La vaccinazione contro il COVID-19 tra diritto di scelta e responsabilità sociale
Pubblicato il 01/05/21 02:00 [Articolo 1097]






Sommario: 1.- Il difficile bilanciamento tra obbligo, responsabilità ed autodeterminazione; 2.- E' soltanto una questione di indennizzo o di risarcimento?; 3.- Informazione corretta ed imprescindibilità del consenso; 4.-- Osservazioni conclusive.

Abstract
Is Covid-19 vaccination a right or a duty? From the sense of individual and collective responsibility to a profound reflection: can the obligation to be vaccinated without a truly informed consent be configured?


1.- Il difficile bilanciamento tra obbligo, responsabilità ed autodeterminazione

Quando si affronta il tema delicato e complesso delle vaccinazioni bisogna essere preparati ad esaminare molteplici aspetti del problema, perché lo studio del diritto alla salute in generale e di quello, più particolare, circa il rapporto tra salute del singolo e salute della collettività, è molto complesso ed il più delle volte non presenta soluzioni univoche e sempre condivisibili: se da un lato la questione evidenzia il diritto di autodeterminarsi rispetto alla propria salute, dall'altro non va sottaciuto che il legislatore potrebbe scegliere di obbligare la popolazione ad inocularsi dei farmaci per raggiungere l'immunità di gregge rispetto a malattie particolarmente contagiose e virali.

Ed il dibattito si è molto acceso con riferimento alla pandemia del COVID- 19 e con riferimento ad alcuni casi di trombosi denunciati dopo l'inoculazione del vaccino Astrazeneca.

Va preliminarmente rilevato che, alla base dell'intervento vaccinale, c'è una funzione sociale e utilitaristica[1]; la storia insegna che grazie a molti vaccini l'essere umano è riuscito a sopravvivere a diverse avversità ed oggi giorno, in piena emergenza sanitaria, la tematica diventa davvero delicata attesi gli importanti effetti che di regola dovrebbe avere il vaccino sia per la salute del singolo che per la salute della collettività, dando piena applicazione agli artt. 2 e 32 della Costituzione Italiana[2].

Dal combinato disposto delle due norme citate, infatti, si sa che ogni cittadino è titolare non soltanto del proprio benessere, ma è responsabile anche di quello degli altri, ai fini di una prevenzione e/o di una cura collettiva[3].

L'imposizione dell'obbligo, infatti, è legittimata solo se sussiste uno specifico ed imprescindibile, quanto necessario ed indispensabile, interesse[4] per la salute della collettività; consegue che il legislatore è, da questo punto di vista, vincolato nel prevedere trattamenti sanitari obbligatori, non potendo perseguire altre finalità diverse da quella della salute pubblica (si pensi, ad esempio, alle esigenze di giustizia o di sicurezza).

E' stato più volte ribadito, proprio relativamente alle pratiche vaccinali, che ogni soluzione può essere considerata adatta purché permetta di raggiungere un'estensione tale da proteggere non solo i singoli, ma anche l'intera popolazione da epidemie morbose[5].

La stessa Corte costituzionale è intervenuta[6] sul tema, sottolineando il "rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività" e ritenendo che "non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico"[7].

Si evidenzia, quindi, come, in tema di vaccinazioni, emerga il dualismo ontologico del diritto costituzionale alla salute: da un lato, vi è la dimensione puramente individuale, dall'altro ne emerge il profilo pubblico, da intendersi come interesse della collettività[8]. I trattamenti sanitari obbligatori, infatti, non possono ritenersi contrari all'art. 32 Costituzione, quando diretti non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi e? assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri.

E' manifesto che i diritti costituzionali coinvolti sono molteplici: la libera autodeterminazione della persona nelle scelte di cura, l'interesse collettivo alla salute, quello del minorenne alla salute da compiersi mediante il diritto-dovere dei genitori a tutelare la crescita dei figli; la libertà dell'essere umano sulla propria struttura esistenziale.

Il bilanciamento tra tali posizioni spetta, allora, alla discrezionalità del legislatore, che deve modulare gli interventi necessari per garantire la salute della collettività.

La Consulta ha, però, affermato anche che "ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di conseguenze negative alla salute di chi a essi è stato sottoposto, il dovere di solidarietà previsto dall'art. 2 della Costituzione impone alla collettività, e per essa allo Stato, di predisporre in suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in una equa indennità, (da cui deriva) il diritto al risarcimento del danno".

In altri termini. la tutela della salute pubblica permette sì allo Stato di opprimere il diritto alla autodeterminazione del singolo, ma, nel caso in cui questi abbia riportato un danno a causa della misura sanitaria adottata, è indubbio una misura di riparazione[9].


2.- E' soltanto una questione di indennizzo o di risarcimento?

In punto di legislazione, senza pretesa di esaustività, occorre brevemente ripercorrere delle tappe per cogliere l'atteggiamento ondivago e controverso legato al tema delle vaccinazioni in generale, prima di procedere alla considerazione, oggetto di questa breve notazione, sulla criticità effettiva e reale in ordine alla vaccinazione attuale contro il COVID-19.

La legge 25 febbraio 1992 n. 210, rubricata "Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati"[10], costituisce il frutto del recepimento della pronuncia con la quale la Corte costituzionale dichiarava illegittima la legge n. 51 del 1966, nella parte in cui, pur sancendo l'obbligatorietà della vaccinazione antipoliomelitica, non prevedeva un adeguato ristoro per coloro i quali, da tale trattamento, avessero subito una lesione.

A seguire la legge 25 luglio 1997 n. 238, con la quale si è prevista la corresponsione di un assegno una tantum per i danni cagionati nel periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso ed il conseguimento dell'indennizzo.

Il quadro normativo è stato arricchito dalla legge n. 299/2005 che ha introdotto un ulteriore indennizzo in favore delle persone danneggiate da complicanze di tipo irreversibile verificatesi a seguito di vaccinazioni obbligatorie.

Per contro non si è previsto un indennizzo per i danni permanenti alla salute cagionati da vaccini non obbligatori, ma la questione, però, è stata affrontata in via pretoria a più riprese. Nel 2006, ad esempio, la Corte di Appello di Campobasso[11] ha riconosciuto il diritto all'indennizzo anche per coloro i quali erano stati lesi da vaccinazioni non obbligatorie, ma programmate e incentivate; a tale impostazione ideologica-giuridica ha aderito anche il Tribunale di Ravenna, che ha esteso il diritto di indennizzo al caso in cui il danno derivi da trattamenti sanitari che, seppure non obbligatori, siano comunque consigliati attraverso campagne di sensibilizzazione promosse dall'autorità amministrativa[12].

La questione è stata, poi, esaminata dal Tribunale di Ancona, che ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della l. 210/92 nella parte in cui non riconosceva un diritto all'indennizzo anche a coloro che fossero stati danneggiati dall'inoculazione di una vaccinazione raccomandata ma non obbligatoria.[13]

E di fondante importanza è la pronuncia della Corte Cost. sent. n. 118/2020 del 23.06.2020 cha ha portato all'affermazione del ristoro anche per le vaccinazioni non obbligatorie; la sentenza additiva estende l'applicazione di una fattispecie oltre ai casi originariamente previsti dal legislatore atteso che illegittima, per irragionevole disparità di trattamento, la mancata previsione dell'indennizzo per i vaccini non obbligatori.

L'indennizzo non è l'unico istituto, riconoscendosi, in danno dello Stato, anche il dovere di risarcire il danno, laddove ne ricorrano i presupposti.

Va precisato che lo strumento risarcitorio e quello indennitario sono diversi tra loro, non solo rispetto ai presupposti ma anche rispetto agli effetti[14].

L'indennizzo, infatti, costituisce una forma di ristoro derivante da un'attività lecita ma lesiva;di conseguenza, esso viene erogato "per il semplice fatto obiettivo e incolpevole dell'aver subito un pregiudizio non evitabile in un'occasione in cui l'intera collettività trae un beneficio"[15]. Per converso il risarcimento del danno ha natura sia sanzionatoria (nei limiti in cui ripara) sia riparatoria, avendo come presupposto la presenza di un danno ingiusto da ristorare.

Essenziale è che vi sia la prevedibilità della conseguenza dannosa e l'elemento soggettivo, cioè la presenza del dolo o della colpa dell'agente: perché il danno da vaccino sia ristorabile ex art. 2043 c.c. è necessario che esso sia derivato dal dolo o dalla colpa di chi ha inoculato il vaccino.

L'aspetto più problematico legato al danno da vaccino è senza dubbio la prova del nesso di causalità, onere per il danneggiato.

Sebbene l'accertamento del nesso di causalità nel processo civile sia più agevole di quanto non lo sia nel processo penale (in cui è richiesta la certezza oltre ogni ragionevole dubbio), va rilevato che anche la prova del più probabile può essere controversa.

Quando si osserva la casistica giurisprudenziale, infatti, può notarsi che non sempre i giudici di merito hanno riconosciuto tale nesso di causalità.

Se, per esempio, la Corte d'Appello di Perugia[16] ha riconosciuto il diritto all'indennizzo in capo al ricorrente che aveva lamentato l'insorgenza di patologie in seguito alla somministrazione del vaccino trivalente, vaccinazione tra l'altro non obbligatoria per legge, bensì solo raccomandata, la Corte d'Appello di Perugia[17] ha rilevato che le conoscenze in tema di autismo, ivi comprese quelle in ordine alle sue possibili cause, sono molto limitate, affermando che, ad oggi, non è possibile sostenere scientificamente la tesi dell'esistenza di un qualche rapporto causale tra l'insorgenza della sindrome autistica e la somministrazione dei vaccini.

I Giudici del Tribunale di Milano, invece, hanno spesso fatto ricorso, nel decidere questioni relative al riconoscimento o meno del diritto all'indennizzo, all'esito della consulenza tecnica d'ufficio.

In un noto caso[18], di fronte alle allegazioni della parte istante, che assumeva la sussistenza di un nesso causale tra la somministrazione del vaccino cui era stato sottoposto il figlio e la sindrome autistica dallo stesso successivamente manifestata, i giudici hanno riconosciuto che il presidio medico in esame, effettivamente, "mostra una specifica idoneità lesiva per il disturbo autistico". A tale conclusione gli interpreti sono giunti attraverso due rilievi: in primo luogo la stessa casa produttrice del vaccino aveva riconosciuto la neurotossicità del mercurio usato come disinfettante in questi preparati; in più l'autorità sanitaria australiana, aveva sequestrato lotti di vaccino contenenti mercurio in dosi eccedenti i limiti massimi consentiti dalla legge. La presenza di mercurio nel preparato e la conclamata pericolosità della sua presenza nel tipo di farmaco in questione rendevano credibile, agli occhi dei giudici il fatto che quel vaccino fosse l'unica causa conosciuta della malattia in oggetto, rendendola perciò di gran lunga più probabile delle eventuali altre, così incerte sotto il profilo dell'efficienza lesiva da risultare oggi relegate nell'ambito della mera ipotesi.

Queste brevissime notazioni sono più che mai attuali per la pandemia che in questo secolo ha colpito la terra, ma il profilo essenziale che interessa in special modo la vaccinazione anti COVID-19 è il consenso e l'informazione sul farmaco inoculato.

Questo è un vero vulnus.


3.- Informazione corretta ed imprescindibilità del consenso

Il punctum dolens al tempo del COVID-19 non è tanto o soltanto quello di "sollevare il danneggiato da danno" in caso di vaccino obbligatorio e non obbligatorio, quanto piuttosto consentire al paziente di evitare il danno e di conoscere effettivamente quello eventualmente derivante (come effetto collaterale raro, ma previsto o prevedibile) dal farmaco che si sta inoculando ed, in particolare, di informarlo in modo corretto al fine di garantire l'esercizio della scelta sul farmaco opzionabile e poter fornire e/o esprimere un consenso valido.[19]

Il profilo cruciale, in altre parole, è che se si tende a passare dal concetto di autodeterminazione a quello di responsabilità per poi giungere a quello dell'obbligatorietà, quello che va detto è che non può prescindersi dall'informazione corretta e seria sulla " sostanza" che il vaccinando andrà ad iniettarsi.

L'informazione sul vaccino appare non solo indispensabile per il paziente, ma anche un atto di responsabilità morale per il somministrante ed una scriminante per lo stesso.

L'informazione, inoltre, più che rappresentare una espressione di garanzia liberatoria per il somministrante deve rappresentarsi come una forma di conoscenza assoluta ed indispensabile che induca il paziente ad esercitare il suo diritto di scelta.

In definitiva, quando si parla di consenso in termini igienico-sanitari va evidenziato che deve trattarsi di consenso effettivamente informato: informazione seria, trasparente e completa.

Più l'informazione sul vaccino (o in genere sul farmaco) è precisa, maggior forza e sostanza di validità ha il consenso.

In altri termini, se vi è informazione può esserci consenso.

D'altro canto non si comprende come possa prestarsi un consenso su qualcosa su cui non vi è sufficiente informazione.[20]

Orbene nel caso di vaccino anti COVID-19 le informazioni che la scienza medica è in grado di fornire hanno un sufficiente grado di insufficienza.

Tale assunto ben ha senso di essere se si considera che il consenso, per come oggettivamente articolato nella fase di pre vaccinazione,[21] sul vaccino anti COVID- 19 viene dato quasi al buio atteso che occorre accettare un rischio non calcolato ed imprecisato derivante dal fatto che non si conoscono effetti del farmaco a lungo termine, né gli effettivi risultati di tale medicina difensiva. la locuzione, contenuta nei moduli da sottoscrivere, non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza, non abbisogna di commenti.

I danni (eventuali o certi) che si possono realizzare sulla salute di un essere un umano non sono controllabili in quanto sottratti ad una visione di insieme nella prospettiva futura.

Discende che qualche domanda sul consenso e sulla sua validità va formulata.

Quando il vaccinato sottoscrive il modulo, la sua sottoscrizione equivale ad un consenso informato o è piuttosto una mera dichiarazione la cui rilevanza non trova precise allocazioni giuridiche?


4.- Osservazioni conclusive

Il vaccino anti COVID- 19 è un trattamento sanitario imponibile?

Al momento per la gente comune è un vaccino non obbligatorio; in itinere il progetto di renderlo obbligatorio per alcune categorie professionali, ad esempio per gli operatori sanitari che hanno e devono avere contatti continui e costanti con ammalati, magari fragili e vulnerabili.

Ed è logica morale ed evidente che l'ammalato non può venire infettato dallo stesso sanitario a cui si è rivolto per essere curato.

In questa ottica si rende espressa la necessità di una tutela ampia del diritto alla salute soprattutto in vista delle persone più fragili.

Il fatto è che questa nobile impostazione stride con l'informazione corretta sul vaccino.

Quando si parla di informazione corretta si esprime un concetto di informazione completa, esaustiva, certa; solo con una informazione senza vizi si può raccogliere un consenso valido.

E' valido un consenso se non si conoscono i danni (effettivi ed eventuali) del vaccino anti COVID-19?

Oppure bisogna inquadrare l'assenza di conoscenze ulteriori come una sorta di informazione in negativo?

Sembra più onesto concludere che il vaccino anti COVID- 19 sia piuttosto un intervento medico-sanitario dettato dallo stato di necessità; esso non va configurato come inoculazione basata sul presupposto del consenso, perché il consenso non è configurabile se non vi è sufficiente informazione.

Discende la relativa disciplina.[22]

Ed in quanto stato di necessità se vi è scudo penale per i sanitari che lo somministrano dovrebbe esserci, per logica conseguenza, esenzione di qualsivoglia responsabilità per il Ministero della Salute.

Allora non trattasi più di diritto o di dovere, quanto di diritto ( in astratto) e di necessità scriminante in concreto.

Il vaccino anti COVID- 19 diventa imponibile siccome necessario, altrimenti non ci sarebbe scampo: ormai il numero di morti è incalcolabile.

E' una vera guerra contro un nemico impalpabile che ha messo a nudo la vulnerabilità ed il severo limite della natura umana e che costringe uno Stato a fare conti in termini economici di costi e sacrifici , anche in ragione del bene comune salute.

Una domanda, però, appare lecita: che respiro avrà in questa tematica la responsabilità aquiliana?

NOTE
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[1] A. BOMPIANI, Profilo etico-giuridico delle vaccinazioni obbligatorie e facoltative, in Medicina e morale, 5, 1991, pp. 745-779.

[2] S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (A proposito della disciplina delle vaccinazioni), in Diritto e società, 4, 1979, pp. 875-909.

[3]F. A. ROVERSI MONACO, C. BOTTARI, Commento agli artt. 1 e 2, in ROVERSI MONACO (coord.), Il Servizio sanitario nazionale, Commento alla legge 23 dicembre 1978, n. 883, Milano, 1979, p. 6; C. MORTATI,, La tutela della salute nella Costituzione Italiana, in Riv. inf. mal. prof., 1961, p. 53; M. COCCONI, Il diritto alla tutela della salute, Padova, 1998, pp. 37 ss.

[4] Art. 32 Costituzione Italiana: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

[5] D. MORANA, La salute nella Costituzione italiana, Milano, 2002; F. PERGOLESI, Alcuni lineamenti dei "diritti sociali", Milano, 1953; G. U. RESCIGNO, I diritti civili e sociali fra legislazione esclusiva dello Stato e delle Regioni, in Dir. pubb., 1, 2002.

[6] Tra le tante, cfr. Corte cost., sent. n. 307 del 1990 in www.giurcost.org.

[7] Corte cost., sentenza n. 307/90 par. 2 del "considerato in diritto".

[8] Corte costituzionale, sent. n. 5, 2018 (8.2.1) in www.giurcost.org, per cui: "occorre anzitutto osservare che la giurisprudenza di questa Corte in materia di vaccinazioni e? salda nell'affermare che l'art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di liberta? di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettivita? (da ultimo sentenza n. 268 del 2017), nonche?, nel caso di vaccinazioni obbligatorie, con l'interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura (ex multis, sentenza n. 258 del 1994)".

[9] M. A. RIVETTI, Patologie da vaccinazioni, tutela giurisdizionale e disciplina delle rinunzie, in Il diritto del mercato del lavoro, 1, 2016, pp. 202-207; C.VIDETTA, Corte Costituzionale e indennizzo per lesioni alla salute conseguenti a trattamenti vaccinali. Nuove prospettive, in Responsabilità civile e previdenza, 3, 2013, pp. 1030-1044; A. FEDERICI, L'indennizzo delle conseguenze irreversibili da vaccinazioni non obbligatorie (Nota a Corte cost., 26 aprile 2012, n. 107; Trib. Rimini, 15 marzo 2012, n. 148), in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 3, 2012, pp. 605-612; L. RATTI, La rivalutazione dell'indennizzo per i danni causati da vaccinazioni ed emotrasfusioni (Nota a Corte cost., 9 novembre 2011, n. 293), in Rivista italiana di diritto del lavoro, 4, 2012, pp. 840-843; F. SCIA, Danni da vaccinazioni non obbligatorie (Nota a Trib. Ravenna, 20 dicembre 2006), in Giur. Mer., 11, 2008, pp. 2823-2827; A. ALGOSTINO, Salute dell'individuo e salute della collettività: il diritto all'indennizzo anche nel caso di vaccinazioni antipoliomelitiche non obbligatorie, in Giur. It., 7, 1998, pp. 1479-1481.

[10] G. PONZANELLI, La misura dell'indennizzo per le "vittime" di vaccinazioni obbligatorie: il nuovo intervento della Corte costituzionale, in Foro it.,1998, I, p. 1370; G. PONZANELLI, A. BUSATO, Un nuovo intervento di sicurezza sociale: la l. n. 210/1992, in Corr. giur., 1992, p. 952; E. MAZZEO, Suggestioni di indennizzo e lacune di tutela nella l. 25 febbraio 1992, n. 210, in Zacchia, 1993, p. 27; M. LANA, Stato di attuazione della l. 25 febbraio 1992, n. 210 in materia di indennizzo di soggetti danneggiati da trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, in Dir. uomo, 1993, 3, p. 81; R. CARANTA, Danni da vaccinazione e responsabilità dello Stato, in Resp. civ. e prev, 1998, p. 1352.

[11] Corte di Appello, 12 giugno 2006, in Diritto e Giustizia, 2006, 43, p. 59, con nota di C. GARUFI, Quando il vaccino crea danni alla salute sta alla vittima provare il nesso causale. Par condicio fra i trattamenti obbligatori e quelli "incentivati"; e in Resp. civ. e prev., 2007, 02, p. 346, con nota di M. BERTONCINI, Indennizzo per danni da vaccinazioni obbligatorie e possibile estensione della fattispecie alle non obbligatorie, in Resp. civ. e prev., 2007, 02, p. 346.

[12] Trib. Ravenna, 20 dicembre 2006, in Giur. Merito, 2008, 11, p. 2815.

[13] Il problema si era posto perché i genitori di una bambina che aveva subito gravi patologie a seguito di vaccinazione non obbligatoria contro il morbillo, la parotite e la rosolia avevano proposto ricorso per ottenere l'indennizzo. Il tipo di vaccinazione somministrata alla bambina, però, non era indicato tra quelli obbligatori, sebbene la sua inoculazione fosse stata fortemente sponsorizzata e incentivata dalla pubblica autorità. I giudici rimettenti, quindi, rinvenivano una violazione degli artt. 2 e 3 Cost., in quanto era considerato irrazionale non concedere un equo ristoro a chi ha adottato un comportamento ispirato alla solidarietà sociale e alla tutela della collettività. Secondo i giudici di Ancona, poi, la norma, nel non prevedere un ristoro per coloro i quali avessero riportato un danno a causa di una vaccinazione non raccomandata, violava anche l'art. 32 Cost., vanificando, in questo modo, la garanzia del diritto alla salute di chi, agendo in nome della solidarietà sociale, abbia subito un danno irreversibile alla salute per un beneficio atteso dall'intera collettività.Le perplessità sollevate dai rimettenti sono state ritenute fondate dalla Consulta[13], che ha dichiarato la fondatezza della questione. E' stato affermato, così, che, ai fini risarcitori, non è importante se il vaccino sia obbligatorio o solo raccomandato, dovendosi riconoscere in ogni caso, in capo a chi abbia riportato un danno a causa dello stesso, un equo ristoro. Peraltro, è stato rilevato che il diritto in parola sorge anche in capo a coloro che abbiano riportato una lesione a causa del contatto con una persona vaccinata (art. 1, comma 4, l. 1992 n.210).

[14] Corte cost., 16 ottobre 2000, n. 423, in Giur. Cost., 2000, pp. 5 ss..

[15] Corte cost., 18 aprile 1996, n. 118, in Foro it., 1996, I, pp. 2326 ss., con nota di G. PONZANELLI, Pochi, ma da sempre: la disciplina sull'indennizzo per il danno da vaccinazione, trasfusione o assunzione di emoderivati al primo vaglio di costituzionalità; in Resp. civ. e prev., 1996, pp. 582 ss., nota di F. CASSELLA, Illegittimi i limiti temporali all'indennizzo a titolo di solidarietà in assenza di responsabilità; in Giur. cost., 1996, pp. 3209 ss., nota di G.COMANDÉ, Diritto alla salute tra sicurezza sociale e responsabilità civile; in Giur. cost., 1996, pp. 3209 ss., nota di A. ALGOSTINO, I possibili confini del dovere alla salute.

[16] Corte d'Appello di Perugia, sez. lav., 30 giugno 2014, n. 109, in www.osservatoriodannoallapersona.org

[17] Trib. Perugia 9 febbraio 2011 in www.osservatoriodannoallapersona.org. La decisione riguardava il caso di un bambino che, dopo essere stato sottoposto alla somministrazione di un vaccino aveva sviluppato un'encefalopatia con quadro clinico della sindrome autistica e ipotonia generalizzata. In primo grado, gli appellanti si erano visti rigettare la loro domanda, proprio con la motivazione che la vaccinazione dalla quale gli stessi assumevano essere stato cagionato il danno permanente all'integrità psicofisica del loro figlio non era compresa tra le vaccinazioni obbligatorie per legge e, quindi, allo stato, non consentiva il riconoscimento dell'indennizzo di cui alla l. n. 210/1992. In secondo grado, la Corte d'Appello di Perugia si avvicina all'esame della domanda degli appellanti proprio a partire dal fondamentale assunto per il quale "è venuto meno l'ostacolo di carattere legislativo che impediva l'accoglimento della domanda e che aveva indotto il primo giudice a respingerla", ma respinge comunque le loro domande.

[18] Trib, Milano, Sez. lav., 29 settembre 2014.

[19] P. SANTESE,G. CASCIARO, Il consenso informato, in Collana Fatto e Diritto, Milano 2013

[20] C. FARALLI, Consenso informato in medicina : aspetti etici e giuridici, in "Salute e Società",Milano,, 2012; B. VIMERCATI, Consenso informato e incapacità. Gli strumenti di attuazione del diritto costituzionale all'autodeterminazione terapeutica, Milano, 2014; A. CILENTO, Oltre il consenso informato, Napoli, 2014.

[21] L'elenco di reazioni avverse sovraesposto non è esaustivo di tutti i possibili effetti indesiderati che potrebbero manifestarsi durante l'assunzione del vaccino "COVID-19 compare nel Vaccine AstraZeneca; se manifesta un qualsiasi effetto indesiderato non elencato si informi immediatamente il proprio Medico curante; non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza.

[22] L. CANAVACCI, I confini del consenso : un'indagine sui limiti e l'efficacia del consenso informato, Torino, 1999, passim.





















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