell'ambito di tali elementi viene espressamente indicato il cash pooling quale tecnica di accentramento della liquidità delle singole società appartenenti al gruppo stesso.

II La questione.
1 La nozione di cash pooling.
La sentenza in oggetto ci consente di analizzare, sia pure in sintesi, alcuni aspetti di un contratto, il cash pooling, ad oggi non particolarmente noto.
L'espressione cash pooling, o gestione accentrata della tesoreria, fa riferimento ad una tipologia contrattuale volta a gestire unitariamente la tesoreria delle società appartenenti al medesimo gruppo.
In estrema sintesi una società del gruppo (detta società pooler), usualmente la holding o la finanziaria del gruppo di appartenenza, gestisce la liquidità ed i pagamenti delle singole società del gruppo in oggetto (partecipants).
La finalità pratica è data dalla razionalizzazione della gestione della liquidità del gruppo societario e dalla possibilità di evitare diseconomie, quali il pagamento di interessi, a danno del gruppo.
Si rifletta, circa questo ultimo aspetto, sulla possibilità che una delle società del gruppo disponga di liquidità (sia in cash, secondo il gergo economico/finanziario) ed ottenga, dalla banca presso la quale deposita tali somme, una remunerazione per il deposito della propria liquidità. Nello stesso momento un'altra società del gruppo si può trovare nella situazione diametralmente opposta e sia quindi costretta ad attingere alle linee di credito concesse dalle banche, pagando quindi un tasso di interesse, più elevato rispetto a quello ottenuto dall'altra società del gruppo. Il saldo di tale situazione sarebbe ovviamente negativo per il gruppo nel suo complesso.
L'utilizzazione di un meccanismo di cash pooling consente di trasferire l'eccesso di liquidità della prima società alla società pooler che potrà quindi disporne a favore della seconda società, evitando il ricorso all'utilizzo delle linee di credito ed il consequenziale costo.
Si può operare una divisione delle diverse tipologie di cash pooling in due grandi gruppi: il virtual cash pooling ed il effective cash pooling.
Il virtual cash pooling non implica l'effettiva movimentazione delle masse finanziarie. Si opera un accentramento virtuale basato sulla compensazione logica effettuata da un software in grado di accentrare e compensare virtualmente i saldi dei vari conti participans su di un unico conto, anch'esso virtuale; su di esso si pongono in essere le registrazioni di compensazione ed il calcolo degli interessi in capo alla società pooler.
Nell'effective cash pooling, al contrario, si ha l'effettiva movimentazione del denaro dai conti periferici (detti participant) al conto di accentramento (master) in capo alla società pooler; quest'ultima provvederà a tutte le registrazioni di compensazione e al calcolo degli interessi.
La modalità più nota e diffusa di cash pooling, appartenente alla famiglia del effective cash pooling, è lo zero balance cash pooling.
Lo zero balance cash pooling prevede che i conti periferici vengano azzerati; ciò usualmente a fine giornata di modo che all'inizio di ciascun giorno tutti i conti presentino un saldo effettivo di conto corrente uguale a zero. Durante la giornata, in forza delle operazioni poste in essere dalle singole società, ogni conto corrente periferico potrà presentare un saldo positivo o negativo; alla fine della giornata il saldo verrà comunque trasferito al conto di compensazione.
Tra gli altri aspetti, lo zero balance cash pooling consente di accentrare le linee di fido in capo alla società pooler, permettendo comunque alle singole società, partecipanti al cash pooling, di poter gestire scoperti temporanei durante la giornata.
Nella prassi il cash pooling presuppone l'esistenza di diversi conti correnti bancari, almeno uno per ciascuna società del gruppo che utilizza il cash pooling stesso; vi sarà inoltre il conto, presso la holding o presso la società che svolge il ruolo di tesoriere, sul quale confluiranno i saldi giornalieri dei singoli conti. Completeranno l'architettura contrattuale un accordo sottoscritto da tutte le società e dalla banca che svolge il servizio di pooling; ovviamente potranno esservi più banche coinvolte qualora il pooling riguardi società in paesi diversi oppure, semplicemente, conti su banche diverse.

2 L'inquadramento giuridico del cash pooling.
La pubblicistica giuridica circa il cash pooling si è incentrata sulla possibilità di sussumere il contratto in oggetto nell'ambito di un contratto tipico, esplorando nel contempo l'alternativa del contratto atipico.
La problematica ha destato interesse soprattutto in riferimento ai riflessi fiscali della scelta; conseguentemente la posizione assunta dalla Agenzia delle Entrate ha suscitato attenzione, nel nostro ordinamento, anche in relazione ai suoi rilevanti riflessi pratici.
Il tipo contrattuale che, ad una prima analisi, maggiormente si avvicina al cash pooling è certamente il conto corrente ordinario.
Sono peraltro prospettabili delle alternative, quali il conto corrente bancario ed il mutuo.
Il conto corrente bancario risulta una opzione poco praticabile principalmente a causa della natura latamente di finanziamento del cash pooling, a fronte della prevalente funzione gestoria del conto corrente bancario, ravvisabile nell'effettuare il servizio di cassa per conto del correntista.
Nell'ipotesi opposta, il mutuo viene definito dall'art. 1813 c.c. quale contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di denaro o altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità. Il cash pooling come forma di gestione della tesoreria, ben poco si attaglia a tale tipo giuridico; in particolar modo la causa del cash pooling va individuata nella gestione della tesoreria e non nel solo finanziamento, come invece si ha nel mutuo.
Il contratto di conto corrente ordinario, il tipo contrattuale più facilmente accostabile al cash pooling, si caratterizza, ai sensi dell'art. 1823 c.c., per il consentire alle parti di semplificare i loro rapporti, gestendo unitariamente tutti i crediti ed i debiti che insorgono nelle reciproche relazioni. Le partite vengono annotate su un conto il cui saldo è indisponibile sino alla scadenza periodica, convenuta tra le parti.
I rapporti, in forza dei quali vengono effettuate le annotazioni sul conto, mantengono peraltro il loro titolo e la loro autonomia.
La ratio del conto corrente ordinario consta dunque nella semplificazione della gestione del rapporto evitando numerosi pagamenti reciproci, rendendo nel contempo il saldo non disponibile sino alla data convenuta.
L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione del 27 febbraio 2002, n. 58/E, accoglie la tesi del contratto di conto corrente ordinario, esaminando il caso di un cash pooling nella forma dello zero balance system. In dettaglio, secondo l'Agenzia, "le rimesse attive della consociata non comportano un onere restitutorio e la reciprocità delle rimesse nonché l'inesigibilità e l'indisponibilità del saldo fino alla chiusura del conto concorrono a qualificare l'accordo negoziale, evidenziando caratteristiche non riconducibili nel rapporto fra società capogruppo e società residente ad un prestito di denaro".
La tesi del cash pooling quale contratto di conto corrente ha suscitato le critiche, della pur scarna dottrina, che si appuntano sui seguenti aspetti.
Rispetto al contratto di conto corrente ordinario il cash pooling appare essere dotato di un diverso fondamento causale. Nel conto corrente ordinario si ha una semplificazione dei rapporti, attraverso un meccanismo di compensazione, come sopra brevemente rappresentato; nel cash pooling si intende invece gestire la tesoreria di un gruppo societario.
Un'ulteriore considerazione che ha contribuito a confutare la sussumibilità del cash pooling nell'ambito del contrato di conto corrente ordinario, è stata individuata nella innegabile funzione di finanziamento del cash pooling stesso.
L'esempio posto all'inizio del presente scritto conforta tale osservazione. La società in cash, di fatto, funge da finanziatore dell'altra partecipant al pool che non dispone dei necessari mezzi finanziari.
A sostegno di questa ultima tesi sembra deporre anche la sentenza della Cassazione n. 14730 del 23 giugno 2009 che interviene, sempre in riferimento ad una specifica problematica fiscale, relativamente al cash pooling di un noto gruppo italiano. Secondo la Suprema Corte "la tenuta della cassa comune tra due o più imprese, cash pooling per gli anglisti, quali che siano le modalità contabili di tenuta, adempie all'evidente funzione di escludere o limitare l'accesso al credito bancario, finanziando l'impresa partecipante alla cassa comune con gli attivi di cassa dell'altra o delle altre imprese".
Le aporie sopra sinteticamente descritte circa la tesi del conto corrente ordinario hanno quindi portato la dottrina, a nostro avviso condivisibilmente, ad inquadrare il contratto in oggetto tra i contatti atipici ai sensi dell'art. 1322.

3 Il cash pooling ed i profili di responsabilità nell'ambito del gruppo di società.
L'attenzione posta sugli aspetti fiscali e la scarsa notorietà del contratto in oggetto ci sembra non abbiano consentito una adeguata attenzione su alcuni profili di estremo interesse, ad avviso di chi scrive, in relazione al contratto in oggetto.
Il cash pooling nasce per gestire al meglio i flussi finanziari all'interno di un gruppo e conseguentemente, per sua natura, consente di trasferire risorse da una società all'altra all'interno del medesimo gruppo.
Questa notazione ci consente di indicare almeno due rischi connessi con l'utilizzazione maliziosa del cash pooling.
In primo luogo vi è la possibilità che una delle società del gruppo, dotata di capitali insufficienti alla gestione, venga sostenuta dalla liquidità offerta dalla società pooler, mantenendo quindi una situazione di sottocapitalizzazione.
In secondo luogo attraverso il cash pooling si può depauperare una società a favore delle altre; estremizzando, sotto questo profilo, si potrebbe configurare una ipotesi di bancarotta preferenziale (aspetto quest'ultimo che non costituisce oggetto del presente lavoro).
Va preliminarmente rilevato che la giurisprudenza nazionale circa il cash pooling è assente, anche se la problematica dei finanziamenti infragruppo e della mancanza di sufficienti risorse finanziarie a sostegno di specifiche società appartenenti al gruppo sono già state affrontate.
Nell'ambito della giurisprudenza tedesca, la tematica è stata oggetto di una nota pronuncia del 24 novembre 2003 della Bundesgerichtshof (BGH - Corte di Giustizia Federale). A riprova della concretezza dei rischi giuridici posti dal cash pooling, la sentenza concerneva la legittimità dei finanziamenti, da parte di un partecipante al cash pooling, a favore del pooler (finanziamento detto upstream loan), in relazione all'obbligo di tutelare il capitale della società.
La Corte di Giustizia Federale, nella sentenza sopra citata, non vieta in assoluto il finanziamento da parte della società appartenente al gruppo ma richiede la presenza di alcuni elementi per consentire tale operazione. In dettaglio: la concessione del finanziamento deve essere nell'interesse della società, deve essere regolato a condizioni di mercato e non vi devono essere dubbi circa la capacità della società finanziata di ripagare il debito.
La soluzione offerta dalla Corte di Giustizia Federale tedesca ha suscitato perplessità tra i giuristi, in particolar modo è apparsa ambigua e quindi non in grado di fornire una sicura chiave interpretativa circa la legittimità dei singoli contratti di gestione accentrata della tesoreria.
Il legislatore si è fatto carico del problema ed attraverso la novella legislativa del 2006 (Entwurf eines Gesetzes zur Modernisierung des GmbH­Rechts und zur Bekämpfung von Missbräuchen - MoMiG) ha modificato la normativa circa la tutela del capitale sociale, consentendo, tra gli altri aspetti, l'utilizzazione del cash pooling, in particolar modo in presenza di uno specifico accordo.
Ad avviso di chi scrive, i due principali rischi legati all'utilizzazione del cash pooling possono essere affrontati utilizzando i frutti delle riflessioni maturate dalla dottrina circa i finanziamenti all'interno dei gruppi societari.
Il primo rischio sopra citato fa riferimento alla possibilità che il cash pooling venga utilizzato per finanziare una società del gruppo che risulta priva dei mezzi propri necessari.
A questo proposito va ricordato che la riforma del diritto societario (d. lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003) ha introdotto nel Codice Civile l'art. 2497- quinques che, richiamando l'art. 2467, prevede la postergazione dei finanziamenti, a favore della società, concessi da parte di chi esercita attività di direzione e coordinamento o da altri soggetti sottoposti alla medesima attività di direzione e coordinamento.
La ratio della norma va rintracciata nella volontà di tutelare i creditori terzi della società che non dispone di sufficienti mezzi propri ma viene sostenuta dal gruppo di appartenenza con finanziamenti che, di fatto, sostituiscono il capitale necessario all'attività. La soluzione, prevista dal codice civile a tutela dei creditori, è quindi la postergazione del credito infra­gruppo rispetto alla soddisfazione dei creditori terzi.
L'art. 2467 c.c. precisa che i finanziamenti da postergarsi devono essere stati concessi, anche in riferimento al tipo di attività esercitata dalla società, quando risultava un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al capitale netto oppure, con una formula più ampia, in una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
L'utilizzo del cash pooling, strumentale all'evitare la capitalizzazione della società, ad avviso di chi scrive, vedrebbe l'applicazione dell'art. 2497quinques c.c..
Si configurerebbe infatti una situazione nella quale la società viene ad essere finanziata da un'altra società del gruppo, la società pooler, sia che essa rivesta il ruolo di holding sia di mero soggetto sottoposto alla attività di direzione e coordinamento della holding stessa.
L'art. 2467 c.c. concerne i finanziamenti "in qualsiasi forma effettuati". La dottrina si è interrogata circa l'ambito di applicabilità della norma ma appare pacifica nell'affermare la riconducibilità a tale espressione dei mutui, anche gratuiti, delle aperture di credito, della rinuncia ai crediti e del factoring.
Il cash pooling ci sembra pianamente riconducibile all'espressione finanziamento in qualsiasi forma effettuato da cui all'art. 2467 c.c.; in particolar modo la funzione latamente creditoria che può assumere il cash pooling stesso, come esposto in sede di ricerca in ordine alla qualificazione giuridica del contratto, conferma, ad avviso di chi scrive, la soluzione proposta.
Rispetto alla tematica sopra esposta, il cash pooling può porre l'opposto problema della costante fuoriuscita di mezzi finanziari da una delle società partecipanti.
L'accentramento della liquidità presso un singolo soggetto difficilmente potrà essere economicamente indifferente rispetto al partecipante al cash pooling, sino, all'estremo, da poter essere strutturalmente negativo. Poniamo il caso di una delle società del gruppo che sia frequentemente in cash in quanto, ad esempio, svolga una attività che produce flussi di cassa positivi e che, grazie a tale liquidità, finanzi altre società del gruppo.
A questo proposito, si ripropone la nota questione degli interessi compensativi nell'ambito del gruppo societario con le relative ambiguità e spazi di discrezionalità per l'interprete.
Rimane fermo che la singola società appartenente al gruppo, quindi anche la società "finanziatrice" del caso di cui sopra, deve poter conseguire un vantaggio dal contratto di cash pooling ancorché prospettico e futuro.
In questo senso anche la Suprema Corte che, con la sentenza n. 18728 del 2007, afferma che "non è invocabile un'automatica liceità dei finanziamenti a favore delle società collegate, se non risultano i vantaggi per la società amministrata delle operazioni che la depauperavano, occorrendo un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile non coincidente con la logica in sé dell'operazione interna al gruppo d'imprese".
Le sopra esposte osservazioni rendono necessario gestire con attenzione le formalità richieste dal codice civile in tema di rapporti infragruppo quali l'indicazione, ai sensi dell'art. 2497-bis, dei rapporti intercorsi con chi esercita l'attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette nonché l'effetto che tali attività ha avuto sull'esercizio sociale e sui suoi risultati. Relativamente alla tematica in oggetto risulta di particolare interesse l'art. 2497-ter c.c. secondo il quale le decisioni delle società oggetto di attività di direzione e coordinamento, quando da queste influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione, con obbligo di darne conto nella relazione di gestione. Ci sembra che il contratto di cash pooling risponda alle
caratteristiche indicate dai due articoli sopra citati con i relativi obblighi a carico degli amministratori.

III I precedenti.
La giurisprudenza nazionale non ha specificatamente affrontato le problematiche poste dal cash pooling. Vanno peraltro segnalate, anche per l'eco che hanno avuto tra i pratici, le risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate del 27 febbraio 2002, n. 58/E., dell'8 ottobre 2003, n. 194/E e le circolari n. 11/E del 17 marzo 2005 nonché n. 19/E, 21 aprile 2009. In merito si ricorda in particolare T. TREVISAN, Cash pooling, aspetti civilistici e fiscali in www.fiscoggi.it; L. DI NISCO, Note sui profili impositivi connessi al contratto di tesoreria internazionale accentrata, in Dir. e prat. trib., 2003, II, 587, quale nota critica alla risoluzione del 27 febbraio 2002, n. 58/E; J. BLOCH, L'applicabilità della ritenuta sugli interessi da "cash pooling", in Corr. tributario, 2002, 2981; D. FESTA, Cash pooling: aspetti civilistici e fiscali, in Tributi, 2002, 416.
Precedentemente alla risoluzione del 2002: M. BALDAZZI e M. CRISCI, Gli accordi di «cash pooling» nell'ambito dei gruppi societari, in Dir. prat. soc., n. 13/1999,12; F. e L. DEZZANI, Il cash pooling con soggetti non residenti. Eventuale utilizzo elusivo, in Fisco, 2002, 4140; M. NESSI, L'accordo di cash pooling nei gruppi societari, in Fisco, 2000, 13975.
La sentenza CASSAZIONE, n. 14730 del 23.06.2009 risulta, allo scrivente, inedita.
Circa l'esperienza tedesca si veda il dettagliato lavoro di J. HERBST, Management Buy-Out, Cash Pooling, Up-Stream Loans and Guarantees in German Group Companies: Old Concepts - New Developments, in German Law Journal, 2004, 1217 ove anche ampi richiami alla pubblicistica in lingua tedesca.
Con particolare riferimento all'approvazione della MOMIG, ed alla maggiore sicurezza del quadro giuridico relativamente al cash pooling: U. SEIBERT, Close corporations - Reforming Private Company Law: European and International Perspectives, in European Business Organization Law Review, 2007, 83; sulla medesima rivista, 2008, 97: NOAK U. - M. BEURSKENS, Modernising the German GmbH - Mere Window Dressing or Fundamental Redesign?. In italiano, assai sinteticamente, A. MUSURACA, Gruppi societari, responsabilità e cash pooling come possibile strumento di abuso di dominio alla luce della novella tedesca "MOMING", in Il Nuovo Diritto delle Società, 2010, 13.
La sentenza CASSAZIONE, n. 18728 del 06.09.2007, è in Mass. Giur. it., 2007.

IV Dottrina.
F. BENCIVEGNA e GALEOTTI FLORI L., Il contratto di cash pooling, in Il Foro toscano, 2007, 251; P. FABRIS, Il contratto di cash pooling, in Contratti, 2004, 749.
Si veda inoltre A. DACCO', L'accentramento della tesoreria nei gruppi di società, Giuffré, Milano, 2002 la quale inquadra il cash pooling quale contratto di gestione; ivi anche dei riferimenti circa le esperienze straniere.
In ordine al problema della sottocapitalizzazione all'interno del gruppo societario si veda in particolare M. MAUGERI, Finanziamenti "anomali" dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Giuffrè, Milano, 2005 inoltre, tra gli altri, G. BALP, I finanziamenti dei soci "sostitutivi" del capitale di rischio: ricostruzione della fattispecie e questioni interpretative,
in Riv. Soc., 2007, 345; D. FICO, Finanziamento dei soci e sottocapitalizzazione della società, in Società, 2006, 1372; G. B. PORTALE, I "finanziamenti" dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa, tit. credito, 2003, I, 663; A. NIUTTA, Il finanziamento intragruppo, Giuffré, Milano, 2000; M. MIOLA, Le garanzie intragruppo, Giappichelli, Torino, 1996.
Circa i vantaggi compensativi nei gruppi societari e la responsabilità della capogruppo, la pubblicistica è assai ampia, per tutti si ricordano: G. SBISA', Sulla natura della responsabilità da direzione e coordinamento di società, in Contratto e Impresa, 2009, 807; in questa rivista S. PATTI, "Direzione e coordinamento di società": brevi spunti sulla responsabilità della capogruppo, 2003, II, 357 inoltre A. DACCO', sub art. 2497, in Commentario breve al codice civile, a cura di Cian - Trabucchi, CEDAM, Padova, 2007.
Circa gli aspetti economici si veda S. A. DALLA RIVA, Cash pooling, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008.





*Il presente contributo è in corso di pubblicazione sulla rivista Nuova Giurisprudenza Civile Commentata.






















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