SOMMARIO: 1. Introduzione; 2. Anatocismo ed effetto anatocistico; 3. Una equivalenza teorica ed asimmetrica; 4. Il regime; 5. Il servizio degl'interessi; 6. Gli interessi da interessi; 7. I prestiti "in interesse semplice"; 8. Osservazioni ulteriori.
1. Introduzione
E' recentemente apparso, in questo sito, un articolo di D. Nardone ed F. Cappelluti[1] che, per la rilevanza pratica dell'argomento, sembra meritevole di attenta considerazione[2]. Vi si trovano infatti esposti, in forma molto chiara, alcuni di quelli che, secondo chi scrive, sono i più comuni fraintendimenti alla base dell'attuale marasma giudiziario[3] in materia di mutui.
In sintesi: gli Autori individuano correttamente il cuore del problema nella modalità di pagamento degl'interessi adottata in tutti i rapporti di prestito in uso, e consistente nella liquidazione periodica di quelli via via generati (la denomineremo "modalità standard"). Essi non vi riconoscono però la piana applicazione di una logica trasparente e normalissima: la stessa con la quale, simmetricamente, la banca remunera i suoi creditori (i correntisti). Vi vedono, invece, una manovra illegittima; una sorta di subdolo [sic] stratagemma che gl'istituti utilizzerebbero per procurarsi profitti esorbitanti, ed illegittimi perché anatocistici.
Si possono certo ipotizzare procedure di ammortamento diverse da quelle normali e che prevedano, per il servizio degl'interessi, modalità più vantaggiose per il debitore (esattamente come lo sarebbe l'adozione di un tasso di remunerazione più basso). Conviene però sottolineare che applicando quella standard non si lucra un vantaggio inconfessato ed inconfessabile, ma si realizza il tasso effettivo ufficialmente dichiarato e contrattualizzato.
Che poi la modalità standard sia causa di criticità è fatto ben noto, rilevato anche (non certo per primo) da chi scrive[4]; così pure, è noto esservi una sorta di equivalenza tra i metodi di ammortamento in uso e quelli (più o meno esplicitamente[5]) vietati. E' però necessario comprendere bene il significato ed i limiti di questa equivalenza; che non implica una perfetta intercambiabilità, e dalla quale riteniamo impossibile ricavare le conseguenze che ne traggono, invece, gli Autori. Ne illustreremo nel par. 3 il carattere solo teorico e del tutto asimmetrico: ciò che ne fa una "equivalenza" di tipo molto particolare, comunque alquanto debole.
Sarà facile far notare che la modalità standard non provoca affatto la nascita dei troppo spesso, e troppo a torto, citati interessi "esponenziali". Ovvio è anche che se, come avviene, gl'interessi vengono periodicamente pagati, è escluso che siano capitalizzati, e messi con ciò in condizione di produrre nuovi interessi. E' del tutto fuor di luogo, pertanto, ogni riferimento all'interesse composto ed alla categoria dell'anatocismo.
Discuteremo infine della irrealizzabilità pratica (al di fuori di casi elementarissimi) di contratti di prestito in interesse semplice: mostrandone la natura di pure costruzioni accademiche, inconciliabili con la logica finanziaria.
2. Anatocismo ed effetto anatocistico
Gli Autori distinguono l'anatocismo in senso stretto (per loro: "anatocismo" sic et simpliciter), inteso come produzione di interessi da interessi, da quello che denominano "effetto anatocistico": in presenza del quale ci si troverebbe quando si rilevino risultati coincidenti con quelli forniti da una procedura evidentemente anatocistica, ossia nella quale si osservi produzione di interessi da interessi, sia pure non scaduti ed esigibili (non intendiamo entrare nella questione di cui nella n. 6). Accettiamo volentieri la proposta, per la chiarezza che apporta ad una discussione che già soffre per troppe ambiguità ed incomprensioni.
A ragione, gli Autori individuano la causa di questo "effetto", per quanto riguarda i contratti di mutuo, nella modalità standard usualmente adottata per il servizio degl'interessi: che vengono ad ogni scadenza calcolati come prodotto tra il tasso periodale di remunerazione e l'ammontare del debito residuo dalla scadenza precedente; e dunque pagati - almeno in parte - anticipatamente rispetto al rimborso del capitale cui essi si riferiscono (ma non alla loro generazione!).
In relazione ad un prestito ad ammortamento francese classico, che la prevede, gli Autori hanno l'idea (brillante, e nuova per chi scrive) di raffrontare il flusso a carico del mutuatario con quello derivante da un rapporto di conto corrente con addebito periodico degl'interessi (in questo caso, passivi), e fanno notare la coincidenza dei pagamenti complessivamente dovuti. Dunque, quell'ammortamento realizzerebbe "effetto anatocistico" e sarebbe, di conseguenza, contra legem[6].
Alcune puntualizzazioni sono necessarie. Le formuliamo in ordine d'importanza crescente.
Il risultato in sé non è certamente nuovo. Negli Elementi di Algebra di A. Casano (1845) è scritto che si usa "mascherare" [sic] l'interesse composto sotto la condizione dell'obbligo di pagare in fine di ogni unità di tempo gli interessi semplici del capitale già maturati; e alla stessa conclusione perveniva, 170 anni dopo, chi scrive queste righe[7].
Il risultato medesimo non riguarda i soli prestiti ad ammortamento francese classico. Gli stessi Autori danno atto (pag. 11, n. 7[8]) che si applica anche a quelli ad ammortamento italiano; in realtà, il suo ambito di validità è molto più vasto. Come illustrato nell'articolo citato in n. 4, esso vale ogniqualvolta sia prevista la modalità standard per il servizio degl'interessi; ossia, per tutti i tipi di contratto normalmente in uso. Tra questi, i prestiti oggi detti del tipo bullet, e chiamati una volta "con rimborso alla scadenza": il debito rimane nella sua intera misura fino alla fine, quando viene rimborsato con un unico pagamento; periodicamente, il mutuatario corrisponde gl'interessi, che a questo punto risultano sempre dello stesso ammontare. E' dunque applicata la modalità standard. Fra tutti i prestiti "ad effetto anatocistico", riteniamo preferibile riferirci a quelli di questo tipo: la loro struttura semplicissima permette infatti di evidenziare con la massima chiarezza i punti salienti, che la presenza di un meccanismo di ammortamento progressivo può in parte occultare e rendere meno immediatamente visibili.
A titolo di esempio pratico, considereremo il caso "di scuola" di un prestito quinquennale di 1.000 euro al 10%. Il piano di ammortamento è riportato nella tabella 1 (da considerare l'analoga della tabella 1 dell'articolo che commentiamo, parte sinistra).
Tabella 1 - Un prestito bullet (ad effetto anatocistico)
L'osservazione principale alla tesi degli Autori è che l'equivalenza economico-finanziaria tra un prestito ad effetto anatocistico ed uno anatocistico, ancorché apparentemente stabilita oltre ogni ragionevole dubbio, resta confinata nel suo ambito. Una rapina a mano armata può fornire lo stesso ricavo di un'attività onesta (essere equivalente ad essa dal punto di vista economico-finanziario), ma non per questo il lavoro onesto diventa condannabile. Torneremo sul punto, essenziale, nel par. 3.
A pag. 10 troviamo un'obiezione a quanto abbiamo appena finito di scrivere. Gli Autori vi asseriscono che la ratio ispiratrice del divieto anatocistico sarebbe riposta evidentemente nel voler impedire il realizzarsi dell'effetto anatocistico tout court, ovvero l'accrescimento fuori controllo degli interessi con effetti distorsivi ed aberranti ai danni del mercato del credito e dei prenditori del credito. Dunque i prestiti ad effetto anatocistico non sarebbero vietati in quanto equivalenti a prestiti anatocistici e quindi per una ragione, diremmo, formale; ma per quella, sostanziale e diretta, che genererebbero effetti distorsivi ed aberranti, provocando una crescita fuori controllo degl' interessi. Questo argomento è assai caro agli Autori, che non mancano di ripetere (ad es. a pag. 11, ma anche altrove) che in questi prestiti si creerebbe un ammontare spropositato di interessi attraverso la crescita esponenziale dei medesimi.
A noi pare che una semplice occhiata alla tabella 1 basti per fare giustizia di queste affermazioni. Quel prestito è certamente ad effetto anatocistico (gl'interessi sono pagati in anticipo rispetto al rimborso, e sono calcolati su tutto il debito residuo; del resto, il confronto con i movimenti di conto corrente simulante il debito, secondo il metodo degli Autori, è immediato); ma il totale degl'interessi è di 500 euro, quantità che sembra alquanto improprio ritenere aberrante a fronte di 1.000 euro detenuti per 5 anni, e per i quali si è concordato un tasso di remunerazione del 10%. E altrettanto improprio è parlare di crescita esponenziale a fronte di una successione di pagamenti come quella che si legge nella seconda colonna (e cioè: 100, 100, 100,
). Siamo, ci pare, piuttosto lontani da quel doppiar degli scacchi di cui a pag. 2[9]. Ecco una crescita esponenziale: 100, 1.000, 10.000,
: non crediamo necessiti una gran preparazione matematica per notare la differenza con la precedente.
La sintesi di quanto fin qui illustrato è che i prestiti con modalità standard di servizio degl' interessi (ammortamento francese, italiano, bullet,
) sono sì ad effetto anatocistico quanto alla forma; ma non evidenziano nulla di patologico (lamentevole? inaccettabile?
) per quanto riguarda la sostanza della loro onerosità.
Che poi essi siano relativamente più onerosi di prestiti diversamente strutturati è questione totalmente diversa e, diremmo, banale.
3. Una equivalenza teorica ed asimmetrica
Dedichiamo questo paragrafo, per la rilevanza concettuale e pratica dell'argomento, alla "equivalenza" che, da Casano ai giorni nostri, i matematici riconoscono tra un prestito ad interesse composto (inteso nel senso che stiamo per precisare) ed uno con pagamento periodico degl'interessi.
Il prestito visto al par. precedente equivale perfettamente, per essi, a quello che prevede, da parte del debitore, il solo pagamento di 1.610,51 euro al termine del quinto anno: somma che contiene i 1.000 euro di capitale ricevuto, e il montante in interesse composto degli interessi che, nella modalità bullet, sono invece pagati annualmente, e dunque non capitalizzati. Il prestito assume con ciò la natura di uno "tipo ZCB" in interesse composto: la cui anatocisticità non mettiamo in dubbio[10]. Si afferma che le due modalità sono equivalenti appunto perché la successione (100, 100, 100,
) dei pagamenti previsti dalla prima può dar luogo a quel montante.
Abbiamo scritto "può dar luogo" perché l'equivalenza non è affatto automatica: è necessario, per realizzarla in pratica, investire via via quegli interessi allo stesso tasso del prestito (10%).
E' facile accettare l'idea che un operatore professionale (il mutuante) abbia la possibilità di effettuare queste operazioni: egli sarà pertanto indifferente[11] tra la forma bullet e quella ZCB. Aggiungiamo: e qualunque altra forma che gli garantisca il rendimento effettivo del 10% annuo. Questo, per far giustizia della vera e propria leggenda metropolitana secondo la quale le banche sarebbero fortemente interessate a vendere prestiti ad ammortamento francese, perché più redditizi per esse.
Le cose vanno assai diversamente per il mutuatario: egli non ha, in generale, le competenze necessarie per svolgere quegli investimenti. Nell'articolo che commentiamo si parla a volte di asimmetria informativa: ve n'è anche una "operativa". Per la banca, ricevere (100, 100,
, 1.100) è lo stesso[12] che ricevere (0, 0,
, 1.610,51); per il di lei cliente, pagare il secondo flusso vuol dire affrontare uno sforzo notevole concentrato in un solo anno, oppure l'alea di una serie di impieghi ad un tasso (quello del prestito) certamente non "senza rischio". Non è infatti sufficiente che egli si limiti ad accantonare, annualmente, i 100 euro che la modalità bullet lo obbligherebbe a pagare.
Notiamo ancora: è vero che la riscossione anticipata degl'interessi mette il mutuante in condizione di metterli subito a frutto, e lucrare così interessi da interessi; ma è scorretto non riconoscere che questi non sono a carico del debitore: provengono da altri investimenti rischiosi che il finanziatore fa al di fuori dell'operazione di prestito. Parlare, in relazione ad essi, di anatocismo è del tutto fuori luogo.
In questa situazione, sembra davvero improprio parlare di equivalenza tra prestiti ad effetto anatocistico e prestiti anatocistici. Una relazione di equivalenza deve infatti valere "in sé e per sé": non può sussistere o meno, a seconda del punto di vista che si adotta.
4. Il regime
E' lamentato più volte, nell'articolo, il fatto che nei prestiti ad effetto anatocistico vi sarebbe l'applicazione del regime composto. Al di là della equivalenza teorica (ed asimmetrica!) che abbiamo discusso nei parr. 2 e 3, ripetiamo l'invito ad esaminare la tabella 1, e chiediamo dove sia una qualche traccia concreta di tale applicazione (che - ricordiamo - prevederebbe la capitalizzazione continua degl'interessi via via generati). Chi presta sta evidentemente svolgendo un'operazione d'investimento in interesse semplice[13], con pagamento periodico degl'interessi: questo, e non un altro, è il regime finanziario entro il quale si svolgono tutti i prestiti che prevedano la modalità standard per il servizio degl'interessi.
Chi avesse dubbi al riguardo, può riflettere sul fatto che il mutuante del prestito in tabella 1, se davvero stesse investendo in interesse composto al 10%, sarebbe titolare, dopo 6 mesi, di un attivo pari a 1.000 x 1,10,5 = 1.048,81, contro i 1.000 (capitale) + 50 (interessi) = 1.050 che gli spetterebbero in caso di interruzione; e, il giorno della chiusura, il montante che ricaverebbe sarebbe 1.000 x 1,15 = 1.610,51, contro i 1.100 che gli vengono pagati[14]. E' vero che ha riscosso, nel passato, quattro volte 100 euro: ma questi sono a tutti gli effetti usciti dall'operazione di cui si tratta. Possono essere stati consumati, o investiti a loro volta in nuove operazioni per le quali è gratuito (vorremmo dire: inaccettabile) supporre a priori una modalità di svolgimento.
Così, quando leggiamo (pag. 14) che Il regime finanziario di capitalizzazione composta degli interessi, realizzando il medesimo vietato risultato economico-finanziario della crescita esponenziale degli interessi proprio dell'anatocismo, costituisce violazione dell'art. 1283 c.c. ed è irrimediabilmente illecito (ex art. 1418 c.c.) dobbiamo obiettare non solo che, come visto al par. 2, non si rileva alcuna crescita esponenziale degl'interessi, ma anche che non ci si trova in quel regime: cadono dunque le conclusioni.
Quasi lo stesso va rilevato a proposito di quanto scritto a pag.16, e cioè che l'applicazione subdola nel piano di ammortamento di un regime finanziario porta ad un esborso di un monte interessi imprevisto; che la banca, attraverso l'"artifizio o raggiro" del regime composto celato nel piano di ammortamento e non apprensibile a meno di non avere qualificate conoscenze attuariali induce il finanziato "in errore" al fine di "procurarsi un ingiusto profitto" costituito da un monte interessi maggiore rispetto a quello che era legittimo attendersi in conformità al T.A.N. contrattuale; e ancora che la banca non specifica nelle trattative e nel contratto che il piano di ammortamento è costruito con il regime composto; e infine che sarebbe di solare evidenza che l'uomo comune non possa avvedersi del regime applicato e che la banca, subdolamente, sfrutti a proprio vantaggio l'asimmetria informativa.
Nulla di quanto sopra risponde, crediamo, a verità. Non vi è alcuna applicazione subdola di un regime finanziario perché tutto si svolge secondo quello standard (interesse semplice, con pagamento periodico degl'interessi). Dunque, nel piano d'ammortamento non è affatto celato il regime composto: neppure chi abbia qualificate conoscenze attuariali potrebbe scovarvelo (che esista una sorta di equivalenza del tutto teorica ed asimmetrica è cosa di ben diversa validità). Né vi è, (si veda il par. 2) un monte interessi maggiore rispetto a quello che era legittimo attendersi in conformità al T.A.N. contrattuale. Il tasso effettivo del prestito del par. 2 coincide esattamente col suo TAN: nessuna sorpresa, nessun inganno nascosto. E quanto agl'interessi che ci si aspetta di pagare: bastano due delle quattro operazioni aritimetiche (nel caso dell'ammortamento francese: numero delle rate per ammontare della rata, meno capitale prestato) per conoscerne subito l'esatto ammontare.
Ci dobbiamo a questo punto chiedere se parlare di artifizio o raggiro finalizzato all' ottenimento di un ingiusto profitto non configuri il reato di calunnia.
5. Il servizio degl'interessi
Per quanto riguarda la causa della sostanziale (pretesa) anatocisticità dei prestiti ad effetto anatocistico, gli Autori sembrano in realtà incerti.
A pag. 3 essi scrivono che la (quasi) totalità dei piani di ammortamento dei mutui concessi da Istituti di credito viene costruita con utilizzo di algoritmi di calcolo basati sulle leggi finanziarie del regime della capitalizzazione composta e ciò comporta
la presenza di un effetto anatocistico. In realtà, gli algoritmi si riducono ad uno solo, che riguarda il solo ammortamento francese; per l' ammortamento italiano, o per i prestiti bullet, non compare nessun algoritmo; eppure, come giustamente notano gli Autori, l'effetto anatocistico è presente esattamente allo stesso modo. Resta quindi escluso che esso sia dovuto all'uso di quella formula.
La deduzione "la rata dell'ammortamento francese è calcolata con una formula in interesse composto, dunque l'operazione si svolge in questo regime" è tanto diffusa quanto errata. E' errata nella premessa (la rata può calcolarsi senza alcun ricorso all'interesse composto); è errata nella conclusione (sappiamo che l'operazione si svolge, invece, nell'interesse semplice con pagamento periodico degl'interessi); è errata nella logica (anche se la rata fosse ingiustamente alta, non ne seguirebbe che ci si trova di fronte alla capitalizzazione degl'interessi tipica del regime composto).
Gli Autori non insistono però su questo. Come anticipato nel par. 1, e al di là della
contraddizione ora segnalata, essi individuano correttamente il nodo concettuale nel servizio degl' interessi, e non dedicano particolare attenzione alle problematiche specifiche dell'ammortamento francese.
Leggiamo, a pag. 11: Nella prassi bancaria, il regime composto
comporta che gli interessi siano commisurati (e pagati) ad ogni scadenza sull'ammontare totale del capitale residuo
ciò vale a dire che il mutuatario è chiamato a pagare interessi (obbligazione accessoria) su un ammontare di capitale (obbligazione principale) il cui termine di restituzione non è scaduto, anticipando in questo modo la dazione degli interessi.
E' forse inutile ripetere che la prassi che si descrive non ha niente a che fare con nessun regime; inoltre, il regime composto non viene - dovremmo ormai saperlo - mai applicato; e, infine, che anche se lo fosse (ma non lo è!) non comporterebbe affatto che gli interessi siano commisurati etc. etc. Vale, semmai, la logica esattamente contraria: in quanto si applica la modalità standard, nel sistema risultante si può riconoscere un'equivalenza (teorica ed asimmetrica) con un impiego in regime composto.
Osserviamo piuttosto che se gli Autori abbandonano l'opinione (espressa a pag. 13) essere
inequivocabilmente chiarito in sede nomofilattica che il Legislatore ha inteso il contratto di mutuo come un'obbligazione unitaria, ed abbracciano (come qui sembra) quella molto più comune, che esistono due obbligazioni distinte (accessoria e principale, relative, rispettivamente, al servizio degl'interessi ed al rimborso del capitale), viene a cadere ogni pur fragile appiglio alla tesi, che avanzano, che non si possa dar luogo ad un pagamento d'interessi anticipato rispetto al rimborso del capitale.
Il richiamo all'art. 821 (I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della
durata del diritto) pare inconcludente: anche ad intendere, eroicamente, per durata del diritto quella complessiva dell'operazione[15], resta il fatto incontrovertibile che i frutti
si acquistano giorno per giorno.
In favore dell'esigibilità anticipata giocano non solo l'articolo appena citato, ma anche il 1820 (Se il mutuatario non adempie l'obbligo del pagamento degli interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto) ed il 1194 (Il pagamento fatto in conto di capitale e d'interessi deve essere imputato prima agli interessi). Se gl'interessi andassero pagati solo alla fine, il primo dei due sarebbe del tutto privo di senso. Il secondo, che riproduce pressoché alla lettera il Prius in usuras id quod solvitur, deinde in sortem accepto feretur del Codice Giustinianeo, evidenzia anch'esso la piana possibilità di un asincronismo tra i pagamenti in conto capitale e quelli per interessi: se ne evince, anzi, che il pagamento degl'interessi anticipato rispetto al rimborso va considerato come modalità normale[16].
Se però dubbi sull'esigibilità anticipata[17] degl'interessi sono non nuovi (seppure piuttosto rari), nuova è per chi scrive la proposta che gli Autori avanzano per superare questa situazione che essi ritengono illegittima. Eccola: Qualora
si convenga una esigibilità anticipata degli interessi
rispetto al capitale scaduto e restituito
il combinato normativo sarebbe rispettato solo a patto di determinare la misura attraverso l'attualizzazione dell'ammontare maturato alla data di pagamento convenuta
nel
regime di capitalizzazione semplice.
La proposta è non solo nuova, ma anche alquanto singolare. In nessuna disposizione di legge (la nostra competenza in materia, peraltro, è limitatissima) ci risulta sia mai fatto il minimo accenno ad un'operazione di sconto; esplicitamente esclusa, anzi, sia pure in un particolare contesto, dalla sentenza n. 3797/1974 della Corte di Cassazione. Applicata all'esempio del par. 2, la proposta darebbe luogo al piano d'ammortamento mostrato nella tabella 2; la cui regolarità contabile ci sembra discutibile, stante che la stessa disponibilità di 1.000 euro verrebbe pagata 71,43 il primo anno, e a prezzo crescente per quelli successivi.
Tabella 2 - Il prestito "bullet" con servizio degl'interessi legalizzato secondo gli Autori
Il tasso effettivo di questo prestito è sceso all'8,34%. In realtà, un prestito quinquennale di 1.000 euro al 10% in interesse semplice comporterebbe (si veda il par.7) l'unico pagamento di 1.500 euro al termine, e dunque - invece - un tasso effettivo dell'8,45%.
Più importante, anche ai fini di quanto rileveremo nel par. 7, è notare che a parità di TAN (nell'esempio, il 10%) il tasso effettivo di un prestito in interesse semplice decresce con la durata: è dell'8,34% per un prestito di 5 anni, del 4,59% per uno di 25 secondo la modalità della tabella 2, rispettivamente l'8,45% ed il 5,14% secondo l'altra. Poiché, come accennato nel par. 1, il tasso effettivo è il parametro di controllo dell'operazione, per prestiti di durata diversa verrebbero comunque richiesti tassi di remunerazione diversi. Torneremo nel par. 7 su ciò.
Solo per completezza, segnaliamo l'equivoco nel quale incorrono gli Autori quando scrivono (a pag. 14) che nei conti correnti, il pagamento degli interessi viene collocato alla chiusura del rapporto. Nei conti correnti non si ha pagamento degl'interessi, ma loro capitalizzazione; non alla chiusura del rapporto, ma alla fine di ogni anno. Notavamo nel par. 1: proprio il fatto che, quando si presta denaro ad un istituto di credito, si trova naturale riscuotere ogni anno gl'interessi generati durante l'anno stesso, potrebbe aiutare a considerare con meno sospetto la modalità standard.
La frase citata continua con nei mutui, il pagamento degli interessi viene ex lege (art. 821 c.c.) collocato alla scadenza dell'obbligazione principale di restituzione del capitale: inutile ripetere che non ci risulta affatto che l'art. 821 detti quell'obbligo.
6. Gli interessi da interessi
Abbiamo già accennato al fatto che il pagamento anticipato degl'interessi, dunque il loro periodico azzeramento, esclude ovviamente la possibilità che essi ne producano di nuovi a carico del debitore. Ciononostante, l'argomento ritorna due volte nell'articolo, con diverse impostazioni.
Nella parte finale, sorta di appendice matematica del lavoro, viene presentata (pag. 36) una "dimostrazione" del fatto che nella base di calcolo della n-esima quota interessi entrerebbero gli interessi già maturati, scaduti e pagati su tutte le rate precedenti. La dimostrazione è ottenuta scrivendo una formula che avrebbe il pregio di rendere palese dove si annida l'effetto anatocistico nel regime di capitalizzazione composta. Il quale ultimo, peraltro e come più volte ripetuto, è del tutto estraneo al problema; dove poi in esso si annidi l'effetto anatocistico non ha alcun bisogno di essere reso palese, posto che quell'effetto è nella sua stessa natura.
Gli Autori partono dalle relazioni che, nei prestiti a modalità standard, collegano rata, quota capitale e quota interessi dovute alla fine del generico, k-mo anno[18] (denotate, rispettivamente, Rk, Ck ed Ik) con il tasso di remunerazione (i) ed il debito residuo al termine dell'anno precedente (Dk?1):
(1) Ik = iDk?1 Rk = Ck + Ik
Osservano poi che il debito residuo è uguale a quello iniziale (D0) detratte le quote capitale pagate:
Dk?1 = D0 ?
e ottengono, sostituendo ogni quote capitale con la differenza tra rata e quota interessi:
(2) Ik = iDk?1 = i(D0 ? ) = iD0 ? i + i
L'ultimo termine contiene gl'interessi pagati nel passato, che dunque paiono contribuire a determinare quelli dovuti per l'anno.
Si tratta, com'è ovvio, di un piccolo gioco di prestigio. Per svelarlo, basta inserire la seconda delle (1) nella (2): si trova
Ik = iD0 ? i + i = iD0 ? i
ed i misteriosi interessi in grado di generarne di nuovi anche dopo essere stati pagati sono scomparsi.
Altra, e ben diversa cosa è affermare (pag. 11) che gli interessi già maturati, scaduti e pagati
pur non andando a generare direttamente altri interessi
influenzano indirettamente la determinazione degli interessi nel periodo successivo (per effetto della minore riduzione del capitale residuo su cui questi ultimi sono calcolati). Gli Autori smentiscono quindi essi stessi, con la frase che abbiamo sottolineato, quanto da loro "dimostrato". La loro nuova tesi, nella sua genericità (influenzano indirettamente) è incontestabile, ma ci sembra di significato limitato. Nella stessa logica, si può sostenere che le spese di competenza di un anno diminuiscono le entrate dei successivi, perché riducono il capitale investibile. Ciò che è certamente vero, ma ci sembra di scarsa utilità: il costo per l'acquisto di un'autovettura è dato dal suo prezzo, senza l'aggiunta di tutti i potenziali frutti futuri di questa somma.
Dobbiamo ripetere quanto scritto nel par. 1. Applicare la modalità standard per il servizio degl' interessi permette non di lucrare un vantaggio inconfessato, ma di realizzare il tasso effettivo ufficialmente dichiarato e contrattualizzato. Modalità diverse comportano tassi effettivi più bassi: chiederne l'applicazione equivale esattamente a chiedere una riduzione del tasso di remunerazione.
7. I prestiti "in interesse semplice"
Un'ulteriore affermazione degli Autori sollecita una puntualizzazione importante. Essi scrivono (pag. 16) che una volta verificata l'adozione subdola dell'illecito regime composto
deve procedersi, in primo luogo, alla rimodulazione del piano di ammortamento in regime semplice.
Riguardo alla subdoleria, all'illiceità ed alla stessa presenza del regime composto, ci siamo già espressi. Intendiamo qui segnalare che "rimodulare il piano di ammortamento in regime semplice" è, purtroppo, operazione che si può svolgere in più di un modo. Né gli Autori sono gli unici ad incorrere in questo equivoco: tutte, o quasi, le sentenze che concludono per l'inaccettabilità dell'ammortamento francese standard prevedono che i Consulenti d'Ufficio ricalcolino "in interesse semplice" i movimenti di denaro dovuti. Ne deriva un singolare potere di scelta che i Consulenti stessi si vedono attribuito.
A stretto rigore dei termini, un prestito si svolge in interesse semplice soltanto se il debitore paga tutto il montante (beninteso, secondo quel regime) al momento finale. Peraltro, questi contratti ("tipo ZCB") esistono solo sulle carte dei matematici finanziari[19]. Quando, come sempre accade, si rende necessario prevedere pagamenti intermedi, non solo non vi è nessuna prassi consolidata (in relazione al fatto che la forma non è, come appena detto, mai usata), ma neanche accordo in dottrina. La quale ha smesso da alcuni secoli di occuparsi dell'argomento (fino a trovarsi costretta a riprenderlo in considerazione dal recente esplodere di una conflittualità in buona parte pretestuosa) per le seguenti ragioni:
- nessun operatore razionale compie investimenti di media-lunga durata in interesse semplice. Farlo, vuol infatti dire condannare alla sterilità una parte via via crescente della propria ricchezza: posto che gl'interessi generati non ne producono di nuovi, finché non vengono pagati o capitalizzati. In entrambi i casi, si esce dall'ambito dell'interesse semplice stricto sensu.
- nessun operatore razionale concede prestiti a rimborso progressivo in interesse semplice. Farlo, vuol infatti dire investire contemporaneamente il proprio denaro per durate diverse a tassi diversi: ciò che non configura la strategia migliore per massimizzare il guadagno atteso.
Si possono certo immaginare situazioni (aspettative di tassi decrescenti) in cui le scelte appena qualificate come irrazionali sarebbero, invece, giustificate. Ma si tratterebbe di eventualità casuali e sporadiche. Non troviamo concettualmente corretto far riferimento a quelle per giustificare modalità che si vorrebbero, invece, standard.
8. Osservazioni ulteriori
Confiniamo qui alcuni appunti, relativi a questioni diverse e non direttamente attinenti alla principale, ma che non ci sembra opportuno lasciare sotto silenzio.
A pag. 1 si legge che il matematico sostiene che, nel regime della capitalizzazione composta, vi sia anatocismo nella costruzione del piano di ammortamento. Il matematico che scrive queste righe si permette di suggerire che sarebbe forse più prudente, e certo più corretto, scrivere "forse qualche matematico sostiene che
". Il termine stesso "anatocismo" non è, o non è più, conosciuto in Matematica Finanziaria; a lui risulta, inoltre e soprattutto, che nessun piano di ammortamento sia costruito nel regime della capitalizzazione composta, non riscontrandosi mai capitalizzazione degl'interessi.
A pag. 15 gli Autori affermano che a seconda del regime adottato, avremo due T.A.N. differenti. Anche se si pensa che ci si riferisca ad un ammortamento francese, e s'intepreta la frase nel senso di "a seconda come si calcola la rata", l'ìdea di due TAN differenti ci riesce incomprensibile, stante che il TAN è un dato fissato contrattualmente.
Così pure, la frase (pag. 16) la verifica del T.A.N. in regime di capitalizzazione semplice
potrebbe evidenziare un T.A.N. superiore al tasso soglia usura vigente al momento pattizio risulta da respingere, perché il TAN (lo abbiamo appena notato) non ha niente a che fare con alcun preteso regime di svolgimento del prestito. Inoltre, non è esso che va confrontato col tasso soglia d'usura.
\Infine, a pag. 17 sfugge forse agli Autori l'affermazione che la determinazione di tali indicatori (ossia il TAEG/ISC) impone l'applicazione del medesimo regime di capitalizzazione con il quale è costruito il piano di ammortamento concordato. E' noto che il calcolo di quell'indicatore (preferiamo l'uso del singolare perché le differenze tra TAEG e ISC, se ci sono, sono qui irrilevanti) richiede l'uso dell'interesse composto. La frase citata verrebbe dunque a significare che sarebbe imposto, per costruire il piano d'ammortamento, l'applicazione dell'interesse composto. Ciò che è in patente contraddizione con il resto dell'articolo qui commentato.
NOTE
[1] D. Nardone, F. Capelluti, Il regime finanziario di capitalizzazione composta degli interessi nei finanziamenti rateali: criticità e soluzioni, maggio 2020 (articolo edito anche in Altalex).
[2] Nel seguito, parleremo brevemente de "l'articolo" e de "gli Autori".
[3] Alludiamo al continuo, sgradevole, incomprensibile (per un profano) avvicendarsi di sentenze di segno opposto, in relazione ad una medesima ragione del contendere.
[4] F. Cacciafesta, In che senso l'ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo; Politeia, XXXI, 120, 2015, pp. 24-32.
[5] L'inciso, limitativo, è dovuto al fatto che non ci risulta studiosi ed operatori del Diritto siano unanimi nel considerare illegittimi tutti i prestiti in cui si ravvisino interessi da interessi "non scaduti ed esigibili".
[6] Ma si veda la n. 5!
[7] V. la n. 4.
[8] Rinvvi di questo tipo s'intendono, anche nel seguito, all'articolo citato qui in n. 2.
[9] Per il quale, ci piace segnalare agli Autori che, oltre alle versioni egiziana ed indiana di cui essi parlano, esiste anche quella dantesca: Paradiso, XXVIII, 88-93.
[10] Ma si veda, ancora una volta, la n. 5.
[11] Naturalmente, in prima approssimazione: a meno di ulteriori considerazioni legate, ad esempio, a sue personali esigenze di bilancio annuo, o a sue aspettative sull'evoluzione dei tassi.
[12] "Lo stesso", ovviamente, nei limiti del modello teorico: si veda la n. 11.
[13] Che, tra una scadenza e la successiva, il debito cresca linearmente, e dunque secondo l'interesse semplice, è chiaramente stabilito dalla sentenza Cass. Sez. Un. Civ. 23.09.1974, n. 3797.
[14] Pensare che quando gli Autori parlano di "regime composto" essi intendano invece quello semplice con capitalizzazione periodica degl'interessi supera la prima difficoltà, ma non la seconda.
[15] Noi preferiamo pensare a questa durata come alla misura di tempo decorso dall'inizio. Siamo sicuri di non essere i soli a farlo.
[16] Viene a volte obiettato (anche nell'articolo, a pag. 12) che la norma romano-italiana può essere applicata solo a condizione che interessi e capitale siano entrambi "liquidi ed esigibili". A parte il fatto che sarebbe ben strano regolamentare un pagamento che non può aver luogo, notiamo che poiché la questione riguarda la modalità d'imputazione di una rata d'ammortamento prevista dal contratto e, a termini di cointratto, scaduta, l'esigibilità è fuori discussione.
[17] Anticipata, beninteso, non rispetto alla loro generazione.
[18] Per comodità espositiva, facciamo l'ipotesi che i pagamenti siano dovuti con cadenza annua.
[19] Non si confonderà l'acquisto sul mercato di un'obbligazione senza cedola con la stipula di un contratto di prestito.