Il Tribunale ordinario di Foggia fa il punto in tema di mandato senza rappresentanza e atto di trasferimento ex art. 1706, comma 2, c.c.
Pubblicato il 21/10/22 09:00 [Articolo 1980]






Tribunale Foggia, 26 luglio 2022. Est. Marfe'.

Azione revocatoria ordinaria - Mandato senza rappresentanza - Atto di ritrasferimento - Donazione

A fondare la prova dell'esistenza di un rapporto di mandato ben può considerarsi idoneo e sufficiente anche un atto complesso, ricognitivo e addirittura unilaterale d'impegno, pur se redatto successivamente all'acquisto da parte del mandatario del diritto reale sul bene da ritrasferire al mandante. Il trasferimento di un bene immobile in esecuzione di un mandato senza rappresentanza, seppur attuato dal mandatario con le forme della donazione ex art. 769 c.c., costituisce atto dovuto e non è, pertanto, passibile di revocatoria ai sensi dell'art. 2901, terzo comma, c.c..

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Il Tribunale Ordinario di Foggia, con la sentenza n. 2057 del 22 luglio 2022 (depositata il 26 luglio 2022), ha respinto un'azione revocatoria ordinaria, cogliendo l'occasione per definire - conformemente alle più recenti coordinate fornite dalla Corte di legittimità - i rapporti tra questa, il mandato senza rappresentanza e l'atto di trasferimento.

Una società, cessionaria di crediti per un valore pari ad € 1.609.430,75, chiedeva, mediante l'azione di cui all'art. 2901 c.c., dichiararsi l'inefficacia nei propri confronti di una donazione, stipulata dal debitore in favore dei suoi due figli, avente ad oggetto un immobile del quale lo stesso era risultato, in precedenza, aggiudicatario nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare.

I convenuti si costituivano in giudizio opponendo che l'atto di trasferimento dell'immobile in questione non potesse essere passibile di revocatoria, avendo il debitore - diversamente da quanto risultante in apparenza e al sol fine di ottenere un risparmio fiscale beneficiando delle agevolazioni previste per l'acquisto della prima casa - conseguito la formale intestazione nell'interesse ed in rappresentanza del coniuge (in regime di separazione di beni) e di uno dei figli.

Com'è noto, i requisiti di legge sui quali si fonda l'actio pauliana sono: (a) l'esistenza di un diritto di credito verso il debitore; (b) l'esistenza di un atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal debitore, che sia inter vivos, valido ed efficace e che presenti contenuto patrimoniale; (c) il pregiudizio arrecato dall'atto di disposizione alla garanzia patrimoniale di tale credito (c.d. eventus damni); (d) negli atti a titolo gratuito, il particolare atteggiamento soggettivo del debitore, consistente nella conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni), compiuti anche prima che il credito nasca, purché "dolosamente preordinati" al fine di pregiudicare le ragioni del creditore.

Non è ammissibile, invece, l'esercizio dell'azione con riguardo ai c.d. atti dovuti (ad es., il pagamento di un debito scaduto, ai sensi dell'art. 2901, comma 3, c.c.), difettando nell'ipotesi l'arbitrarietà della scelta del debitore.

Con la sentenza in epigrafe - come anticipato -, il Tribunale Ordinario di Foggia respingeva l'azione revocatoria promossa dalla società creditrice, ritenendo nella fattispecie raggiunta la prova circa l'esistenza di un mandato senza rappresentanza ai sensi dell'art. 1705 c.c., diretto all'acquisto e al successivo trasferimento del bene immobile.

Nel caso di specie - osservava il giudicante - si era compiutamente realizzata un'ipotesi di interposizione reale di persona, in virtù della quale, ai sensi dell'art. 1706 c.c., il soggetto mandatario assumeva l'obbligo di trasferire l'immobile ai mandanti, eventualmente fondando anche il rimedio di cui all'art. 2932 c.c.

Sul punto, la disciplina positiva dispone che: (i) gli effetti del contratto concluso si producono tra l'interposto stesso e il terzo: il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e ne assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato (art. 1705 c.c.); (ii) i terzi non hanno alcun rapporto col mandante (art. 1705, secondo comma, c.c.): il terzo che vuole ottenere l'adempimento del contratto o un risarcimento del danno deve rivolgersi all'interposto con il quale ha stipulato il contratto.

Le norme sul mandato tutelano in modo assai energico la posizione dell'interponente nei confronti dell'interposto, dettando le seguenti prescrizioni: (a) il mandante può sostituirsi al mandatario ed esercitare i diritti di credito derivanti dal mandato (art. 1706, primo comma c.c.); (b) il mandante può rivendicare direttamente la proprietà di cose mobili nei confronti del terzo (art. 1706, primo comma c.c.); (c) l'interposto è obbligato a trasferire i beni immobili al mandante (art. 1706, secondo comma, c.c.) e in caso di inadempimento può ottenere una sentenza costitutiva che operi automaticamente il ritrasferimento stesso (art. 2932 c.c.); (d) in presenza di taluni presupposti formali, il mandante può sottrarre all'azione esecutiva dei creditori del mandatario i beni acquistati per suo conto (art. 1707 c.c.).

Interessante appare altresì l'approfondimento della pronuncia in tema di forma del mandato senza rappresentanza.

Mostrando di recepire le indicazioni fornite dalla Corte di legittimità, il G.U. escludeva che il mandato senza rappresentanza, pur avente ad oggetto l'acquisto di un bene immobile, debba necessariamente rispettare la forma scritta ad substantiam prescritta dall'art. 1350 c.c., trattandosi di atto avente mera efficacia obbligatoria che non realizza - di per sé solo - l'effetto reale (Cass., n. 39566/2021; Cass. n. 20051/2013; Cass. n. 22989/2015; Cass. n. 21805/2016).

La questione, invero pacifica in tema di mandato senza rappresentanza, si è nuovamente imposta all'attenzione degli interpreti con riferimento al negozio fiduciario, suscitando un dibattito tale da richiedere l'intervento del Supremo Consesso della giurisprudenza di legittimità. Le Sezioni Unite, operando un parallelismo tra l'istituto e il mandato senza rappresentanza, hanno dettato, a risoluzione del contrasto insorto tra le Sezioni semplici, il principio per cui anche il pactum fiduciae non necessita di forma scritta, ma riveste mero valore ricognitivo (Cass., Sez. Un., n. 6459/2020, richiamata dalla sentenza in commento).

Tanto il mandato senza rappresentanza quanto il negozio fiduciario, infatti, - diversamente da quanto accade per il contratto preliminare (per il quale è prescritta la forma scritta ad substantiam ex art. 1351 c.c.) - realizzano una successione di effetti in cui viene in essere prima l'effetto reale e solo in un secondo momento quello obbligatorio, che limita e conforma il primo.

Si assiste - in altri termini - ad un'interposizione reale di persona (e non fittizia, come accade nella simulazione), frutto di una scomposizione tra interesse formale, appartenente al mandatario/fiduciario e interesse sostanziale, di cui è titolare il mandante/fiduciante.

Il negozio fiduciario, come il mandato senza rappresentanza, rivestendo valore meramente interno, non è assoggettato all'onere formale, richiesto dalla legge a pena di nullità ai sensi degli artt. 1325, n. 4 e 1350 c.c. soltanto con riguardo agli atti traslativi dei diritti su beni immobili, qual è, ad esempio, l'atto di ritrasferimento; quest'ultimo integra, difatti, un pagamento traslativo, che costituisce l'attuazione di un precedente impegno negoziale assunto con la conclusione del mandato (ai sensi dell'art. 1706, II comma, c.c.) o del negozio fiduciario.

Nella fattispecie sottoposta alla propria attenzione, dunque, il G.U. desumeva la prova dell'esistenza di un rapporto di mandato dalla scrittura privata, avente data certa, con cui il debitore si impegnava, a semplice richiesta dei mandanti, a trasferire la nuda proprietà del bene oggetto di convenzione, mediante donazione o altro diverso negozio da concordarsi, riservandone per sé il solo usufrutto.

Anche sul punto specifico, il Giudice di merito si conforma alle indicazioni della Corte di legittimità, la quale, più volte, ha riconosciuto che a fondare la prova dell'esistenza di un rapporto di mandato ben può considerarsi idoneo e sufficiente anche un atto complesso, ricognitivo e addirittura unilaterale d'impegno, pur se redatto successivamente all'acquisto da parte del mandatario del diritto reale sul bene da ritrasferire al mandante (cfr. Cass., n. 20051/2013, Cass., n. 15575/2000, Cass., n. 3173/1993, Cass., n. 7269/1991, Cass., n. 136/1985, Cass., n. 4618/1983; cfr. anche Cass., n. 39566/2021, secondo cui è configurabile un atto ricognitivo del mandato senza rappresentanza, che ha la funzione di accertare l'esistenza ed il contenuto di quel mandato).

Per altro verso, il G.U. osserva che alcuna rilevanza avrebbe potuto essere attribuita alla circostanza che i convenuti non avessero prodotto l'originale della scrittura privata de qua, essendo presente in atti una copia fotostatica di cui il funzionario del Comune, quale pubblico ufficiale, attestava la conformità all'originale. Ai sensi dell'art. 2719 c.c., infatti, «Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta».

La conferma dell'esistenza del mandato, inoltre, era rinvenuta nella documentazione contabile allegata dai convenuti, dalla quale emergeva la prova del versamento - da parte dei mandanti in favore del mandatario - della quasi totalità dell'esborso corrispondente all'acquisto dell'immobile.

Né - osservava il G.U. - una volta accertato che i mandanti avessero inteso conferire al mandatario il solo incarico di acquistare il bene immobile, in suo nome ma per loro conto, con obbligo di ritrasferirlo senza alcun corrispettivo e a semplice richiesta, l'eventualità in cui il mandatario avesse egli stesso inteso contribuire, per spirito di liberalità o per altra causa, al versamento di una porzione dell'intero prezzo del bene avrebbe potuto mutare la qualificazione della natura giuridica dell'operazione negoziale.

A nulla rilevava, infine, che i beneficiari dell'atto di trasferimento siano soggetti parzialmente diversi dai mandanti, trattandosi infatti di un legittimo atto di disposizione del proprio diritto a concludere il contratto di trasferimento del bene immobile da parte dei mandanti, espressione del principio di autonomia negoziale di cui all'art. 1322 c.c., secondo uno schema che pare attribuire all'atto natura di contratto a favore di terzo ex artt. 1411 e ss. c.c.

A fronte di tale chiaro quadro probatorio, l'attrice non forniva, invece, la prova della natura simulata dell'atto ricognitivo del rapporto di mandato.

Pertanto, secondo il Tribunale, avrebbero dovuto trovare applicazione, nel caso di specie, l'art. 1707 c.c., secondo cui "I creditori del mandatario non possono far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio, purché (...) trattandosi di beni immobili (...), sia anteriore al pignoramento la trascrizione dell'atto di ritrasferimento o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo", con efficacia paralizzante rispetto all'azione revocatoria intrapresa, nonché il terzo comma dell'art. 2901 c.c., rappresentando l'atto di "donazione" in realtà l'adempimento al debito scaduto di ritrasferire ai mandanti il bene immobile acquistato, ai sensi dell'art. 1706, comma secondo, c.c.

Conclusivamente, l'arresto del Tribunale di Foggia, seppur coerente con i principi ormai comunemente accolti in materia dalla giurisprudenza, impone alcune considerazioni aventi ad oggetto istituti che, nella prassi, non trovano frequente applicazione.

Da un canto, infatti, è principio pacifico quello per cui non occorre la forma scritta per il mandato senza rappresentanza concluso per l'acquisto dei beni immobili, trattandosi di atto avente efficacia obbligatoria, ed è altresì configurabile un atto ricognitivo di quel mandato, che non ha ad oggetto un atto nullo - per difetto di forma - ma ha la funzione di accertare l'esistenza e il contenuto di quel mandato (da ultimo, Cass., n. 39566/2021). Tale orientamento - in linea con quanto osservato dalle Sezioni Unite in relazione al negozio fiduciario - appare altresì rispettoso tanto dell'evoluzione storica del mandato senza rappresentanza quanto delle esigenze delle parti, le quali - tramite tale istituto - intendono realizzare un'intesa segreta che di regola difficilmente viene inglobata in un accordo scritto.

Per altro verso, è altresì ribadito il principio per cui è l'atto di ritrasferimento, che produce effetti reali, a dover essere attuato nel rispetto dell'onere formale. Tale requisito, prescritto ad substantiam, ben può essere soddisfatto anche da quello che è - formalmente - un atto di donazione ma - in realtà - rappresenta proprio l'adempimento dell'obbligo assunto dal mandatario a concludere la vicenda circolatoria mediante l'ingresso del bene nel patrimonio del mandante.

Tale atto, pertanto, pur posto in essere con le forme della donazione ex art. 769 c.c., ha la sostanza di un atto "solvendi causa", di un "atto dovuto", e, come tale, non è passibile di revocatoria ai sensi del terzo comma dell'art. 2901 c.c..





















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