Oneri processuali in caso di donazioni nell'ambito dell'istituto della collazione ereditaria
Pubblicato il 22/12/23 08:25 [Articolo 2145]






Riflessioni sulla sentenza della Corte di Appello di Bologna 9 novembre 2023, n. 2240

 

Sommario: 1. Il caso oggetto della decisione della Corte di Appello di Bologna e la problematica delle donazioni indirette in ambito successorio. - 2. La differenza tra donazione diretta e donazione indiretta. - 3. La collazione ereditaria: gli oneri processuali nell’ipotesi di donazioni dirette ed indirette. - 4. Brevi cenni conclusivi: la correttezza della sentenza della Corte di Appello di Bologna

 

1. Il caso oggetto della decisione della Corte di Appello di Bologna e la problematica delle donazioni indirette in ambito successorio.

Con la sentenza in commento la Corte di Appello di Bologna ha ribadito il principio, già ampiamente consolidato nel seno della giurisprudenza di legittimità e di merito e in dottrina, secondo il quale in tema di successione deve certamente escludersi che gli acquisti di immobili effettuati dai coeredi da terzi con riferimento ai quali venga asserito che il relativo corrispettivo sia stato pagato con denaro del de cuius e, quindi, costituenti donazioni indirette, possano essere automaticamente ricompresi nell’asse ereditario; tale automatismo trova applicazione esclusivamente nelle donazioni dirette[1].

Il problema della collazione delle donazioni indirette in ambito successorio riveste notevole importanza dal momento che sovente accade che attraverso la conclusione di negozi con causa onerosa che vedano come partecipanti il defunto e uno o più futuri coeredi si vuole raggiungere il risultato di una vera e propria donazione. Una delle ipotesi di donazioni indirette che più viene sottoposta al vaglio dell’autorità giudiziaria è quella della conclusione di contratti di compravendita di beni immobili tra coeredi e soggetti terzi con il pagamento del corrispettivo da parte dei primi con denaro del de cuius[2].

E il caso sottoposto alla Corte di Appello di Bologna rientra in tale tipologia di fattispecie.

Una moglie separata dal marito defunto si era rivolta al Tribunale di Forlì domandando, per quanto qui di interesse, di disporre, in caso di accettazione dell’eredità da parte dei due figli di prime nozze del defunto, la collazione delle donazioni indirette di due immobili acquistati dai convenuti da soggetti terzi asserendo che il relativo prezzo di acquisto fosse stato pagato con denaro del padre. Il tribunale adito, con sentenza non definitiva, aveva rigettato la domanda in quanto la donazione indiretta non era stata provata.

L’attrice aveva, successivamente, impugnato il provvedimento dinanzi alla corte bolognese deducendo che sarebbe stato onere dei convenuti dimostrare che gli immobili avrebbero dovuto essere esclusi dalla collazione.

La corte di appello con la sentenza in commento ha confermato la sentenza del Tribunale di Forlì esplicitando che in caso di donazione diretta sussiste in capo a chi eccepisce un fatto ostativo alla collazione l’onere di fornire la prova dello stesso nei confronti di tutti gli altri condividenti; con riferimento invece all’ipotesi di deduzione di avvenuta donazione indiretta i beni oggetto di quest’ultima non rientrano automaticamente nell’asse ereditario e l’onere della prova della sua esistenza è a carico di chi la deduce.

Alla luce di tali affermazioni emerge che se è pacifico che le due diverse ipotesi di donazione siano soggette a collazione, il meccanismo attraverso il quale l’istituto in questione opera è profondamente diverso a seconda che si verifichi l’una o l’altra fattispecie e si rende necessaria un’opera di differente accertamento da parte del giudice.

Tale questione, oggetto del presente contributo, prima di essere affrontata richiede, tuttavia, brevi cenni con riferimento alla differenza tra donazioni dirette e donazioni indirette[3].

 

2. La differenza tra donazione diretta e donazione indiretta.

La donazione diretta consiste in un contratto attraverso il quale il soggetto donante per liberalità dispone di uno o più diritti senza alcun corrispettivo a beneficio di un soggetto donatario con il risultato dell’impoverimento del primo e del conseguente e contestuale arricchimento del secondo.[4] Si verifica, invece, la fattispecie di donazione indiretta quando, ferma restando la liberalità,  l’arricchimento del donatario da parte del donante avviene attraverso un negozio diverso da quello della donazione diretta.[5] La differenza tra i due istituti consiste nel fatto che la donazione diretta ha causa tipica, ovvero il dare o l’obbligarsi a dare per spirito di liberalità da parte del donante nei confronti del donatario senza una controprestazione con consequenziale proprio impoverimento a fronte dell’arricchimento dell’altra parte, mentre nella donazione indiretta l’attribuzione liberale consiste nel risultato del negozio posto in essere il quale mantiene la propria causa.[6] All’interno della donazione indiretta è ricompreso anche il c.d. negotium mixtum cum donatione, il quale consiste in un negozio a titolo oneroso nel quale la prestazione di una parte supera la controprestazione dell’altra parte e la differenza di valore tra le prestazioni è effettivamente voluta dalle parti per spirito di liberalità.[7]

 

3. La collazione ereditaria: gli oneri processuali nell’ipotesi di donazioni dirette ed indirette.

Con riferimento alla questione su cui ci si vuole soffermare nel presente contributo è necessario fissare quale punto di partenza la disciplina civilistica, la quale prevede esplicitamente che i figli e i loro discendenti e il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati sempre nei limiti della quota disponibile.

La norma è chiara nel porre a carico dei soggetti dalla stessa individuati, ovvero i figli della persona defunta e i loro discendenti e il coniuge, il conferimento nel patrimonio ereditario di  tutti i beni che hanno ricevuto per donazione sia che la stessa sia stata effettuata con la conclusione di un contratto di donazione in senso proprio sia nell’ipotesi in cui il risultato donativo sia stato raggiunto con una diversa tipologia di negozio.

La ratio dell’istituto è quella di assicurare la corrispondenza e la proporzione tra le quote dei coeredi in modo da evitare che gli stessi conseguano in via definitiva in misura maggiore o minore a causa delle liberalità del de cuius rispetto al dovuto.

La giurisprudenza granitica della Suprema Corte e di merito prevede che l’obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione, e i beni devono essere tutti conferiti nell’asse ereditario; in caso di donazioni dirette il conferimento è automatico, mentre relativamente alle donazioni indirette il conferimento non è automatico ma è necessario un accertamento pregiudiziale dell’esistenza ed effettività delle stesse con conseguente diversa attività di accertamento da parte del giudice e differenti oneri processuali in caso di verificazione dell’una o dell’altra fattispecie.[8]

Nella prima ipotesi sarà sufficiente che l’organo giudicante accerti quali siano i beni conferiti nell’asse ereditario; esclusivamente nel caso in cui venga eccepito un fatto ostativo alla collazione sarà chiamato ad accertare la sussistenza dello stesso e l’onere della prova della circostanza impeditiva graverà sulla parte che ha sollevato l’eccezione. Nell’ipotesi di donazione indiretta il giudice è chiamato ad accertare non l’evento impediente alla collazione ma l’esistenza e la sussistenza di una donazione con la conseguenza che i beni che si assumono indirettamente donati non rientrano automaticamente nell’asse ereditario. In questo caso, chi deduce che un bene è oggetto di donazione indiretta è onerato di formulare la relativa domanda di accertamento e di provarne l’esistenza ed effettività.

 

4. Brevi cenni conclusivi: la correttezza della sentenza della Corte di Appello di Bologna.

La sentenza della Corte di Appello di Bologna in commento risulta essere conforme a quanto affermato dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Infatti, nonostante parte appellante abbia formulato domanda di accertamento che i due immobili acquistati dai convenuti fossero stati pagati con il denaro del padre ha cercato di porre a carico degli stessi l’onere della prova gravante su di essa.

Inoltre, la sentenza della corte bolognese è conforme al principio generale dell’ordinamento espresso dall’art. 2697 c.c. per cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento il quale non può essere derogato neanche se una parte si trovi in un’obiettiva difficoltà di fornire la prova del fatto[9].

 


[1] Vd. sul punto Cass. Sez. 2, 27/07/2022,  n. 23403 Cass. Sez. 2, 12/08/2010, n. 18625, Cass. Sez. 2, 18/07/2005, n. 15131, Cass. Sez. 2, 01/02/1995, n. 1159. Cfr. anche Trib. Vicenza, Sez 2, Sent. 13/03/2017, n. 813. Vd. sull’istituto sulla collazione si vedano a mero titolo esemplificativo e non esaustivo G. Iaccarino, Successioni e donazioni, Utet Giuridica, Milano, 2023; L. Balestra, M. di Marzio, Successioni e donazioni. Seconda edizione, Cedam, Milano, 2014.

[2] La verificazione di tale tipologia di donazione indiretta è ampiamente diffusa. Cfr. da ultimo ex multis Cass. Sez. 2, 17/04/2019,  n. 10759 e Cass. Sez. 2, 04/09/2015, n. 17604.

[3] Per una panoramica sulla differenza tra donazioni dirette ed indirette anche con riferimento all’ambito successorio si vd. R. Mazzon, Dividere i beni in comunione, Cedam, Milano, 2023; G. Bonilini, Trattato di diritto delle successioni e donazioni,  Giuffrè, Milano, 2009.

[4] Cfr. Cass. Sez. 3, 3.6.1980,  n. 3621 nel quale si afferma che “il negozio di liberalità, che si costituisce una categoria generale nella quale rientrano varie figure negoziali, tra cui la donazione, che è tipizzata distintamente dal legislatore perché sottoposta ad una particolare disciplina, è quello con il quale, un soggetto, consapevole di non esservi tenuto in virtù di un vincolo giuridico o di un vincolo extragiuridico rilevante per la legge, opera liberamente e spontaneamente un’attribuzione patrimoniale  gratuita a favore di un altro soggetto per arricchirlo. Conseguentemente, la causa di tale negozio è costituita dall’effettuazione di un’attribuzione patrimoniale gratuita, che comporti un arricchimento del destinatario, qualificata soggettivamente dalla consapevolezza nell’autore di essa, che la medesima è operata in assenza di un qualsiasi dovere giuridico oppure soltanto morale o sociale, e, perciò, in definitiva, per quello spirito di liberalità,l che è legislativamente riferito al contratto di donazione (art. 769 c.c.).”. Cfr. anche  Cass., Sez. 2, 18.02.1977, n. 737 nella quale si legge che “l’assenza di corrispettivo, se è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gratuito (così distinguendoli da quelli a titolo oneroso) non basta invece ad individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono necessari, oltre all’incremento del patrimonio altrui, al concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità) consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti e di un elemento a carattere obiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione.”. Cfr. F. Bocchini - E. Quadri, Diritto Privato, Giappichelli, Torino, 2018, pag. 1439 ss., G. Gennari, Successioni e donazioni: percorsi giurisprudenziali,  Giuffrè, Milano, 2003, pag. 333 ss., G. Bonilini, Trattato di diritto delle successioni e donazioni,  Giuffrè, Milano, 2009. pag. 376 ss.

[5] Cfr. Cass. Sez. 2, 16/03/2004,  n. 5333 nella quale la Suprema Corte ha affermato che “la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito, che è quello di realizzare una liberalità e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento, e può essere costituito anche da più negozi tra loro collegati, come nel caso in cui un soggetto, stipulato un preliminare di compravendita di un immobile in veste di promissario acquirente, paghi il relativo prezzo e sostituisca a sé, nella stipulazione del definitivo con il promittente venditore, il destinatario della liberalità, così consentendo a quest’ultimo di rendersi acquirente del bene ed intestatario dello stesso”. Cfr. anche Cass. Sez. 1, 08.05.1998, n. 4680. Cfr., inoltre, G. Capozzi, A. Ferrucci, Successioni e donazioni, Giuffrè, Milano, pag. 1668 ss.

[6] La differenza tra donazioni dirette ed indirette è ben esplicitata nella sentenza Cass. Sez. 1, 3.5.1969, n. 1465: “la differenza fra donazioni dirette ed indirette non consiste nella diversità dell’effetto pratico che da esse deriva, ma nel mezzo con il quale è attuato al fine di liberalità, che, per le prime, è il contratto previsto dall’art. 769 c.c. e, per le seconde, è un fatto o un negozio giuridico che, pur non essendo rivolto, nella sua funzione immediata ad attuare il suddetto fine, lo realizza, tuttavia, indirettamente, come uno scopo ulteriore e diverso rispetto alla sua causa tipica.”.

[7] Cfr. sul punto Cass. 13/07/1995, n. 7666 e Cass. Sez. 2, 21.10.1992, n. 11499. Cfr. anche F. Loffredo, Atto tra vivi, Legge notarile. Casistica, Giuffrè, Milano, pag. 62 ss.

[8] Cfr. ex multis Cfr. Cass. Sez. 2, 27/07/2022,  n. 23403 in cui si legge che “Perciò l’obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione (salva l’espressa dispensa da parte del de cuius nei limiti in cui sia valida) e i beni donati devono essere conferiti indipendenti da una espressa domanda dei condividenti, essendo sufficiente a tal fine la domanda di divisione e la menzione in essa dell’esistenza di determinati beni, facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire, quali oggetto di pregressa donazione (…). E’ tuttavia pregiudiziale .all’obbligo di collazione la proposizione della domanda di accertamento dell’esistenza di una donazione indiretta (…). Cfr. anche Trib. Vicenza Sez 2, Sent. 13/03/2017, n. 813. Cfr. R. Mazzon, Dividere i beni in comunione, Cedam, Milano, 2023, pag. 228 ss, P. Cendon, Commentario al codice civile, 2009, Giuffrè, Milano pag. 195 ss.

[9] Cfr. ex multis Cass. Sez. 1, 2/9/2005, n. 17702.

 



















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