Sommario
1. La tutela Inail nell’impostazione originaria del D.p.r. n. 1124/65. – 2. Responsabilità penale e danno differenziale. - 3. Indennizzo Inail e danno biologico differenziale. - 4. Danno non patrimoniale e criteri di scomputo dopo le Sezioni Unite. – 5. Danno patrimoniale da inabilità permanente. – 6. Risarcimento e responsabilità del soggetto estraneo al rapporto di lavoro. – 7. Aspetti assicurativi privati.
I lavoratori hanno diritto che siano previsti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio (art. 38 co. 2 Cost.). Secondo l’art. 2110 c.c. in tal caso è dovuta la retribuzione o un’indennità, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o assistenza[1].
Tale legge è costituita dal D.p.r. n. 1124/1965 (d’ora in avanti anche “D.p.r.”), secondo cui il datore di lavoro ha l’obbligo di assicurare i lavoratori presso l’Inail contro gli infortuni sul lavoro (e le malattie professionali) ed è a suo carico l’onere finanziario dell’assicurazione[2].
Il datore di lavoro deve denunciare all'Istituto assicuratore l’infortunio del dipendente (art. 53 D.p.r.)[3]. La direzione territoriale del lavoro (settore ispezione del lavoro) svolge un’inchiesta per accertare le circostanze in cui è avvenuto e la sua causa, anche in relazione a eventuali deficienze di prevenzione (art. 56 D.p.r.)[4]. Dell’inchiesta è redatto verbale che va trasmesso all’autorità giudiziaria competente (artt. 60-61 D.p.r.).
A fronte dell’infortunio l’Inail eroga le prestazioni economiche e sanitarie indicate dal D.p.r.[5] e gli assicurati ne hanno diritto anche se il datore di lavoro non ha adempiuto gli obblighi di legge (art. 67 D.p.r.).
In caso di inabilità temporanea assoluta, dal quarto giorno successivo all’evento il lavoratore ha diritto per ogni giorno a un’indennità pari al 60% della retribuzione giornaliera, elevata al 75% dal novantunesimo giorno (art. 68 D.p.r.)[6]. Spesso i contratti collettivi prevedono un’integrazione fino a coprire il 100%, per una durata variabile[7].
Spetta invece al datore di lavoro corrispondere l'intera retribuzione per la giornata in cui è avvenuto l'evento e il 60% per i tre giorni successivi, salve migliori condizioni previste da norme o da contratti collettivi/individuali (art. 73 D.p.r.).
In caso di inabilità permanente, tale da ridurre l’attitudine al lavoro in maniera superiore al 10%, il lavoratore ha diritto di ricevere dall’Inail una rendita, pari all’intera retribuzione se l’inabilità è assoluta e in percentuali variabili se è parziale (artt. 74 e 66 D.p.r.)[8]. Ma su questo aspetto, come vedremo, sono intervenute le modifiche dettate dall’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000.
L'assicurazione obbligatoria prevista dal D.p.r. n. 1124/1965 esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro (art. 10 co. 1 D.p.r.), quale contropartita della copertura assicurativa a suo carico e a sue spese. Pertanto di base al lavoratore spetta solo la prestazione assicurativa, non essendogli garantito il risarcimento dell’intero danno subito[9].
Però ai sensi dell’art. 10 D.p.r. – ampliato notevolmente da alcune pronunce della Corte Costituzionale[10] - permane la responsabilità civile a carico: 1) di chi ha riportato condanna penale per il fatto; 2) del datore di lavoro quando la sentenza penale stabilisce che l'infortunio è imputabile ai dipendenti del cui operato risponde secondo il codice civile[11]. Ma si deve trattare di reato perseguibile d’ufficio (art. 10 co. 4 D.p.r.)[12].
In questi casi: a) l’Inail deve erogare le indennità ma ha poi azione di regresso nei confronti del responsabile del fatto (art. 11 D.p.r.); b) l’infortunato, dato che permane la responsabilità civile, può chiedere al responsabile la differenza tra l’ammontare complessivo del danno patrimoniale e la parte erogata dall’Inail, ossia l’eventuale quota di risarcimento eccedente l’indennità assicurativa (c.d. danno patrimoniale differenziale)[13].
Ciò significa ad esempio che – in caso di responsabilità penale del datore di lavoro - il danneggiato può chiedergli il pagamento della retribuzione giornaliera non coperta dall’indennità, ossia la differenza tra il 100% e la percentuale indennizzata dall’Inail[14] (se il datore di lavoro non ha già provveduto in base a eventuali clausole del contratto collettivo applicabile).
Per l’aspetto patrimoniale c’è dunque una limitazione dell’azione risarcitoria al danno differenziale quantitativo (nel caso di responsabilità penale). Per l’aspetto non patrimoniale, invece, non c’è un esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile, visto che l’esonero riguarda le componenti di danno coperte dall’assicurazione obbligatoria[15].
Dette componenti comprendono infatti il solo danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica, con esclusione del danno biologico (fino al 2000, come vedremo), del danno morale e di altre eventuali voci (es. danno esistenziale), il cui risarcimento può essere sempre richiesto per intero dal lavoratore[16].
In altri termini, laddove la copertura assicurativa non interviene, continuano a trovare applicazione le regole del diritto comune in tema di responsabilità contrattuale (artt. 2087, 1218 e 1228 c.c.) ed extracontrattuale (artt. 2043, 2049, 2050 c.c.)[17].
Per quanto concerne la componente non patrimoniale, la copertura assicurativa prevista dal D.p.r. (nella sua impostazione antecedente alla riforma del 2000 di cui parleremo) “pur non avendo per oggetto esclusivamente il danno patrimoniale in senso stretto – posto che la prestazione dell’Inail spetta a prescindere dalla sussistenza o meno di una effettiva perdita o riduzione dei guadagni dell’assicurato – non ha per oggetto il danno biologico, poiché le indennità previste dal d.p.r. 1124/65 sono collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psico-fisica ha sull’attitudine al lavoro dell’assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento ad ambiti diversi da quelli riconducibili all’attitudine al lavoro”[18].
In questo quadro – antecedente al 2000 - il datore di lavoro risponde dell'intero danno non patrimoniale, non potendo essere decurtati gli importi percepiti a titolo di rendita Inail, corrispondenti solo al danno patrimoniale legato al pregiudizio della capacità lavorativa generica[19].
3. Indennizzo Inail e danno biologico differenziale
Il quadro descritto è mutato allorché l’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 ha previsto che in caso di infortunio sul lavoro (o malattia professionale) l’Inail indennizzi pure il danno biologico, definito dall’art. 13 come la lesione dell’integrità psicofisica della persona, suscettibile di valutazione medico legale, indipendente dall’incidenza sulla capacità di produzione del reddito.
Le menomazioni conseguenti a tale lesione sono valutate in base ad una tabella approvata con d.m. del 12 luglio 2000, a cui è seguita la “nuova tabella di indennizzo del danno biologico in capitale” approvata con d.m. del 23 aprile 2019[20].
Il suddetto art. 13 (che non interviene sulla disciplina dell’inabilità temporanea) stabilisce che, in luogo della rendita per inabilità permanente ex art. 66 D.p.r., l’indennizzo è erogato sotto forma di capitale per le invalidità dal 6% al 15% e di rendita per quelle superiori al 15%, le quali danno diritto a un’ulteriore quota di rendita per le conseguenze patrimoniali[21]. L’Inail non si fa carico delle lesioni valutate in misura inferiore al 6%[22], né del danno biologico temporaneo[23].
Si è però riscontrato che le somme erogate dall’Inail in base alla succitata tabella del 2000 sono inferiori a quelle liquidate dai tribunali a titolo di danno biologico permanente, nei casi ordinari di responsabilità civile[24].
Ad esempio, se questo danno è provocato da incidente stradale, in base alle tabelle milanesi[25] – o in base all’art. 139 del Codice delle assicurazioni per i danni sino al 9% - al danneggiato spetta un risarcimento superiore a quello che gli spetta dall’ente previdenziale se lo stesso danno si è verificato in occasione di lavoro.
Ci si chiede quindi se sussista il diritto del lavoratore di ottenere dal responsabile dell’infortunio il risarcimento del danno biologico permanente differenziale, ossia la differenza tra il risarcimento dovuto in base ai criteri generali della responsabilità civile e l’indennizzo erogato ex art. 13 D.Lgs. n. 38/2000.
Una parte della giurisprudenza di merito aveva risposto in senso negativo, sostenendo che nel nuovo assetto assicurativo non è configurabile un danno differenziale per il quale risponda il datore di lavoro oltre alla liquidazione effettuata dall’Inail[26]. La maggior parte dei tribunali aveva invece ritenuto che l’infortunato potesse ottenere la differenza tra l’ammontare del pregiudizio determinato secondo le categorie civilistiche e l’importo ricevuto dall’Istituto[27].
La Cassazione ha seguito questo orientamento, affermando che: a) l’Inail corrisponde un’indennità e non un risarcimento pari all’effettiva perdita; b) le conseguenze sono valutate in relazione alla lesione dell’integrità psicofisica, senza considerare il danno esistenziale, il danno morale e quello alla vita di relazione; c) l’indennizzo Inail ha una struttura autonoma e una funzione sociale, è determinato in misura forfettaria e prescinde dall’individuazione del responsabile[28].
Per la Suprema Corte la diversità strutturale tra l’indennizzo Inail e il risarcimento secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall'Istituto siano satisfattive del pregiudizio subito dall’infortunato, per cui il giudice - dopo aver liquidato il danno civilistico - deve compararlo con l'indennizzo Inail, anche perché questo ristora il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi non patrimoniali[29].
4. Danno non patrimoniale e criteri di scomputo dopo le Sezioni Unite
Il problema della sovrapposizione tra danno biologico “civile” e danno biologico “assicurativo” non si pone nell’ipotesi di menomazioni valutate in misura inferiore al 6%, visto che in tal caso l’Inail non eroga alcunché, essendoci una franchigia.
Il problema non si pone nemmeno per il danno morale, che costituisce una categoria autonoma: pure questa voce resta a carico del responsabile dell’infortunio[30]. Stesso discorso per il danno biologico temporaneo, che non rientra nell’indennizzo a carico dell’Istituto, come si è già detto.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno però sancito l’esistenza di una categoria omnicomprensiva di danno non patrimoniale, all’interno della quale non vi sarebbero ulteriori sottocategorie (danno biologico, danno morale, danno esistenziale etc.) se non a meri fini descrittivi[31].
Si tratta peraltro di orientamento messo in discussione da successive sentenze della stessa Corte[32] e in effetti, se la categoria del danno biologico avesse solo valenza descrittiva, sarebbe difficile spiegare perché sia utilizzata dal legislatore (in ambito previdenziale, ma pure agli artt. 138 e 139 del Codice delle assicurazioni).
Con riguardo al problema del danno differenziale non patrimoniale l’impostazione delle Sezioni Unite potrebbe creare confusione e asimmetria tra le diverse voci[33], anche perché l’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 parla di danno biologico (e non di danno non patrimoniale). Ma pare sensato continuare a sottrarre dall’ammontare complessivo del risarcimento la somma pagata dall’Inail quale danno biologico, chiedendo la differenza al datore di lavoro e/o al terzo responsabile[34].
Nel corso del giudizio di risarcimento si porrà il problema di accertare l’entità complessiva dell’indennizzo dell’Inail erogato o da erogarsi, in quanto ad una certa data potrebbero residuare per il futuro determinate somme a carico dell’Istituto (ad es. in caso di rendita), le quali vanno decurtate per evitare arricchimenti ingiustificati dell’infortunato[35].
In rema di danno differenziale per la Cassazione occorre in successione: 1) distinguere il danno non patrimoniale da quello patrimoniale, comparando questo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa del soggetto; 2) per il danno non patrimoniale, espungere dall'importo liquidato come danno civile le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e biologico temporaneo); 3) dall'importo così ricavato detrarre il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente[36].
Per la giurisprudenza, dunque, lo scomputo non si opera per mera differenza aritmetica bensì per poste omogenee, sicché dall'ammontare complessivo del danno biologico non si detrae il valore capitale dell'intera rendita, ma solo il valore capitale della quota destinata a risarcire il danno biologico, con esclusione della quota rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa, volta all'indennizzo del danno patrimoniale[37].
Secondo una parte della dottrina questa impostazione, basata su poste omogenee, rischia di condurre a indebite locupletazioni[38], considerando l’applicabilità della compensatio lucri cum damno nel caso di concorso tra indennizzo Inail e risarcimento[39].
In effetti la scelta tra uno scorporo per poste e uno per differenza aritmetica ha ricadute operative notevoli. Se l’infortunato subisce un danno da incapacità di lavoro pari a 0 e l’Inail gli paga per tale voce un indennizzo di 10, con lo scorporo per poste il danno differenziale per quella voce è 0 e non –10. Con lo scorporo per sottrazione, invece, dal danno complessivo (biologico permanente e temporaneo, incapacità di lavoro etc.) si decurta l’indennizzo complessivo dell’Inail[40].
La soluzione giurisprudenziale della liquidazione per poste omogenee è stata contraddetta dall’art. 1 co. 1126 della L. n. 145/2018 (legge finanziaria per l'anno 2019), che ha modificato gli artt. 10 e 11 D.p.r. in punto di deroga all’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile. Poi però la riforma, aspramente criticata dalla dottrina[41], è stata quasi del tutto abrogata dall’art. 3 sexies D.l. n. 34/2019 (convertito con modifiche nella L. n. 58/2019)[42].
Del precedente intervento normativo è sopravvissuta solo la modifica del co. 3 dell’art. 11 D.p.r., secondo cui, nel liquidare l’importo dovuto dal datore di lavoro all’Inail in sede di regresso, “il giudice può procedere alla riduzione della somma tenendo conto della condotta precedente e successiva al verificarsi dell'evento lesivo e dell'adozione di efficaci misure per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro. Le modalità di esecuzione dell'obbligazione possono essere definite tenendo conto del rapporto tra la somma dovuta e le risorse economiche del responsabile”.
A fronte dell’abrogazione suddetta è prevedibile che le tematiche in tema di danno differenziale continuino ad essere affrontate dalla giurisprudenza sulla base del precedente orientamento di legittimità[43].
5. Danno patrimoniale da inabilità permanente
Una lesione fisica può causare tre tipi di conseguenze sul lavoro svolto: a) maggiore stancabilità o minore efficienza nello svolgimento dell'attività (c.d. danno alla cenestesi lavorativa); b) perdita del lavoro e di conseguenza del reddito; c) conservazione del lavoro, ma con riduzione del reddito, tanto in atto quanto in potenza[44].
Abbiamo già detto che l'assicurazione obbligatoria esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile e che il diritto al risarcimento del danno patrimoniale differenziale presuppone l’accertamento – eventualmente anche in sede civile – di un fatto di reato.
Abbiamo anche detto che la rendita per inabilità permanente (tale da ridurre l’attitudine al lavoro più del 10%) di cui all’art. 66 n. 2 D.p.r. è stata sostituita dall’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000: per le menomazioni superiori al 15% questa norma prevede un indennizzo sotto forma di rendita con il diritto ad una quota aggiuntiva destinata a ristorare anche le conseguenze patrimoniali[45].
In particolare si prevede che “le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all'erogazione di un'ulteriore quota di rendita per l'indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e al coefficiente di cui all'apposita "tabella dei coefficienti", che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l'indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell'assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. Per la determinazione della corrispondente quota di rendita, la retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla "tabella dei coefficienti" e per il grado percentuale di menomazione”.
Per menomazioni superiori al 15% la suddetta integrazione della rendita per la perdita della capacità di guadagno può avvenire anche senza che vi sia un accertamento in concreto della perdita - nell'ottica compensativa tipica dell'assicurazione sociale - sulla base di una presunzione iuris et de iure[46].
In proposito si nota che la presunzione normativa di ricadute patrimoniali per invalidità superiori al 15% può utilizzarsi quale presunzione semplice dell’esistenza di un danno da lucro cessante per il futuro[47], dal quale però dovrà evidentemente detrarsi quanto erogato dall’Inail sotto il profilo patrimoniale[48].
Per invalidità inferiori al 16%, invece, l’art. 13 non dispone nulla per il pregiudizio patrimoniale[49], dal che si ricava che l’eventuale danno permanente per riduzione della capacità lavorativa resta a carico del responsabile dell’infortunio[50]. Tuttavia per le c.d. micropermanenti (lesioni inferiori al 10%) normalmente non si ravvisano conseguenze sul lucro cessante, salvo prova adeguata, incidendo esse solo sul danno biologico e non sulla capacità lavorativa specifica[51].
Pure la lesione della capacità lavorativa generica è considerata una componente del danno biologico e pertanto non autonomamente liquidabile, mentre il danno alla capacità lavorativa specifica è di natura patrimoniale e può essere risarcito quale lucro cessante con riguardo all’attività lavorativa svolta[52].
La giurisprudenza riconosce anche un danno da lesione della cenestesi lavorativa, consistente nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento del lavoro, non incidente sul reddito della persona, che si risolve in una compromissione biologica. Questa tipologia è liquidata come danno alla salute, potendo il giudice - che abbia adottato per la liquidazione il criterio del valore differenziato del punto d’invalidità - anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto[53]. Anche questa posta, dunque, non può inserirsi nell’ambito del danno patrimoniale.
6. Risarcimento e responsabilità del soggetto estraneo al rapporto di lavoro
L’incidente sul lavoro può essere imputabile a un soggetto diverso dal datore di lavoro e dai suoi dipendenti. Si pensi all’infortunio in itinere causato dal conducente di un autoveicolo il quale provoca delle lesioni al lavoratore che si sta recando al lavoro[54].
In tal caso non vale l’esonero dalla responsabilità civile di cui all’art. 10 D.p.r., posto che la responsabilità è di un terzo: quest’ultimo deve risarcire integralmente il danno, salvo il fatto che risponde a titolo extracontrattuale.
Se però l’infortunato ha ricevuto una prestazione dall’Inail (per infortunio in itinere), si pone comunque un problema di compensatio lucri cum damno: l’importo versato dall'Istituto va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto dal responsabile[55]. Pure nella fattispecie in esame si pone, dunque, una questione di danno differenziale.
Il terzo responsabile di lesioni subite dal lavoratore (con conseguente invalidità temporanea assoluta) deve risarcire ex art. 2043 c.c. pure il datore di lavoro del danneggiato per il mancato utilizzo delle sue prestazioni lavorative, ciò che integra un ingiusto pregiudizio a prescindere dalla sostituibilità o meno del dipendente[56].
Detto pregiudizio, in difetto di prova diversa, viene liquidato sulla base dell'ammontare delle retribuzioni e dei contributi previdenziali pagati durante il periodo di assenza dell'infortunato[57]. Ma anche qui va considerato che, se si tratta di infortunio indennizzabile ex D.p.r. n. 1124/1965, è l’Inail a sobbarcarsi una parte della retribuzione (art. 68 D.p.r.), salvo il suo “diritto di regresso per le somme pagate a titolo d'indennità e per le spese accessorie contro le persone civilmente responsabili” (art. 11 D.p.r.)[58].
Anche per il danno subito dal datore di lavoro, dunque, si può porre un problema di interferenza tra il suo ammontare e le prestazioni eventualmente erogate dall’Istituto assicuratore. Se però il sinistro provocato dal terzo non è avvenuto in occasione di lavoro (nemmeno a titolo di infortunio in itinere), l’Inail non interviene e il responsabile deve risarcire integralmente il datore di lavoro per gli stipendi e i contributi versati.
7. Aspetti assicurativi privati
In base al D.p.r. n. 1124/1965 il datore di lavoro deve assicurare i lavoratori contro gli infortuni presso l’Inail ma, come si è visto, alcune voci di danno non sono coperte da questa assicurazione. Di conseguenza i datori di lavoro stipulano talvolta contratti con assicurazioni private per coprire la loro responsabilità civile e il risarcimento del danno differenziale[59].
Nell'assicurazione della responsabilità civile non c’è un rapporto diretto tra assicuratore e danneggiato, per cui questo - in mancanza di una normativa specifica come quella della responsabilità da circolazione stradale - non ha azione diretta verso il primo. E’ dunque onere del datore di lavoro convenuto chiamare in giudizio l’assicuratore per chiedere di essere da lui manlevato (vedi art. 1917 ul.co. c.c., artt. 106, 269, 420 co. 9 c.p.c.).
La libera assicurazione, da parte del datore di lavoro, della propria responsabilità civile non va confusa con l’assicurazione obbligatoria della responsabilità del dipendente verso terzi prevista dalla L. 190/1985[60].
In base all’art. 5 di questa legge “il datore di lavoro è tenuto ad assicurare il quadro intermedio contro il rischio di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle proprie mansioni contrattuali. La stessa assicurazione deve essere stipulata dal datore di lavoro in favore di tutti i propri dipendenti che, a causa del tipo di mansioni svolte, sono particolarmente esposti al rischio di responsabilità civile verso terzi”[61].
Questa copertura dovrebbe operare per la domanda di risarcimento dell’infortunato contro il lavoratore responsabile del fatto illecito, ma pure per l’azione di regresso promossa dal datore di lavoro che ha risarcito il danneggiato (in quanto responsabile in solido per il fatto del dipendente)[62]. Si può però ipotizzare un’esclusione dell’azione di regresso se il datore di lavoro non ha stipulato l’assicurazione obbligatoria impostagli dalla L. 190/1985.
Particolari oneri assicurativi a carico delle parti del rapporto lavorativo potrebbero essere inseriti nei contratti collettivi nazionali di lavoro, così che occorre verificare se il ccnl applicabile nel singolo caso contempli disposizioni specifiche.
[1] Per Cass., 3 maggio 1990, n. 3677, l’art. 2110 c.c. configura “…un'obbligazione sussidiaria del datore di lavoro che sorge in caso di mancanza di forme previdenziali e assistenziali; e le relative prestazioni sono dirette a soddisfare lo stato di bisogno del dipendente e non a restaurare il pregiudizio patrimoniale subito, non hanno cioè la funzione di risarcimento del danno derivante dalla perdita o dalla riduzione della capacità di lavoro. Di tali eventi, ove non sussista l'obbligo di assicurazione, il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere a titolo di risarcimento se non quando sussista una sua responsabilità…”. CALDERARA, Cause di sospensione della prestazione lavorativa, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, a cura di Santoro Passarelli, Milano, 2020, I, 1353, nota che la norma non prevede che il trattamento debba coincidere con l’intera retribuzione. Come vedremo, però, su questo aspetto spesso intervengono i contratti collettivi.
[2] Sul D.p.r. n. 1124/1965 cfr. LA PECCERELLA – ROMEO, Assicurazione infortuni su lavoro e malattie professionali, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, a cura di Santoro Passarelli, Milano, 2020, II, 2853 ss.; CINELLI, Diritto della previdenza sociale, Torino, 2013, 505 ss.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, Padova, 2011, 153 ss.; DE COMPADRI – GUALTIEROTTI, L’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, Milano, 2002; BONILINI – CONFORTINI, Codice della responsabilità civile, Torino, 2015, 1816 ss.
[3] Nella parte in cui descrive i fatti la denuncia può costituire confessione stragiudiziale: così Cass., 9 aprile 2013, n. 8611, in Giur. It., 2014, 327, con nota di Anania.
[4] Per CINELLI, op. cit., 526, l’esito dell’accertamento è equiparabile a una normale consulenza tecnica e dunque utilizzabile nel processo promosso dalle parti; in tal senso pure DE COMPADRI – GUALTIEROTTI, op. cit., 742. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza sul lavoro spetta all’ASL e all'Ispettorato nazionale del lavoro (art. 13 D.Lgs. n. 81/2008). Sulla vigilanza dopo il D.Lgs. n. 149/2015 (che ha istituito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro) vedi RAUSEI, Le ispezioni amministrative, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, a cura di Santoro Passarelli, Milano, 2020, II, 2461 ss.
[5] Le prestazioni comprendono pure le cure mediche e chirurgiche nonché la fornitura degli apparecchi di protesi (art. 66 D.p.r.).
[6] Su richiesta dell’Istituto il datore di lavoro deve anticipare all’infortunato l'indennità per inabilità temporanea, con successivo rimborso da parte dell’Inail (art. 70 D.p.r.).
[7] Cfr. GALANTINO, Diritto del lavoro, Torino, 2012, 366; CINELLI, op. cit., 528; CALDERARA, op. cit., 1356.
[8] Cass., 29 gennaio 1988, n. 804, nota che questa inabilità non si riferisce alla capacità lavorativa specifica, rapportata al lavoro svolto, ma a quella generica, che è quella di svolgere un qualunque lavoro manuale medio, come si desume dalle percentuali tabellari delle menomazioni determinate con riferimento al tipo di menomazione, senza considerare il rapporto tra questa e l'attività esercitata. Vedi anche DE COMPADRI – GUALTIEROTTI, op. cit., 604.
[9] Cfr. VALLEBONA, Istituzioni di diritto del lavoro, II, Padova, 2017, 266; CINELLI, op. cit., 507 ss. Cass., 5 novembre 2010, n. 22561, osserva che, se opera l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni patrimoniali, versandosi in ipotesi di danno coperto dall’assicurazione obbligatoria la possibilità di agire per il danno differenziale non riguarda l'ulteriore danno patrimoniale asseritamente subito.
[10] Cfr. FRANZONI, L’illecito, Milano, 2004, 740 ss. Tra le altre Corte Cost., 24 aprile 1986, n. 118, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui: a) non consente che, ai fini dell'esercizio dell'azione da parte dell'infortunato, l'accertamento del fatto di reato possa essere compiuto dal giudice civile anche nel caso in cui, non essendo stata promossa l'azione penale nei confronti del datore di lavoro o di un suo dipendente, vi sia provvedimento di archiviazione; b) non consente che, ai fini dell'esercizio dell'azione da parte dell'infortunato, l'accertamento del fatto di reato possa essere compiuto dal giudice civile anche nel caso in cui il procedimento penale, nei confronti del datore di lavoro o di un suo dipendente, si sia concluso con proscioglimento in sede istruttoria.
La giurisprudenza riconosce il potere del giudice civile di procedere all’autonomo accertamento del fatto di reato: in tema di azione di regresso dell’Inail cfr. Cass., 5 febbraio 2015, n. 2138; Cass., 10 settembre 2013, n. 20724; Cass., 17 maggio 2010, n. 11986.
[11] Cass., 19 giugno 2020, n. 12041, in Giur. It., 2021, 378, con nota di Ludovico: “l'accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del c.d. danno differenziale, sia nel caso dell'azione di regresso proposta dall'Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all'elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale tra fatto ed evento dannoso”. Di fatto il reato, che è accertabile in sede civile, sussiste quasi sempre, in quanto la lesione o la morte di per sé costituiscono l’elemento oggettivo di altrettanti reati e in caso di infortunio la colpa del datore si presume ex artt. 1218 c.c. o 2087 c.c. (in rapporto all’art. 43 c.p.); Cass., 3 febbraio 2000, n. 1307, in Giur. It., 2001, 485, con nota di Amendola, osserva appunto che l’infortunato non deve provare la colpa altrui.
[12] A parte i reati previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 e dagli artt. 437, 451, 589 co. 2 c.p., si ricorda il reato di lesioni colpose punito dall’art. 590 co. 3 c.p., perseguibile d’ufficio per i “fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” (art. 590 ul. co. c.p.). Vedi sul punto GALANTINO, op. cit., 420 ss. Per l’omicidio colposo e le lesioni gravi con violazione delle norme antinfortunistiche è prevista pure la responsabilità amministrativa della persona giuridica (art. 25 septies D.Lgs. n. 231/2001).
[13] Cfr. FRANZONI, op. cit., 742; VALLEBONA, op. cit., 267. Vedi in tema Cass., 25 maggio 2004, n. 10035; Cass., 10 maggio 1982, n. 2901.
[14] Cfr. ROSSETTI, Guida pratica per il calcolo di danni, interessi e rivalutazione, Milano, 2009, 147.
[15] Cfr. Cass., 19 giugno 2020, n. 12041, in Giur. It., 2021, 378, con nota di Ludovico; Cass., 5 maggio 2010, n. 10834; LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2907; CALDERARA, op. cit., 1355 ss.
[16] Cfr. Cass., 2 marzo 2018, n. 4972; Cass., 1° marzo 2016, n. 4025; CINELLI, op. cit., 510.
[17] Così CINELLI, op. cit., 509. Per PROIA, Manuale di diritto del lavoro, Vicenza, 2016, 214, la tutela aquiliana si invoca solo se il lavoratore deve avvalersi della prescrizione più lunga ex art. 2947 c.c. Stante il carattere contrattuale della responsabilità ex art. 2087 c.c., “il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini che nell’art. 1218 c.c. sull’inadempimento delle obbligazioni; da ciò discende che il lavoratore che agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro, deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, del danno, ed il nesso causale di esso con la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare che il danno è dipeso da causa non imputabile, e cioè deve avere adempiuto al suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno” (Cass., 14 aprile 2008, n. 9817). Sul fronte aquiliano il datore di lavoro è responsabile per i danni arrecati dal fatto illecito del dipendente anche se il primo non ha colpa (art. 2049 c.c.). L'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore per i danni subiti dal dipendente dell'appaltatore e non indennizzati dall’Inail, salvo siano conseguenza dei rischi specifici dell'attività dell’appaltatore (art. 26 comma 3 D.Lgs. n. 81/2008).
[18] Cass., 30 agosto 2000, n. 11428. Nello stesso senso Cass., 30 luglio 2003, n. 11704; Cass., 5 dicembre 2008, n. 28834, in Giust. Civ., 2009, 9, 1882; CINELLI, op. cit., 510. Per una critica della posizione giurisprudenziale cfr. PERSIANI, op. cit., 188 ss.
[19] Così Cass., 15 dicembre 2022, n. 36866.
[20] Sulla nuova tabella vedi NEGRO, L’indennizzo Inail, in Responsabilità civile, a cura di Cendon, Milano, 2020, III, 4941, che segnala un aumento degli indennizzi di circa il 40%.
[21] La rendita per invalidità dal 16% in su, pertanto, indennizza in parte il danno biologico e in parte la riduzione della capacità lavorativa: cfr. CINELLI, op. cit., 528 ss.; PERSIANI, op. cit., 192 e 203; LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2881; NEGRO, op. cit., 4948 ss.; DE COMPADRI – GUALTIEROTTI, op. cit., 682.
[22] Per Cass., 26 aprile 2016, n. 8243, in Giur. It., 2016, 1946, con nota di Piccininno, la domanda di condanna dell'Inail a erogare le prestazioni non può rigettarsi facendo riferimento alla percentuale del 5% (inferiore al minimo) determinata nella causa contro il datore di lavoro. Ciò in quanto la determinazione del danno biologico nella causa contro di lui non rimane ferma nella causa previdenziale, sia perché l'Inail è terzo rispetto alla prima causa, sia perché la determinazione del danno biologico in sede previdenziale si effettua osservando la specifica tabella, mentre ai fini civilistici si utilizzano baremès facoltativi. In tal senso anche NEGRO, op. cit., 4952.
[23] Cfr. Cass., 28 febbraio 2022, n. 6503; DE COMPADRI – GUALTIEROTTI, op. cit., 673; CINELLI, op. cit., 521.
[24] Cfr. POLETTI, Danni alla persona e infortuni sul lavoro (con osservazioni sul funzionamento della riforma Inail), in Resp. civ. e prev., 2004, 4-5, 935 ss.
[25] Per Cass., 7 giugno 2011, n. 12408, in Giur. It., 2012, 1307, in assenza di precisi riferimenti normativi la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale si effettua in base alle tabelle del tribunale di Milano, da modularsi secondo le circostanze del caso concreto.
[26] Cfr. Trib. Torino, 10 giugno 2003, in Orient. giur. lav., 2004, I, 471; Trib. Vicenza, 3 giugno 2004, in Riv. it. dir. lav., 2005, II, 356, con nota di Rossi.
[27] Cfr. Trib. Mantova, 11 ottobre 2011, in www.ilcaso.it, 6787; Trib. Piacenza, 4 giugno 2009, ivi, 1774; Trib. Treviso, 31 maggio 2006, Orient. giur. lav., 2006, IV, 921, con nota di Ramoni. In questo senso pure LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2908.
[28] Così Cass., 26 ottobre 2012, n. 18469, in Giur. It., 2013, 1048, con nota di Gobio Casali; LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2883.
[29] Cfr. Cass., 7 febbraio 2023, n. 3694.
[30] Lo nota CINELLI, op. cit., 511.
[31] Cass. ss.uu., 11 novembre 2008, n. 26972, in Giur. It., 2009, 61. Vedi sul punto GALANTINO, op. cit., 428 ss.
[32] Si veda già Cass., 12 dicembre 2008, n. 29191, in Resp. civ. prev., 2009, 4, 811, con nota di Chindemi; Cass., 12 settembre 2011, n. 18641, in Giur. It., 2012, 1543, con nota di Valore. Più di recente Cass., 17 maggio 2022, n. 15733. Un’analisi della giurisprudenza difforme rispetto all’orientamento delle Sezioni Unite è svolta da AINA, L’utilizzo delle tabelle nella liquidazione del nuovo danno non patrimoniale, in Nuova giur. civ., 2010, II, 104 ss.
[33] Dopo la sentenza delle Sezioni Unite le tabelle milanesi hanno abbandonano la voce “danno biologico” per far posto alla voce “danno non patrimoniale”, comprendente il “vecchio” danno morale.
[34] In tal senso, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite del 2008, Trib. Vicenza, 10 febbraio 2009, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, IV, 895, con nota di Montuschi; Trib. Mantova, 11 ottobre 2011, in www.ilcaso.it, 6787. Cfr. anche CHINDEMI, Il danno differenziale dopo le sentenze di San Martino, in www.altalex.it; LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2911.
[35] Cass., 27 settembre 2021, n. 26117, in Giur. It., 2022, 1587, con nota di Rumine: “posto che l'indennizzo per danno biologico permanente pagato dall'Inail alla vittima di lesioni personali va detratto dal credito per danno biologico permanente, vantato dalla vittima nei confronti del terzo responsabile, al netto della personalizzazione e del danno morale, nel caso di indennizzo sotto forma di rendita la detrazione deve avvenire sottraendo dal credito civilistico il cumulo dei ratei già riscossi e del valore capitale della rendita ancora da erogare, al netto dell'aliquota di rendita destinata al ristoro del danno patrimoniale”. Per Cass., 27 agosto 2021, n. 23529, il giudice deve procedere d'ufficio allo scomputo dell'importo della rendita Inail, anche quando l'Istituto non abbia provveduto effettivamente all'indennizzo, trattandosi di questione attinente agli elementi costitutivi della domanda. Sul punto Cass., 31 ottobre 2023, n. 30293, rileva che ex art. 213 c.p.c. il giudice può chiedere all’Inail informazioni sul valore capitale della rendita corrisposta, distinta la parte patrimoniale da quella non patrimoniale.
[36] Cfr. Cass., 7 febbraio 2023, n. 3694; Cass., 23 giugno 2021, n. 17967, in Giur. It., 2021, 2411, con nota di Poli; Cass., 19 giugno 2020, n. 12041, in Giur. It., 2021, 378, con nota di Ludovico. Cass., 12 dicembre 2016, n. 25327, osserva che “il credito risarcitorio residuo spettante a chi, avendo patito una lesione della salute, abbia ottenuto dall’Inail un indennizzo del danno biologico ai sensi del d.lgs. n. 38 del 2000, va liquidato non già sottraendo dal grado percentuale di invalidità permanente, individuato sulla base dei criteri civilistici, quello determinato dall’Inail coi criteri dell’assicurazione sociale, bensì, dapprima, monetizzando l’uno e l’altro grado di invalidità, e successivamente sottraendo il valore capitale dell’indennizzo Inail dal credito risarcitorio aquiliano”.
[37] Così Cass., 11 aprile 2019, n. 10726, in Giur. It., 2019, 1510; Cass., 14 ottobre 2016, n. 20807, in Giur. It., 2016, 2314. Sul punto NEGRO, op. cit., 4948 ss., ricorda che la rendita pagata dell’Inail per invalidità superiori al 15% indennizza in parte il danno biologico e in parte quello patrimoniale da incapacità di lavoro, che viene liquidato forfettariamente.
[38] LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2911 ss.
[39] Applicabilità sancita da Cass. ss.uu., 22 maggio 2018, n. 12566, in Giur. It., 2018, 1344, con nota di Gallo, secondo cui l’importo della rendita per inabilità permanente corrisposta dall'Inail va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto dal responsabile del fatto. Così pure Cass., 12 settembre 2019, n. 22735, in Giur. It., 2020, 1080, con nota di Gallo.
[40] Sui diversi esiti operativi che comporta l’adozione del metodo dello scomputo rispetto a quello per sottrazione cfr. ROSSETTI, La maledizione di Kirchmann, ovvero che ne sarà del danno differenziale, in www.questionegiustizia.it.
[41] Cfr. ROSSETTI, op. ul. cit.
[42] Vedi NEGRO, op. cit., 4957.
[43] Vedi in tal senso Cass., 23 giugno 2021, n. 17967, in Giur. It., 2021, 2411, con nota di Poli. Per una efficace sintesi del modo di operare lo scorporo per poste si veda, più di recente, Cass., 31 ottobre 2023, n. 30293.
[44] Così Cass., 29 luglio 2014, n. 17220, in Giur. It., 2014, 1810, la quale aggiunge che il risarcimento del danno patrimoniale da incapacità di lavoro spetta solo a chi dimostri che a causa delle lesioni: a) ha perso in tutto od in parte il reddito; b) pur avendo conservato il reddito, in futuro questo si contrarrà o crescerà meno di quanto non sarebbe avvenuto senza il danno. Così pure ROSSETTI, op. cit., 145.
[45] Come abbiamo già osservato in nota, la rendita per invalidità dal 16% in su indennizza in parte il danno biologico e in parte la riduzione della capacità lavorativa.
[46] Cfr. Cass., 31 ottobre 2023, n. 30293; Cass., 11 maggio 2021, n. 12435; LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2886.
[47] Cfr. LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2908 ss.
[48] In un caso antecedente all’introduzione dell’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000, Cass., 2 luglio 2010, n. 15738, ha osservato che nella liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro, per evitare duplicazioni risarcitorie, dal danno patito per la diminuita capacità lavorativa specifica - quantificato dal giudice con i criteri della responsabilità civile - va sottratto il valore capitale della rendita erogata dall'Inail, rappresentando anch’esso un indennizzo destinato al ristoro di un danno patrimoniale. Vedi anche Cass., 27 settembre 2021, n. 26117, in Giur. It., 2022, 1587, con nota di Rumine. Pure la citata Cass. ss.uu., 22 maggio 2018, n. 12566 - in tema di scorporo dal risarcimento di quanto percepito dall’Inail – riguarda un caso (anteriore all’introduzione dell’art. 13) in cui l’Inail aveva indennizzato il danno patrimoniale erogando una rendita per invalidità permanente.
[49] Come notano LA PECCERELLA – ROMEO, op. cit., 2885, le conseguenze patrimoniali delle menomazioni sono indennizzate solo dall’ulteriore quota di rendita per quelle pari o superiori al 16%.
[50] Dato che non si tratta di una voce di danno coperta dall’assicurazione obbligatoria, sembra di poter dedurre che il suo risarcimento non richieda la responsabilità penale ex art. 10 D.p.r., posto che l’esonero dalla responsabilità civile ricorre appunto per le sole voci indennizzate dall’Inail.
[51] Cfr. Cass., 12 ottobre 2010, n. 21012; Cass., 18 settembre 2007, n. 19357; Cass., 10 agosto 2004, n.15418; Cass., 8 marzo 2002, n.3434; ROSSETTI, op. cit., 152; FRANZONI, op. cit., 307.
[52] Vedi di recente Cass., 20 gennaio 2023, n. 1752; Cass., 4 marzo 2021, n. 5865; Cass., 11 novembre 2019, n. 28988; Cass., 9 ottobre 2015, n. 20312. In dottrina vedi IANNI, La capacità lavorativa, in Responsabilità civile, a cura di Cendon, Milano, 2020, III, 4371 ss.
[53] Così Cass., 12 giugno 2023, n. 16628.
[54] Ai sensi dell’art. 2 co. 3 D.p.r. n. 1124/1965 l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi durante il percorso di andata e ritorno dall’abitazione al luogo di lavoro.
[55] Si vedano le già citate Cass. ss.uu., 22 maggio 2018, n. 12566, in Giur. It., 2018, 1344, con nota di Gallo, e Cass., 12 settembre 2019, n. 22735, ivi, 2020, 1080, con nota di Gallo. Nello stesso senso GALLO, Trattato di diritto civile, VII, Torino, 2018, 192. BIANCA, Diritto civile, V, Milano, 2021, 167, osserva che il cumulo è inammissibile in quanto il danneggiato ha diritto al risarcimento del solo danno effettivamente subito. Sempre per il principio della compensatio lucri cum damno Cass., ss.uu., 22 maggio 2018, n. 12567, afferma che dall’ammontare del danno va detratto il valore capitale dell'indennità di accompagnamento erogata dall'Inps.
[56] Così Cass. ss. uu., 12 novembre 1988, n. 6132, in Foro It., 1989, I,742; Cass., 25 giugno 1993, n. 7063. Se si tratta di danno provocato dalla circolazione di veicoli, il datore di lavoro può esercitare l’azione diretta contro l’assicuratore della r.c.a., secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 209/2005 (c.d. Codice delle Assicurazioni).
[57] Così sempre Cass. ss. uu., 12 novembre 1988, n. 6132.
[58] Se si tratta di danno da circolazione stradale, ove il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale l'ente gestore di questa ha diritto di ottenere direttamente dall'impresa di assicurazione del responsabile il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato (art. 142 D.Lgs. n. 209/2005). Ex art. 1916 c.c. l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concorrenza del suo ammontare, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili, e ciò vale anche per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro.
[59] Si pensi alla c.d. polizza di responsabilità civile verso terzi e operai, volta a tenere indenne il datore di lavoro dall’azione risarcitoria dell’infortunato e dall’azione di regresso dell’Inail. Cfr. CAVALLO BORGIA, Responsabilità e assicurazione, Milano, 2004, 358 ss.; VALLEBONA, op. cit., 267 (nt. 46). Per Cass., 29 gennaio 2001, n. 114, “il contratto di assicurazione della responsabilità civile del datore di lavoro verso i dipendenti (RCO) avente come clausola fondamentale quella secondo la quale «la società si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare (capitale, interessi e spese) quale civilmente responsabile ai sensi degli art. 10 e 11 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 per gli infortuni sofferti da prestatori di lavoro da lui dipendenti», va interpretato nel senso che l'assicuratore privato si è obbligato a garantire al datore di lavoro il pagamento di quanto questi fosse debitore nei confronti del lavoratore infortunato in forza delle norme sulla sua responsabilità civile, eccetto quei pagamenti dai quali fosse esentato in virtù delle regole dell'esonero di cui all'art. 10 t.u. n. 1124 del 1965”.
[60] Lo nota VALLEBONA, op. cit., 195.
[61] Su questa disciplina vedi VALLEBONA, op. cit., 195.
[62] Salvo quanto previsto dall’art. 1228 c.c., in base all’art. 2049 c.c. il “padrone” è responsabile dei danni arrecati ai terzi dal fatto illecito del suo dipendente, ma ciò non toglie che ne sia responsabile in solido pure quest’ultimo ex art. 2043 c.c. Trattandosi di responsabilità solidale, il datore di lavoro che ha risarcito ha azione di regresso ma, non applicandosi direttamente l’art. 2055 c.c., il regresso può anche essere per l’intera somma: cfr. Cass., 5 luglio 2017, n. 16512; Cass., 5 settembre 2005, n. 17763; FRANZONI, op. cit., 695.
A parte gli obblighi di sicurezza a carico del datore di lavoro, il lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e di quella delle persone presenti sul luogo di lavoro, osservando i doveri previsti dall’art. 20 D.Lgs. n. 81/2008. L’inosservanza di questi doveri può configurare quella colpa che lo rende responsabile ex artt. 2043, 2050 e 2051 c.c.; d’altra parte il regresso dovrebbe escludersi laddove l’illecito sia commesso in esecuzione delle direttive impartite dallo stesso datore di lavoro.