La High Court of Justice londinese dichiara la nullità dei contratti derivati stipulati da un ente locale italiano
Pubblicato il 05/11/22 09:47 [Articolo 1988]






Il 14 ottobre 2022, la High Court of Justice inglese ha dichiarato la nullità dei contratti derivati stipulati da un ente locale italiano con alcune banche nel dicembre 2007 (Case FL-2019-000012, ref. [2022] EWHC 2586 (Comm)). La Corte inglese ha dichiarato la carenza della legittimazione a contrarre del Comune in questione in quanto i contratti stipulati hanno natura prevalentemente speculativa ed hanno generato ulteriore indebitamento per l'ente locale non destinato al finanziamento di investimenti, in violazione dell'art. 119, comma 6, della Costituzione italiana.

La sentenza in parola costituisce una svolta significativa nel panorama giurisprudenziale anglosassone. Nel vasto contenzioso che coinvolge le banche e gli enti locali italiani davanti alle Corti domestiche, diverse banche si sono rivolte alle Corti inglesi sia per risolvere questioni di giurisdizione sia per accertare preventivamente la validità dei contratti swap al fine di evitare le incertezze del contenzioso pendente o potenziale dinanzi ai Tribunali italiani. In contrasto con il consolidato ed univoco orientamento che riconosceva la validità dei contratti derivati, con questa sentenza, per la prima volta, il Giudice inglese ha dichiarato la nullità dei contratti swap disciplinati dalla legge inglese e stipulati da un ente locale italiano, applicando i principi enucleati dalle Sezioni Unite nella nota sentenza n. 8770/2020.

Nel caso di specie, le banche hanno chiesto alla Corte inglese di dichiarare la validità e l'efficacia di alcuni contratti di interest rate swap stipulati il 21 dicembre 2007 con un comune italiano ed in subordine di ottenere un risarcimento nel caso in cui tali contratti fossero stati ritenuti invalidi ed inefficaci. Il Comune, d'altro canto, per diverse motivazioni, ha chiesto alla Corte di riconoscere l'invalidità e l'inefficacia dei contratti in questione (insieme alla restituzione delle somme pagate in virtù dei contratti) e, in subordine, il risarcimento nel caso in cui tali contratti fossero stati dichiarati validi ed efficaci.

Cruciale, dal punto di vista fattuale, è la circostanza per cui nella fattispecie le operazioni swap ristrutturavano, fra l'altro, un precedente derivato posto in essere con una banca statunitense. Tale posizione veniva chiusa anticipatamente a fronte di un pagamento corrisposto dalle banche. Il costo della chiusura del precedente derivato, sopportato dalle banche, veniva successivamente "assorbito" nelle condizioni contrattuali delle operazioni a sfavore del Comune, alterando significativamente gli equilibri contrattuali.

In particolare, l'invalidità dei contratti è stata sostenuta in base a due principali argomentazioni: (i) la Corte inglese ha ritenuto che i contratti fossero speculativi e come tali non potessero essere stipulati dal Comune e (ii) ha considerato gli stessi come indebitamento per il Comune, indebitamento che non è stato impiegato per finanziare spese di investimento, in ossequio all'articolo 119, comma 6 della Costituzione, ma per finanziare l'estinzione del precedente derivato.

i. Per quanto concerne la natura speculativa dei contratti, in base ad un'analitica ed approfondita analisi della Sentenza delle Sezioni Unite n. 8770/2020 nonché del quadro normativo e giurisprudenziale italiano e del panorama giurisprudenziale inglese, il Giudice conclude che "un tribunale italiano avrebbe chiaramente ritenuto che le Operazioni fossero speculative".

Il Giudice ha ritenuto che il costo di estinzione del precedente derivato avesse avuto un considerevole impatto negativo per il Comune sulle condizioni contrattuali pattuite. Ciò testimonierebbe il carattere speculativo delle operazioni, le quali presentavano alla stipula un considerevole MtM negativo per il Comune (10,5 milioni) proprio a causa del costo di estinzione "assorbito" dalle componenti strutturali del nuovo derivato.

Nei contratti in parola, difatti, il collar presentava un significativo squilibrio a favore delle Banche: il valore del floor corrispondeva a cinque volte il valore del cap; il floor si attestava tra gli 80 e i 100 punti base in più di quanto sarebbe stato altrimenti. Il tasso di interesse minimo che il Comune si impegnava a pagare non era allineato alla curva dei tassi forward all'epoca della stipula, conseguentemente, la probabilità che il Comune perdesse denaro sulle operazioni era più elevata rispetto ai rischi che si sarebbe assunto considerando solo la passività sottostante.

In buona sostanza, come accade in molte operazioni che assorbono il MtM negativo di un precedente derivato, i livelli del collar non erano ancorati solo alle condizioni del debito sottostante, ma erano significativamente influenzati dai costi di chiusura del precedente derivato che venivano assorbiti nei nuovi contratti.

Ciò ha portato il Giudice inglese a ritenere le operazioni prevalentemente speculative.

ii. Le operazioni presentavano un ulteriore profilo di illiceità in quanto creavano ulteriore indebitamento per l'ente locale senza che tale indebitamento fosse destinato a finanziare spese di investimento come richiesto dall'art. 119, comma 6 della Costituzione.

Il Giudice Foxton non ha ritenuto sufficiente, come sostenuto dalle banche, considerare che il debito sottostante fosse stato emesso per finanziare una spesa di investimento e che il costo della chiusura del precedente derivato fosse parte di una transazione effettuata per ristrutturare tale debito. Al contrario, il Giudice ha considerato tale costo come un pagamento anticipato (upfront), incorporato nelle operazioni, il quale, in base ai principi enucleati dalle Sezioni Unite, costituisce un finanziamento. L'upfront in questione, tuttavia, era finalizzato a coprire i costi di chiusura del precedente derivato e non a finanziare spese di investimento come richiesto dall'art. 119, comma 6 della Costituzione. Per questa ragione, il Giudice ha ritenuto che le operazioni in parola siano state compiute in violazione dell'art. 119, comma 6 della Costituzione.

Il carattere prevalentemente speculativo insieme all'illeceità dell'ulteriore indebitamento sotteso alle operazioni ha portato il Giudice Foxton a dichiarare la nullità e l'inefficacia dei contratti swap in quanto il Comune non aveva la legittimazione a contrarre, essendo, come noto, vietata agli enti locali italiani la stipula di operazioni speculative e il ricorso all'indebitamento se non per finanziare spese di investimento.

Non hanno, invece, trovato accoglimento presso la Corte inglese, fra le altre, le seguenti contestazioni:

- violazione degli articoli 42 e 192 del TUEL eccepita dal Comune sulla base dei principi riconosciuti dalle Sezioni Unite nella Sentenza n. 8770/2020 per cui le delibere di accensione degli swap devono essere adottate dal Consiglio Comunale in quanto spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi e devono possedere determinati requisiti. Nel caso di specie il Giudice Foxton salta la questione in base al diritto inglese, per cui la ratifica successiva delle operazioni da parte del Comune è stata ritenuta sufficiente a respingere le contestazioni.

- Violazione di norme imperative di diritto italiano azionabili dinanzi alla Corte inglese in virtù dell'art. 3, paragrafo 3 della Convenzione di Roma ("La scelta di una legge straniera ad opera delle parti, accompagnata o non dalla scelta di un tribunale straniero, qualora nel momento della scelta tutti gli altri dati di fatto si riferiscano a un unico paese, non può recare pregiudizio alle norme alle quali la legge di tale paese non consente di derogare per contratto, qui di seguito denominate 'disposizioni imperative'"). La contestazione è stata respinta in quanto la disposizione citata non trova applicazione nel caso concreto per via di una serie di elementi "internazionali" che non consentono di riferire l'operazione esclusivamente all'Italia (ad esempio, sono state invitate a partecipare alle gare d'appalto per le operazioni di swap in parola delle banche straniere, le operazioni sono state concluse sulla base di una documentazione internazionale standard, una delle banche stipulanti ha concluso un'operazione back-to-back con una banca estera, le operazioni hanno comportato la chiusura di un precedente swap con una banca statunitense). Di conseguenza, il Giudice non ha affrontato in modo approfondito le questioni relative alla violazione delle norme imperative italiane, ma si è limitato ad alcune brevi osservazioni.

È interessante notare che, sebbene il Comune abbia diritto alla restituzione delle somme versate alle banche ai sensi delle operazioni dichiarate invalide, il Giudice ha ritenuto applicabile al caso di specie la cd. "change of position defence", che consentirebbe alle banche di limitare tali pagamenti restitutori opponendo i pagamenti effettuati in virtù delle operazioni di copertura (cd. back-to-back).

In base a questa difesa, in linea di principio non disponibile nel nostro ordinamento, sarebbe iniquo richiedere la restituzione integrale dell'indebito oggettivo in quanto, successivamente alla stipula delle operazioni con il Comune, la posizione delle banche sarebbe cambiata per via delle operazioni di copertura assunte per coprire i rischi derivanti dalle operazioni con il Comune.

Il Giudice ha riconosciuto l'applicabilità di questa difesa al caso di specie al fine di stemperare le conseguenze che altrimenti deriverebbero dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 8770/2020 "la quale porterebbe a considerare nulla fin dall'inizio un'operazione che entrambe le parti avevano considerato vincolante per quasi 13 anni".

Vedremo se e come tale eccezione renderà il ricorso alle Corti inglesi più favorevole per le banche in caso di riconoscimento della nullità dei contratti swap stipulati con enti locali italiani.






















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