Usucapione della proprietà esclusiva del bene comune indiviso e atti di tolleranza (Nota a Cass. 8 aprile 2021, n. 9359)
Pubblicato il 31/05/21 02:00 [Articolo 1109]
La seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9359, datata 2.7.2020 e pubblicata l'8.4.2021, in tema di usucapione della proprietà esclusiva di bene comune indiviso da parte del contitolare, ha affermato che il possesso deve estrinsecarsi in un utilizzo della res, che risulti incompatibile con il godimento della stessa da parte degli altri comproprietari. Contestualmente la Suprema Corte ha deciso che la lunga durata dell'utilizzo del bene possa integrare un elemento presuntivo per escludere il requisito della tolleranza, previsto dall'art. 1144 c.c., qualora fra i comproprietari non intercorra un rapporto di parentela, ma di mera amicizia o buon vicinato.
Sommario: 1. Introduzione. - 2. L'usucapione del bene comune. - 3. Gli atti di tolleranza ai sensi dell'art. 1144 c.c. - 4. Conclusioni.
1. Introduzione.
La pratica civilistica richiede spesso agli interpreti l'applicazione coordinata di più istituti prima facie non perfettamente congruenti o il loro adattamento alla situazione concreta. La seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9359, datata 2.7.2020 e pubblicata l'8.4.2021, è stata chiamata, sotto il primo profilo, a coordinare istituti diversi, in tema di usucapione della proprietà esclusiva del bene indiviso da parte del comproprietario e, sotto il secondo profilo, ad adattare istituti giuridici a situazioni concrete, in tema di definizione degli atti compiuti con la tolleranza del titolare del diritto ex art. 1144 c.c.
2. Il caso.
Il caso sottoposto al vaglio del Giudice di legittimità si articola nei seguenti termini.
Il signor Q.M., comproprietario pro indiviso e iure hereditario assieme alla zia, alla madre ed alla sorella di un immobile sito in Roma, vi risiedeva in via esclusiva, possedendone lui solo le chiavi.
Con atto di citazione il medesimo conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma le comproprietarie, chiedendo l'accertamento, nei loro confronti, del suo acquisto per usucapione della proprietà esclusiva del bene menzionato. Le convenute si costituivano in giudizio concludendo, in via principale, per il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, per l'accertamento dell'illegittima occupazione della res da parte dell'attore, nonché per la consequenziale condanna al pagamento dell'indennità di occupazione.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 15699 del 2010, rigettava le domande di entrambe le parti.
Successivamente il signor Q.M. appellava la sentenza di primo grado riproponendo la domanda di accertamento dell'acquisto a titolo originario.
La Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 4152 del 2015, accoglieva il gravame e dichiarava l'intervenuta usucapione dell'esclusiva proprietà sull'intero immobile. In primo luogo, il Giudice territoriale desumeva la sussistenza dell'intento di escludere l'altrui godimento dalla mancata disponibilità delle chiavi in capo alle contitolari. Inoltre, asseriva che la lunga permanenza dell'appellante presso l'immobile escludeva il requisito della tolleranza ex art. 1144 c.c. da parte delle appellate.
Le soccombenti in secondo grado ricorrevano presso la Corte di Cassazione contestando le esposte motivazioni.
Il Giudice di legittimità, con ordinanza n. 9359, datata 2.7.2020 e pubblicata l'8.4.2021, ha accolto i citati motivi di ricorso ed ha escluso nel caso concreto il verificarsi dell'usucapione. A sostegno di tale decisione, la Cassazione asserisce che, ai fini dell'usucapione della proprietà esclusiva del bene comune indiviso, il comproprietario deve goderne «con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus ( )». Inoltre, con riferimento alla tolleranza escludente l'usucapione, la Suprema Corte ribadisce quell'orientamento secondo cui la lunga durata dell'attività «( ) può integrare un elemento presuntivo nel senso dell'esclusione della tolleranza qualora non si tratti di rapporti di parentela, ma di mera amicizia o buon vicinato ( )».
3. L'usucapione del bene comune.
La tematica dell'usucapione della proprietà esclusiva di un bene comune indiviso da parte di un contitolare impone di coordinare (se non di adattare) l'istituto dell'usucapione con la fattispecie della comunione, disciplinata dagli artt. 1100 ss. c.c.
L'art. 1102 cpv. c.c. sancisce il divieto in capo al comunista di estendere il proprio diritto sul bene a detrimento degli altri contitolari, salvo il compimento di atti idonei a mutare il titolo del proprio possesso. Con riferimento all'ultima ipotesi gli interpreti sono chiamati ad adattare l'istituto dell'usucapione - pensato principalmente per il caso in cui l'acquirente a titolo originario sia un terzo - alla differente ipotesi in cui a rivendicare l'usucapione di una proprietà esclusiva sia un soggetto già comproprietario del bene. Tale soggetto, infatti, già contitolare di un diritto reale di comproprietà, pretende di avere esercitato sul bene un diritto di proprietà esclusiva, sorpassando i limiti sanciti dall'art. 1102 c.c. (ovverossia il menzionato divieto di estensione del diritto, il rispetto della destinazione della res ed il divieto di impedimento dell'utilizzo agli altri comproprietari)[1]. Di conseguenza si tratta di stabilire quando effettivamente l'agente cessi di possedere in qualità di contitolare e quando cominci ad utilizzare il bene come proprietario esclusivo.
A riguardo la dottrina[2] e la giurisprudenza - sia di legittimità[3] che di merito[4] - affermano che il possesso esclusivo ad usucapionem dovrebbe necessariamente palesarsi mediante l'adozione di comportamenti estranei alla tipica modalità di esercizio di un diritto condiviso e, soprattutto, patentemente incompatibili con una situazione di compossesso. La situazione di possessore (e non di mero terzo[5]) in cui versa l'usucapiente porta spesso gli interpreti ad escludere l'applicabilità (e per l'effetto la necessità) di un atto di interversione del possesso, ritenendo quindi sufficiente e necessaria una attiva condotta materiale, i cui caratteri portino inequivocabilmente ad escludere l'altrui godimento[6]. In applicazione dell'esposto principio, la giurisprudenza ha escluso che possano aver rilevanza ai fini dell'usucapione la mera astensione dei contitolari dal godimento del bene[7] o le opere di manutenzione compiute dal possessore diretto[8]. In altre parole, non è sufficiente il mero godimento prolungato dell'intero bene comune, ma sono richieste modalità di utilizzo della res, che impossibilitino o, quanto meno, escludano l'altrui godimento. Nei termini esposti viene anche ammessa l'usucapione della proprietà esclusiva di un bene condominiale da parte del singolo condomino[9].
Nel caso deciso dalla pronuncia in oggetto il possessore, a sostegno dell'avvenuta usucapione, adduce di essere l'unico a disporre delle chiavi dell'immobile. Il Giudice di legittimità, confermando i propri precedenti, non ravvisa nella descritta circostanza alcuna incompatibilità con l'altrui possesso, aggiungendo che diverso valore avrebbe avuto «la sostituzione della serratura», fermo anche in questo caso l'onere, in capo al preteso usucapiente, di provare l'animus excludendi.
4. Gli atti di tolleranza ai sensi dell'art. 1144 c.c.
Gli interpreti sono stati chiamati a fornire un'esatta definizione degli atti compiuti con la tolleranza del titolare del diritto, in presenza dei quali l'art. 1144 c.c. esclude espressamente la configurabilità in capo all'agente della fattispecie del possesso[10].
Nella pratica si adotta un criterio di valutazione elastico. Pur rimanendo tendenzialmente ferma la concezione della tolleranza come espressa accettazione o tacita acquiescenza[11], motivata dai più svariati motivi[12] (il cui onere probatorio grava su chi intende contestare l'altrui usucapione[13]), se ne calibra la portata sulla posizione del paziente, in base alle massime desumibili dalla comune esperienza. Sotto un differente punto di vista, si contestualizzano le condotte sopportate, inserendole all'interno dei rapporti intercorrenti fra il soggetto agente ed il titolare del bene. L'articolato modus procedendi appena descritto ha portato certa dottrina a parlare di soggezione della materia ad un principio di relatività[14].
In osservanza delle esposte coordinate ermeneutiche, un consolidato e granitico orientamento ritiene presuntivamente sussistente la tolleranza nei confronti delle condotte connotate da occasionalità, saltuarietà e scarsa rilevanza nel solo ambito dei rapporti amicali o di vicinato[15]. Diversamente, precisano sia la dottrina[16] che la giurisprudenza di legittimità[17] e di merito[18], in presenza di una relazione parentale, vengono sussunte nella fattispecie dell'art. 1144 c.c. anche condotte di maggior invasività, prolungatesi per un lasso di tempo più lungo. Tale discrimine viene motivato sull'assunto secondo cui nella dimensione familiare, in ragione della pretesa maggior vicinanza fra i soggetti, rientrerebbe nel concetto di tolleranza la sopportazione di condotte durature e di non scarsa entità. Per completezza appare opportuno ricordare che similari considerazioni sono state svolte dalla dottrina[19] e dalla giurisprudenza[20] anche con riferimento all'ipotesi in cui fra i soggetti intercorra un rapporto di natura societaria.
L'esposto orientamento non è andato esente da critiche. Infatti, alcuni esponenti della dottrina hanno contestato la fondatezza di tale assunto, mettendone in dubbio l'intrinseca logicità[21]. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha sempre ribadito la presunzione di tolleranza delle condotte prolungate nel tempo e di non scarsa entità nell'ambito dei rapporti familiari.
Anche la pronuncia in oggetto non si discosta dall'orientamento maggioritario, confermando la presunzione di tolleranza delle condotte prolungatesi nel tempo all'interno di un contesto familiare. Il Giudice di legittimità, infatti, afferma e ribadisce che «( ) in tema di usucapione ( ) la lunga durata dell'attività medesima [corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale n.d.r.] può integrare un elemento presuntivo nel senso dell'esclusione della tolleranza qualora non si tratti di rapporti di parentela, ma di rapporti di mera amicizia o buon vicinato, giacché nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo ( ).»
5. Conclusioni.
Nella pronuncia in esame la Corte di cassazione ha confermato i precedenti più volte espressi in passato.
In tema di usucapione della proprietà esclusiva del bene indiviso, il Giudice di legittimità non si è discostato dall'orientamento maggioritario: infatti, coerentemente con i principi di diritto più volte enunciati, ribadisce l'ininfluenza di una formale interversione del possesso e afferma la necessità dell'utilizzo del bene con modalità tali da escludere esplicitamente e manifestamente l'altrui godimento.
Anche in tema di atti di tolleranza la Cassazione, ignorando le pur autorevoli osservazioni critiche in proposito, ha riconfermato le passate applicazioni del principio di relatività: infatti ribadisce la tradizionale distinzione fra rapporti di amicizia o vicinato e rapporti familiari e afferma che in presenza dei secondi può presuntivamente ritenersi tollerata ai sensi dell'art. 1144 c.c. la condotta prolungatasi per un lungo periodo di tempo.
NOTE
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[1] Angelini, Art. 1102, in Comm. Cendon, Milano, 2009, 54-56; Angeloni, Amministrazione della comunione, Dizionario enciclopedico del diritto, diretto da Galgano, Padova, 1996, 342; Bianca, La proprietà, in Diritto civile, VI, Milano, 1999, 463-464; Calogero, La comunione dei diritti reali, in AA. VV., Trattato dei diritti reali, III, Milano, 2012, 566; Campanile, Crivellari, Genghini, I diritti reali, in Manuali notarili, V, a cura di Genghini, Padova, 2011, 584 ss.; Cicero, Della comunione artt. 1100-1116 c.c., in Comm. Schlesinger, diretto da Busnelli, 67-68; Galgano, Diritto civile e commerciale, I, Padova, 1990, 489; Giusti, Comunione, condominio e multiproprietà, in AA. VV., Diritto privato, II, Torino, 2004, 856; Palazzo, Comunione, in Digesto banca dati ipetestuale, Torino, 1988; Pasi, Art. 1102, La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, III, 3, diretta da Ruperto, Milano, 2005, 1167 ss.; Signorelli, Artt 1100-1104, in AA VV., Codice civile commentato, III, a cura di Giordano, Trani, 2019, 229; Torrente, Manuale di diritto privato, 21a, Milano, 2013, 316.
[2] Angelini, op. cit., 60-61; Annunziata, art. 1158, in La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, III, 4, diretta da Ruperto, Milano, 2005, 1908-1909; Bianca, op. cit., 665; Campanile, Crivellari, Genghini, op. cit., 585; Cicero, op. cit., 71-72; De Tilla, Il possesso, azioni di nunciazione, procedimento possessorio, usucapione, in Il diritto immobiliare. Trattato sistematico di giurisprudenza ragionata per casi, II, Milano, 2005, 1411-1412; Fortunato, L'usucapione in AA. VV., Il contenzioso sui diritti reali, a cura di Penta e Troncone, Milano, 2021, 1040; Galati, Dell'usucapione Artt. 1158-1167, in Comm. Schlesinger, diretto da Busnelli, Milano, 2013, 83; Galli, Nuovo corso di diritto civile, Padova, 2017, 456; Gazzoni, Manuale di diritto privato, 17a, Napoli, 2015, 245; Magri, Art. 1159, in Comm. Cendon, Milano, 2009, 159; Pasi, op. cit., 1208-1209; Guerra, Artt. 1158-1167 c.c., in AA VV., Codice civile commentato, III, a cura di Giordano, Trani, 2019, 400; Signorelli, op. cit., 230.
Achille, Azione di rivendicazione e azione di restituzione la Cassazione chiarisce il discrimen, nota a Cass. II, 31.5.2015, n.17321, in Diritto & Giustizia, fasc.31, 2015, 6; Basini, La responsabilità dei debitori del defunto, dopo l'apertura della successione, in Resp. civ. e prev., fasc.4, 2009, pag. 0733B; Dragone, Accertamento della comproprietà su beni ereditari a seguito di eccezione di usucapione sollevata da uno dei coeredi e cenni sugli atti di cessione fondati sulla dichiarazione di possesso, nota a Trib. LA 26.7.2008, in Giur. merito, fasc. 2, 2009, 374; Tantalo, Usucapione di parte di comunione ereditaria i coeredi non sono detentori dei beni ereditari, nota a Cass. II, 9.9.2019, n. 22444, in Diritto & Giustizia, fasc. 160, 2019, 13.
[9] Annunziata, art. 1164, La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, III, 4, diretta da Ruperto, Milano, 2005, 1961-1963; Galati, op. cit., 84; Sacco, Usucapione, in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 1999; Galli, op. cit., 456-457; Sacco, Caterina, Il possesso, 2a, in Tr. Cicu-Messineo, Milano, 2000, 513; Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 1988, 46-48.
Gallucci, Spetta a chi contesta l'usucapione dimostrare la tolleranza utile a non farla maturare, nota a Cass. II, 30.5.2013, n. 13608, in Diritto e Giustizia, fasc. 0, 2013, 617
[10] Si discute se la situazione del soggetto tollerato possa essere sussunta sotto la fattispecie della detenzione (e se possa quindi applicarsi l'azione di reintegrazione in caso di spoglio). La giurisprudenza risponde negativamente, diversamente la dottrina è divisa (sul tema cfr. Angeloni, Atti di tolleranza, Dizionario enciclopedico del diritto, diretto da Galgano, Padova, 1996, 157; Annunziata, art. 1144, La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina, III, 4, diretta da Ruperto, Milano, 2005, 1862; Fortunato, Il possesso, in AA. VV., Il contenzioso sui diritti reali, a cura di Penta e Troncone, Milano, 2021, 990; Galgano, op. cit., 411).
[11] Annunziata, op. cit, 1859; Bianca, op. cit., 746-747; Campanile, Crivellari, Genghini, op. cit., 637; Carbone, Tolleranza e buona fede nel possesso. Successione, accessione e cose fuori commercio. Artt. 1144-1147, in Comm. Schlesinger, diretto da Busnelli, Milano, 2019, 42-44; Distefano, Art. 1144, in Comm. Cendon, Milano, 2009, 33; Fortunato, op. cit., 988; Galgano, op. cit., 409-410; Pacilli, Art. 1144 c.c., in AA VV., Codice civile commentato, III, a cura di Giordano, Trani, 2019, 340; Paladini, Il possesso, in AA. VV., Diritto privato, II, Torino, 2004, 874; Sacco, Tolleranza (in tema di possesso), in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 2012; Sacco, Caterina, op. cit., 163; Sillani, Possesso e detenzione, in Digesto banca dati ipetestuale, Torino, 1996; Torrente, op. cit., 340.
Costanza, Possesso e tolleranza, nota a Cass. II, 20.6.2005, n. 13216, in Giust. Civ., fasc. 2, 2006, 363; Farolfi, (1-3) Tutela del possesso e ragioni della proprietà, nota a Trib. BO 4.4.2001, in Riv. notariato, fasc.5, 2003, 1273.
[12] Tradizionalmente la giurisprudenza e la dottrina considerano motivo di tolleranza la benevolenza propria di un rapporto amicale o di buon vicinato. La più attenta dottrina sussume sotto la fattispecie di cui all'art. 1144 c.c. anche ipotesi in cui manchi una positiva predisposizione d'animo: si pensi al caso di chi ritiene la sopportazione un male minore rispetto alle conseguenze di un'eventuale reazione oppure di chi rimane inerte nella convinzione della brevità temporale dell'altrui intromissione (cfr. Galgano, op. cit., 410; Paladini, op. cit., 874; Sacco, op. cit.; Sacco, Caterina, op. cit., 163-164).
Tarantino, Possesso anche tra coeredi gli atti di mera tolleranza escludono l'acquisto della proprietà per usucapione, nota a Cass. II, 3.5.2018, n.10512, Condominioelocazione.it; Farolfi, op. cit., 1273