Sommario: 1. Considerazioni generali. - 2. La durata minima dei corsi di formazione. - 3. La prova finale. - 4. Conclusioni.
1.Considerazioni generali
Come oramai noto anche a chi addetto ai lavori non è, il d.lgs. n. 149, dd. 10 ottobre 2022 per l’efficienza del processo civile (c.d. riforma Cartabia), pur non ricevendo indicazione alcuna nella legge delega n. 206, dd. 26 novembre 2021, ha riscritto completamente l’art. 179 ter disp. att. c.p.c.
Tale articolo era ed è dedicato ai criteri di formazione e tenuta dell’elenco dei professionisti delegati alle operazioni di vendita coattiva dei beni immobili ex art. 591 bis c.p.c. nonché di quelli mobili registrati ex art. 534 bis c.p.c.
Titolati all’iscrizione nell’elenco sono gli avvocati, i commercialisti e i notai in possesso di una specifica competenza tecnica nella materia dell’esecuzione forzata comprovata – in mancanza di una esperienza pregressa di dieci incarichi nel quinquennio precedente o del titolo di avvocato specialista nella materia – dalla partecipazione in modo proficuo e continuativo a scuole o corsi di alta formazione nel settore delle liquidazioni coattive – per i cui programmi la norma rimanda a periodiche linee guida da elaborarsi dalla Scuola Superiore della magistratura – e dal superamento “con profitto” di una prova di esame.
Una tale impostazione, tuttavia, presenta una lacuna di fondo che si passa ad evidenziare. La norma di rango primario, infatti, non disciplina in alcun modo la composizione della commissione esaminatrice, le modalità di svolgimento dell’esame ed i criteri di verifica della preparazione del candidato e rimette all’organismo di formazione della magistratura solamente la redazione dei programmi dei futuri corsi.
Probabilmente per superare tale carenza, la Scuola Superiore della magistratura, eccedendo la delega dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c., in data 7 aprile 2023 pubblicava delle linee guida in cui non forniva la sola indicazione degli argomenti delle lezioni, ma predisponeva un vero e proprio vademecum sulle modalità di gestione dei corsi e sullo svolgimento degli esami finali.
L’articolo sopra citato prevedeva, inoltre, che l’elaborazione dei programmi venisse realizzata “sentiti” i Consigli nazionali degli Ordini dei professionisti delegabili. L’eccesso di delega operato nella redazione delle linee guida, pertanto, inseriva di fatto le rappresentanze dei professionisti nella determinazione delle modalità di svolgimento dei corsi e degli esami e quindi nella scelta dei criteri per l’ammissione agli elenchi de quo. Così facendo, la finalità del legislatore sottesa all’art. 179 ter disp. att. c.p.c. – miglioramento dell’efficienza dei procedimenti esecutivi a mezzo della creazione di un elenco di delegabili selezionati ed altamente specializzati – incontrava l’esigenza degli Ordini di tutelare le rispettive categorie, traducendosi, in questo caso, nella finalità di favorire il più possibile l’ampliamento del numero dei professionisti iscrivibili negli elenchi.
Questa chiave di lettura permette di comprendere la ragione dell’attuale contenuto delle linee guida che, a modesto avviso di chi scrive, presentano non poche criticità.
2. La durata minima dei corsi di formazione
In primo luogo, si osserva che, con un parallelismo operato con le linee guida predisposte dalla medesima Scuola per i corsi abilitanti le iscrizioni dei professionisti nell’albo di cui all’art. 356 CCII, la durata minima dei corsi viene fissata in 20 ore e cioè pari alla metà di quelle previste per il corso dei gestori della crisi, la cui attività viene ritenuta più ampia e complessa e pertanto meritoria di una maggior formazione.
Tale durata minima risulta, tuttavia, assolutamente inadeguata a fornire una preparazione completa, seppur di base.
Nelle esecuzioni immobiliari, infatti, al professionista vengono delegate tutte le attività di cui all’art. 591 bis c.p.c., con mansioni peraltro incrementate dalla riforma Cartabia, ed egli assume anche il diverso e complesso incarico di custode giudiziario, la cui attività viene inclusa nell’oggetto delle lezioni delle linee guida.[1] Lo studio dell’attività delegabile, tuttavia, non può prescindere da quello della giurisprudenza di legittimità formatasi in materia e dall’analisi delle buone prassi applicative adottate dai vari Tribunali, richiedendo dei veri e propri approfondimenti che necessitano di non poche ore di trattazione. È imprescindibile, inoltre, formare il futuro delegato anche su aspetti pratici dell’incarico, quali, solo per citarne alcuni, la gestione di un’asta telematica, l’inserimento delle pubblicazioni sul portale delle vendite pubbliche e l’attuazione coattiva di un’ordinanza di liberazione. Tali competenze non sono acquisibili in poche ore di quello che le linee guida si definiscono “laboratori”, ma richiedono un’ampia trattazione di durata pari a quello dello studio del processo esecutivo. In proposito, e ad ulteriore dimostrazione dell’incongruità del numero minimo di 20 ore di lezione, va considerato che le linee guida fanno ricomprendere nelle lezioni anche lo studio di istituti generali di diritto processuale civile e che richiedono anche la trattazione di casi pratici con coinvolgimento dei discenti in discussioni con i docenti all’esito delle lezioni.
In ragione di un tanto, la durata del corso abilitante il primo ingresso dovrebbe essere di almeno 40 ore – e cioè pari a quello del corso sopra citato per i gestori della crisi – nonché concernere in prevalenza l’attività del delegato e del custode giudiziario ed avere un numero di ore di “laboratorio” pari a quelle delle lezioni per lo studio del diritto processuale civile e della giurisprudenza.
3. La prova finale
Le linee guida, inoltre, prevedono che la prova finale debba essere realizzata attraverso 50 domande a risposta chiusa, estratte a sorte nell’ambito di un numero complessivo di 450 quesiti predisposti dai Consigli nazionali degli Ordini professionali in accordo tra loro. Per il positivo superamento della prova il candidato deve fornire almeno 35 risposte esatte.
In adempimento di questa ulteriore delega, i Consigli nazionali provvedevano a redigere le 450 domande ed a pubblicarle online fornendo anche – sorprendentemente – le risposte corrette.
Il risultato di tale impostazione, visto che non viene imposto da alcuno l’obbligo dello svolgimento dell’esame in presenza, è che all’esito del corso il candidato, in collegamento da remoto e senza che sia previsto alcuno strumento di verifica della sua identità, potrà rispondere correttamente a 35 su 50 domande utilizzando le risposte corrette disponibili online e pure evidenziate dai loro redattori in colore rosso.
Un tanto non merita commenti. Necessita però di una proposta di modifica tale a far sì che l’esame possa essere ciò che in sostanza per sua natura deve essere e cioè uno strumento per verificare l’effettiva preparazione del candidato e per effettuare una selezione tra chi – superandolo “con profitto” – preparato lo è e chi, invece, non lo è.
Un esame siffatto deve essere un esame orale in cui competa ai docenti formulare liberamente le domande e giudicare le risposte del candidato. La compilazione di un quiz a risposta multipla con risposte già pubblicate sembra più fatto per agevolare il compito dell’esaminatore che per opportunamente valutare il grado di preparazione del discente.
A garanzia di un’effettiva terzietà della commissione esaminatrice dall’ente organizzatore del corso, l’esame dovrebbe anche svolgersi, preferibilmente in presenza, innanzi ad una commissione istituita presso il tribunale nel cui elenco il candidato auspica di iscriversi e che anche potrebbe coincidere con il relativo comitato circondariale di cui all’art. 179 ter disp. att. c.p.c.
4. Conclusioni
A conclusione di queste riflessioni non può non ribadirsi che l’efficienza del procedimento esecutivo è strettamente connessa al grado di preparazione di chi quell’esecuzione è chiamato a gestire. Tale la competenza non potrà di certo formarsi in seguito all’iscrizione dell’elenco e nel corso dello svolgimento dell’incarico, soprattutto in mancanza di un periodo di praticantato successivo all’esame. La giurisdizione esecutiva, infatti, non è solo la sede per la tutela competitiva del credito ma è anche la sede per l’applicazione di regole volte a garantire la tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte nonché dei terzi offerenti e degli aggiudicatari. In ragione di un tanto, sarebbe opportuno che l’esigenza di specializzazione – che comporta per sua natura una selezione – prevalga su quella di cercare di garantire l’assegnazione di almeno un incarico ad un numero più ampio possibile di professionisti.
Ad ogni modo, stante l’attuale situazione normativa, la notte prima dell’esame da professionista delegato si può andare dormire serenamente e forse già iniziare a festeggiare.
[1] Cfr. L. SALATI, Nuovi compiti e vecchio compenso del custode giudiziario: "qui habet commoda, ferre debet onera" https://blog.ilcaso.it/news_2040/25-02-23/Nuovi_compiti_e_vecchio_compenso_del_custode_giudiziario-_qui_habet_commoda_ferre_debet_onera