Interest rate swap, Convertible swap, Atlantic swap, currency option: la tutela delle imprese clienti nella giurisprudenza
Pubblicato il 03/07/07 02:00 [Articolo 735]






L'elaborazione in tema di contratti finanziari è sempre più scandita, oltre che dall'elaborazione della dottrina, dalla immediata esperienza pratica, segnata soprattutto nel fuoco incrociato del contenzioso giudiziario.

E' stato questo il caso dei contratti di investimento relativi ai diversi bond (Parmalat, Cirio, Giacomelli e obbligazioni Argentina), nei quali l'esigenza di "cancellare" i risultati negativi ed il pregiudizio subito dagli investitori per negoziazioni che non avrebbero dovuto avere luogo, ha suggerito nel giro di poco tempo il nascere e l'evolversi di diverse tesi giuridiche che si sono articolate, come è più che giustificato nel mondo della pratica, nella proposizione di diversi correttivi quali, ad esempio, la nullità del contratto di negoziazione stipulato con la Banca, la risoluzione del medesimo e il risarcimento del danno, con tutti i possibili riferimenti alla buona fede, al conflitto di interessi, alla violazione delle regole di trasparenza, agli obblighi di comportamento, all'inadeguatezza dell'organizzazione interna dello stesso intermediario.

Questa esperienza è ancora del tutto in corso (e tra l'altro divenuta sotto certi aspetti ancora più complessa e peculiare per effetto dell'applicazione del processo societario, che impone un'esperienza e un'organizzazione del contenzioso giudiziario del tutto nuova e specializzata), che già una nuova ondata di problematiche sempre in materia finanziaria si manifesta sempre più impellente.

Mi riferisco al crescente contenzioso sui derivati (interest rate swap nelle diverse configurazioni di Convertible swap, Atlantic swap, Sunrise swap, Extra swap, Range Accrual swap, Variabile protetto differenziale swap ed altri, nonché opzioni sui cambi quali ad esempio currency option e forward fx transaction) destinato sempre più ad ampliarsi per effetto delle notizie che leggiamo sui giornali e che vedono protagonisti istituti di credito che negli ultimi anni hanno distribuito, non sempre con la migliore consapevolezza professionale, prodotti derivati alla clientela alla quale veniva proposto di tutelarsi contro i rischi di oscillazione principalmente dei cambi e degli interessi.

Il dato nuovo e interessante è che non si tratta di contratti isolati (come avveniva nel passato quando la giurisprudenza talora affrontava il tema se il contratto di swap fosse o meno un contratto aleatorio), né riguardano soggetti che di professione sono speculatori, né tantomeno riguardano piccoli risparmiatori, bensì piccole, medie e talora anche grandi imprese, che, come è tipico del tessuto economico italiano, hanno rapporti di export-import con l'estero o comunque accedono in modo sistematico al credito bancario anche di diversa tipologia.

Si tratta quindi spesso di contratti i cui volumi, e conseguentemente i rischi, sono di tutto rispetto, fino a divenire addirittura decisivi per la stessa continuità dell'impresa, ma soprattutto di contratti nei quali l'effettivo livello dell'esposizione e dell'onere è difficilmente comprensibile dalla stessa impresa, che il più delle volte si trova esposta per quantità e livelli assolutamente non previsti, che tra l'altro possono essere quantificati solo da consulenti specializzati nel settore e che, quindi, nella sostanza portano ad oneri in nessun modo voluti dall'impresa stessa.

E' in questo contesto che sono sorte questioni di grandissima rilevanza, quale quella dell'esatta identificazione delle norme di protezione la cui osservanza da parte dell'intermediario è esigibile dall'impresa stessa, o quella della valutazione di clausole contrattuali predisposte dall'intermediario per far assumere all'imprenditore che sottoscrive questi contratti ogni responsabilità per l'esito negativo dell'operazione, con la riproposizione, quindi, in sostanza, delle grandi tematiche che contraddistinguono il nostro diritto delle obbligazioni e dei contratti, quali la correttezza, la buona fede, la consapevolezza dell'accordo contrattuale, le clausole derogatorie, la stessa causa del contratto ed esigibilità della prestazione.

E' ancora una volta la giurisprudenza di merito la protagonista di questa nuova vicenda del diritto finanziario (v. il provvedimento cautelare del Tribunale di Verona 14 agosto 2005 e l'importante sentenza del Tribunale di Novara 18 gennaio 2007, quest'ultima in www.ilcaso.it). Anche in recenti vicende che ho avuto modo di seguire direttamente sul piano contenzioso, accanto a decisioni che mi permetto di definire più formalistiche, ho visto accolte istanze volte alla tutela dell'impresa che ha sottoscritto tali contratti, anche attraverso il riconoscimento, molto importante in questo caso, di una tutela sul piano cautelare al fine di arginare gli effetti del vertiginoso incremento degli oneri conseguenti a tali contratti.

Si tratta certamente di temi molto delicati e complicati dalle diverse sfaccettature anche processuali, che esigono nella gestione del contenzioso una competenza e un'organizzazione professionale adeguata a rendere comprensibile e soprattutto ricondurre nella categorie classiche della tutela contrattuale e giudiziale i tanti profili che emergono dalla contrattazione su derivati.

Milano, 3 luglio 2007

brunoinzitari@inzitariepartners.it





















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