Silenzio inadempimento e la decadenza della legittimazione ad agire: nota alla sentenza del Tar Lazio n. 17904/2022
Pubblicato il 26/04/23 13:00 [Articolo 2066]






Sommario: 1. Il dovere della Pubblica Amministrazione di provvedere entro i termini prefissati - 2. I rimedi processuali avverso il silenzio inadempimenti: brevi cenni - 3. La decisione del TAR Lazio - Roma n. 17904 del 2022.


Abstract

Il dovere di provvedere rappresenta un tema di estrema attualità giuridica, oggetto di notevole interesse sia per la giurisprudenza che per la dottrina, diffusamente intervenute in argomento. In particolare, il contributo si sofferma sui procedimenti in cui il comportamento omissivo della pubblica amministrazione assume valore di "silenzio-inadempimento", cioè ogni qualvolta l'inerzia costituisce una violazione dell'obbligo di provvedere all'emanazione di un provvedimento amministrativo.

L'approfondimento di uno dei più recenti approdi giurisprudenziali, ovverosia la sentenza del TAR Lazio - Roma, sez. IV-Bis, 30.12.2022, n. 17904 è l'occasione per analizzare il tema sotto i profili sostanziali e processuali.


Abstract

The duty to provide represents an issue of extremely current legal relevance, an object of considerable interest both for the jurisprudence and for the doctrine, which have widely intervened on the subject. Particularly, the contribution focuses on the proceedings when the omissive behavior of the public administration assumes the value of "silence-non-fulfilment", that is whenever the inaction constitutes a violation of the obligation to provide for the issuance of an administrative provision.

The deepening of one of the most recent jurisprudential breakthroughs, namely the sentence of the Lazio TAR - Rome, section IV-Bis, 30.12.2022, n. 17904 is an opportunity to analyze the issue from a substantive and procedural point of view.


Parole chiave

Dovere di provvedere espressamente; articolo 2 l. 241/1990; istanza di parte; silenzio inadempimento; legittimazione ad agire.


Massima

"Il termine annuale di decadenza (di cui ha l'art. 31 c.p.a) ha natura processuale, impedendo l'accertamento della illegittimità del silenzio su una determinata istanza, ma non determina l'estinzione della posizione sostanziale a dedurre in giudizio la illegittimità dell'inerzia su una nuova istanza di parte volta a denunciare la persistente inattività della pubblica amministrazione nei confronti di una situazione lesiva, in via continuativa, dell'interesse della parte ricorrente".


1. Il dovere della pubblica amministrazione di provvedere entro i termini.

L'art. 2, comma 1, della L. n. 241/1990[1], introduce il dovere di provvedere della pubblica amministrazione, prescrivendo che "Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso...". Com'è noto, il provvedimento è l'atto col quale la pubblica amministrazione esprime la sua volontà di incidere sulle posizioni giuridiche di un soggetto, che può essere pubblico o privato[2]. È appena il caso di ricordare che non è sufficiente l'adozione da parte dell'Amministrazione di un qualsivoglia atto di risposta affinchè il dovere di provvedere possa ritenersi adempiuto, essendo, invece, necessaria l'adozione di un atto che rappresenti una conclusione significativa e formale del procedimento.

Ne consegue, pertanto, che l'atto soprassessorio, ovverosia quell'atto con il quale la P.A. rinvia ad un accadimento futuro ed incerto nell' "an" e nel "quando" il soddisfacimento dell'interesse pretensivo fatto valere dal privato, costituisce un vero e proprio diniego a provvedere, come tale determinante un arresto a tempo indeterminato del procedimento attivato dal privato, lesivo della posizione giuridica del richiedente e, quindi, immediatamente impugnabile, onde consentire il controllo di legittimità da parte del giudice competente[3].

Tradizionalmente, infatti, il provvedimento è definito in dottrina come la pronunzia di una autorità amministrativa nell'esercizio di una funzione amministrativa. Esso costituisce esercizio del potere attribuito all'amministrazione ed è dotato di effetti sul piano dell'ordinamento generale[4].

Chiarito cosa si intende per "provvedimento espresso" ai sensi dell'art. 2 della L. n. 241/1990, è necessario ora esaminare quando sussiste l'obbligo di provvedere per la pubblica amministrazione.

Ed infatti, affinché il silenzio acquisisca una rilevanza giuridica e il privato che risulti leso possa usufruire delle tutele predisposte ad hoc dall'ordinamento, deve sussistere una doverosità per la pubblica amministrazione di intervenire[5].

L'obbligo di provvedere sussiste, anzitutto, quando la legge espressamente riconosce al privato il potere di presentare un'istanza, così riconoscendogli la titolarità di una situazione qualificata e differenziata[6]. A tal proposito, la dottrina ha evidenziato che "di fronte alle istanze dei privati vi è sempre un obbligo di provvedere se l'iniziativa nasce da una situazione soggettiva protetta dalle norme, se cioè è prevista dalla legge"[7].

Ne consegue, pertanto, che in tutti i casi in cui la legge prevede espressamente un'istanza di parte, che dunque è da ritenersi tipizzata, vi è l'obbligo della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso[8].

Oltre che nei casi espressamente tipizzati dalla legge, la pubblica amministrazione ha il dovere di provvedere espressamente in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento, ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una "pretesa al provvedimento"[9], con la conseguenza che in assenza di risposta si forma il silenzio-inadempimento.
Ciò è stato affermato da costante giurisprudenza amministrativa per cui "l'obbligo giuridico della P.A. di provvedere ai sensi dell'art. 2 della legge n. 241/90 sussiste per ragioni di giustizia e di equita? che impongano l'adozione di un provvedimento e quindi tutte quelle volte in cui in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica sorge per il privato una legittima aspettativa a conoscere le determinazioni qualunque esse siano dell'Amministrazione. Invero una volta avviato anche di ufficio un procedimento l'Amministrazione ha il dovere di concluderlo con un provvedimento espresso, diretto ad indicare in modo trasparente la decisione assunta; in relazione ad esso il privato e? titolare di una legittima aspettativa a conoscere contenuto e ragioni delle determinazioni che l'amministrazione ritiene di dovere adottare a riguardo"[10].

I casi in cui non sussiste, invece, l'obbligo di provvedere, e quindi il silenzio-inadempimento, sono strettamente legati allo scopo dell'istituto che è quello di fare ottenere al ricorrente un provvedimento esplicito dell'amministrazione, sicché ne restano esclusi non solo i casi di silenzio significativo (assenso o diniego)[11], ma anche gli obblighi di eseguire che richiedono, per il loro rispetto, una attività materiale - con corrispondente potestà, non obbligo, dell'amministrazione di tipo esecutivo o esecutoria - e non provvedimentale[12].

Il riconoscimento legislativo dell'obbligo di provvedere rimarrebbe una mera dichiarazione di principio se non fosse stabilito un termine entro cui debba adottato il provvedimento dalla pubblica amministrazione. Il comma 2 dell'art. 2 della L. n. 241/1990, infatti, prescrive espressamente che "Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni".

Il successivo terzo comma dispone che "Con uno o piu? decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottati ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza".

Alla luce della surrichiamata normativa, il tempo entro il quale il procedimento deve essere concluso è fissato per ogni procedura in via regolamentare e, in mancanza, entro il termine legale suppletivo di trenta giorni[13].

I suddetti i principi, introdotti dai commi 2 e 3 dell'art. 2 della L. n. 241/1990, sono stati definiti da parte della dottrina come il diritto del privato alla "certezza del tempo dell'agire della pubblica amministrazione"[14].

A ben vedere, la previsione di un termine di conclusione del procedimento si traduce essenzialmente nell'obbligo per la P.A. di esercitare il potere amministrativo in tempo utile[15], nel rispetto anche del principio di certezza dell'azione amministrativa.

Ciò premesso, giova sottolineare che, il mancato rispetto del termine di trenta giorni previsto dal comma 3 dell'art. 2, L. n. 241 del 1990 per la conclusione dei procedimenti amministrativi non è idoneo ex se a determinare l'illegittimità del provvedimento, trattandosi di termine acceleratorio per la definizione del procedimento[16].

La predetta disposizione non contiene alcuna prescrizione circa la sua eventuale perentorietà, né impone la decadenza dal potere dell'amministrazione di provvedere, né commina alcuna illegittimità del provvedimento adottato[17]. Ed infatti, secondo giurisprudenza consolidata[18], il termine previsto per l'adozione di provvedimenti amministrativi ha natura ordinatoria e non perentoria, e pertanto l'inosservanza da parte dell'amministrazione non consuma il potere di provvedere né determina di per sé l'illegittimità dell'atto adottato fuori termine[19].

Quanto, allora, alle conseguenze del mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento, recentemente è stato introdotto il nuovo comma 8-bis dell'art. 2, L. n. 241/1990[20], il quale prevede l'inefficacia degli atti tardivi[21] in quattro diverse ipotesi: qualora i provvedimenti siano adottati dopo la formazione del silenzio assenso; qualora i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, siano adottati, a seguito di una SCIA, dopo la scadenza dei termini; qualora le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, siano adottate dopo la scadenza dei termini nell'ambito della conferenza di servizi, o relativi al silenzio fra amministrazioni.

Nelle suddette ipotesi, il comma 8-bis dell'art.2 della L. n. 241/1990, prevede che una volta trascorsi i termini previsti dalla legge, il potere dell'amministrazione si consuma e, pertanto, se esercitato, i relativi atti risulteranno privi di effetti.

Quanto, invece, ai profili di responsabilità della condotta omissiva in capo ai dipendenti pubblici, la normativa ha subito alcune modifiche con riferimento alle conseguenze del mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce, ai sensi dell'art. 2, comma 9, della L. n. 241/1990, elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. La pubblica amministrazione sarà altresì responsabile, ai sensi dell'art. 2-bis della L. n. 241/1990, di tutti i danni derivanti dal patologico esercizio della funzione pubblica, con conseguente obbligo risarcitorio nei confronti del privato[22].


2. I rimedi processuali avverso il silenzio inadempimento: brevi cenni

La tutela contro l'inerzia della pubblica amministrazione ha radici antiche nel nostro ordinamento, cui si può solo accennare in questa sede, che nel tempo hanno portato alla predisposizione di strumenti di tutela sempre più efficaci per coloro che aspirano all'emanazione di un provvedimento amministrativo.

Gli strumenti di tutela avverso il silenzio inadempimento dell'amministrazione sono stati dapprima elaborati in sede pretoria, nell'assenza di una specifica disciplina positiva, sino all'intervento dell'art. 2 della L. n. 205/2000, che ha introdotto un rito speciale, cui hanno fatto seguito le leggi n. 15/2005, n. 80/2005, n. 69/2009 e, infine, il codice del processo amministrativo[23].

Attualmente, l'art. 2, comma 8, della L. 241/1990[24] rinvia al Codice del Processo Amministrativo (D. Lgs. 104/2010) la disciplina dell'azione avverso il silenzio. In particolare, l'azione avverso il silenzio inadempimento trova oggi la sua disciplina positiva negli artt. 31 e 117 c.p.a.[25], essa è finalizzata a obbligare l'amministrazione a adottare il provvedimento richiesto o pervenire alla sua adozione mediante la nomina di un commissario ad acta.

Preliminarmente, è necessario osservare che l'art. 117, comma 1, c.p.a. ha affermato il principio secondo cui l'azione avverso il silenzio può essere proposta anche da chi non abbia preventivamente diffidato l'amministrazione a provvedere. Per lungo tempo, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto la diffida come un presupposto necessario[26] per la formazione del silenzio inadempimento[27] in quanto il ricorso contro l'inerzia veniva concepito come una impugnazione del silenzio-rifiuto.

Attualmente, invece, l'azione avverso il silenzio inadempimento della P.A. ha natura di azione di accertamento, avendo ad oggetto, ai sensi dell'art. 31, comma 1, c.p.a., l'accertamento dell'obbligo di provvedere dell'amministrazione, a cui si affianca, in caso di accoglimento, un'azione di condanna ex art. 117, comma 2, c.p.a.[28].

L'azione può essere attivata in caso di sussistenza dell'obbligo di provvedere della pubblica amministrazione quando questa, compulsata dall'istanza di un privato, non concluda il procedimento amministrativo entro il termine astrattamente previsto per il procedimento e contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere e quindi, in origine, di procedere[29].

In tal senso, infatti, l'art. 31, comma 1, c.p.a. dispone che, spirato il termine procedimentale "chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere", indicando come la legittimazione ad agire sia legata alla sussistenza di una posizione giuridica differenziata e qualificata[30].

L'azione può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, in ogni caso è possibile riproporre l'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti[31].

Per quanto riguarda il contenuto della tutela offerta dal giudice amministrativo, oltre alla possibilità, in caso di accoglimento, di ordinare all'amministrazione di provvedere, ossia di emanare un provvedimento il cui contenuto sarà comunque rimesso all'apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione, in base all'art. 34, comma 1, lett. b), c.p.a., il giudice si può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione[32].

In questa seconda ipotesi, il giudice non si limita a condannare la pubblica amministrazione ad un facere generico, ma può soddisfare le pretese di parte ricorrente mediante un facere specifico, ovverosia indicando all'amministrazione come e quando adempiere all'obbligo[33].


3. La decisione del TAR Lazio - Roma n. 17904 del 2022

Nel giudizio in commento, la società ricorrente chiede l'accertamento del silenzio inadempimento del Ministero dello sviluppo economico sulla propria istanza presentata nel gennaio 2022, anche con riferimento a precedenti istanze presentate dal 2017 al 2021 e chiede l'accertamento dell'obbligo della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso.

L'impresa controinteressata, costituendosi, eccepisce la tardività del ricorso e, nel merito, l'infondatezza della pretesa dedotta in giudizio, mentre la difesa statale eccepisce l'inammissibilità del ricorso per carenza di un interesse legittimante l'azione giudiziaria, la insussistenza dell'obbligo per la pubblica amministrazione di provvedere sulle istanze della ricorrente, la insussistenza dell'inerzia del Ministero e dell'interesse della ricorrente ad ottenere la definizione del procedimento amministrativo, ed infine l'infondatezza, nel merito, delle contestazioni dedotte dalla ricorrente.

Ad avviso della difesa del Ministero, l'impresa ricorrente non sarebbe interessata al procedimento amministrativo riguardante la società controinteressata, per cui non sarebbe stata legittimata a presentare l'istanza di avvio del procedimento, essendo irrilevante la posizione di impresa concorrente della controinteressata, da cui ne discenderebbe la carenza dell'interesse legittimo pretensivo all'emanazione del provvedimento finale. Di conseguenza, neppure la pubblica amministrazione sarebbe obbligata a concludere il procedimento con un provvedimento espresso.

A giudizio del Collegio le eccezioni di inammissibilità sono infondate.

Il Collegio ritiene che l'obbligo di provvedere per la pubblica amministrazione non sussista esclusivamente in presenza di una norma che attribuisca al privato il potere di avviare formalmente un procedimento amministrativo, in quanto, il principio di doverosità dell'azione amministrativa impone alla pubblica amministrazione di svolgere l'azione amministrativa ogni qualvolta la domanda di parte, volta a sollecitarne l'attività, non sia manifestamente infondata o esorbitante.

Pertanto, il TAR riconosce la posizione legittimante ad agire nei confronti del silenzio inadempimento a favore di qualunque soggetto privato che sia titolare di una posizione di interesse differenziata rispetto alla generalità dei privati, purché tale soggetto possa trarre un vantaggio concreto dall'azione amministrativa, anche indiretto, seppure tale attività sia invocata per determinare effetti diretti sfavorevoli nei confronti di un terzo.

Il suddetto orientamento, costantemente affermato dalla giurisprudenza in materia edilizia, è ritenuto dal Collegio applicabile in qualsiasi settore dell'ordinamento amministrativo, essendo espressione di un principio generale.

Nel caso di specie l'attuale ricorrente, con reiterate istanze al Ministero dello sviluppo economico, ha denunciato la commercializzazione presso diverse strutture sanitarie, da parte della controinteressata, azienda concorrente della ricorrente, di dispositivi medici comprendenti letti e poltrone con sistema di pesatura integrato asseritamente privi di idonei certificati di approvazione, ai sensi della normativa tecnica applicabile.

Il Collegio, pertanto, ritiene la ricorrente legittimata al rimedio processuale avverso il silenzio inadempimento nel caso di inerzia della pubblica amministrazione, sussistendo una posizione soggettiva differenziata rispetto alla generalità delle imprese a conseguire l'accertamento della inidoneità tecnica dei dispositivi contestati, in quanto l'eventuale fondatezza della pretesa sostanziale dedotta determinerebbe un vantaggio competitivo per la ricorrente nel mercato di riferimento.

Esclusa l'inammissibilità del ricorso, il Collegio passa alla valutazione della ricevibilità dello stesso, in quanto ad avviso della controinteressata il ricorso sarebbe tardivo perché l'interessata avrebbe presentato la prima istanza per l'avvio dell'ispezione sui prodotti commercializzati dalla ricorrente nel 2017, iniziando un procedimento che avrebbe dovuto concludersi nel termine massimo di 90 giorni, in base a quanto previsto dall'allegato A al DPCM 273 del 2010. Considerato che l'articolo 31 c.p.a. consente la proposizione del ricorso sul silenzio non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, il ricorso sarebbe tardivo.

Secondo la controinteressata, seppure l'articolo 31 c.p.a. consenta di riproporre l'istanza di avvio del procedimento, ove ne ricorrano i presupposti, le molteplici istanze presentate dall'attuale ricorrente dal 2018 al 2022 sarebbero inidonee a riaprire i termini di proposizione del ricorso, non avendo esse interrotto il termine di conclusione del procedimento che sarebbe quindi scaduto da oltre un anno prima dell'introduzione del giudizio.

Il Collegio dichiara l'infondatezza della suddetta eccezione in quanto il termine annuale di decadenza ai sensi dell'articolo 31 c.p.a. ha natura processuale, impedendo l'accertamento della illegittimità del silenzio su una determinata istanza, ma non determina l'estinzione della posizione sostanziale a dedurre in giudizio la illegittimità dell'inerzia su una nuova istanza di parte volta a denunciare la persistente inattività della pubblica amministrazione nei confronti di una situazione lesiva, in via continuativa, dell'interesse della parte ricorrente.

Nella specie, la ricorrente ha presentato al Ministero dello sviluppo economico, dopo la prima denuncia del 2017, ulteriori istanze per sollecitare le attività di sorveglianza da essa ritenute necessarie, da ultimo nel novembre 2021, chiedendo la conclusione del procedimento amministrativo, nonché nel gennaio 2022, riproponendo una istanza di avvio del procedimento per gli stessi fatti da essa ritenuti persistenti.

Da qui ne deriva, con riferimento alle istanze da ultimo presentate, che il ricorso è tempestivo in quanto volto a denunciare l'inerzia, qualora effettivamente sussistente, rispetto alle ultime iniziative di avvio del procedimento, fondate sulla persistenza di uno stato di fatto asseritamente non conforme alla legge e lesivo della posizione soggettiva della ricorrente.

Nel merito, il TAR Lazio premette che la decisione sul silenzio non comprende un inammissibile sindacato sui poteri non ancora esercitati dalla pubblica amministrazione, essendo limitata all'accertamento sulla conclusione o meno del procedimento amministrativo di interesse della ricorrente mediante l'adozione di un provvedimento definitivo, né tanto meno può spingersi ad accertare la fondatezza della pretesa sostanziale sottostante, implicante valutazioni tecniche complesse e richiedenti una approfondita istruttoria da parte della PA.

Entro tali limiti, il Collegio ritiene il ricorso fondato, in quanto, che sia stato avviato un procedimento amministrativo nei confronti della società controinteressata e che tale procedimento non sia ancora stato concluso è riconosciuto dallo stesso Ministero dello sviluppo economico in una propria nota. Con la suddetta nota, riscontrando il sollecito a concludere il procedimento inoltrato dalla ricorrente nel 2021, il Ministero comunica che, al fine di poter procedere con tutte le necessarie determinazioni del caso e con la tempestiva conclusione del procedimento in esame, fornirà riscontro alle istanze della società ricorrente non appena ciò sarà consentito dalle preminenti esigenze di salvaguardia dell'istruttoria.

Il Ministero, quindi, ammette che il procedimento amministrativo è in corso, che esso versa nella fase istruttoria e si impegna a comunicare all'interessata l'esito del procedimento, non appena sarà stato adottato il provvedimento finale.

È pacifico che, dopo questa comunicazione, il Ministero non abbia fornito ulteriori riscontri alla ricorrente e non risulta che abbia adottato alcun provvedimento definitivo in merito a quanto da essa denunciato, di conseguenza, il TAR accoglie la domanda della ricorrente per l'accertamento dell'illegittimità del silenzio inadempimento del Ministero resistente e per la condanna dello stesso a concludere il procedimento amministrativo mediante un provvedimento espresso fissato in 120 giorni dalla notificazione della sentenza, comunicando alla ricorrente l'esito delle attività di controllo sulla conformità alle norme tecniche dei prodotti messi in commercio dalla controinteressata.

I principali elementi di novità della pronuncia in commento e che meritano una riflessione risiedono nel fatto che il TAR abbia esteso in qualsiasi settore dell'ordinamento amministrativo il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza in materia edilizia secondo cui "si deve riconoscere la posizione legittimante ad agire nei confronti del silenzio inadempimento a favore di qualunque soggetto privato che sia titolare di una posizione di interesse differenziata rispetto alla generalità dei privati, purché tale soggetto possa trarre un vantaggio concreto dall'azione amministrativa, anche indiretto, seppure tale attività sia invocata per determinare effetti diretti sfavorevoli nei confronti di un terzo".

In altri termini, il Collegio ritiene che un soggetto sia titolare della legittimazione ad agire per la proposizione l'azione avverso il silenzio anche ogni qualvolta l'azione amministrativa venga invocata per determinare effetti direttamente sfavorevoli nei confronti di un terzo, purché, però, il soggetto istante possa trarne, anche indirettamente, un vantaggio concreto.

Ulteriore aspetto di particolare rilevanza della pronuncia in commento è il chiarimento operato dal TAR a proposito del termine annuale di decadenza ex articolo 31 c.p.a. secondo cui "L'azione può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento". Il Collegio ha affermato che il predetto termine ha natura processuale e impedisce l'accertamento della illegittimità del silenzio su una determinata istanza, ma non determina l'estinzione della posizione sostanziale a dedurre in giudizio l'illegittimità dell'inerzia su una nuova istanza di parte volta a denunciare la persistente inattività della pubblica amministrazione nei confronti di una situazione lesiva, in via continuativa, dell'interesse della parte ricorrente.

Grazie all'interpretazione dell'art. 31 c.p.a. adottata dal Collegio, viene assicurata una tutela effettiva al privato leso dalla inerzia della P.A., in quanto, anche qualora sia decorso un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento attivatosi con una precedente istanza, questi può presentarne una nuova e dedurre in giudizio l'illegittimità del perdurante silenzio.





NOTE
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[1] Per un inquadramento generale dell'art. 2, L. n. 241/1990, si vedano A. Travi, Art. 2, Legge 7 agosto 1990 n. 241, in Nuove leggi civ., 1995, 8 ss.; M. Lipari, I tempi del procedimento amministrativo. Certezza dei rapporti, interesse pubblico e tutela dei cittadini, in Dir. amm., 2003, 291 ss.; G. Morbidelli, Il tempo del procedimento, in V. Cerulli Irelli (a cura di), La disciplina generale dell'azione amministrativa. Saggi ordinati in sistema, Napoli, 2006, 251 ss.; A. Police, Doverosità dell'azione amministrativa, tempo e garanzie giurisdizionali, in V. Cerulli Irelli (a cura di), Il procedimento amministrativo, Napoli, 2007, 135 ss.; A. Cioffi, Il dovere di provvedere nella legge sull'azione amministrativa, in A. Romano, L'azione amministrativa, Torino, 2016 134 ss.; A. Police, Il dovere di concludere il procedimento e il silenzio inadempimento, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, 66 ss.
[2] M. S. Giannini, Diritto amministrativo, I-II, Milano, 1988, 672.
[3] In questi termini, Corte di Cassazione, Sez. Unite, 27.06.2005, n. 13707.
[4] In questi termini E. Casetta, Manuale di Diritto Amministrativo, Milano, 1999, 469.
[5] A. Cioffi, Dovere di provvedere e silenzio-assenso della pubblica amministrazione dopo la legge 14 maggio 2005, n. 80, in Dir. amm., 2006, 1, 108 ss.
[6] F. Brignola, Silenzio della pubblica amministrazione, in Enc. Giur., vol. XXVII, Roma, 1992, 3; A. Cioffi, Osservazioni sul dovere di provvedere e sul «silenzio» nell'art. 21-bis della 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, in Dir. proc. amm., 638 ss.
[7] G. Morbidelli, Il procedimento amministrativo, in AA.VV., Diritto amministrativo, vol. II, 1998, 1248.
[8] F. Brignola, Silenzio della pubblica amministrazione, in Enc. Giur., vol. XXVIII, Roma, 1992.
[9] In tema di "pretesa al provvedimento" v. D. Vaiano, Pretesa al provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002; AA.VV., La tutela dell'interesse al provvedimento, Trento, 2001; F. Scoca, Il ritardo nell'adozione del provvedimento ed il danno conseguente, www.giustamm.it, 2005.
[10] Cons. Stato, sez. V, 03.06.2010, n. 3487; TAR Bari, sez. II, 21.01. 2011, n. 139; TAR Campania, sez. V, 19.04.2019, n. 2293.
[11] Relativamente al silenzio-assenso e al silenzio-diniego ex multis cfr. F.G. Albisinni - E. Giardino, Il procedimento amministrativo, in L. Torchia (a cura di), La dinamica del diritto amministrativo, Bologna, 2017, 49-54; M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2019, 253-255; M. D'Orsogna - R. Lombardi, Il silenzio assenso, in M.A. Sandulli, Codice dell'azione amministrativa, II ed., Milano, 2017, 965 ss.; C. Guacci, Il silenzio della pubblica amministrazione , in AA.VV., Istituzioni di diritto amministrativo, Torino, 2017, 427 ss.; G. Morbidelli, Il silenzio-assenso, in V. Cerulli Irelli (a cura di), La disciplina generale dell'azione amministrativa. Saggi ordinati in sistema, Napoli, 2006, 265 ss.; G. Napolitano, La logica del diritto amministrativo, III ed., Bologna, 2020, 303; V. Parisio, I silenzi della pubblica amministrazione. La rinuncia alla garanzia dell'atto scritto, Milano, 1996; A.M. Sandulli, Silenzio rifiuto, silenzio accoglimento e silenzio assenso , in Atti sulla tavola rotonda sugli effetti sostanziali di silenzio assenso nella legislazione urbanistica, Roma, 1982; A. Travi, Silenzio-assenso ed esercizio della funzione amministrativa , Padova, 1985.
[12] Cons. Stato, sez. IV, 20.09.2006, n. 5500; Cons. Stato, sez. IV, 19.03.2015, n. 1503.
[13] M.T. Sempreviva, L'accesso ai documenti amministrativi, in F. Caringella (a cura di) Corso di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2004, 1289-1372.
[14] M. Clarich, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995, 2; F. Castiello, Il nuovo modello di amministrazione nella l. n. 241 del 1990 e nelle leggi Bassanini n. 59 del 1997 e n. 127 del 1997, Rimini, 2002, 380.
[15] "Il 'fattore-tempo' assume un "valore ordinamentale fondamentale" quale componente determinante per la vita e l'attività dei cittadini e delle imprese, per i quali l'incertezza o la lunghezza dei tempi amministrativi può costituire un costo che incide sulla libertà di iniziativa privata ex art. 41 Cost." in tal senso, Cons. Stato 15 aprile 2016, parere n. 929 (sul regolamento sblocca procedimenti d'attuazione dell'art. 4 L. Madia).
[16] In questi termini Cons. Stato, sez. IV, 08.05.2013, n. 2486.
[17] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12.06.2012, n. 2264; sez. IV, 10.06.2010 n. 3695; sez. VI, 01.12.2010, n. 8371; sez. VI, 25.06. 2008, n. 3215; sez. VI, 14.01.2009, n. 140.
[18] Fra le tante, v. Cons. Stato, sez. IV, 10.06.2014, n. 2964 e Cons. Stato, sez.VI, 08.05.2014, n. 2352.
[19] Sul punto, la Corte Cost. con la sentenza 17.07.2002, n. 355, ha sancito che: "Il termine di trenta giorni per la conclusione del procedimento amministrativo, stabilito dall'art. 2, L. 7 agosto 1990, n. 241, riguarda ogni tipo di procedimento, sia ad iniziativa d'ufficio che di parte, ed è applicabile anche ai procedimenti riguardanti atti amministrativi generali di pianificazione e di programmazione, a prescindere dalla loro efficacia nei confronti del destinatario. La mancata osservanza del termine per provvedere è motivo di illegittimità del comportamento della p.a., ma non determina la perdita del potere di provvedere."
[20] Introdotto dall'art. 12, comma, 1 lett. a), D.L. n. 76/2020 conv. con modif. dalla L. n. 120/2020 (c.d. Decreto "Semplificazioni").
[21] In argomento si rimanda a M. Macchia, L'inefficacia del provvedimento amministrativo e gli oneri regolatori nel decreto legge "Semplificazioni", in Forum di Quaderni Costituzionali, 3, 2020; M. Calabrò, L'Inefficacia del provvedimento tardivo di cui al nuovo art. 2 co. 8 bis della l. n. 241/1990 e gli effetti sulla disciplina del silenzio assenso: primi passi nell'ottica della certezza del diritto, in AmbienteDiritto.it, n. 1/2021.
[22] In tema si rinvia a G. P. Cirillo, La giurisdizione sull'azione risarcitoria autonoma a tutela dell'affidamento sul provvedimento favorevole annullato e l'interesse alla stabilità dell'atto amministrativo, in Riv. giur. edilizia, 2016, 483; A. Giusti, La responsabilità civile della pubblica amministrazione a centocinquanta anno dalle leggi di unificazione amministrativa, in Resp. civ. e prev., 2017; F. Volpe, Danno da ritardo, natura dell'azione risarcitoria e spunti generali sulla responsabilità civile per lesione dell'interesse legittimo dell'Amministrazione, in www.LexItalia.it, 5/2009; A. Vacca, Ontologia della situazione giuridica soggettiva sottesa all'azione di risarcimento del danno conseguente all'inadempimento da parte della pubblica amministrazione dell'obbligo di esercitare il potere amministrativo (alla luce della l. 18 giugno 2009, n. 69), in www.LexItalia.it, 7-8/2009.
[23] R. De Nictolis, Processo amministrativo, 2016, 1730.
[24] Il comma prescrive che "La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell'amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti".
[25] L'attuale disciplina del rito avverso il silenzio ha recepito in gran parte gli insegnamenti affermati dalla giurisprudenza. Per un approfondimento della disciplina applicata prima del codice del processo amministrativo si rinvia a C. Guacci, La tutela avverso l'inerzia della pubblica amministrazione secondo il Codice del processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012, 57; G. Montedoro, Il giudizio avverso il silenzio, in AA.VV., Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2005, 250 ss.
[26] In tal senso si v. Cons. Stato, Sez. IV, n. 3256/2002; id., A.P, n. 7/2005.
[27] Il Cons. Stato, A.P., n. 10/1978 individuava il fondamento analogico dell'obbligo di previa diffida nell'art. 25 del D.P.R. n. 3/1957.
[28] G. Mari, Il giudizio di ottemperanza, in Il nuovo processo amministrativo, vol. II, a cura di M.A. Sandulli, Milano, 2013, 308.
[29] Cons. Stato, sez. VI, 15.12.2014, n. 6155; Cons. Stato, sez. IV, 20.05. 2014, n. 2545.
[30] R. Garofoli-G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, VIII ed., 2015, 788.
[31] Art. 31, comma 2, c.p.a.
[32] Art. 31, comma 3, c.p.a.
[33] Tale rimedio è previsto dall'art. 34, comma 1, lett. c, c.p.a, introdotto dal D.L.gs. n. 160/2012.






















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