I prevedibili effetti del coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali
Pubblicato il 26/03/20 02:00 [Articolo 870]






Sommario: 1. Necessità di sospendere le procedure concorsuali e rinviare l'entrata in vigore del codice della crisi. 2. La "ibernazione" delle PMI. Moratoria e il divieto di scioglimento dei contratti pendenti. 3. Il rischio di "moral hazard". Come regolare la moratoria. 4. Il sostegno finanziario.


1. Necessità di sospendere le procedure concorsuali e rinviare l'entrata in vigore del codice della crisi.

Un recente statement dell'executive committee di CERIL - Conference on European Restructuring and Insolvency Law[1], redatto da due noti studiosi come Bob Wessels[2], e Stephen Madaus[3], rileva che gli strumenti tradizionali della disciplina dell'insolvenza - la liquidazione delle imprese decotte e la ristrutturazione di quelle in crisi che abbiano prospettive di essere riorganizzate e restituite al mercato, strumenti di cui si sono ormai dotati tutti i Paesi a livello mondiale - non sembrano idonei a far fronte alla crisi finanziaria ed economica scatenata dall'epidemia Covid-19.

Si osserva in sintesi che i Paesi dell'Unione europea e gli altri Paesi europei dovranno considerare due esigenze fondamentali della stragrande maggioranza delle imprese: il venir meno dei flussi di cassa generati dall'attività d'impresa e l'impossibilità di formulare previsioni accettabili sui futuri flussi. Queste previsioni riguardano imprese sane, a causa di un ridotto ingresso di liquidità, come pure società con modelli di business fondamentalmente solidi. Imprese che rischiano di essere messe in difficoltà da un evento assolutamente imprevedibile e di carattere generale, che riguarda le economie di tutti i Paesi contemporaneamente. In queste condizioni la prima raccomandazione di CERIL è di sospendere gli obblighi che molte legislazioni europee[4] prevedono per gli imprenditori che si trovino in crisi, di presentare istanza di fallimento in proprio, senza attendere le iniziative dei creditori, e di avviare alternativamente piani di ristrutturazione connessi a procedure di quest'ultimo tipo quando vi siano possibilità di recupero dell'equilibrio economico-finanziario.

Si osserva infatti che l'avvio tempestivo delle procedure di liquidazione e/o ristrutturazione è previsto nell'interesse dei creditori e degli altri stakeholders (dipendenti, azionisti, clienti e fornitori, ecc.)[5]. Nella situazione di crisi generale dovuta al coronavirus tuttavia è impossibile individuare le imprese che non offrono possibilità di proseguire l'attività o che possono proseguire soltanto se avviano un piano di ristrutturazione. E la liquidazione porterebbe soltanto ad una svendita delle attività.

Di qui la necessità di sospendere questi obblighi perché utili soltanto in condizioni ordinarie di mercato, quando crisi ed insolvenza riguardano un numero limitato di imprese e non la grande maggioranza di esse. In questo senso del resto si sono già mosse la Spagna e la Svizzera[6]. Il ragionamento vale, in Italia, anche per il nuovo istituto dell'allerta, introdotto nella legislazione italiana dal Codice della crisi e dell'insolvenza. L'esigenza del resto era già stata avvertita dal legislatore italiano. Com'è noto, infatti, gli obblighi di segnalazione della crisi d'impresa a carico degli organi di controllo e revisori legali dei conti, nonché dei creditori pubblici qualificati previsti dagli artt. 14 e 15 del D.Lgs. 14/2019 a partire dalla data di entrata in vigore del codice della crisi e dell'insolvenza (15 agosto 2020) sono slittati al 15 febbraio 2021 per effetto della proroga di 6 mesi, contenuta nel d.l. 2 marzo 2020 n. 9 ("Misure urgenti per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19")[7]. Ferma la possibilità per il debitore di avvalersi degli OCRI, quando saranno istituiti, anche a seguito del "suggerimento" da parte degli organi di controllo (e di revisione), ai sensi dell'art. 14, co. 1 del Codice della Crisi[8].

Va osservato che qualche voce in Italia si è già levata per chiedere un rinvio dell'entrata in vigore dell'intera disciplina del Codice della crisi e dell'insolvenza. Tale rinvio é in effetti giustificato dal fatto che sarebbe meglio che i tribunali, i professionisti e gli altri gestori della crisi d'impresa continuino ad avvalersi di norme che ben conoscono, piuttosto che dover contemporaneamente far fronte alla doppia sfida della crisi economica e di un nuovo sistema legislativo che nei primi mesi richiederà certamente un certo rodaggio. Lo stress potrebbe essere tale da comportare addirittura una reazione di rigetto globale per una riforma che, complessivamente, merita un giudizio positivo. Tanto più che verosimilmente il legislatore dovrà comunque intervenire con norme speciali che dovranno derogare, almeno in parte alla nuova disciplina prevista dal Codice così come alle regole dettate dalla legge fallimentare del 1942 tuttora vigente. Si tratta di un suggerimento convincente, anche se, come si vedrà, il nuovo istituto della composizione assistita della crisi, anche nella nuova difficile situazione economica, potrebbe svolgere un ruolo positivo.


2. La "ibernazione" delle PMI. Moratoria e il divieto di scioglimento dei contratti pendenti.

Una seconda proposta dello studio del CERIL è di rispondere alle esigenze di liquidità delle imprese e, in particolare, delle piccole imprese con riserve finanziarie limitate che si stanno velocemente avvicinando ad un momento di illiquidità qualificabile come impossibilità di far fronte ai propri obblighi di pagamento secondo quanto previsto dalle norme in materia di insolvenza. A tal proposito, lo statement di CERIL individua quattro aree nelle quali i legislatori dovrebbero valutare di intervenire, quali la finanza ponte; la sospensione dei doveri di accesso a procedure di insolvenza basato su impossibilità di far fronte alle proprie obbligazione; misure a supporto della sopravvivenza di imprese e dei loro dipendenti; norme che consentono di "ibernare" le piccole medie imprese che presentano insufficienti flussi di cassa dovuti al blocco (c.d. lockdown) derivante dalle misure anti Covid-19.

Per le imprese di piccole e medie dimensioni, appaiono misure di "ibernazione", intesa come sospensione dell'attività e rinvio delle scadenze contrattuali relative ai pagamenti. Oltre al rinvio dei termini non scaduti si rende necessaria la moratoria delle azioni esecutive dei creditori insoddisfatti.

Va sottolineato che la semplice moratoria non è sufficiente perché in questo modo si evitano le azioni esecutive, ma si producono gli effetti connessi con l'inadempimento degli obblighi di pagamento. Rimangono cioè fermi i termini contrattualmente previsti e la possibilità di chiedere la risoluzione dei contratti[9]. La Svizzera ha previsto questa soluzione[10].

Anche in Italia l'art. 83 del d.l 17 marzo 2020, n. 18, al comma 2, ha sospeso sino al 15 aprile 2020 i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Tra questi termini sono compresi i termini per la proposizione dei procedimenti esecutivi, anche se ai sensi del terzo comma della norma rimane possibile chiedere la dichiarazione di urgenza nei casi in cui la ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti e quindi ai creditori. Dopo il 15 aprile la disciplina di legge prevede che i capi degli uffici giudiziari diano disposizioni di carattere generale per lo svolgimento delle udienze da tale data sino al 30 giugno, adottando possibilmente modalità da remoto e telematiche. Non vi è quindi una moratoria di carattere generale per le azioni esecutive per il periodo successivo al 15 aprile. Ciò perché l'art. 83 del d.l. 18/2020 muove dalla finalità di evitare il sovraffollamento degli uffici giudiziari, non dalle ragioni prese in considerazione dal documento del CERIL. Se si aderisce però all'opinione espressa proprio dal CERIL, che le azioni esecutive in questo contesto sarebbero più di danno che altro, parrebbe ragionevole estendere la moratoria ad un periodo più ampio.

Analogamente a quanto prevede già attualmente la disciplina fallimentare alla moratoria dovrebbe accompagnarsi anche la sospensione degli obblighi relativi al mantenimento del capitale sociale a garanzia dei creditori.


3. Il rischio di "moral hazard". Come regolare la moratoria.

È evidente peraltro il rischio che di questa favorevole disciplina possano avvantaggiarsi anche soggetti non meritevoli, che siano in realtà in condizione di pagare o che comunque stiano ponendo in essere comportamenti fraudolenti e/o illeciti. Anche questo tipo di condotte potrebbe essere di danno alla soluzione della crisi. Parrebbe quindi ragionevole introdurre possibilità di moratoria, anche per quanto concerne il rinvio dei termini non ancora scaduti, legate ad un provvedimento del giudice che verifichi in concreto la situazione del debitore. Tale ultima soluzione però rischierebbe di provocare un sovraccarico dei nostri uffici giudiziari, cui forse si potrebbe far fronte in modi analoghi a quelli adottati dai nostri ospedali, potenziando le sezioni dei tribunali che si occupano di esecuzioni e di procedure concorsuali, e riducendo l'attività delle altre sezioni che trattano le controversie civili meno urgenti.

Prendendo spunto dalla disciplina prevista per le misure provvisorie dal codice della crisi, la sospensiva potrebbe essere conseguenza automatica di una dichiarazione depositata al registro delle imprese, in una con la documentazione che fotografa la situazione dell'impresa. La sospensiva dovrebbe però essere confermata dal giudice - adito su ricorso del debitore - entro un termine contenuto, previa verifica che: a) l'impresa sia effettivamente esistente ed operativa e non si tratti di un guscio vuoto come spesso avviene nei casi di frode; b) amministratori e soci di riferimento non siano indagati per reati gravi, soprattutto in materia di criminalità organizzata, o non siano stati raggiunti da misure di prevenzione; c) la situazione di insolvenza (non di crisi) sia successiva all'avvento del coronavirus.[11]

Da questo punto di vista la disciplina contenuta nel Codice della crisi con riferimento alla procedura di composizione assistita davanti agli OCRI presso le Camere di commercio e la possibilità di avvalersi delle misure provvisorie di sospensione delle azioni esecutive che possono essere concesse dalle sezioni specializzate dell'impresa, potrebbe svolgere una funzione utile. Le norme previste dal codice, come del resto quelle contenute nella Direttiva (UE) 2019/1023 sui quadri di ristrutturazione preventiva, dovrebbero essere modificate, prevedendo che la sospensione possa avere una durata superiore al termine di 4 mesi prorogabile sino a 12 oggi previsto dall'art. 8 del codice e dalla Direttiva. Si potrebbe pensare di prevedere un provvedimento legislativo che attribuisca la competenza a concedere la moratoria alle sezioni fallimentari dei tribunali, che hanno una competenza specifica in materia, lasciando del tutto facoltativo l'accesso agli OCRI, che potrebbero svolgere una funzione di mediazione nell'interesse del debitore e dei creditori, ma soltanto su richiesta dell'imprenditore. In questo modo, come già accennato, si potrebbe evitare il pericolo di abuso della sospensione automatica delle azioni esecutive. La moratoria, se concessa, dovrebbe in ogni caso, come ricorda lo studio CERIL, evitare che il creditore in bonis possa provocare la risoluzione dei contratti pendenti, come del resto prevedono oggi sia la Direttiva citata che il codice della crisi. Non vi è ragione di preoccuparsi delle disposizioni sulla durata massima della sospensione delle procedure esecutive contenute nella Direttiva perché essa non è ancora in vigore e perché è ragionevole ritenere che anche la UE possa e voglia mettere mano a modifiche che tengano conto della nuova drammatica situazione che interessa tutti gli Stati membri dell'Unione.


4. Il sostegno finanziario.

L'ibernazione, ammonisce lo studio del CERIL, non può essere totale. E nello stesso tempo occorrono aiuti di Stato a favore dei dipendenti ed anche degli imprenditori. Misure di questo tipo sono già contenute, anche se probabilmente in misura insufficiente, nella legislazione d'emergenza già emanata in Italia. Non è quindi il caso di soffermarsi su questo punto, se non per sottolineare che l'intervento deve riguardare tutte le imprese, ma in modo particolare l'ossatura della struttura economica italiana delle PMI. Vi è comunque la necessità che anche se ferme, le imprese possano mantenere in piedi la loro organizzazione per quanto concerne le spese fisse relative ad esempio ad elettricità, personale di emergenza per i servizi essenziali, l'apparato informatico, ecc. Fondi specifici debbono essere previsti a questo fine.

Infine, un ulteriore strumento di sostegno delle imprese può essere rappresentato da finanziamenti statali che consentano la prosecuzione dell'attività durante la crisi. Già vi sono provvedimenti di questo tipo nella legislazione emanata in Italia ed anche i provvedimenti assunti dalla BCE e annunciati dall'UE, in un con la sospensione del divieto di aiuti di Stato, vanno in questa direzione. Va però sottolineato che CERIL osserva che per le piccole imprese la liquidità offerta in forma di possibilità di accesso al credito non è utile perché si tratta di imprese che non possono alzare ulteriormente il proprio livello di indebitamento[12]. Si tratta di una situazione, osserva CERIL, che è comune per la grande maggioranza delle imprese in Europa. Di qui la necessità di immaginare contributi a fondo perduto, finanziati con bond irredimibili e di far leva su tutti gli altri strumenti precedentemente illustrati. In questi termini si esprime un recente studio di Confindustria che presuppone prestiti a lunghissimo termine assicurati da un Fondo di garanzia. Va peraltro aggiunto che sarebbe opportuno escludere le "inadempienze probabili" dal novero delle situazioni impeditive del ricorso al fondo di garanzia. Oggi vi è il rischio che in tale classificazione vi vadano a ricadere moltissime imprese in crisi di liquidità, impedendo di fatto l'accesso ad uno strumento vitale.

Va infine osservato che i provvedimenti adottati dal Governo con il d.l. 18/2020 nel prevedere interventi a favore delle imprese mantengono esclusioni per quelle che già si trovino in situazione di difficoltà. Così l'art. 49 nel prevedere una più favorevole disciplina del Fondo centrale di garanzia delle PMI deroga alle vigenti disposizioni del Fondo di cui all'art. 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ma precisa alla lettera g), insieme ad altre condizioni, che "Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come "sofferenze" o "inadempienze probabili" ai sensi della disciplina bancaria o che rientrino nella nozione di "impresa in difficoltà" ai sensi dell'art. 2, punto 18 del Regolamento (UE) n. 651/2014". Così pure l'art. 55 modifica l'art. 44 bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, in tema di cessione a titolo oneroso di crediti nei confronti di debitori inadempienti e trasformazione in crediti di imposta delle imposte anticipate, prevede una disciplina più favorevole di quella attuale, ma esclude in ogni caso le società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, ovvero lo stato di insolvenza.

Si tratta di limiti che oggi sono ben comprensibili, soprattutto nel secondo caso, per evitare che si pongano in essere comportamenti sostanzialmente fraudolenti. Va però detto che il legislatore non distingue apparentemente tra situazioni di crisi o di insolvenza che fossero già in essere prima del Covid-19 e situazioni che si sono verificate dopo, proprio per effetto della pandemia. Sarebbe opportuna una precisazione in proposito, perché se questi limiti dovessero valere anche per operazioni che riguardano imprese la cui situazione di crisi o insolvenza è conseguenza della crisi pandemica è evidente che gli interventi previsti riuscirebbero di nessuno o scarso aiuto[13].

NOTE
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[1] Tale statement, pubblicato il 20 marzo 2020, è reperibile sul sito http://www.ceril.eu/.

[2] Professore emerito della Leiden University (Paesi Bassi).

[3] Professore della Martin Luther University di Halle-Wittemberg (Germania).

[4] Si veda Bob Wessels and Stephan Madaus, Instrument of the European Law Institute on Rescue of Business in Insolvency Law, 2017, p. 166, disponibile sul sito: https://ssrn.com/abstract=3032309.

[5] In linea, per le procedure di ristrutturazione, con quanto previsto dall'art. 19, lett. a) della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza)



[6] Si vedano gli artt. 40-43 del Regio Decreto del Governo Spagnolo 08/2020 del 17 Marzo 2020: https://www.boe.es/buscar/act.php?id=BOE -A-2020-3824. Si veda per la Svizzera la 'Verordnung über den Rechtsstillstand' in vigore dal 19 Marzo 2010 fino al 4 Aprile, in: https://www.bj.admin.ch/dam/data/bj/aktuell/news/2020/2020 -03-18/vo-d.pdf. Si vedano anche gli interventi dell'Australia, che ha esteso da 21 giorni a sei mesi il termine entro il quale un imprenditore deve rispondere alla bankruptcy notice di un creditore, decorso il quale senza adeguate risposte si presume l'insolvenza ed ha esteso in uguale misura il termine entro il quale il debitore insolvente deve chiedere l'apertura della procedura. Interventi analoghi sono allo studio in molti altri Paesi.

[7] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 2 marzo 2020.

[8] Come suggerito da Maurizio Irrera, con un contributo reperibile in https://www.dirittobancario.it/editoriali/maurizio-irrera/le-misure-di-allerta-ai-tempi-del-coronavirus

[9] Va però ricordato che l'art. 91 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, detta disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici. Prevede che "1. All'articolo 3 del decreto - legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: "6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.". La norma non prevede la sospensione o la proroga dei termini contrattuali, ma ipotizza una limitazione o riduzione della responsabilità i cui contenuti non sono ben definiti e presuppongono l'intervento del giudice. Si tratta quindi di un intervento insufficiente.

[10] Cfr. nota precedente.

[11] Naturalmente dovrebbe essere il debitore, che ha l'interesse a farlo, a fornire al giudice la documentazione idonea a comprovare l'esistenza dei requisiti indicati nel testo. Tale documentazione potrebbe essere allegata al momento dell'iscrizione della richiesta al registro delle imprese, che la potrebbe inoltrare per via telematica al Tribunale.

[12] A differenza di quanto avviene per le imprese di grandi dimensioni, per le quali è già prevista, da parte della BCE, l'acquisto di obbligazioni ovvero l'ingresso dello stato nel loro capitale, in tal caso con riguardo alle imprese di interesse strategico.

[13] Sarebbe forse opportuno inserire indicazioni del tipo suggerito nel testo nelle Istruzioni di vigilanza relativamente alla Centrale rischi, per imprese che provino di aver subito calo del fatturato o mancati incassi a causa della crisi, se del caso a seguito della cessazione dell'attività come previsto per le imprese risultanti dall'allegato A del DPCM 20 marzo 2020. Qui però occorrono indicazioni della BCE, recepite dal sistema bancario nazionale. Le complessità che ne derivano richiedono un'analisi specifica che supera i limiti di questo intervento.





















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