Sommario:1. Inquadramento generale della tematica; 2. Il caso attualmente rimesso all'esame della Corte di cassazione; 3. Profili critici legati alla determinazione del prezzo in epoca successiva alla stipulazione della clausola; 4. Conclusioni.
1. Inquadramento generale della tematica
Nelle società si possono verificare situazioni di stallo deliberativo derivanti da regole convenzionali che attribuiscono ad una minoranza un potere di veto (c.d. stalemate), ovvero da una situazione di contrapposizione insanabile fra blocchi di voto paritetici o comunque in grado di annullarsi reciprocamente (c.d. deadlock)[1].
Le russian roulette clauses inserite nei patti parasociali o negli statuti mirano a scongiurare la liquidazione della società di capitali attraverso il trasferimento della partecipazione sociale da un socio, o da un blocco di soci, all'altro: di regola la cessione ha ad oggetto l'intera partecipazione, ma potrebbe riferirsi anche alla quota di capitale necessaria ad assicurare la prevalenza di voto di assemblea[2].
La procedura viene attivata attraverso l'indicazione del prezzo e l'invito alla controparte ad esercitare, a quel prezzo, la scelta fra vendere la propria partecipazione o acquistare la partecipazione del proponente. Quando v'è limitazione dell'offerta senza possibilità di rilanci ricorre una combinazione di una doppia opzione put and call c.d. statica. Sono invece definite dinamiche le clausole che prevedono una determinazione del prezzo negoziabile attraverso rilanci o negoziazioni ad opera dei soci: ne è un tipico esempio la c.d. texas shoot out clause per effetto della quale, a seguito della presentazione dell'offerta di un socio di acquisto della partecipazione altrui, la controparte che non intenda vendere può acquistare proponendo un rialzo sul prezzo offertole[3].
La prassi individua tre tipologie di russian roulette clauses a seconda del soggetto titolare della facoltà di attivazione del processo di vendita: (i) simmetriche, se attribuiscono tale facoltà a tutti i soci; (ii) asimmetriche, se attribuiscono tale potere solo ad uno od alcuni dei soci; (iii) intermedie, se attribuiscono tale potere a tutti i soci ma, in caso di inerzia, conferiscono solo ad alcuni tra i soci il potere di sollecitare in maniera coattiva la proposizione di una prima offerta[4].
Dopo ampio dibattito, è prevalso anche in giurisprudenza il convincimento della validità della procedura in parola, quale meccanismo di risoluzione di una situazione di stallo decisionale, meritevole di tutela ad opera dell'ordinamento. L'equilibrio fra i diritti delle parti è stato individuato nella presenza di un'obbligazione alternativa in capo al socio oblato che può scegliere, a fronte della determinazione del prezzo ad opera del socio che aziona la clausola, di cedere a tale prezzo la propria quota o, al contrario, di acquisire la quota del socio che ha determinato il prezzo. Proprio tale alternatività di posizioni consentirebbe di attribuire (implicitamente) ad entrambe le parti il consenso sull'entità del prezzo, superando la necessità di un'equa valorizzazione della partecipazione dismessa. Sul piano pratico, chi fissa il prezzo non sa ancora se è venditore o acquirente e l'incertezza dell'offerente circa l'esito della trattativa dovrebbe indurlo a formulare una proposta di prezzo equa, per non subire egli stesso l'acquisto ad un prezzo troppo basso ove l'oblato invocasse il diritto di acquistare. Su queste basi, allora, il prezzo sarebbe pur sempre frutto di una libera ponderazione di ciascuna parte del proprio interesse.
Tuttavia, non è ancora pacifica la qualificazione. Secondo una prima interpretazione, ove la clausola sia inserita in un patto parasociale, dovrebbero operare direttamente anche i limiti posti dall'art. 2341 bis c.c.[5]. Un secondo orientamento, invece, ne privilegia la natura atipica, anche sul piano teleologico, rispetto ai patti parasociali contemplati espressamente dal legislatore; i patti che includono una clausola di roulette russa avrebbero una finalità diversa da quella tipica di stabilizzazione degli assetti proprietari o del governo della società, in quanto orientata alla costituzione di un nuovo e diverso assetto della società, anziché alla conservazione armonica di quello esistente. Aderendo a questa impostazione si dovrebbe concludere che: (i) non sarebbero applicabili i limiti temporali ex art. 2341 bis co. 1, c.c.; (ii) la disciplina applicabile sarebbe quella dei contratti in generale; (iii) la normativa societaria sarebbe applicabile solo in via residuale e analogica, quindi in quanto compatibile con la volontà dei paciscenti[6].
Comune ad entrambe le qualificazioni resta però un problema legato alla quantificazione del prezzo in un contratto non aleatorio. Infatti, il rimando alla figura tipica dell'opzione ex art. 1331 c.c. consente di trattare il patto come un contratto preparatorio con cui le parti predispongono, in tutto o in parte, il contenuto del futuro regolamento negoziale, sicché i vizi della clausola troverebbero una loro manifestazione (anche) al momento della conclusione del contratto di trasferimento[7]. Ad esempio, la validità o l'efficacia del patto potrebbero essere inficiate anche da una lesione ultra dimidium o dall'abuso di una posizione dominante o da limitazione della libertà negoziale derivante da una difficoltà economico-finanziaria, da indagare non al momento della accettazione della clausola, ma nel successivo momento di precisazione del prezzo[8].
Una conferma della necessità di affinare la riflessione (e le precauzioni) pare derivare da una specifica vicenda decisa dalla Corte d'Appello di Roma con sentenza del 3 febbraio 2020, n. 782 (sostanzialmente adesiva a quella del Tribunale di Roma del 19 ottobre 2017, n. 19708), attualmente rimessa all'esame della Corte di Cassazione, la quale con ordinanza interlocutoria del 29 aprile 2022, n. 13545, ha disposto il rinvio del giudizio a nuovo ruolo, richiedendo all'Ufficio del Massimario e del Ruolo un approfondimento scientifico anche a livello comparato del tema in questione.
2. Il caso attualmente rimesso all'esame della Corte di cassazione
Alfa S.p.A. e Beta S.r.l., trovatesi ciascuna proprietaria del 50% di Gamma s.r.l., stipularono un patto parasociale contenente anche una clausola diretta a risolvere il rapporto sociale in caso di stallo decisionale, mediante la fuoriuscita di uno dei due partner e conseguente assunzione dell'intero capitale da parte dell'altro. Verificatosi uno degli eventi considerati nella clausola, Alfa attivava il procedimento antistallo scontrandosi con l'opposizione di Beta fondata sulla concorrenza di due principali doglianze: (i) l'incongruità del prezzo e (ii) la propria incapacità finanziaria ab origine di fronteggiare un qualunque esborso per acquistare detta partecipazione, di talché la scelta fra acquistare o vendere si traduceva nell'obbligo di vendere sempre al prezzo stabilito da Alfa; questa, conoscendo le difficoltà finanziarie di Beta a reperire qualunque prezzo, poteva permettersi di indicare un prezzo al ribasso, sapendo di essere certamente sempre compratrice, così esercitando di fatto un esproprio ad un prezzo vile.
I giudici di merito hanno riconosciuto la meritevolezza ai sensi dell'art. 1322, co. 2, c.c., delle clausole volte a sbloccare uno stallo nella società, in quanto rispondenti all'interesse al perseguimento dell'attività economica. In altre parole, è meritevole di tutela lo scopo di salvaguardare l'attività imprenditoriale ed evitare i costi e le lungaggini della liquidazione della società ex art. 2484, primo comma n. 3, c.c. (beninteso: la liquidazione comporta il diritto del socio di ricevere il saldo di liquidazione, quindi già riemerge la possibile criticità ove vi fosse un divario fra il diritto economico del socio sul saldo di liquidazione ed il valore economico col quale viene pagata la sua uscita coattiva anticipata).
Si è anche esclusa la nullità della clausola per violazione dell'art. 1355 c.c., in quanto la determinazione del prezzo effettuata da un socio era controbilanciata dal diritto dell'altro socio di sottrarsi alla vendita rendendosi acquirente al medesimo prezzo. L'esistenza del meccanismo suddetto permetterebbe di evitare il rischio di una determinazione unilaterale del prezzo con conseguente pregiudizio in capo al soggetto oblato. In altre parole, il potenziale pregiudizio a cui andrebbe incontro l'oblato, ossia quello di vedersi svalutato il valore della propria partecipazione sociale, vede come contraltare la possibilità, di quest'ultimo di decidere di acquistare, al posto che vendere, la partecipazione sociale di chi ha determinato tale valutazione[9].
Un ulteriore motivo secondo cui le parti attrici sostenevano la nullità della clausola in questione riguardava la violazione del principio di equa valorizzazione della partecipazione sociale, come nella clausola c.d. drag along o di trascinamento, per la cui validità si richiede la presenza di un meccanismo che assicuri al socio c.d. trascinato quanto meno il valore che gli sarebbe spettato in caso di recesso ai sensi dell'art. 2437 ter, commi secondo e quarto, c.c.[10]. invece, il giudice ha ravvisato una differenza sia strutturale, sia funzionale delle clausole in analisi. Per quanto riguarda la funzione, infatti, la clausola drag along è finalizzata a facilitare la circolazione della partecipazione sociale ad opera del socio di maggioranza, mentre la clausola russian roulette è preposta alla risoluzione di uno stallo decisionale attribuendo ad un unico socio l'intero capitale sociale. Per quanto, invece, riguarda la struttura: nella clausola drag along il socio non ha alcuna libertà di negoziazione essendo soggetto alla decisione di vendere la quota maggioritaria ad un terzo e all'esercizio del diritto di quest'ultimo di acquistare al medesimo prezzo la quota dei soci minoritari; invece, nelle clausola russian roulette al socio oblato viene sempre data la possibilità di decidere, al posto di vendere la propria partecipazione, di acquistare al medesimo prezzo la partecipazione dell'altro socio; sarebbe il diritto di scegliere se farsi venditore o acquirente a connotare la clausola anti-stallo con una funzione affatto diversa e con una signoria della parte tale da escludere una situazione di prevaricazione[11].
Il giudice di merito ha escluso anche una nullità per violazione del divieto di patto leonino ai sensi dell'art. 2265 c.c., la cui ratio mira ad evitare l'esercizio completamente arbitrario di diritti sociali che, però, nel caso di specie sarebbe impedito dalla facoltà di attivare la procedura solo in previsione dei c.d. trigger event, cioè ad uno stallo pre-codificato (la riflessione si è appuntata sulla validità astratta della clausola, non sul suo abuso attraverso l'induzione artificiosa delle condizioni per la sua attivazione). Peraltro, l'attivazione stessa della procedura - diversamente a quanto accade in un patto leonino - sconta l'impossibilità, in capo a colui che attiva la procedura, di conoscere le reali intenzioni dell'altro socio in relazione all'offerta di acquisto della sua quota di partecipazione.
La Corte d'Appello di Roma ha infine escluso anche la nullità della clausola per violazione dell'art. 2341 bis c.c. secondo il quale i patti parasociali possono essere o a tempo determinato, di durata non superiore a 5 anni, rinnovabili alla scadenza, oppure a tempo indeterminato e, in tal caso, ciascun contraente può recedere con preavviso di 180 giorni. Il giudice ha condiviso il principio dell'invalidità delle pattuizioni che, comprimendo la libertà dei pascenti in ordine al rinnovo o al recesso, perpetuano il vincolo parasociale nei limiti della legge, tuttavia, nel caso di specie ha negato che la clausola russian roulette costituisse un patto parasociale mancando lo scopo di condizionare la volontà dei pascenti circa la gestione della società[12].
3. Profili critici legati alla determinazione del prezzo in epoca successiva alla stipulazione della clausola
Come anzidetto, la vicenda in esame non ha condotto i giudici del merito a pronunciarsi sul problema che nella determinazione del prezzo in epoca (anche molto) successiva alla stipulazione del contratto potrebbe annidarsi un elevato squilibrio economico fra le parti.
In particolare, si pensi al caso in cui un soggetto stipuli un patto parasociale contenente una clausola di roulette russa in presenza di una situazione di difficoltà economico-finanziaria che ne abbia di fatto limitato la libertà negoziale. La semplice possibilità dell'oblato di rendersi compratore al prezzo stabilito dal proponente non è sempre soluzione tutelante, se appunto il proponente fissi in maniera contraria a buona fede un prezzo al ribasso, sapendolo comunque superiore alle capacità economiche assolute o relative dell'oblato. La bilateralità viene meno perché il proponente sa di essere l'unica parte a poter comprare, quindi è interessato a fissare un prezzo basso, così conseguendo un vantaggio del tutto estraneo alla causa della clausola, poiché - appunto - essa mira a superare lo stallo, non ad arricchire una parte a scapito dell'altra. Si verrebbero a creare situazioni patologiche di c.d. approfittamento idonee ad incidere sulla validità del contratto in termini di lesione sanzionata dall'art. 1448 c.c. o di un fenomeno di usura sanzionato dall'art. 644, comma terzo, c.p. (c.d. usura in concreto).
L'azione di rescissione per lesione (ex art. 1448 c.c.) richiede ovviamente la prova dello stato di bisogno e della lesione ultra dimidium[13]. L'accertamento dell'usura in concreto (ex art. 644 co.3 c.p.), invece, non richiede il requisito quantitativo dell'ultra dimidium e la prova dello stato di bisogno, essendo quest'ultimo solamente un'aggravante della situazione in esame[14]. Né - per come di regola si atteggiano queste vicende in concreto - sembra particolarmente difficile da portare, già solo mediante ricorso alle presunzioni civili, la prova del dolo (in termini di coscienza e volontà di prevaricare il diritto del socio oblato)[15].
Emerge dunque l'ulteriore limite implicito dello stato di bisogno (o di difficoltà economico-finanziaria per l'usura ex art. 644, comma terzo, c.p.): è il caso, per tornare all'esempio più facile già cennato sopra, della carenza di liquidità di una società pur in fase di crescita o di investimento, allorché uno dei cui soci proponga di ampliare la compagine sociale per ottenere l'entrata di nuovi finanziatori. Lo stallo potrebbe essere provocato dall'altro socio, facendo leva sulla contingente debolezza economica dell'iniziale compagno di viaggio, al solo fine di acquisire l'intera società nel momento in cui le prospettive di realizzo dell'investimento divengano attuali. La possibilità scelta del socio oblato sarebbe fittizia: non potendo optare per l'acquisto non avrebbe alternative all'obbligo di vendere la propria partecipazione anche ad un prezzo iniquo. L'effetto equilibratrice collegato all'alternativa comprare/vendere perderebbe allora ogni efficacia dirimente e l'assenza di un meccanismo di determinazione del prezzo ancorata a parametri determinati ed oggettivi ingenererebbe una pericolosa lacuna nella disciplina della clausola che, date le conseguenze appena descritte, potrebbe scontrarsi con quella giurisprudenza sempre più attenta - soprattutto nelle corti di merito - all'equilibrio fra le prestazioni delle parti anche imprenditrici.
In particolare, la giurisprudenza ha sostenuto che, ex art. 2935 c.c., il termine per l'esercizio dell'azione ex art. 1449 c.c. decorra dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e, in particolare, nei casi di compravendita con prezzo determinabile in un momento successivo, dal momento in cui diviene determinato o determinabile il prezzo e non da quando la clausola è stato conclusa: solo da tale momento, infatti, il pregiudizio patrimoniale del soggetto danneggiato diviene reale[16]. In tal senso, è stato previsto che il termine inizi a decorrere dal momento in cui concretamente operano le condizioni inique, ossia nel momento in cui il socio oblato, non avendo alternative, manifesti la propria intenzione di vendere la partecipazione sociale e, pertanto, da quando viene stipulato il conseguente contratto.
4. Conclusioni
L'eventuale squilibrio economico-finanziario delle parti potrebbe neutralizzare uno dei principali argomenti utilizzati a sostegno la validità della clausola ai sensi dell'art. 1322 c.c., ove apra la strada ad utilizzi che potrebbero evidenziare un interesse non meritevole di tutela. Tuttavia, occorre distinguere tra ciò che incide sulla validità della clausola da ciò che invece incide sull'adempimento di un accordo valido. L'identificazione di situazioni patologiche derivanti dal vuoto di tutela iniziale, come ad esempio quelli relativi alla determinazione del prezzo, riguardano la struttura stessa della clausola e, di conseguenza, la sua validità. Dall'altro lato, invece, l'eventuale utilizzo abusivo della clausola, come un volontario stallo gestorio atto ad acquisire la partecipazione del socio oblato, costituisce fattispecie da valutare ai sensi degli art. 1218 c.c. e 1375 c.c..
In altre parole ancora, i termini per l'esercizio delle azioni decorrono dal momento in cui la clausola viene attivata e viene stipulato il conseguente contratto definitivo, ma sembra che la natura del rimedio dipenda dal momento in cui si colloca l'incapacità economica del socio di partecipare alla "gara" sull'acquisto della partecipazione: se la carenza economica è originaria, essa incide sulla struttura stessa della clausola e sulla stessa causa concreta (o per lo meno il motivo essenziale e condiviso) del patto; se essa fosse sopravvenuta, sembrerebbe profilarsi una situazione anomala solo in presenza di una mala fede della controparte che volesse approfittarsene in violazione dell'art. 1375 c.c. con una specifica finalità abusiva ed un prezzo iniquo, dando luogo ad un vero e proprio inadempimento ex art. 1218 c.c. tale da legittimare il rifiuto dell'oblato anche ex art. 1460 c.c..
NOTE
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[1] Cfr. P. Divizia, Patto parasociale di russian roullette, commento a Trib. Roma, 19.10.2017, n. 19708, in Società, 2018, p. 449; M. Facci, La clausola di roulette russa, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2022, p.767.
[2] In concreto, il socio che non acquisisca il controllo potrebbe non essere più interessato a restare nella società, a maggior ragione ove la sua quota divenuta di minoranza perda di valore o non sia sostanzialmente rivendibile a terzi.
[3] Cfr. P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette, cit., p. 449; Id., Patto di opzioni put and call, in Notariato, 3/2017, p. 347 ss.; M. Facci, La clausola di roulette russa, cit., p. 773; L. Renna, Compravendita di partecipazioni sociali, Bologna, 2015, p. 325.
[4] Cfr. F. caselli, A.F.F. Sciortino, Clausola di roulette russa ed equa valorizzazione delle partecipazioni obbligatoriamente dismesse, in Contratti, 3/2021, p. 312.
[5] Cfr. Trib. Roma, 19 ottobre 2017, n. 19708; Corte d'App. Roma, 3 febbraio 2020, n. 782, entrambe in Ilsocietario.it, 28 aprile 2020.
[6] Secondo, fra gli altri, P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette, op. cit., p. 449, i patti parasociali vedono una definizione civilistica su due livelli di tipicità: una tipicità teleologica, ossia relativa al fine del patto per essere qualificato come parasociale, ed una tipicità negoziale e contenutistica rappresentata in via esemplificativa alle lett. a), b), c) dell'art. 2341 bis c.c.
[7] Cfr. per un'esaustiva analisi sull'istituto dell'opzione: C.M. Bianca, Diritto civile, III, rist., Milano, 1987, p. 267; R. Scognamiglio, Dei contratti in generale, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1321-1352, Bologna-Roma, 1970, 148; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2003, 833; E. Cesaro, Il contratto e l'opzione, Napoli, 1969, 124.
[8] Cfr. E. Cesaro, Il contratto e l'opzione, op. cit., p. 157.
[9] Cfr. ex multis Cass., 26 agosto 2014, n. 18239, in Giust. Civ. Mass., 2014: "la condizione è meramente potestativa quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza". Si veda a riguardo: Cfr. P. Divizia, Patto parasociale di Russian Roulette, cit., p. 440.
[10] Trib. Milano, ord. 31 marzo 2008, n. 85082, in Riv. Dir. Soc., 2/2010.
[11] Cfr. si veda anche F. Caselli, A.F.F. Sciortino, Clausola di roulette russa ed equa valorizzazione delle partecipazioni obbligatoriamente dismesse, cit., p. 319.
[12] Resta il dubbio circa l'ammissibilità di una concorrente finalità sanzionatoria della clausola che portasse all'applicazione di un prezzo punitivo avverso il contegno di uno dei paciscenti; cfr. P.Divizia, op. cit., p. 445.
[13] I presupposti per l'esercizio dell'azione ex art. 1448 c.c. sono infatti: lo Stato di bisogno, un approfittamento dello stesso da parte dell'altra parte, una sproporzione delle prestazioni che si sostanzia in una lesione ultra dimidium.
[14] I presupposti del reato di usura in concreto, ex art. 644, comma terzo, c.p., sono: una situazione di difficoltà economico-finanziaria, una sproporzione delle prestazioni e il dolo.
[15] È richiesto, per tale figura, che il dolo si manifesti in una consapevolezza della situazione di difficoltà economico-finanziaria e dello squilibrio delle prestazioni. A ciò si aggiunga che, sebbene debbano essere verificati i presupposti del reato, questi possono essere valutati sulla base dello standard probatorio civilistico, ossia quello del più probabile che non parametrato alle circostanze concrete del fatto.
[16] Cass., 30 maggio 1995, n. 6050, in DeJure.it; Cass., 13 marzo 1992, n. 3055, in Vita not., 1992, 1115; Cass., 4 gennaio 1993, n. 10, in Rep. Foro.it, 1993, voce Contratto in genere, n. 436. Per completezza si segnala che nella sentenza Cass., 30 maggio 1995, n. 6050, è stato inoltre affrontato anche il caso della rescissione del contratto concluso in stato di pericolo, sostenendo che in questo caso il termine decorra dal momento in cui concretamente operano le condizioni inique che, con l'azione di rescissione, si vogliono rimuovere.