Notifica telematica del ricorso per cassazione e successivo deposito cartaceo: una trappola potrebbe nascondersi tra le norme
Pubblicato il 13/04/21 02:00 [Articolo 1089]






1.- Dal 31 marzo 2021[1], e ad oggi fino al 31/7/2021[2], è finalmente possibile effettuare depositi telematici anche nel giudizio civile di cassazione. Va subito detto che è stato certamente un bene il "collaudo" durato più di un lustro davanti ai giudici di merito[3], in quanto nei giudizi di primo e secondo grado gli errori sono per lo più rimediabili. Al contrario, nel giudizio di cassazione la nullità rappresenta una categoria residuale, in quanto l'art. 366 c.p.c. indica i requisiti del ricorso a pena di "inammissibilità", mentre l'art. 369 c.p.c. stabilisce che il deposito deve avvenire nelle forme e nei tempi ivi previsti a pena di "improcedibilità". Dunque, c'è poco da scherzare in Cassazione: gli errori si pagano e si pagano cari.

In questi anni abbiamo osservato due facce della nostra Suprema Corte allorquando si è trovata alle prese con questioni relative al PCT: tendenzialmente indulgente quando giudicava gli errori compiuti davanti ai giudici di merito[4]; marcatamente severa quando gli errori erano compiuti dal ricorrente o dal controricorrente. Impossibile non ricordare qui la giurisprudenza sulle attestazioni di conformità che ha necessitato l'intervento, per ben due volte, delle Sezioni Unite[5] al fine di temperare un orientamento che stava facendo una vera e propria strage di ricorsi.

Dunque, gli avvocati hanno avuto il tempo per familiarizzare con i depositi telematici e le attestazioni di conformità. Possiamo allora dormire sonni tranquilli con i depositi in Cassazione? Direi proprio di no, ma andiamo con ordine.



2.- Come detto, a partire dal 31 marzo 2021 è possibile effettuare il deposito telematico di tutti i tipi di atti, sia introduttivi (ricorso e controricorso), sia endoprocessuali (memorie, istanze di riunione, comparse dei nuovi difensori, documenti ex art. 372 c.p.c., ecc.).

Nessuna disciplina transitoria è stata prevista, pertanto il deposito potrà riguardare qualunque atto a prescindere dalla pendenza o meno del giudizio. Detto altrimenti, si potranno depositare telematicamente:

a) i ricorsi notificati prima del 31 marzo 2021;

b) gli atti endoprocessuali relativi ai ricorsi già pendenti alla data del 31 marzo 2021;

c) ed ovviamente gli atti introduttivi ed endoprocessuali relativi ai ricorsi notificati dal 31/3/2021.

A differenza della disciplina prevista per i giudizi di merito, al momento il deposito telematico è (apparentemente) facoltativo, tanto per gli atti introduttivi, quanto per gli atti endoprocessuali e a breve spiegherò perché ho inserito tra parentesi l'avverbio "apparentemente".

Ciascuna parte è libera di scegliere la modalità del deposito senza essere condizionata dall'opzione dell'altra parte. Ad esempio, il ricorrente potrebbe depositare il fascicolo telematicamente, mentre il controricorrente potrebbe decidere di avvalersi del deposito tradizionale e viceversa.

Come pure, nessuna scelta obbligata sussiste in ragione delle precedenti modalità adottate: ad esempio si potrà depositare una memoria telematicamente, nonostante si abbia depositato il ricorso nelle forme tradizionali.



3.- Ma veniamo alla nota dolente, oggetto di questo breve scritto, ovvero la possibile apparente facoltatività del deposito cartaceo tanto del ricorso, quanto del controricorso. È, questa, una di quelle trappole che potranno far piangere parti e difensori e "trappola" è davvero la parola appropriata in quanto l'insidia si nasconde tra le norme ed è nascosta molto bene visto che l'art. 221, comma 5[6], afferma che "Nei procedimenti civili innanzi alla Corte di cassazione, il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità telematica nel rispetto della normativa …". Come si vede la norma dice "può" e non "deve" avvenire, sicché se l'attenzione si focalizzasse solo sull'art. 221, comma 5 ci sarebbe poco da dubitare sulla facoltatività del deposito telematico e sull'esistenza di un sistema promiscuo. Il problema nasce dalla possibile lettura combinata degli artt. 369 c.p.c. e 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994 in materia di notifiche del difensore, in uno con la tradizionale giurisprudenza della Corte.

Partiamo dalla prima disposizione. L'art. 369 c.p.c. stabilisce che il difensore deve depositare entro venti giorni dall'ultima notifica il ricorso in originale e la copia autentica del provvedimento impugnato con la relazione di notificazione. Norma, questa, interpretata da sempre molto rigidamente in Cassazione ove non sono mai state tollerate "veline" e "fotocopie"[7], nemmeno nei casi in cui l'originale del ricorso era stato trattenuto dall'Ufficiale giudiziario, così impedendo al difensore il deposito tempestivo[8].

Prima del 31 marzo 2021, non potendosi depositare i file del duplicato, della copia informatica o della notifica del ricorso o del provvedimento, si procedeva alla stampa e all'attestazione di conformità ai sensi dell'art. 16-bis del d.l. 179/2012, quanto ai provvedimenti scaricati dal fascicolo informatico, e ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, quanto al contenuto della PEC di notifica (dell'atto introduttivo o del provvedimento). Questi ultimi infatti recitano: "1-bis. Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'articolo 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82"; "1-ter. In tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis".

La nostra attenzione deve ricadere su quel "Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato …". La norma sembra autorizzare la modalità della stampa attestata conforme, sempreché non si possa procedere al deposito telematico; sicché ove invece detto deposito sia possibile, la prova dovrà essere fornita esclusivamente con il file.

La prima conclusione, allora, potrebbe essere quella per cui in caso di notifica telematica del ricorso o del controricorso o del provvedimento impugnato, dal 31 marzo 2021 si dovranno sempre depositare i file, mentre le stampe con attestazione di conformità non avranno più valore.

Poco male, si dirà (ed è stato detto): ai sensi dell'art. 372 c.p.c. si produrranno le ricevute .eml, anche dopo la scadenza del termine di venti giorni, come si è sempre fatto per gli avvisi di ricevimento delle notifiche postali. Difatti, mai in tempi recenti, a quanto consta, la Suprema Corte ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso solo perché gli avvisi erano stati depositati dopo il termine di cui all'art. 369 c.p.c., purché prima dell'inizio della discussione[9].

L'interpretazione, suggerita anche dalla FIIF[10], è assolutamente ragionevole e condivisibile, ma si impone una certa cautela perché, in senso contrario, potrebbe affacciarsi una soluzione di diverso tipo, scandita da queste premesse e dalla successiva amara conclusione:

- poiché l'art. 369 c.p.c. stabilisce che entro venti giorni dall'ultima notifica il ricorrente deve depositare il ricorso in originale con la copia autentica del provvedimento impugnato munito di relata di notificazione;

- atteso che dal 31 marzo 2021 è attivo in Cassazione il processo civile telematico;

- considerato che quindi è venuta meno la possibilità di attestare la conformità della stampa dei documenti informatici ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter della legge n. 53/1994, essendo da quella data possibile il deposito telematico dei file tanto relativi alla notifica del ricorso quanto relativi a quella del provvedimento impugnato;

- tenuto conto che, per l'effetto, la stampa del ricorso e del provvedimento impugnato notificato, pur attestati conformi, non possono essere più equiparati all'originale;

- considerato che il deposito ex art. 372 c.p.c. dei file deve considerarsi tardivo se effettuato oltre il termine di venti giorni, in quanto il ricorrente può bensì depositare le ricevute delle notifiche dopo il suddetto termine, ma non l'originale del ricorso e del provvedimento impugnato notificato;

- tanto premesso, il ricorso deve dichiararsi improcedibile.

Detto altrimenti, il timore è che dal 31 marzo 2021 il ricorso e il provvedimento notificato attestati conformi possano essere considerati alla stregua di una "fotocopia", con la conseguenza che verrebbe applicata la sanzione dell'improcedibilità nonostante il deposito successivo - ma intempestivo - dei file.

Ovviamente, nulla quaestio qualora il deposito dei file avvenga nel termine di 20gg; in tal caso il deposito dovrà considerarsi rituale, essendo pacifica nella giurisprudenza della Corte la possibilità di frazionare il deposito, purché sia rispettato il termine di cui all'art. 369 c.p.c.[11]. Il problema di carattere squisitamente pratico è che solo attraverso il deposito in loco è possibile avere in tempi rapidi il numero di R.G., sicché in caso di spedizione postale, ex art. 134 disp. att. c.p.c., di fatto sarebbe impossibile rispettare il termine.

Tenuto allora conto delle conseguenze irrimediabili, ad avviso di chi scrive appare maggiormente prudente in questa fase depositare telematicamente il ricorso e il controricorso ogni qual volta la notifica sia avvenuta telematicamente.

NOTE
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[1] Si veda il D.M. del 27 gennaio 2021, pubblicato sulla G.U. n. 22 del 28/1/2021. All'art. 1 dello stesso si legge che è stata accertata presso la Corte suprema di cassazione l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche nonché la funzionalità dei servizi di comunicazione del settore civile per il deposito telematico degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti a decorrere dal 31 marzo 2021.

[2] Per effetto del d.l. 44/2021, anche se nella relazione n. 20/2021 dell'Ufficio del massimario della Cassazione è stato affermato in maniera a mio parere convincente che "Tuttavia, a prescindere dalla possibilità che lo stato di emergenza sia prorogato, oppure che entro il 30 aprile 2021 sia adottato il decreto del Ministro della giustizia, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012, va osservato che è difficile immaginare come, una volta accertata dall'organo amministrativo competente, «l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche nonché la funzionalità dei servizi di comunicazione del settore civile» innanzi alla Corte di cassazione, si possa sostenere che detto "accertamento tecnico" non rimanga comunque efficace, pure ai sensi dell'art. 35 del d.m. n. 44 del 2011, che appunto demanda alla medesima autorità (il Direttore generale della D.G.S.I.A.), esattamente detto compito: id est accertare «l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici». La conclusione più ragionevole, allora, è quella di ritenere che il deposito facoltativo degli atti processuali in Cassazione, sia introduttivi che endoprocessuali, dovrà ritenersi sempre ammesso a partire dal 31 marzo 2021 e tale facoltà delle parti processuale permarrà anche dopo che - cessato lo stato di emergenza".

[3] L'avventura iniziò infatti il 30 giugno 2014 per i giudizi avanti ai Tribunali, mentre per quelli avanti alle Corti d'appello si dovette attendere l'anno successivo.

[4] A partire da Cass. 977/2016, in un caso in cui era stato depositato telematicamente un atto introduttivo prima del decreto-legge n. 83 del 2015, che aveva inserito il comma 1-bis nell'art. 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, stabilendo che "è sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1" dello stesso art. 16-bis.

[5] Cass. S.U. n. 8312/2019; Cass. S.U. n. 22438/2018.

[6] Del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020, n. 77.

[7] Cass. n. 1969/1983; Cass. 870/2015.

[8] Cass. n. 21333/2005.

[9] Cass. n. 27349/2020.

[10] Si veda ad esempio quanto scritto nel vademecum, e in particolare la risposta al quesito n. 9, consultato il 10/4/2021: "Dal 31 marzo 2021, essendo divenuto "possibile" il deposito telematico delle ricevute di accettazione e di quelle di avvenuta consegna, dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione non saranno più utilizzabili le copie analogiche formate ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, quand'anche il ricorrente o il controricorrente optasse per il deposito cartaceo dei propri atti. In tale ultimo caso il deposito potrà essere effettuato ai sensi del secondo comma dell'art. 372 c.p.c., trattandosi di documenti relativi all'ammissibilità".

[11] Cass. 1271/2019; Cass. 870/2015.





















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