Cessione del quinto ed estinzione anticipata: la sorte delle "commissioni accessorie"
Pubblicato il 30/01/13 02:00 [Articolo 523]






1.- Una quota consistente delle decisioni emesse nell'ultimo biennio dall'Arbitro Bancario Finanziario (in seguito: Abf) ha ad oggetto controversie insorte tra clienti ed intermediari in merito alla determinazione della misura del diritto al rimborso delle commissioni anticipate dal soggetto finanziato, in caso di estinzione anticipata del rapporto. Segnatamente, la cornice contrattuale in cui la quasi totalità del (pre)contenzioso si inse­risce è costituita dai finanziamenti garantiti da cessione del quinto dello stipendio o della pensione (e meccanismi assimi­labili: ad es., delegazione di pagamento).1 Di frequente, infatti, sono sorte delle contestazioni in punto di quantificazione delle somme dovute dal cliente per la chiusura del rapporto, in virtù dell'impatto che, nelle operazioni di "cessione del quinto", gli oneri diversi dagli interessi corrispettivi rivestono sul costo complessivo del credito.
In particolare, una siffatta articolazione della struttura del pricing2 comporta delle difficoltà nell'applicazione dell'art. 125-sexies t.u.b.,3 a norma del quale, in caso di rimborso anti­cipato del finanziamento, "il consumatore ha diritto a una ridu­zione del costo totale del credito, pari all'importo degli interes­si e dei costi dovuti per la vita residua del contratto."
Il principio desumibile dalla disposizione in esame,4 per la verità, è di per sé chiaro: il diritto al rimborso dipende dalla quota degli interessi e dei costi (termine, questo, abbastanza ambiguo, ma che con tutta probabilità si riferisce agli oneri re­lativi al contenuto economico "secondario"5) da imputarsi al periodo residuo del contratto, per come originariamente pro­grammato. Il criterio di restituzione pro quota temporis si atta­glia, evidentemente, ai "costi" dotati di un collegamento causa­le con le prestazioni rese dall'intermediario, o da soggetti terzi coinvolti a vario titolo nell'operazione (ad es. imprese di assi­curazione), che attribuiscano al cliente un'utilità proporzionale alla durata del rapporto (c.d. commissioni recurring): con la conseguenza che non si darà luogo a restituzione degli addebiti concernenti prestazioni già esaurite al momento dell'estinzione anticipata, verosimilmente perché riferite al momento della conclusione del contratto (c.d. commissioni upfront).
Dal canto suo, l'Abf afferma in maniera costante quest'orientamento.6

2.- Superato storicamente questo problema, l'Abf, sollecitata dall'ingente numero di ricorsi sottoposti al suo vaglio, ne porta alla luce un secondo: la frequente difficoltà, che talora si tradu­ce in una vera e propria impossibilità, di inferire dal contratto e dalla documentazione di contorno la natura (recurring o up­front) della commissione.
L'origine di tale fenomeno va individuata nella tendenza de­gli intermediari a inserire (anche) nei contratti di finanziamento dietro cessione del quinto una serie di clausole dotate di una denominazione tanto varia quanto scarsamente dotata di signi­ficatività.7 Infatti, in ragione della previsione di voci di costo carenti di ogni riferimento agli elementi che hanno portato alla loro concreta determinazione, diventa problematico individuare quali commissioni siano riferibili ad una prestazione puntuale già eseguita e quali, invece, vadano ricondotte ad una presta­zione continuativa. A loro volta, le difficoltà nella classifica­zione degli oneri frappongono un ostacolo alla corretta applica­zione dell'art. 125-sexies t.u.b. ai fini della determinazione del debito del cliente.
È la stessa Banca d'Italia, poi, a segnalare la diffusione, presso gli intermediari, della prassi di "non ristorare la clientela delle commissioni non maturate, in caso di chiusura anticipata dei finanziamenti".8 Due comunicazioni dedicate in via specifi­ca alle operazioni di cessione del quinto,9 infatti, mettono in evidenza le carenze informative, in punto di rappresentazione degli oneri economici, che spesso caratterizzano i contratti di finanziamento, e i conseguenti problemi in termini di esatta de­terminazione del rimborso che ne derivano.10 Conformemente alle finalità di vigilanza sull'attività che le sono proprie, la Banca d'Italia ha inoltre sottolineato che la violazione sistematica delle disposizioni sulla retrocessione delle commissioni in caso di estinzione anticipata, a monte della quale si colloca la scarsa trasparenza della documentazione redatta dagli interme­diari, realizza una grave violazione di norme di legge che, "ove accertata, può condurre all'attivazione di procedimenti sanzio­natori e anche di rigore nei confronti degli intermediari bancari ai sensi del Titolo IV del TUB".11 Al fine di garantire l'effettivo rispetto della normativa, pertanto, è fatto obbligo al­le banche, in base ai documenti già citati e alle istruzioni di tra­sparenza,12 di indicare in maniera dettagliata e non equivoca quali oneri maturano progressivamente nel corso del rapporto, di modo che la clientela abbia conoscenza dell'esatta quantifi­cazione del proprio diritto alla parziale restituzione della som­ma.
Allo stesso modo, anche l'Abf, nell'affrontare i ricorsi tratta­ti, dimostra particolare attenzione al profilo della riconducibili­tà delle commissioni alla categoria delle prestazioni non rim­borsabili piuttosto che agli oneri a maturazione progressiva. Sotto la medesima luce, poi, esplora la possibilità che dalle condotte illegittime degli intermediari possano derivare delle conseguenze ulteriori rispetto alle sanzioni d'impresa richiama­te dalla Vigilanza: in via specifica, conseguenze che attengano al livello contrattuale.

3.- La giurisprudenza dell'Arbitro sul punto è, nella sostan­za, uniforme. Tutti i Collegi, di fronte alla presenza di un onere economico dalla formulazione generica, si orientano verso il riconoscimento di un rimborso proporzionale alla durata resi­dua del credito, come si trattasse di una commissione recur­ring. In questa prospettiva, il rischio di predisposizione cui è esposto l'istituto si traduce, nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, nell'inesigibilità della quota di commissione re­lativa al periodo di finanziamento non goduto dal cliente.
Nelle decisioni più ampiamente argomentate13, ci si richia­ma, a giustificazione la somma liquidata a favore del cliente, all'istituto della responsabilità precontrattuale: l'omessa traspa­renza nella costruzione del testo contrattuale integrerebbe, se­condo l'Abf, una violazione dell'obbligo di buona fede nelle trattative la quale, compromettendo illegittimamente la libertà di autodeterminazione negoziale, può essere ascritta ad un'ipotesi di dolo incidente, generatrice di un diritto di caratte­re risarcitorio.14
Ai fini della quantificazione del danno, poi, si afferma che "il pregiudizio subito dal ricorrente (É) coincide ovviamente (corsivo aggiunto) con le maggiori somme versate a titolo commissionale che, a detta dell'intermediario, sarebbero irre­cuperabili in caso di estinzione anticipata del finanziamento15." Per la via di questo metodo di calcolo si giunge, quindi, a una riduzione pro quota (temporis) della commissione non traspa­rente.

4.- Com'è agevole constatare, l'Abf ha considerato la com­missione accessoria solamente nella sua dimensione temporale: specificamente, in esclusivo rapporto con l'estinzione anticipa­ta, in funzione della quantificazione del debito del cliente.
È da chiedersi, adesso, se quest'aspetto sia assorbente, o se ve ne siano altri dotati di un rilievo addirittura primario. In altre parole, va affrontato, in via preliminare, un problema di "messa a fuoco" degli esatti termini della questione. Sembra, insomma, che la prospettiva vada estesa (anche) oltre la dinamica dell'art. 125-sexies t.u.b.: nei termini che ora chiariremo.16
La clausola introduttiva della commissione accessoria, infat­ti, al pari di ogni altro aspetto del regolamento contrattuale, de­ve essere innanzitutto considerata in quanto tale, indipenden­temente dall'effettiva durata del finanziamento. Solo una volta superato il vaglio circa la sua validità ed efficacia si potrà, quindi, discorrere della sua riduzione. Questa verifica va com­piuta- ma è opinione i cui esiti andranno vagliati più approfon­ditamente di quanto è possibile in questa sede- sotto due ver­santi, che corrono paralleli: uno, attinente a un aspetto di so­stanza giuridica; l'altro, dall'angolo visuale della forma ad substantiam. Su di essi è opportuno spendere, senza la pretesa di esaurire la questione, qualche parola.

5.- Veniamo subito al punto di "sostanza": pare, infatti, ne­cessitare di un maggiore approfondimento il tema della validità della clausola sub specie della sussistenza (e meritevolezza) della causa. In altre parole, le decisioni dell'Abf,17 nel loro procedere, sembrano dare per scontata l'ammissibilità, in via gene­rale, di oneri economici scollegati da siffatto inderogabile fon­damento. Al contrario, l'aspetto primario da affrontare quando si discorra dei limiti di ammissibilità di una commissione ac­cessoria è costituito proprio dalla corretta applicazione del principio di necessaria giustificazione delle attribuzioni patri­moniali: si tratta, cioè, di tutelare l'equilibrio formale del rap­porto contrattuale.
A ragione, infatti, lo stesso Abf giustifica l'applicazione del­la succitata disciplina sull'estinzione anticipata anche al di fuo­ri dell'ambito consumeristico mediante il ricorso all'argomento che "costituisce sicuramente una norma di generale applicazio­ne - ed evidentemente imperativa, alla luce del principio che non consente attribuzioni patrimoniali in difetto di causa, e che allora determina la nullità, ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., di qualsiasi clausola contrattuale eventualmente con essa contra­stante - quella a mente della quale lo scioglimento di un rap­porto prima del termine pattuito dalle parti comporta sì l'impossibilità di ripetere le prestazioni già eseguite, ma con il solo limite che esse si trovino in rapporto di corrispettività con le prestazioni eseguite dalla controparte."18
Il trattamento delle commissioni prive di apparente fonda­mento causale alla stregua di commissioni "a maturazione pro­gressiva" (o recurring, secondo il lessico prediletto dalla Banca d'Italia) le assimila, negli esiti, ad una seconda voce di interes­si corrispettivi, ulteriore a quella già esplicitamente prevista nel contratto; in contrasto, quindi, con il principio appena dichiara­to.
Allora, di fronte ad una chiara violazione del principio di trasparenza nella determinazione degli oneri economici, sarà necessario non limitarsi a garantire un rimborso parametrato al­la durata residua del finanziamento, bensì bisognerà verificare l'assolvimento, da parte dell'intermediario, dell'onere di prova­re la reale rispondenza dell'addebito a una qualche prestazione resa ed effettivamente addebitabile al cliente.19 In mancanza di tale prova, si dovrà escludere la sussistenza di una concreta funzione economico-individuale della clausola.20

6.- L'altro punto su cui è opportuna una riflessione riguarda la collocazione temporale che la descrizione della natura della commissione (con la relativa prova) deve rivestire: in via se­gnata, si tratta di capire se essa potrà essere fornita dalla banca a rapporto contrattuale iniziato, ed eventualmente anche in sede contenziosa, oppure se essa debba essere necessariamente alle­gata nel contratto e nella relativa documentazione informativa al momento della stipulazione. Ora, l'impostazione di una ri­sposta a tale interrogativo ci porta dal piano più strettamente oggettivo dell'equilibrio formale delle prestazioni, su cui ci siamo soffermati fino ad ora, a quello degli oneri formali cui sono sottoposti i contratti che realizzano "operazioni e servizi bancari e finanziari". Sorge spontaneo, infatti, di fronte a una costruzione del testo contrattuale non conforme a trasparenza, chiedersi se si possa ritenere rispettato l'obbligo di redazione del contratto per iscritto che l'art. 117 t.u.b. stabilisce.
Secondo un approccio tradizionale ai temi della forma, cer­tamente la risposta da fornirsi al quesito della validità è positi­va. La libertà nella scelta dei linguaggi espressivi, infatti, si de­ve considerare operante anche nei contratti a forma solenne. Non esiste cioè, affinché si reputi rispettato l'obbligo di forma scritta ad substantiam, un generale onere per le parti di espri­mersi chiaramente o di utilizzare un particolare linguaggio o particolari modalità espressive della propria volontà.21 L'unico limite, con tutta evidenza, è costituito dal fatto che devono ri­sultare per iscritto gli elementi essenziali del contratto.22
Al di qua di tale confine, l'attività ermeneutica, che necessa­riamente interviene in una fase successiva a quella della stipu­lazione, e che si può avvalere anche del comportamento delle parti "posteriore alla conclusione del contratto" (art. 1362, co. 2 c.c.), realizza lo scopo di determinare esattamente la portata del regolamento di fronte ad un testo formulato in maniera oscura.
Se però ci si accosta al formalismo negoziale proprio delle normative di trasparenza secondo un approccio che tenga conto delle peculiarità che esso riveste e della differente logica che lo pervade rispetto alla forma solenne "codicistica", la risposta al­la nostra domanda potrebbe atteggiarsi diversamente; sia quan­to al perimetro della formalizzazione, sia in tema di modalità espressive.
In particolare, ha un rilievo non secondario il fatto che la normativa di trasparenza bancaria non si limiti a richiedere la presenza di un qualsiasi documento scritto, ma richieda, in ba­se all'art. 117, co. 4 t.u.b. e alle relative istruzioni della Banca d'Italia, l'indicazione quanto più possibile analitica dei termini dell'operazione, in modo che ne sia garantita l'immediata e di­retta percepibilità e la durevolezza del possesso.23 In proposito, anche il divieto di rinvio agli usi24 stabilito dal co. 6 del medesimo articolo è indicativo dell'esigenza che sia fornita una do­cumentazione accessibile (senza l'onere di attivarsi per recupe­rarla) e completa delle condizioni del rapporto.
In conclusione, in ragione del fatto che nel contesto delle operazioni bancarie la forma, da puro vestimentum qual era, ha assunto "un ruolo rappresentativo di un contenuto",25 non sem­bra irrilevante, ai fini della verifica in punto di validità formale del contratto, la considerazione della effettiva capacità infor­mativa che la documentazione riveste, anche in tema di giusti­ficazione causale degli addebiti.
Peraltro, l'onere di allegazione dei fatti giustificativi dell'esercizio del ius variandi ex art. 118 t.u.b., richiesto dalla giurisprudenza dell'Abf a pena di inefficacia dell'atto, si inse­risce idealmente nella stessa prospettiva. Infatti, l'allegazione consente la verifica della conformità dell'esercizio del ius ri­spetto alla sua funzione, che è quella di ricondurre il contratto al suo originario equilibrio di fronte a fatti sopravvenuti che abbiano alterato il reciproco assetto delle prestazioni. Se, nel momento in cui si procede alla rinnovazione del potere di pre­disposizione del regolamento da parte dell'impresa (in questo, infatti, consiste l'esercizio del ius), esiste un onere di giustifi­carne, contestualmente, il fondamento e le modalità d'esercizio, allora non è così peregrino domandarsi se un siffat­to onere non debba ritenersi operante anche di fronte dell'esercizio primo di tale potere: la conclusione del contratto.







1) L'anno 2011 ha registrato un netto incremento dei ricorsi presentati all'Abf in materia di "Cessione del quinto", e segnatamente in tema di rimborso delle somme nell'ipotesi di estinzione anticipata. La Relazione sull'attività dell'Arbitro Bancario Finanziario- anno 2011, pag. 43, registra un aumento dei ricorsi del 158, 6% rispetto all'anno precedente
(http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rel abf/relazione 2011.pdf); nonostan­te manchino ancora dati ufficiali, il 2012 si caratterizza, a quanto ci consta, per un consolidamento del numero dei ricorsi e, soprattutto, delle decisioni. Da ulti­mo, v. Abf Napoli, 2 gennaio 2013, n. 5.
2) La quale dipende da tre principali fattori, evidenziati dalla Banca d'Italia nella Comunicazione 10 novembre 2009 (Cessione del quinto dello stipendio e opera­zioni assimilate: cautele e indirizzi per gli operatori): in primo luogo, il rilevante grado di esternalizzazione del servizio, in virtù del quale "fondamentali fasi del processo produttivo" sono delegate alla rete distributiva; in secondo luogo, una eccessiva lunghezza della rete medesima associata a "diffuse carenze nei con­trolli", che comportano, oltre a dei problemi di compliance, un aumento dei costi di vendita; infine, una rilevante incidenza degli oneri assicurativi, i quali sono determinati in maniera scarsamente trasparente.
3) Applicabile alla totalità dei casi decisi dall'Abf, data la natura non professiona­le del cliente e il non elevato ammontare del finanziamento che caratterizza le operazioni di "cessione del quinto". Per l'estensione del diritto al rimborso delle somme anticipate, nei medesimi termini, anche al cliente non consumatore, v. Abf Napoli, n. 349/2011.
4) Che ricalca, nella sostanza, la previsione dell'art. 3, co. 1 del decreto del Mini­stero del tesoro 8 luglio 1992.
5) DOLMETTA, Dal testo unico in materia bancaria e creditizia alla normativa sulle clausole abusive (direttiva CEE n. 93/13), in Dir. banca, 1994, I, pag. 458.
6) Abf Napoli, n. 3051/2012, su www.ilcaso.it; Abf Napoli, n. 349/2011; Abf Na­poli, n. 1071/2011; Abf Napoli, n. 2204/2011; Abf Napoli, n. 1187Abf Napoli, n. 2533/2012; Abf Napoli, n. 3053/2012; Abf Napoli, n. 4207/2012; Abf, n. 4304/2012.
7) Cfr., così, "Commissioni accessorie", "Commissioni finanziarie", "Commis­sioni bancarie", "Commissioni istituto".
8) Comunicazione 7 aprile 2011, avente ad oggetto "Cessione del quinto dello sti­pendio o della pensione e operazioni assimilate (CQS). Comunicazione", la qua­le però riscontra un "generale abbandono," a due anni di distanza dalla prima comunicazione sulle operazioni di cessione del quinto, di questa prassi.
9) Comunicazione 10 novembre 2009, avente ad oggetto "Cessione del quinto dello stipendio e operazioni assimilate: cautele e indirizzi per gli operatori." e Comunicazione 7 aprile 2011, avente ad oggetto "Cessione del quinto dello sti­pendio o della pensione e operazioni assimilate (CQS). Comunicazione."
10) "Relativamente all'estinzione anticipata e al connesso rinnovo delle operazio­ni di finanziamento, è stata altresì riscontrata la prassi, seguita dagli intermedia­ri, di indicare cumulativamente, nei contratti e nei fogli informativi, l'importo di generiche spese, non consentendo quindi una chiara individuazione degli oneri maturati e di quelli non maturati. Tale prassi comporta la difficoltà, e talvolta l'impossibilità, per il cliente di individuare quali oneri debbano essere rimborsati in casi di estinzione anticipata della cessione": Comunicazione 10 novembre 2009, pag. 5.
11) Comunicazione 10 novembre 2009, pag. 6.
12) Provvedimento 29 luglio 2009, "Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti", parte VII ("Credito ai consumatori"), par. 5.2.1, nota 1 e parte XI ("Requisiti organiz­zativi"), par. 2, nota 2.
13) Abf Milano, n. 707/2010; Abf Milano, n. 340/2011; Abf Milano, n. 874/2011; Abf Milano, n. 875/2011. Per contro, c'è una numerosa serie di decisioni (Abf Napoli, n. 1071/2012; Abf Napoli, n. 1187/2011; Abf Milano, n. 2204/2011; Abf Napoli, n. 2533/2012; Abf Napoli, n. 3051/2012; Abf Napoli, n. 3053/2012; Abf Napoli, n. 4207/2012) in cui manca una vera e propria giustificazione dell'operato del Collegio. Per lo più, non si va oltre affermazioni di questo teno­re: "sembra corretto al Collegio procedere - nell'impossibilità di tenere specifi­camente conto delle diverse finalizzazioni degli importi versati dal punto di vista della relativa maturazione nel corso del tempo, in conseguenza di un deficit di trasparenza in ordine all'indicazione al riguardo delle varie componenti di costo per la clientela - all'applicazione di un "criterio proporzionale" rapportato alla durata del finanziamento sull'importo delle commissioni". (Cfr. Abf Napoli, n. 1071/2011).
Va peraltro osservato che, se il vizio si annida in una ambiguità della clausola, la problematica potrebbe essere più semplicemente risolta mediante il ricorso alla regola dell'interpretatio contra proferentem sancita dall'art. 1370 c.c.
14) Vedi, in termini pressoché testuali, Abf Roma, n. 707/2010.
15) Abf Milano, n. 874/2011.
16) Incidentalmente, preme ricordare che, qualora si versi nell'ipotesi di un con­tratto con un cliente-consumatore, le commissioni "opache" potranno, in base all'estensione che emerge a contrario dall'art. 34, co. 2 cod. cons. in merito "all'adeguatezza del corrispettivo", formare oggetto di un vaglio di abusività volto a verificare la sussistenza di uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi: in quest'ottica, le vicende relative alla determinazione del rimborso nel caso di estinzione anticipata potranno certamente rappresentare delle ipotesi in cui la clausola produce effetti concretamente vessatori. Né pare sufficiente ad escludere una valutazione sulla meritevolezza della clausola il fatto che il TAEG risulti inferiore al tasso soglia.
Peraltro, pare giusto ricordare che alcuni autori ammettono una valutazione di abusività sull'adeguatezza del corrispettivo in tema di contenuto economico se­condario, indipendentemente dalla sua individuazione in modo chiaro e com­prensibile. Cfr. MUCCIARONE, La liceità delle "spese secondarie" nelle ope­razioni bancarie: l'impatto della direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento, in Banca e borsa, 2010, I, pag. 69, nota 14; DOLMETTA, o.l.u.c.; SCIARRO­NE ALIBRANDI, Prime riflessioni sulla direttiva comunitaria n. 93/13 (clauso­le abusive nei contratti stipulati con i consumatori), in Banca e borsa, 1993, I, pag. 725.
17) Si consideri, però, che la quasi totalità dei ricorsi presentati all'Abf, ad ecce­zione di Abf Roma, n. 707/2010, Abf Napoli, n. 197/2011 e Abf Napoli, n. 1071/2011 (anche in questi casi, in maniera non proprio diretta), contiene la ri­chiesta di restituzione delle sole commissioni relative al periodo residuo di dura­ta del finanziamento. Pertanto, in virtù della scelta dell'Abf di attenersi al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (sulla cui opportunità c'è da dubitare, in ragione della natura dell'organismo, della sua funzione e degli auspici sotto i quali è nato), non si può escludere che l'orientamento descritto possa mutare a seguito di una diversa prospettazione della domanda da parte del­la clientela.
18) Abf Napoli, n. 349/2011.
19) Sembra conforme ad un criterio di ragionevolezza il fatto che, nel momento in cui procede ad un addebito, la banca ne dichiari esplicitamente (ed eventualmen­te dimostri) la causa. Sulla necessità, ai fini dell'adempimento degli obblighi di trasparenza gravanti sugli intermediari, di dichiarare nella quietanza di pagamen­to la sua imputazione "in un linguaggio conforme al diritto comune e non essere racchiusa in una stringa linguistica composta da segni il cui significato è noto solo a chi l'ha composta", v. Abf Milano, n. 2000/2012.
20) Analogamente, si richiama alla valorizzazione del vaglio sulla sussistenza del­la causa "in concreto" anche Abf Roma, n. 267/2011: "Il Collegio ritiene di po­ter richiamare, al riguardo, l'oramai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte sulla causa c.d. concreta, vale a dire sulla causa contrattuale intesa "non ... come mera ed astratta funzione economico sociale del negozio bensì come sinte­si degli interessi reali che il contratto è diretto a realizzare, e cioè come funzione individuale del singolo, specifico contratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto"; con la conseguenza per cui, laddove tale funzione indivi­duale non sia rinvenibile nel singolo caso di specie, il contratto o la singola clau­sola contrattuale possono essere dichiarati nulli, per illiceità o mancanza della causa anche in relazione a contratti "tipici" (cfr., in tale prospettiva, Cass. 10490/06; 16315/07; 10651/08; 24769/08; 23941/09)."
21) CIAN, Forma solenne e interpretazione del negozio, Padova, 1969, pag. 161 ss..
22) Sul fatto che, tradizionalmente, il livello minimo di formalizzazione ai fini del rispetto della forma scritta ad substantiam sia limitato ai soli elementi essenziali del contratto (e, quanto all'oggetto, a livello di semplice determinabilità), v. BRECCIA, La forma, in Trattato del contratto, diretto da V. Roppo, I, Forma­zione, a cura di Granelli, Milano, 2006, pag. 675; COPPOLA, La determinabili­tà dell'oggetto nei contratti con forma scritta "ad substantiam", in Contratti, 1999, XII, pag. 1087.
23) Al fine di favorire la comparabilità delle offerte sul mercato e, in costanza di rapporto, di permettere al cliente la verifica della conformità alla legge ed al contratto degli addebiti.
24) Il divieto di rinvio agli usi, infatti, mi sembra avere più a che fare con gli ob­blighi di trasparenza che con il profilo della determinabilità dell'oggetto del con­tratto, dal momento che, di per sé, il rinvio a condizioni obiettivamente identifi­cabili soddisfa il requisito formale. Per questa ragione, infatti, la Corte di Cassa­zione a più riprese nel corso degli anni Novanta (fino al cambio di orientamento nel 1999) ha affermato che la clausola "interessi uso piazza" è valida, poiché an­cora "la misura degli interessi a fatti oggettivi, certi e di agevole riscontro (es­sendo i tassi medi pubblicati dal bollettino della banca d'Italia e costituendo il tasso ufficiale di sconto un preciso punto di riferimento per tutti gli altri tassi).": Cass. sez. I, 18 maggio 1996, n. 4605, in Contratti, 1997, I, pag. 37, con com­mento di FONDRIESCHI, Conto corrente bancario e tassi d'interesse.
25) GIOIA, Nullità di protezione tra esigenze del mercato e nuova cultura del contratto conformato, in Corriere Giuridico, 1999, pag. 612.


















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