Il consumatore-risparmiatore e gli obblighi informativi "continuativi" tra fonte legale e fonte convenzionale
Pubblicato il 22/06/11 02:00 [Articolo 614]






In una recente decisione del Tribunale di Torino1 si afferma che l'interpretazione dell'art. 21 Tuf 58/1998 (in correlazione all'art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998) va intesa nel senso che l'obbligo di informativa sulla natura e sulle caratteristiche del titolo sia fatta, unicamente, sino al tempo dell'investimento. A sostegno di questa tesi si evidenzia come in assenza di un rapporto di gestione patrimoniale ed in presenza di semplici disposizioni di negoziazioni di prodotti finanziari deve escludersi l'obbligo per l'intermediario di monitorare l'andamento dei titoli presenti nel portafoglio dei clienti. Per i giudici torinesi è altresì pacifico si è in presenza di un rapporto tra consumatore ed un professionista, tale potendo essere definiti rispettivamente il risparmiatore e l'intermediario ex art. 3 Codice del Consumo.


Sommario 1. Premessa - 2. La fonte degli obblighi informativi "continuativi" - 3. Il risparmiatore è consumatore?

1. Premessa.
La decisione del Tribunale di Torino affronta il problema del mancato adempimento da parte della Banca degli obblighi informativi cosiddetti "continuativi" in ordine all'andamento negativo dei titoli della Lehmann Brothers FRN. Si tratta, nello specifico, di comprendere se in capo alla banca, in relazione all'attività di negoziazione, gravi un obbligo di informazione di fonte legale (ex art. 21 TUF 58/1998 applicabile ratione temporis ai fatti di causa) ovvero di fonte convenzionale.
Nella vicenda in esame l'attore aveva sottoscritto il modulo d'ordine delle obbligazioni ove era riportato che il cliente sarebbe stato tempestivamente informato ove il titolo avesse subito una variazione significativa del livello del rischio; ancora, le Obbligazioni Lehmann erano state incluse nell'elenco titoli a basso rischio del Consorzio Patti Chiari, a cui la Banca aderiva. A seguito delle note vicende, il titolo Lehmann aveva avuto significative oscillazioni a partire dal 10 settembre 2008 e la Banca non aveva tempestivamente informato il cliente onde consentirgli di disinvestire e vendere al meglio i titoli. Per i giudici tale omissione, è fonte di responsabilità della Banca idonea a giustificare l'obbligo di risarcimento in favore dell'attrice.

2. La fonte degli obblighi informativi "continuativi".
Per il Tribunale di Torino l'interpretazione dell'art. 21 Tuf 58/1998 (in correlazione all'art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998) va intesa nel senso che l'obbligo di informativa sulla natura e sulle caratteristiche del titolo sia fatta, unicamente, sino al tempo dell'investimento. A sostegno di questa affermazione il giudice torinese evidenzia come in assenza di un rapporto di gestione patrimoniale ed in presenza di semplici disposizioni di negoziazioni di prodotti finanziari deve escludersi l'obbligo per l'intermediario di monitorare l'andamento dei titoli presenti nel portafoglio dei clienti2. In altre parole il dovere di successiva informazione si imporrebbe solo nel caso in cui al servizio di negoziazione si affianchi la prestazione del servizio di gestione dato che è quest'ultima ipotesi ad esporre il risparmiatore ad un più elevato rischio di abusi da parte dell'intermediario3.
E' opportuno tuttavia ricordare, in questa sede, l'orientamento giurisprudenziale, ancorché non pacifico, che, sotto il vigore della precedente disciplina (applicabile alla vicenda in commento), traeva proprio dal dovere generale di correttezza e trasparenza nell'esecuzione del contratto e dalla formulazione letterale dell'art. 21, comma 1°, lett. b), l'obbligo dell'intermediario di mantenere la controparte stabilmente informata delle notizie riguardanti i prodotti sottoscritti o acquistati4. Così ragionando è stato ritenuto che gli obblighi di informazione "postcontrattuale" costituiscano espressione dei generali principi di correttezza e buona fede.
In questa prospettiva troverebbero piena attuazione le regole contenute nell'art. 26, 1° co., lett. e, Reg. Consob n. 11522/1998 (know your merchandise rule), nel combinato disposto degli artt. 21, 1° co., lett. b, t.u.f. e 28, 1° co., lett. a, Reg. Consob n. 11522/1998 (know your customer rule) e nell'art. 29, 1° co., Reg. Consob n. 11522/1998 (suitability rule). Trattasi dei doveri di informarsi ed informare, sussistenti sia nella fase prenegoziale che durante la fase esecutiva del relativo rapporto.
In altre parole la previsione dell'art. 21 comma 1) lett. b) del TUF nella parte in cui dispone che nella prestazione dei servizi di investimento gli intermediari debbano operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati , legittimerebbe un'estensione dell'obbligo di informazione5. Nel dettaglio proprio l'avverbio sempre, lascerebbe pensare che gli obblighi informativi non possano mia ritenersi conclusi con l'esaurirsi del momento della negoziazione.
A questo orientamento si contrappone la giurisprudenza che ritiene che l'intermediario non sia tenuto a dare alcuna informazione all'investitore circa la perdita di valore dei titoli verificatasi in data successiva all'acquisto, a meno che non si versi nell'ambito della gestione patrimoniale. Sono gli stessi giudici torinesi a ricordare una decisione del Tribunale di Parma secondo cui l'attività di consulenza finanziaria trova un limite invalicabile nella negoziazione finalizzata all'acquisto o al disinvestimento dovendosi escludere che gravi sull'intermediario un obbligo specifico di monitorare l'andamento del titolo al fine di suggerire all'investitore di intervenire sul mercato per ridurre eventuali conseguenze negative collegate a probabile default6.
In realtà, a nostro avviso, è molto difficile poter fornire una soluzione astrattamente idonea alla soluzione del problema dato che il riflesso di tali considerazioni è che l'informazione adeguata è quella flessibile. Non può parlarsi, dunque, di informazione per l'investitore tout court, ma piuttosto di informazione adeguata, cioè di informazione che valorizza la specificità di ciascuna contrattazione e quindi del profilo di ciascun investitore7. Si promuove, dunque, una modulazione dell'attività informativa in relazione all'esperienza dell'investitore: tanto più elevandola quanto minore dovesse manifestarsi tale esperienza8. In altre parole il riferimento all'adeguatezza presuppone che le informazioni debbano essere modellate dall'intermediario alla luce della peculiarità del rapporto con il cliente con la conseguenza che, a seconda della controparte, l'operatore finanziario dovrà calibrare diversamente gli obblighi informativi soddisfacendo le specifiche esigenze informative proprie del singolo rapporto9. In questa prospettiva può essere collocata la logica fiduciaria intrinseca allo scambio finanziario e che contribuisce ad uno spontanea autolimitazione dei comportamenti opportunistici da parte degli intermediari attraverso il rispetto degli obblighi di informazione.
Ma il ragionamento del giudice torinese è piuttosto rigido ed azzera questa possibile fonte legale dell'obbligo di informazione postcontrattuale nell'attività di negoziazione riconoscendola - unicamente - sul piano convenzionale. Infatti, come detto, nella vicenda in commento il Tribunale osserva che l'ordine sottoscritto dal cliente conteneva una espressa sezione denominata "Clausole e note diverse" ove era testualmente previsto che il titolo faceva parte dell'elenco delle obbligazioni a basso rischio, rendimento emesso alla data dell'ordine e redatto nell'ambito del progetto Patti Chiari" ed ancora che in base agli andamenti di mercato il titolo potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa del livello di rischio".
Per il giudicante è l'inserzione di questo ulteriore contenuto, sottoscritto in calce all'ordine da entrambe le parti ed aggiuntivo rispetto a quello standardizzato, tipico dell'ordine di investimento, a costituire una vera e propria pattuizione contrattuale ed integra una fonte di obblighi di natura convenzionale specificamente assunti dalla banca nei confronti del suo cliente investitore". Si puntualizza, poi, nella parte motiva della decisione che il Regolamento del consorzio Patti Chiari prevede che, nel caso di aumento rilevante del rischio il titolo ovvero nel caso di passaggio del rischio da basso a significativo, il cliente deve essere informato entro due giorni. Per il Tribunale di Torino l'utilizzo dell'avverbio "tempestivamente" lascia sottintendere anche un termine più severo di quello dei "due giorni" previsto dal regolamento Patti Chiari.E' proprio la peculiare portata della clausola contenuta nell'ordine di investimento ad affinare gli obblighi informativi della banca (in senso più favorevole all'investitore) non solo nel rispetto della normativa nel settore dell'intermediazione finanziaria ma anche avendo alla disciplina del Consorzio Patti Chiari.
Per di più, si legge in motivazione, che l'interpretazione più favorevole all'investitore è riscontrabile sotto il profilo strettamente giuridico alla luce dell'art. 35 del Codice del Consumo ove si legge che nel caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore. Dunque, nel caso di specie l'uso dell'avverbio tempestivamente non assume un significato diverso del termine dei due giorni (previsto dal Regolamento Patti Chiari), consentendo maggiore immediatezza e celerità e dunque anche più breve.

3. Il risparmiatore è consumatore?
Quello che appare particolarmente interessante dalla lettura di questo passaggio della decisione è la completa assimiliazione dell'investitore al consumatore ex art. 3 del Codice del Consumo. Trattasi, in realtà, di una questione assai dibattuta ed ancora aperta10, e non solo in Italia11.
Già una ricognizione approssimativa del dato normativo evidenzia una modulazione diversa degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario finanziario secondo la qualità soggettiva del suo partner: l'operatore qualificato, la controparte qualificata non necessitano, infatti, d'essere tutelati attraverso l'imposizione di obblighi informativi.
Ciò consente di avanzare una serie di considerazioni che qui possono essere solo accennate - irrilevanza della tesi secondo cui la disciplina dell'attività dovrebbe essere diversa da quella del singolo atto12, sottrazione dell'argomento degli obblighi di informazione alla categoria del terzo contratto13 - salvo dover dar risalto ad una di esse: accertare se la presunzione assoluta di carenza informativa del risparmiatore non professionale consenta di predicare la debolezza in generale per l'intera categoria di soggetti che operano in quello specifico settore di mercato in modo non professionale14. C'è insomma una premessa ideologica che conforma il ragionamento: il risparmiatore è disinformato, quindi è debole, la disinformazione è ciò che rende strutturalmente debole il consumatore, quindi, per concludere il ragionamento sillogistico, il risparmiatore è consumatore.
La ragioni per credere che vi sia una insinuante, spesso inespressa, assimilazione tra risparmiatore e consumatore non mancano né rappresentano una novità. Se ne cominciò a discutere con una certa insistenza sul finire degli anni ottanta15; da allora il formante dottrinario e quello giurisprudenziale, sempre più conquistati dal consumerismo, hanno puntellato l'impalcatura normativa che ha tracciato la strada per ravvisare nel risparmiatore, ma soprattutto - ai fini che qui interessano - nella intermediazione finanziaria un settore di mercato omogeneo in cui debbono essere ripristinate, con norme imperative, alcune regole del gioco - pienezza del consenso, principio di autodeterminazione, uguaglianza sostanziale delle parti - insomma, quelle che la standardizzazione e la alterazione della forza nei rapporti contrattuali hanno azzerato.
Un ruolo decisivo hanno assunto, sin dai primi studi in materia, due considerazioni: a) il rapporto che viene ad instaurarsi con l'intermediario finanziario risponde a logiche di spinta standardizzazione;16 b) il dominio del contraente professionale nella definizione dei suoi contenuti è indiscutibile17.
Dal punto di vista normativo, dopo la svolta rappresentata dalla legge 17 febbraio 1992, n. 15418 sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, i dati recenti più significativi sono due ed in qualche modo sembrano aver messo la parola fine alla questione.
In primo luogo, il legislatore, attraverso l'introduzione dell'art. 32 bis nel Tuf (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) ed il riconoscimento della tutela degli interessi collettivi degli investitori, attribuisce alle associazioni dei consumatori (inserite nell'elenco di cui all'art. 137 cod.cons.: d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo) la legittimazione ad agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori. Trova conferma, per questa via, la necessità di ampliare la nozione di consumatore al fine di racchiudere al suo interno anche l'investitore/risparmiatore che - agendo per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta - si rivolge ad un intermediario per la realizzazione di operazioni finanziarie19.
E' pur vero che il codice del consumo, nella sua prima stesura, non si occupava dei servizi finanziari se non marginalmente; in particolare l'art. 33, commi 3 e 4, già stabiliva, con riguardo ad alcune clausole vessatorie, una disciplina derogatoria laddove il contratto avesse ad oggetto la prestazione di servizi finanziari; ancora, il successivo comma 5 affermava che non si presumono nulle ulteriori clausole della grey list ove esse siano previste in contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso o di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista.
Cionondimeno, le disposizioni in esso contenute riguardavano in generale colui che si poneva in maniera non professionale come interfaccia dell'imprenditore e dunque anche il contraente risparmiatore, assicurato, investitore e così via20.
Ad ogni modo, il secondo indice rivelatore della volontà legislativa di assimilare il risparmiatore al consumatore è costituito dalla modifica al codice del consumo, operata con l'art. 9 del d.lgs. 23 ottobre 2007, n. 221, che sembrerebbe aver eliminato in via definitiva ogni equivoco attraverso l'introduzione di un'apposita sezione, la IV bis (comprendente gli articoli da 67 bis a 67 vicies bis), dedicata integralmente alla disciplina della commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori21.
Non mancano tuttavia problemi interpretativi. Proprio di recente il Consiglio di Stato22, chiamato a formulare un parere in ordine alla ripartizione di competenze riguardo alla disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa nel settore finanziario tra l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) e la Consob, sia pure obiter, ha affermato che il risparmiatore (cioè l'investitore non professionale) si presenta, conformemente alla tendenza del diritto comunitario, come una specie del genere consumatore, in quanto destinatario finale di un prodotto standardizzato seppur finanziario: un consumatore, cioè, di servizi finanziari.
Riguardo alla questione specifica relativa alle pratiche commerciali scorrette poste in essere dai professionisti che operano nei servizi finanziari (emittenti, intermediari finanziari e così via), il Consiglio di Stato però, pur riconoscendo al risparmiatore lo status di consumatore, ha ritenuto che debbano trovare applicazione le disposizioni del Tuf e non quelle del codice del consumo.
La ragione è stata individuata nella circostanza che la disciplina speciale si rivela la più idonea a mantenere elevato il livello del controllo pubblico sull'informazione elargita agli investitori, posto che la Consob, a differenza dell'Agcm23, è capace tanto di cogliere tempestivamente i segnali che si manifestano nel mercato - riguardo a situazioni anomale o critiche sotto il profilo della trasparenza, della completezza e della asimmetria informativa nonché sotto il profilo dell'integrità dei mercati e dell'offerta di servizi di intermediazione24 - quanto di garantire il controllo dell'informazione elargita agli investitori25.
Indipendentemente dalla questione specifica, ciò che non può essere messo in dubbio è che anche la disciplina dell'intermediazione finanziaria sia stata in buona misura «consumerizzata», allo scopo di mettere le parti in una posizione contrattuale di partenza26 non asimmetrica.
Accedere all'idea della consumerizzazione del contratto, tuttavia, significa esclusivamente prendere atto che gli interventi normativi sulla disciplina in esame costituiscono un momento di rottura rispetto all'impianto originario del codice del 1942 - dove (tralasciando gli status familiari e le regole contenute nel libro V) non è riservato alcuno spazio alla rilevanza delle condizioni soggettive delle parti27 - e non già adagiarsi sull'idea che lo «status» di consumatore28 si attagli perfettamente al risparmiatore (come proprio il parere del Consiglio di Stato appena evocato dimostra).
Per quanto sia opinabile che il concetto di status si adatti a definire la condizione giuridica del consumatore29, non si può negare che il risparmiatore - a differenza del consumatore - sia tale, cioè debole nei confronti dell'altra parte, esclusivamente in occasione della singola contrattazione, mai indipendentemente da quella; anche quando partecipa ad un'attività giuridica del resto non è sempre destinatario dello statuto protettivo30 .
In sostanza, se per il consumatore - tanto secondo la definizione normativa (cfr. art. 3 cod.cons.) quanto per l'interpretazione prevalente31 - vale una presunzione assoluta di debolezza32 che non consente di far prevalere una differente definizione situazionale33, viceversa, per il risparmiatore assumono rilievo il ruolo e la qualità assunte volta per volta nella singola contrattazione34 .
In aggiunta, solo il fatto che il risparmiatore non si identifichi con il consumatore spiega come mai solo quando l'operazione economica coinvolga il risparmiatore sia previsto l'obbligo a carico del partner professionale di acquisire informazioni: in nessun'altra disciplina di settore fra quelle confluite nel Codice del consumo è infatti dato riscontrare un obbligo analogo. In materia di intermediazione finanziaria o di commercializzazione a distanza di servizi finanziari, invece, gli indici normativi in tal senso sono numerosi e trovano la loro ratio nella peculiare fiduciarietà del rapporto, nella singolarità della contrattazione nonché nella natura degli interessi coinvolti.
In questa direzione già si orientava la disciplina contenuta nell'art. 28 del Regolamento Consob 1° luglio 1998, n. 11522, il cui comma 1, lett. a), imponeva espressamente agli intermediari di chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento nonché la sua propensione al rischio. L'obiettivo era proprio quello di modulare il contenuto degli obblighi di comportamento dell'intermediario facendo sì, per un verso, che il risparmiatore maturasse un consenso avveduto, per altro, che si evitasse la commutazione, di fatto, del debito informativo in un vacuo stilema offendente la sua ratio essendi35. Ciò non è sfuggito a quella parte della dottrina che ha scorto nell'art. 28 del Reg. Consob 11522/1998 il veicolo attraverso cui è stata introdotta nel nostro ordinamento la know your customer rule, conosciuta anche come l'undicesimo comandamento di Wall Street, per la quale l'obbligo di informarsi è strettamente funzionale al successivo obbligo costituito dalla soddisfacente realizzazione dell'informazione alla clientela36. E' agevole intuire che la mancata acquisizione delle informazioni impedirà all'intermediario di adempiere correttamente la sua prestazione, posto che il nesso di strumentalità tra il dovere informativo e l'obbligo di acquisire le informazioni necessarie dai clienti è palese, "così come manifesto è il loro sinergico operare"37.
Ad escludere che il risparmiatore ed il consumatore si identifichino contribuiscono ulteriori considerazioni: non si può negare infatti che il risparmiatore sia un consumatore un po' "anomalo". Egli acquista un bene che non vede, che non è tangibile e che quindi non rileva per le sue caratteristiche strutturali, in quanto si tratta di un bene immateriale destinato, normalmente, ad appagare l'aspettativa di mettere a profitto il denaro investito38. Normalmente lo scambio che lo vede protagonista si caratterizza come scambio di un bene presente con un bene futuro, "la cui esistenza e consistenza sfugge in larga misura al controllo del soggetto che attende la futura prestazione"39. Il risparmiatore formula il proprio convincimento e dunque aderisce alla contrattazione confidando - sic et simpliciter - sulle informazioni resegli dalla controparte professionale, la quale non è affatto detto che gliele fornisca "anche" in ragione del suo personale profilo di cliente; là dove il consumatore agisce negozialmente per scopi connessi al soddisfacimento di bisogni o di interessi personali; di conseguenza, il bene o la prestazione richiesta, siano essi di modico o medio valore, ed il relativo regolamento, anche se vessatorio, possono (al più) comportare un pregiudizio, ma non certo il tracollo della situazione patrimoniale del contraente40.
Ben diversa è, nella maggior parte dei casi, la posizione del risparmiatore, posto che quest'ultimo - nel rapporto negoziale con la banca - può affidarle buona parte o tutto il proprio patrimonio41.









1) Trib. Torino 22 dicembre 2010, Sez. I°, Giudice Tassone, X contro INTESA SAN PAOLO SPA.
2) M. CIAN, Gli obblighi informativi degli intermediari, Nuove Leggi Civ. Comm., 2009, 6, 1197. In questa direzione v. Trib. Milano 18 ottobre 2006, Trib. Venezia, 4 maggio 2006 in www.ilcaso.it.
3) Sul punto v. INZITARI-PICCINNINI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Padova, 2008, 65.
4) Del dibatto in giurisprudenza v. M. CIAN, op. cit., 1197 ss.
5) Così Trib. Roma 25 maggio 2005 e Trib. Cosenza, 1 marzo 2006 in www.ilcaso.it.
6) Così Trib. Parma, 9 gennaio 2008 richiamato nella decisione in commento.
7) Per una più articolata disamina del ruolo dell'informazione in materia di intermediazione anche con riferimento al recepimento della direttiva Mifid si veda: GRECO, Informazione pre­contrattuale e rimedi nella disciplina dell'intermediazione finanziaria, in Quaderni di Banca Borsa Titoli di Credito, Milano, 2010.
8) Il dato è ribadito in una recente decisione del Tribunale di Gorizia, 19 febbraio 2009, in www.ilcaso.it, secondo la quale una generica prospettazione di inadeguatezza di investimento non soddisfa l'obbligo di informazione. Sul punto v. anche Trib. Mantova, 31 marzo 2009, in www.ilcaso.it.
9) Cfr. SARTORI, Autodeterminazione e formazione eteronoma, cit., 20, ove si evidenzia che si tratta di un'impostazione ribadita con fermezza dal legislatore comunitario con la direttiva n. 39/04 laddove impone alle imprese di investimento di fornire ai clienti o potenziali clienti informazioni appropriate e in forma comprensibile su tutti gli elementi rilevanti, in modo da metterli nelle condizioni di prendere le decisioni in materia di investimenti con cognizione di causa. In argomento v. anche CAPRIGLIONE, Intermediari finanziari investitori mercati,, Padova, 2008, 165.
10) Spunti di riflessione, ex multis, in GORGONI, Regole generali e regole speciali nella disciplina del contratto, cit., 60 ss.; F. GRECO, Informazione pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell'intermediazione finanziaria, op. cit., 1ss.; Id., Profili del contratto del consumatore, Napoli, 2005, 1 ss.
11) La dottrina tedesca nega che all'investitore possa applicarsi la disciplina del consumatore, stante la diversità degli interessi sottesi da un'operazione di investimento, con cui si tende a massimizzare il profitto rispetto a quella con cui si soddisfano bisogni personali o familiari. Cfr. ASSMANN SCHÜTZE, Handbuch des Kapitalanlagerechts, III ed., Monaco, 2007, 7, 103 ss-
12) I fautori della tesi dell'attività sostengono, infatti, che l'attività, a differenza del singolo atto, in cui è implicata una connotazione di esaurimento e completezza, sia un concetto dinamico, aperto alla continuità ed alla proiezione futura che richiede risposte differenti da quelle affidate alle regole di invalidità o risarcitorie, occorrendo controlli ex ante: AULETTA, Attività (dir. priv), in Enc. dir., Milano, 1958, III, 986; ALCARO, L'attività. Profili ricostruttivi e prospettive applicative, Napoli, 1999.
13) D'AMICO, La formazione del contratto, in GITTI, VILLA (a cura di), Il terzo contratto, Bologna, 2008, 58
14) AMADIO, Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema di «abuso della libertà contrattuale»), in Riv.dir.priv., 2005.
15) Cfr. ALLEGRI, Nuove esigenze di trasparenza nel rapporto banca-impresa nell'ottica di tutela del contraente-debole, in Banca, borsa, tit.cred., 1987, 38 ss.; AA.VV., La tutela del consumatore di servizi finanziari, RUOZI (a cura di), Milano, 1990; ALPA, L'informazione del risparmiatore, in Banca, borsa, tit.cred., 1990, 476 ss.; P.L. CARBONE, La trasparenza bancaria e la tutela del consumatore, in Corr.giur., 1992, 478 ss.; GALGANO, I rapporti di scambio nella società postindustriale, in Vita notar., 1992, 52 ss.; MARTI, La vendita «porta a porta» di valori mobiliari e il sistema delle fonti, in BUSNELLI, BESSONE (a cura di), La vendita porta a porta di valori mobiliari, Milano, 1992, 33; GORGONI, Contratti negoziati fuori dei locali commerciali, in Enc.giur., 1994.
Piuttosto interessante, soprattutto in considerazione del background del periodo, risulta una decisione del Giurì del Cap del 28 gennaio 1988 (in UBERTAZZI (a cura di), Giurisprudenza completa del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria, Milano, 1988, 280) che respinge l'idea che il consumatore medio di prodotti e servizi finanziari, non essendo quello del pubblico in generale perché rispetto al consumatore puro e semplice è particolarmente smaliziato, non abbia bisogno di tutela: la sua appartenenza ad un pubblico medio-alto e sufficientemente attrezzato non ne fa, infatti,un esperto proteso alla ricerca di significati tecnico-giuridici.
16) CAVALLI, Contratti bancari su modulo e problemi di tutela del contraente debole, Torino, 1976; ID, Le clausole vessatorie nei contratti bancari, in PORTALE (a cura di), Le operazioni bancarie, I, Milano, 1978, 103 ss.
17) In questa direzione DE POLI, op.cit., 168 ss.; GRISI, Informazione (Obblighi di), cit., 6; CAVAZZUTTI, Conflitti di interessi e informazioni asimmetriche nell'intermediazione finanziaria, in BIS, 1989, 357 ss.; CLARIZIA, Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e obblighi di informazione, in Riv.it.leasing, 1992, 213 ; COSTI, Informazione e contratto finanziario, in Riv.trim.dir.proc.civ., 1993, 719 ss.; DOLMETTA, Per l'equilibrio della trasparenza nelle operazioni bancarie: chiose critiche alla legge n. 154/1992, in Banca, borsa, tit.cred, 1992, 375; MARTORANO, Trasparenza e parità di trattamento nelle operazioni bancarie, in Banca, borsa, tit.cred., 1991, 697; RESCIGNO, Trasparenza bancaria e diritto comune dei contratti, in Banca, borsa, tit. cred., 1990, 297 ss.; SCHLESINGER, Problemi relativi alla c.d. trasparenza bancaria, in Corr. giur., 1989, 229 ss.
18) Su cui cfr. MAISANO, Trasparenza e riequilibrio delle operazioni bancarie, Milano, 1993; ALPA, La "trasaprenza" del contratto nel settore bancario, finanziario e assicurativo, in Giur. it., 1992, IV, 409; FERRO LUZZI, CASTALDI, La nuova legge bancaria, il t.u. delle leggi sulla intermediazione bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione, 1788 ss.; PELLEGRINI, Controversie in materia bancaria e finanziaria, Padova, 2007, 3; PICCININI, I rapporti tra banca e clientela, cit., 24.
19) In argomento CAPOBIANCO, Contrattazione bancaria e tutela dei consumatori, Napoli, 2000, 36;
20) In questi termini BLANDINI, Il codice del consumo e i servizi finanziari: riflessioni sulla posizione del consumatore, in Riv.dir.priv., 2007, I, 19. Sul punto v. anche BESSONE, Servizi di investimento e disciplina del contratto. Il principio di separazione patrimoniale, "sana e prudente" gestione del portafoglio, conflitto di interessi, in Giur. mer., 2002, 1411, ove si osserva che a tutela degli investitori-risparmiatori operano anche le normative di disciplina generale del contratto pensate secondo una più generale ratio legis di protezione dei contraenti in posizione negoziale inevitabilmente debole. Anche a tutela dell'investitore, osserva l'A., in questo senso rilevano le normativa sui contratti del consumatore poste a generale protezione di chi conclude contratti con un professionista non essendo a sua volta operatore professionale.
21) Sul significato di tale collocazione disciplinare cfr. CAPRIGLIONE, Intermediari finanziari investitori mercati. Il recepimento della MiFID. Profili sistematici, Padova, 2008, 169 ss.
22) Consiglio di Stato, Adunanza della Sezione Prima 3 dicembre 2008, n. 3999/2008, in www.personaedanno.it.
23) I giudici amministrativi riconoscono che l'Agcm agisce per la tutela della concorrenza nel mercato in generale e per il contrasto delle pratiche commerciali sleali o scorrette, anch'esse riferite alla concorrenzialità del mercato generale: perciò il beneficiario tipico dei suoi interventi è il "consumatore". La Consob agisce invece per la tutela degli investitori e della efficienza, della trasparenza e dello sviluppo del mercato mobiliare: perciò il beneficiario tipico è l'"investitore".
Sul rapporto tra Agcm e Consob cfr. CALABRÒ, Autorità garante della concorrenza e del mercato e i suoi rapporti con le autorità di vigilanza, in AA.VV., Tutela del risparmio, authorities, governo societario, Milano, 2008, 87 ss.
24) In generale sull'enforcement delle attività di vigilanza ed in particolare della Consob, cfr. STELLA, L'enforcement nei mercati finanziari, Milano, 2008, 59 ss.;
25) Così M. BARCELLONA, Mercato mobiliare...,op. cit., 133 ss.; CLARICH-CAMILLI, L'evoluzione del controllo dei rischi finanziari - Le competenze della Banca d'Italia e della Consob, in I nuovi equilibri mondiali: imprese, banche, risparmiatori, Milano, 2009, 131 ss.; RABITTI BEDOGNI, Le nuove funzioni e i nuovi poteri di vigilanza della Consob, in Tutela del risparmio, authorities, governo societario, Milano, 2008, 36
26) BENEDETTI, La formazione del contratto e l'inizio di esecuzione: dal codice civile ai principi di diritto europeo dei contratti, in AA.VV., Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, IV, Milano, 2005, 4270.
27) Infatti, sarebbe vano ricercare, nel modello di obbligazione configurato nel libro IV, indici chiari dell'attribuzione ad una delle parti del rapporto di una posizione differenziata in relazione alla peculiare qualità soggettiva rivestita. Per un approfondimento si rinvia a M. BARCELLONA, I soggetti e le norme, Milano, 1984; DI MAJO, I cinquant'anni del libro delle obbligazioni, in Riv.crit.dir.priv., 1992, 161 ss. Sul punto v. anche F. GRECO, Profili del contratto, cit., del consumatore, Napoli, 2005, 126 ss., il quale rileva che "un'eccezione parrebbe essere rappresentata dall'art. 1435 c.c. che dà rilievo alla condizione delle persone, ma è la classica eccezione che conferma la regola. Ogni assimilazione, poi, tra "condizione" soggettiva che trovasi incarnata nelle qualità del consumatore e professionista e quella delle persone su cui è esercitata violenza sembra implicare una forzatura, giacché esse operano su piani non coincidenti. Vero è che il riferimento alla condizione delle persone di cui all'art. 1425 c.c. offre la possibilità di tenere conto di ogni e qualsiasi circostanza idonea a rendere più grave un male, o più impressionante una minaccia, nei confronti di una determinata vittima; ma la considerazione di questo dato non può indurre a mutare la conclusione raggiunta".
28) Cfr. per tutti KLESTA DOSI, Lo status del consumatore: prospettive di diritto comparato, in Riv. dir. civ., 1997, 667; ALPA, Status e capacità - la costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari, 1993, 43.
29) GATT, Art. 1469-bis comma 2- Ambito soggettivo di applicazione della disciplina. Il consumatore ed il professionista, in Nuove leggi civ.comm., 1997.
30) Cfr., per tutti, ROPPO, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico, cit., 267 ss., il quale proprio dalla regolamentazione introdotta con la Mifid che, alla disciplina protettiva standard, applicabile in generale a qualsiasi "cliente", affianca discipline differenziate, in relazione a diverse tipologie di clienti: discipline meno protettive (basate su uno standard meno rigoroso e stringente) per le "controparti qualificate" e per i "clienti professionali"; discipline più protettive (basate su uno standard più rigoroso e stringente) per i "clienti al dettaglio", inferisce che ciò non significa riflusso nel modello del "consumatore". Per l'A. siamo sempre nella logica di protezione del "cliente": semplicemente, il legislatore ha voluto graduare il livello della protezione, in relazione al grado di asimmetria con l'impresa di investimento, che può variare da tipo di cliente a tipo di cliente. E perfino il cliente caratterizzato dal massimo grado di asimmetria, e per questo beneficiario del massimo livello di protezione - il "cliente al dettaglio" -, non si identifica con il "consumatore": cliente al dettaglio è qualsiasi cliente che non sia un "cliente professionale"; può essere tale, pertanto, anche una persona giuridica; e anche un soggetto che operi nel quadro della propria attività imprenditoriale o professionale.
31) Cfr. DI SABATO, Contratti dei consumatori, contratti d'impresa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, 665. Per un approfondimento v., tra gli altri, CALVO, La tutela del consumatore alla luce del principio di eguaglianza sostanziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 869.
Per alcuni autori, cfr. ad es., BIGLIAZZI GERI, Art. 1469-bis, in BIANCA-BUSNELLI (a cura di), Commentario al capo XIV del codice civile, cit., 84, non ci si dovrebbe fermare al dato formale, ma si dovrebbe mettere in evidenza la centralità di un criterio sostanziale, quello della debolezza, idoneo a determinare la posizione dell'aderente all'interno di contratti unilateralmente predisposti.
32) FERRI, La cultura del contratto e le strutture del mercato, in Diritto Privato Europeo e categorie civilistiche, (a cura di) LIPARI, Napoli, 1998, 167. Ma in argomento cfr. anche IRTI, L'ordine giuridico del mercato, cit., 49 ss., il quale sottolinea che su una negoziazione non si costruisce uno status.
33) Cfr. GORGONI, Regole generali e regole speciali, cit., 221, per la quale la condizione di strutturale inferiorità del consumatore proprio perché fondata su una presunzione legislativa tipizzante non basta e deve essere integrata dalla c.d. dimensione situazionale, cioè dal riferimento alla situazione specifica in cui l'agente viene a trovarsi di volta in volta.
Per M. V. DE GIORGI, Principi, cit., 652, "la figura del consumatore si sta rivelando sempre più socio-culturalemnte inafferrabile ed esteticamente squallida ... il consumatore è anonimo, non ha volto ...è debole per definzione a prescindere dalle sue condizioni economiche; non vuole faticare, è passivo, semplice, a volte ingenuo, disinformato anche se sommerso da voluminosi libretti di istruzioni".
34) Sul punto v. F. GRECO, Tutela dei risparmiatori e responsabilità del promotore finanziario, del soggetto abilitato e della Consob, in Resp. civ. prev., 2005, 4-5, 990.
35) CALVO, Il risparmiatore informato tra poteri forti e tutele deboli, in Banche, consumatori e tutela del risparmio, a cura di AMBROSINI-DEMARCHI, Milano, 2009, 54.
36) SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari. finanziari. Disciplina e forme di tutela, Milano, 2004, 203.
37) Trib. Palermo, 15 marzo 2005, in Foro it., 2005, I, 1, 2539
38) CARRIERO, MiFID, attività assicurativa, autorità di vigilanza, in Diritto della banca e del merc. fin., 3, 2008, I, 431.
V., nella dottrina francese, LEROYER, L'investisseur...un consommateure pas comme les autres, Droit & Patrimoine, 2006, 106 ss. per cui on ne spécule pas sur le marchés financiers comme on fait ses corse dans un supermarché.
39) Così COSTI, Informazione e contratto nel mercato finanziario, cit., 720.
40) PIAZZA, La responsabilità della banca per acquisizione e collocamento di prodotti finanziari "inadeguati" al profilo del risparmiatore, in Corr. giur., 2005, 1028.
41) Per PIAZZA, op.cit., 1028, "quanto più modesta è la consistenza economica del risparmiatore tanto più elevata è la probabilità che egli affidi all'investimento mobiliare il proprio gruzzolo non potendo accedere, come forma di risparmio alternativo, al mercato degli immobili, specie oggi attesi gli elevati valori di scambio. Qui non si tratta, come nel caso del semplice consumatore, di subire ingiusti squilibri contrattuali, bensì di subire la perdita di tutto o buona parte del proprio patrimonio e quindi compromettere la stessa complessiva qualità della vita". Nello stesso senso anche GAGLIARDI, Il contratto di assicurazione. Spunti di atipicità ed evoluzione del tipo, Torino, 2009, 135.





















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