L'accettazione tacita dell'eredità successiva alla rinuncia (Nota a Cass. Civ., Sez. II, 28 dicembre 2022, n. 37927)
Pubblicato il 02/02/23 17:49 [Articolo 2029]






Abstract
La seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 37927 del 28 dicembre 2022, ha ribadito l'orientamento secondo cui non è ammissibile la c.d. "revoca tacita" della rinuncia all'eredità.
L'art. 525 c.c. consente al rinunciante l'accettazione dell'eredità (non acquistata da altri eventuali chiamati entro il termine decennale di prescrizione), senza specificarne i requisiti formali.
In merito alla forma dell'accettazione si confrontano due orientamenti. Il primo, sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritarie, ritiene che il rinunciante possa tacitamente accettare l'eredità. Il secondo, sostenuto dalla giurisprudenza più recente e confermato dalla decisione in oggetto, ritiene inammissibile la c.d. "revoca tacita", ossia l'accettazione tacita dell'eredità già oggetto di rinuncia.
La lettera dell'art. 525 c.c. e la disciplina successoria complessivamente considerata fanno apparire più corretta l'ammissibilità dell'accettazione tacita dell'eredità successiva alla rinuncia.

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Il fatto. - 3. L'accettazione dell'eredità disciplinata dall'art. 525 c.c. - 4. La tesi dell'ammissibilità dell'accettazione tacita. - 5. La tesi dell'inammissibilità dell'accettazione tacita. - 6. Conclusioni.


1. Introduzione.
Il diritto successorio garantisce la continuità nei rapporti attivi e passivi della persona defunta, scongiurando il verificarsi di vuoti di titolarità[1]. Coerentemente alla descritta finalità, il Codice ricollega la successione mortis causa a titolo universale ad una pluralità affatto eterogenea di fattispecie, non necessariamente consistenti in un'esplicita manifestazione di volontà[2], il cui tratto comune è l'irrevocabilità dell'acquisto dello status di erede (conformemente al tradizionale principio espresso dal brocardo semel heres, semper heres)[3].

Diversamente, la rinuncia all'eredità è vincolata a precisi oneri formali e non produce effetti irreversibili (coerentemente alla menzionata tutela della continuità dei rapporti). Infatti, l'art. 525 c.c. prevede per il rinunciante la possibilità di accettare l'eredità, entro il termine decennale di prescrizione, a condizione che l'eredità stessa non sia stata accettata da altri eventuali chiamati, senza specificare le modalità, né i requisiti formali dell'accettazione.

La genericità della disposizione ha dato adito a divergenze riguardanti l'ammissibilità di una accettazione tacita, ai sensi e per gli effetti dell'art. 525 c.c. In merito, la seconda sezione della Corte di Cassazione si è espressa con ordinanza n. 37927, datata 5.12.2022 e depositata il 28.12.2022.



2. Il fatto.
Nella vicenda sottoposta al vaglio della Suprema Corte si è posto il problema di stabilire se dovesse ritenersi revocata la rinuncia all'eredità di chi, citato in giudizio in qualità di presunto erede del convenuto originario, in via principale si era difeso nel merito della controversia e, soltanto in via subordinata, aveva eccepito l'intervenuta rinuncia all'eredità. Gli elementi di fatto, rilevanti ai fini del presente scritto, si articolano nei seguenti termini.

Un'impresa edile aveva curato un'operazione immobiliare finalizzata all'edificazione di abitazioni civili per conto di più committenti, i quali si erano impegnati a rimborsare ogni onere, anche fiscale, sostenuto dalla controparte nello svolgimento dell'incarico.

A seguito della conclusione dei lavori, l'appaltatrice notificava ai committenti atto di citazione in giudizio, dove allegava la mancata rifusione degli oneri di urbanizzazione versati durante l'esecuzione del contratto. Tanto premesso, in via principale l'attrice chiedeva la condanna al rimborso dei versamenti e in subordine il loro indennizzo, a titolo di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c. I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano nel merito le domande attoree. A seguito del decesso di due convenuti nelle more del giudizio, ne venivano citati i presunti eredi, i quali, in via principale, ribadivano le difese nel merito delle parti originarie e, in via subordinata, pur essendosi in principalità dichiarati eredi, eccepivano l'assenza di legittimazione passiva, asserendo di aver rinunciato alle rispettive eredità. Sulla base delle esposte argomentazioni, chiedevano il rigetto delle domande attoree.

Il Tribunale accoglieva la domanda principale dell'attore e condannava i convenuti al pagamento delle somme oggetto della vertenza. Il Giudice di prime cure motivava la decisione asserendo che gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione, in ragione della loro natura reale, gravavano sul proprietario dell'immobile al momento della concessione.

I soccombenti proponevano appello avverso la sentenza di primo grado, negando il proprio status di eredi. L'appaltatrice si costituiva, chiedendo il rigetto dei motivi di appello.

La Corte d'Appello rigettava l'impugnazione, asserendo l'incompatibilità della condotta tenuta in primo grado dagli appellanti con la rinuncia all'eredità. Nello specifico, il Giudice di secondo grado qualificava come accettazione tacita dell'eredità la difesa nel merito, nonché la conseguente domanda di rigetto delle istanze attoree formulata in via principale.

I soccombenti proponevano ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d'Appello avrebbe erroneamente ritenuto l'incompatibilità della condotta processuale dei ricorrenti con la precedente rinuncia all'eredità. La controparte si costituiva, resistendo al ricorso.

La seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 37927, datata 5.12.2022 e pubblicata il 28.12.2022, accoglieva il ricorso, formulando il seguente principio di diritto: "Nel sistema delineato dagli artt. 519 e 525 cod. civ. in tema di rinunzia all'eredità - la quale determina la perdita del diritto all'eredità ove ne sopraggiunga l'acquisto da parte degli altri chiamati - l'atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile".


3. L'accettazione dell'eredità disciplinata dall'art. 525 c.c.
La rinuncia all'eredità è una dichiarazione unilaterale, non recettizia, formale, fra vivi (in quanto destinato a produrre i suoi effetti in vita del soggetto che lo compie), retroattiva[4] con effetti impeditivi dell'acquisto dell'eredità secondo alcuni[5] ed eliminativi del diritto all'accettazione secondo altri[6].

In ogni caso si tratta di effetti non definitivi. Infatti, l'art. 525 c.c., rubricato "Revoca della rinuncia", consente comunque al rinunciante di accettare l'eredità, a condizione che non sia spirato il termine decennale di prescrizione ex art. 480 c.c. e che l'eredità non sia stata nel frattempo acquistata da altri eventuali chiamati (di grado pari o successivo). In ogni caso, vengono fatte salve le ragioni acquistate dai terzi sopra i beni ereditari[7].

Difformemente dalla lettera della rubrica, in realtà la disposizione richiamata non disciplina un atto di revoca in senso tecnico. Infatti, secondo dottrina[8] e giurisprudenza[9], l'art. 525 c.c. non contempla un contrarius actus (il quale, a rigore, dovrebbe comportare il semplice ripristino dello status di ordinario chiamato all'eredità in capo al rinunciante), ma il diritto all'accettazione "tardiva" (rectius successiva alla rinuncia), soggetto non solo all'ordinario termine decennale di prescrizione, ma anche al mancato acquisto mortis causa di altri eventuali chiamati[10].

Sotto il profilo dommatico si traggono principalmente due conclusioni. In primo luogo, come ricordato, si esclude la previsione e la necessità (oltreché, secondo alcuni, financo l'ammissibilità[11]) di un autonomo atto di revoca, che possa fungere da presupposto per la successiva accettazione. Al riguardo si precisa che la revoca costituisce un effetto conseguente all'accettazione[12]. In secondo luogo, data la persistenza del diritto all'accettazione, si ritiene, da dottrina[13] e giurisprudenza[14], la persistenza in capo al rinunciante della delazione ereditaria.

Con particolare riferimento agli atti comportanti accettazione del rinunciante, con conseguente venir meno della rinuncia all'eredità, si sono registrate alcune divergenze fra gli interpreti.


4. La tesi dell'ammissibilità dell'accettazione tacita.
La dottrina[15] e la giurisprudenza maggioritarie, di legittimità[16] e di merito[17], ritengono sussumibile sotto la fattispecie prevista dall'art. 525 c.c., non solo l'accettazione espressa, ma anche quella tacita.

I fautori dell'orientamento in esame valorizzano la lettera dell'art. 525 c.c. Nello specifico, l'articolo citato dispone che "(...) i chiamati che vi hanno rinunziato [all'eredità n.d.a.] (...) possono sempre accettarla" senza prevedere la necessità di particolari oneri formali. La genericità della formulazione fa ritenere ammissibile una sua lettura ampia e, in particolare, comprensiva dell'accettazione a mezzo di "atto che presuppone necessariamente la (...) volontà di accettare e che [il chiamato n.d.a] non avrebbe diritto di fare se non nella qualità di erede", ai sensi dell'art. 476 c.c.

In via conclusiva, ai fini dell'applicabilità dell'art. 525 c.c., la tesi in argomento non ritiene necessaria l'accettazione espressa (e tantomeno solenne) dell'eredità. Diversamente, dal silenzio della Legge in merito ai requisiti formali dell'accettazione viene desunta l'ammissibilità dell'accettazione tacita (per sua natura, incompatibile con la precedente rinuncia, pur solennemente espressa, che ne viene travolta)[18].


5. La tesi dell'inammissibilità dell'accettazione tacita.
Un diverso e più recente orientamento giurisprudenziale adotta una lettura restrittiva dell'art. 525 c.c. Infatti, ai sensi della menzionata interpretazione, viene esclusa la configurabilità della c.d. "revoca" tacita della rinuncia all'eredità[19] o, rectius, dell'effetto revocatorio conseguente a un'accettazione tacita dell'eredità, la quale, pertanto, viene ritenuta priva di efficacia.

I sostenitori della tesi in argomento valorizzano il disposto dell'art. 519 c.c. Nello specifico, la norma menzionata prevede una forma solenne per la rinuncia all'eredità, prescrivendo che la stessa debba essere formulata per mezzo di "dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale (...) e inserita nel registro delle successioni". Pertanto, differentemente da quanto previsto in tema di accettazione dell'eredità, il Codice esclude una forma tacita di rinuncia e richiede una formale e solenne dichiarazione di volontà, espressa dinanzi un pubblico ufficiale (notaio o cancelliere) e registrata presso un pubblico registro (il registro delle successioni).

Dalla delineata disciplina l'orientamento trae delle importanti conseguenze ermeneutiche in ordine ai limiti applicativi dell'art. 525 c.c. Infatti, dal requisito formale previsto per la rinuncia all'eredità viene desunta l'inammissibilità di una "revoca" tacita, manifestata attraverso fatti concludenti. A riguardo, certa dottrina afferma che dalla descritta impostazione deriverebbe "un principio di simmetria delle forme" di origine giurisprudenziale[20]. In altre parole, si esclude che l'accettazione tacita ex art. 476 c.c. possa efficacemente revocare la rinuncia precedentemente espressa.

L'ordinanza in commento ha aderito all'orientamento descritto. Infatti, il Giudice di legittimità, dopo aver compiuto una rapida disamina della disciplina della rinuncia all'eredità, soffermandosi sulle relative formalità previste, dichiara inammissibile la "revoca tacita" della rinuncia.



6. Conclusioni.
Come osservato, l'art. 525 c.c. non disciplina una forma di revoca in senso proprio, ma una mera ipotesi di accettazione dell'eredità (pur susseguente a una precedente rinuncia). La mancata previsione legislativa di un effettivo atto di revoca da parte del rinunciante rende superfluo ogni riferimento, esplicito o implicito, al presunto "principio di simmetria delle forme".

In realtà, il problema che si pone riguarda unicamente l'ammissibilità o meno di una accettazione tacita dell'eredità da parte del rinunciante, piuttosto che di una "revoca" tacita della rinuncia.

Tanto premesso, l'interpretazione restrittiva dell'art. 525 c.c., da ultimo accolta dalla seconda sezione della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 37927 (5.12.2022 - 28.12.2022) in esame, non appare esente da critiche.

Sotto il profilo letterale, la genericità della formulazione dell'art. 525 c.c. fa propendere per una lettura estensiva della disposizione. Come noto, il Codice disciplina scrupolosamente ogni atto e negozio in materia successoria, specificandone talvolta i requisiti formali[21]. Nella disposizione in esame, l'espresso richiamo alla possibilità di successiva accettazione, senza alcuna previsione di restrizioni formali, comporta un mero rinvio all'istituto nella sua interezza, comprensivo della sua configurazione tacita.

Del resto, una lettura estensiva dell'art. 525 c.c. appare coerente con la ratio sottesa all'intera normativa successoria, volta a scongiurare l'incertezza della titolarità delle situazioni giuridiche del defunto.

Per quanto concerne la posizione dei soggetti coinvolti, si svolgono le seguenti considerazioni.

Con riferimento ai terzi aventi causa, non risulta sprovvisto di tutela l'acquirente che, ignorando in buona fede l'accettazione tacita del rinunciante, abbia acquistato a titolo oneroso diritti da chi, secondo circostanze oggettive, appariva l'erede di grado successivo. Infatti, tale ipotesi rientra nella fattispecie degli acquisti da erede apparente, i quali vengono espressamente fatti salvi dall'art. 534 c.c.[22]

Diversamente, la posizione del chiamato all'eredità, di grado pari o successivo, può apparire meno tutelata, in quanto la consultazione del registro delle successioni permette di apprendere l'esistenza della rinuncia, ma non dell'accettazione tacita del rinunciante stesso. Di conseguenza, il chiamato di pari grado rimane nell'impossibilità di quantificare la quota a lui spettante, mentre il chiamato di grado successivo permane nell'incertezza sulle sorti dell'eredità (e, per l'effetto, sulla propria legittimità ad accettare).

Al riguardo si osserva che anche il rinunciante si trova nel medesimo stato di incertezza dell'altro chiamato. Infatti, potendo quest'ultimo a sua volta accettare l'eredità tacitamente, anche l'avvenuto acquisto dello stesso non risulterebbe dal registro delle successioni.

In definitiva, l'eventuale ritenuta inammissibilità dell'accettazione tacita del rinunciante comporterebbe, in realtà, una limitazione, la quale implicherebbe un ingiustificato svantaggio a danno del rinunciante (cui l'art. 525 c.c. pure riconosce la persistenza di un diritto all'accettazione tout court) rispetto all'ulteriore chiamato, al quale tale limitazione non viene posta.

Per i motivi esposti appare corretto ritenere che l'accettazione tacita dell'eredità sia idonea a porre nel nulla, ai sensi e per gli effetti dell'art. 525 c.c., la rinuncia precedentemente espressa.

NOTE
[1] Aiello, Art. 456, in Commentario al Codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 1; Bianca, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, 3a, Milano, 2001, 462; Capozzi, Successioni e donazioni, 4a, I, Milano, 2015, 18; Carbone, Genghini, Manuali notarili, IV, 1, Le successioni a causa di morte, a cura di Genghini, Padova, 2012, 13; Carrino, Art. 456, in Comm. Cendon, Milano, 2009, 8; Gazzoni, Manuale di diritto privato, 17a, Napoli, 2015, 437; Palazzo, Le successioni. Introduzione al diritto successorio. Istituti comuni alle categorie successorie. Successione legale, I, in Tratt. Iudica e Zatti, Milano, 1996, 178; Torrente, Manuale di diritto privato, 21a, a cura di Anelli e Granelli, Milano, 2013, 1256.

[2] Com'è noto, la successione mortis causa a titolo universale può conseguire, non solo ad un'esplicita dichiarazione (c.d. accettazione espressa), ma anche a un qualsiasi atto dell'erede "che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare" (art. 476 c.c.: c.d. accettazione tacita). Inoltre, il trasferimento in questione si realizza al verificarsi di ipotesi tipizzate, che prescindono dalla volontà di succedere (c.d. accettazione presunta). Quanto alla successione mortis causa a titolo particolare, il trasferimento si verifica di diritto al momento dell'apertura della successione, senza necessità di accettazione.

[3] Angeloni, Accettazione dell'eredità, in Dizionario enciclopedico del diritto, I, diretto da Galgano, Padova, 1996, 16; Bianca, op. cit., 556; Carbone, Genghini, op. cit., 206; Cicero, Accettazione dell'eredità, in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 2013; Gazzoni, op. cit., 450; Loi, Le successioni a causa di morte, in AA. VV., Diritto privato, II, Torino, 2004, 1074; Palazzo, op. cit., 352; Rajani, Artt. 470-478, in Commentario al Codice Civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 58; Sciarrino, La rinunzia all'eredità. Artt. 519-527, 2a, in Comm. Schlesinger, Milano, 2020, 249.

[4] Angeloni, Rinuncia all'eredità, in Dizionario enciclopedico del diritto, II, diretto da Galgano, Padova, 1996, 1307; Bianca, op. cit., 555-557; Capozzi, op. cit., 313-314; Carbone, Genghini, op. cit., 348; Galgano, Diritto civile e commerciale, IV, Padova, 1990, 146; Galli, Nuovo corso di diritto civile, Padova, 2017, 233; Gazzoni, op. cit., 466; Loi, op. cit., 1080; Nardo, Art. 519, in Commentario al codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 117; Palazzo, op. cit., 351; Torrente, op. cit., 1293.

[5] Benedetti, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, 174; Galgano, op. cit., 146; Loi, op. cit., 1080; Gazzoni, op. cit., 466; Sciarrino, op. cit., 2020, 24; Torrente, op. cit., 1293.

[6] Bianca, op. cit., 555; Capozzi, op. cit., 312-313; Galli, op. cit., 233; Nardo, op. cit., 118.

[7] Angeloni, op. cit., 1307; Bianca, op. cit., 558; Capozzi, op. cit., 332; Carbone, Genghini, op. cit., 361; Costanza, Revoca, in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 1998; Galgano, op. cit., 146; Galli, op. cit., 233; Gazzoni, op. cit., 467; Loi, op. cit., 1080; Palazzo, op. cit., 364; Romeo, Art. 525, in Commentario al Codice Civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 152-153; Sciarrino, op. cit., 248; Torrente, op. cit., 1294.

[8] Angeloni, op. cit., 1307; Capozzi, op. cit., 332; Carbone, Genghini, op. cit., 361-362; Galgano, op. cit., 146; Galli, op. cit., 233; Gazzoni, op. cit., 467; Sciarrino, op. cit., 2020, 250.

[9] Cass. II, 14.5.1977, n. 1938, in Giust. civ., 1977, 1, 1334; Cass. II, 8.6.1984, n. 3457, in Riv. Notariato, 1984, 2, 1282; Cass. II, 2.8.2011, n. 16913, in Giust. civ. Mass., 2011, 7-8, 1147.

[10] Bianca, op. cit., 557-558; Capozzi, op. cit., 333; Carbone, Genghini, op. cit., 361; Palazzo, op. cit., 365; Romeo, op. cit., 152.

[11] Bianca, op. cit., 558; Sciarrino, op. cit., 2020, 251.

[12] Galli, op. cit., 234; Romeo, op. cit., 152.

[13] Carbone, Genghini, op. cit., 361; Gazzoni, op. cit., 467; Palazzo, op. cit., 364-365; Sciarrino, op. cit., 2020, 251-252.

[14] Cass. II, 23.1.2007, n.1403, in Giust. civ. Mass., 2007, 1.

[15] Angeloni, op. cit., 1307; Bianca, op. cit., 558; Capozzi, op. cit., 334; Carbone, Genghini, op. cit., 362; Galgano, op. cit., 146; Gazzoni, op. cit., 467; Palazzo, op. cit., 365-366; Romeo, op. cit., 154; Sciarrino, op. cit., 2020, 268.

[16] Cass. II, 8.6.1984, n. 3457, in Giust. civ. Mass., 1984, fasc. 6; Cass. II, 6.12.1984, n. 6412, in Giust. civ. Mass., 1984, fasc. 12; Cass. II, 9.9.1998, n. 8912, in Giur. it. 1999, 1160; Cass. II, 13.7.2000, n. 9286, in Vita not., 2000, 1466; Cass. II, 23.1.2007, n.1403, in Giust. civ. Mass., 2007, 1; Cass. II, 2.8.2011, n.16913, in Giust. civ. Mass., 2011, 7-8, 1147; Cass. III, 18.4.2012, n.6070, in Giust. civ. Mass., 2012, 4, 511; Cass. VI, 4.7.2016, n.13599, in Diritto & Giustizia, 2016, 5 luglio.

[17] Trib. RM, 24.6.1991, in Giur. Merito, 1993, 358 (con nota di Azzariti); Comm. Trib. Prov. RE I, 21.12.2009, n. 226, in Giur. merito, 2010, 3, 835.

[18] Musolino, La revoca della rinunzia all'eredità, in Riv. Notariato, 2013, 1, 183.

[19] Cass. III, 29.3.2003, n. 4846, Vita not., 2003, 894; Cass. II, 12.10.2011, n. 21014, in Giust. civ. Mass., 2011, 10, 1438; Cass. III, 19.2.2014, n. 3958, in www.dejure.it.

[20] Romeo, op. cit., 154.

[21] In proposito, basti ricordare, oltreché la citata disciplina dell'accettazione e della rinuncia all'eredità, quanto disposto in tema di negozi testamentari.

[22] Sciarrino, op. cit., 270.










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