I fondi sovrani e la nuova "golden share" italiana
Pubblicato il 13/09/12 02:00 [Articolo 595]






Introduzione - I fondi sovrani: alla ricerca di una definizione - I fondi sovrani: motivazioni politiche nelle scelte di investimento ? - Le diverse posizioni circa la regolamentazione dei fondi sovrani - La situazione italiana prima della legge n. 56 del 2012 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 1 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 2 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3 - La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3bis - Conclusioni.


Introduzione.
La recente legge n. 56 dell'11.05.2012 1, costituisce la conversione, con alcune modifiche, del decreto del 15.03.2012 circa le norme in materia di poteri speciali dello Stato nei settori della difesa e della sicurezza nazionale nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
L'intervento legislativo apparentemente riforma la cosiddetta golden share2 ma, in realtà, può vantare un respiro ben più ampio della mera rivisitazione ditale istituto, è infatti la prima legislazione nazionale volta a tutelare gli assets strategici nei confronti di potenziali acquirenti stranieri, tra i quali spiccano per disponibilità finanziarie i fondi sovrani.
La legge oggetto delle presenti note viene promulgata in un momento economico particolarmente difficile, caratterizzato, come ormai tristemente noto, da una incisiva crisi finanziaria e dell'economia reale.
In questo contesto hanno assunto un notevole rilievo i così detti fondi sovrani (Sovereign Wealth Funds) 3. L'espressione fondi sovrani, in prima approssimazione, designa una variegata gamma di soggetti accomunati dall'essere di proprietà pubblica e dall'effettuare investimenti a medio e lungo termine.
I fondi sovrani possono perseguire fini diversi, talora anche congiuntamente, quali ad esempio la stabilizzazione dei flussi generati dall'esportazione di materie prime, l'accantonamento di risorse a favore delle generazioni future od il supporto allo sviluppo della propria nazione.
Questi soggetti finanziari non costituiscono una novità assoluta nel quadro economico dato essi erano presenti già negli anni '504 ma due elementi hanno significativamente mutato la situazione, sollecitando l'attenzione al fenomeno anche da parte dei mass-media 5.
In primo luogo la crescita dimensionale degli attivi gestiti dai fondi sovrani. A causa delle risorse rivenienti dal surplus commerciale di alcuni paesi, così come dell'esportazione di materie prime, l'attivo dei fondi sovrani viene stimato, nel 2011, in 4,6 miliardi di dollari Usa, pari a circa il 6% del PIL mondiale (in aumento rispetto alla pur ragguardevole somma di € 2 miliardi di dollari Usa gestita nel 2007) 6.
Un ulteriore aspetto di novità è dato dalla diversa politica di investimento posta in essere rispetto al passato. Tradizionalmente i fondi sovrani esprimevano politiche di investimento passive, assai prudenti, secondo logiche vicine a quelle delle banche centrali; essi preferivano quindi attivi molto liquidi e poco rischiosi, principalmente titoli di stato. L'asset management è ora mutato esprimendo una maggiore propensione al rischio volta al conseguimento di rendimenti più elevati 7.
A questi due rilievi va sommata la assai scarsa trasparenza che caratterizza i fondi sovrani, molti dei quali limitano l'informativa ai terzi ad uno scarno sito internet e non rendono pubblici né i bilanci né i dati circa gli investimenti 8. Questo aspetto, come vedremo, ha contribuito notevolmente ad accrescere i dubbi circa i fondi sovrani ed una maggiore trasparenza viene sollecitata da tutte le organizzazioni internazionali.
Le perplessità in ordine alle logiche che reggono le scelte di investimento, aspetto che tratteremo brevemente in seguito, unitamente all'ampia disponibilità di mezzi finanziari inducono a chiedersi quale debba essere il rapporto tra gli stati ove i fondi sovrani investono (recipient states) ed i fondi sovrani stessi.
A fronte infatti della opportunità di poter beneficiare dei mezzi finanziari che i fondi sovrani possono mettere a disposizione, vi sono i timori legati alla minaccia alla propria sicurezza nazionale, latamente intesa, che le acquisizioni dei fondi stessi potrebbero concretizzare. In altri termini si pone la necessità di trovare un punto di equilibrio tra la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti stranieri e la tutela delle proprie imprese strategiche, coniugando l'apporto di mezzi finanziari con una normativa che eviti un cherry picking ai danni dello Stato ospite 9.

I fondi sovrani: alla ricerca di una definizione.
In via preliminare all'analisi dei diversi profili di interesse è necessario comprendere cosa si intenda con l'espressione fondi sovrani.
Rozanov 10 descrive, ancorché non ne detti una espressa definizione, dei soggetti finanziari caratterizzati da alcuni aspetti comuni.
In primo luogo i fondi sovrani fanno capo ai rispettivi governi ed operano sotto la loro supervisione ma da tale categoria, secondo Rozanov, vanno escluse le riserve delle banche centrali ed i fondi pensione pubblici 11.
La seconda caratteristica comune è costituita dalla modalità di funding dei fondi sovrani. Ad essi vengono infatti trasferite parte delle riserve valutarie in eccesso sia che provengano dall'esportazione di materie prime (commodity funds) 12, dall'avanzo di partite correnti (non-commodity funds), oppure dal conseguimento di surplus fiscali.
L'ultima caratteristica comune è data dalle finalità perseguite dai fondi sovrani che possono essere volti ad effettuare investimenti al fine di minimizzare, rispetto ai bilanci pubblici, l'eccessiva volatilità delle entrate (fondi di stabilizzazione), a conservare la ricchezza per le generazioni future (fondi di risparmio), oppure a sostenere finanziariamente progetti economico-sociali (fondi di sviluppo).
Il medesimo Autore evidenzia come la finalità perseguita dal fondo sovrano si rifletta sulla gestione finanziaria con un atteggiamento maggiormente aggressivo nei fondi a risparmio, che godono di un orizzonte temporale assai lungo, ed una condotta più prudente da parte dei fondi di stabilizzazione 13.
Appare chiaro, sin da una prima superficiale lettura, che la categoria dei fondi sovrani sia potenzialmente assai ampia e possa raccogliere soggetti assai diversi tra loro, ponendo quindi agli studiosi un arduo compito di definizione del perimetro della categoria stessa.
Allo stato attuale infatti non vi è una definizione generalmente condivisa di fondo sovrano; in particolar modo risulta assai discusso l'inserimento o meno dei fondi pensione, ma anche dei fondi di stabilizzazione, tra i fondi sovrani.
Confermano quanto affermato le difficoltà nell'ottenere una convincente definizione incontrate dalle organizzazioni internazionali, soggetti di estrema rilevanza dato il carattere tipicamente internazionale delle operazioni dei fondi sovrani L'Organization of Economic Development (OECD), nel 2007 14, ha definito i fondi sovrani quali veicoli di investimento governativi, le cui risorse finanziarie derivano da attività in valuta estera 15.
L'Internationa Monetary Fund (IMF) 16 definisce i fondi sovrani quali fondi di investimento istituiti dal governo principalmente attraverso il trasferimento di riserve in valuta estera e gestiti mediante l'impiego in attività estere, con un orizzonte temporale di lungo periodo, per raggiungere una varietà di scopi di carattere macroeconomico. La categoria viene quindi suddivisa in cinque diverse tipologie di fondi sulla base delle finalità perseguite: i fondi di stabilizzazione, i fondi di risparmio per le future generazioni, le reserve investment corporation, i fondi di sviluppo, i fondi pensione pubblici.
La Commissione Europea descrive sinteticamente i fondi sovrani quali veicoli di investimento di proprietà statale che gestiscono un portafoglio diversificato di assets finanziari domestici ed internazionali 17.
Un particolare rilievo, a questo proposito, assume la definizione adottata dall'International Working Group (IWG) 18 , organizzazione internazionale costituita da rappresentanti dell'IMF e degli stati proprietari dei principali fondi sovrani 19. Secondo l'IWG, alla luce dei principi da esso espressi, le caratteristiche dei fondo sovrani sono le seguenti: sono fondi o strumenti di investimento di proprietà statale (del Governo centrale o comunque di autorità nazionali); vanno quindi esclusi dalla categoria le riserve valutarie detenute dalle autorità monetarie, gli investimenti realizzati da imprese di proprietà pubblica e i fondi pensione. Gli investimenti sono effettuati all'estero, escludendo quindi i fondi che operano solo all'interno dei propri confini nazionali. Ulteriore caratteristica dei fondi è l'operare con finalità finanziarie di medio/lungo periodo.
Questa ultima definizione è di particolare interesse in quanto l'IWG, nel 2008, ha diffuso una serie di principi (GAPP - Generally Accepted Principles and Practices), detti Santiago Principles, che costituiscono un apporto di particolare importanza nella discussione in corso, data la composizione dell'IWG ed in particolare la presenza di numerosi stati dotati di fondi sovrani.
Va sottolineato che Santiago Principles sono da adottarsi su base volontaria e la loro attuazione è soggetta alla normativa degli stati ospiti.
L'IWG ha esplicitato i fini dei Santiago Principles 20 volti a creare un ambiente favorevole ai fondi sovrani, reputati importanti e positivi attori finanziari, regolando nel contempo l'operatività di questi ultimi in modo da rassicurare gli Stati ove i fondi intendono investire, in particolar modo in ordine alle finalità degli investimenti dei fondi stessi.
I 24 GAPP richiedono infatti ai fondi sovrani l'adozione di alcuni principi per evitare un uso strumentale degli investimenti. In particolar modo, tra i numerosi aspetti, devono assicurare una gestione operativa volta al conseguimento degli interessi del fondo (GAAP 9 21), onde escludere le pressioni politiche sulla gestione, e devono fornire chiarimenti circa le motivazioni degli investimenti non finanziari del fondo (GAPP 19.1 22).
L'articolata serie di posizioni, sopra sinteticamente rappresentata, è stata maturata principalmente dagli studiosi di economia23 mentre l'apporto dei giuristi appare essere numericamente assai modesto.
In particolar modo a livello nazionale va segnalato il contributo di Bassan24 che nel proprio lavoro sottolinea l'importanza di una precisa definizione dei fondi sovrani ai fini di una loro accurata regolamentazione 25.. Egli sottolinea come uno dei timori principali degli Stati che ricevono investimenti da parte dei fondi sovrani sia rappresentato dall'acquisizione, al fine di ottenerne il controllo, di partecipazioni in imprese operanti nei settori strategici.
Coerentemente con la preoccupazione precedentemente espressa Bassan definisce i fondi sovrani come fondi costituiti e gestiti direttamente dallo Stato (o comunque controllati dallo Stato) che adottano molteplici strategie di investimento, tra le quali l'acquisizione di azioni emesse da imprese quotate sui mercati internazionali ed operanti in settori strategici.
Ad avviso di chi scrive la ricerca di una definizione, che consenta di delimitare il perimetro del fenomeno fondi sovrani, pur scientificamente rilevante risulta di assai minore valenza sotto il profilo normativo.
Come vedremo in seguito i limiti posti ai fondi sovrani, con particolare riguardo alla normativa nazionale, prescindono dalla puntuale individuazione dei destinatari ditali vincoli. Al contrario, in particolar modo, stante l'attuale quadro della giurisprudenza comunitaria, ben difficilmente l'individuazione dei fondi sovrani quali oggetto di limitazioni nell'acquisto di quote societarie in Italia avrebbe superato il vaglio della giurisprudenza comunitaria.

I fondi sovrani: motivazioni politiche nelle scelte di investimento?
La natura pubblica dei fondi sovrani ha suscitato perplessità ed allarme, in particolar modo ci si è interrogati circa le logiche che reggono le loro scelte di investimento.
I mass-media ed i politici hanno espresso posizioni assai critiche, palesando la preoccupazione di investimenti ostili da parte dei fondi sovrani 26
Appare evidente il rilievo della problematica in quanto un asset management volto esclusivamente alla massimizzazione del rischio-rendimento, principio che regge le scelte degli operatori finanziari, renderebbe inopportuna e punitiva una tutela da parte dello Stato ospite nei confronti dei fondi sovrani; qualora, al contrario, le scelte dei fondi sovrani fossero dettate da ragioni politiche una normativa per regolamentare il fenomeno sarebbe auspicabile.
L'opacità che caratterizza i fondi sovrani, così come le significative differenze tra i vari fondi, non aiutano certo i ricercatori ed i policy makers nel pervenire ad una risposta univoca alla domanda circa la presenza di motivazioni politiche nelle scelte di investimento.
La letteratura scientifica economica ha cercato di rispondere al quesito ma, allo stato attuale, non si è giunti ad una conclusione unanime.
Una parte degli studiosi di economia 27 propende per una visione in forza della quale tali soggetti operano scelte sulla base di motivazioni economiche.
In tal senso anche un lavoro della OECD 28, condotto su una campione formato da 17 fondi sovrani confrontati con i 25 fondi comuni di investimento di maggior rilievo, che ha concluso che l'asset management dei fondi non differisce rispetto alle scelte, sia a livello geografico che settoriale, operate dai fondi comuni di investimento di grandi dimensioni 29.
Altri autori si pongono su posizioni assai più articolate.
Alcuni 30 affermano infatti che i fondi sovrani tendono ad investire in paesi con culture simili a quella della nazione del fondo sovrano stesso; tale comportamento consentirebbe di ridurre l'asimmetria informativa presente negli investimenti internazionali, aspetto che sarebbe funzionale a motivazioni di tipo politico.
Un altro studio 31 si esprime in termini ancora più critici affermando esplicitamente la rilevanza delle considerazioni di natura politica nell'ambito dell'asset management; aspetto che tende ad assumere maggiore importanza qualora nel consiglio di amministrazione del fondo siano presenti membri politici e la gestione non sia affidata a managers esterni 32. Gli Autori considerano conseguenza ditale situazione una propensione ad investire in una ottica domestica, favorendo imprese con alti price/earnings al momento dell'acquisizione 33.
Risulta inoltre estremamente interessante un articolo recentemente pubblicato 34 che propone una complessa linea interpretativa.
Analizzando un ampio gruppo di 900 acquisizioni operate dai fondi sovrani nel periodo 1984-2009, un campione significativamente più consistente, secondo gli Autori, rispetto ai precedenti studi, si giunge ad una serie di articolate conclusioni.
In primo luogo lo studio afferma che le scelte di investimento dei fondi sovrani sono influenzate da aspetti politici, respingendo esplicitamente la tesi secondo la quale i fondi sovrani sono operatori finanziari interessati alla massimizzazione del rapporto rischio-rendimento 35.
In particolar modo, secondo tale studio, le motivazioni politiche risultano rilevanti nella scelta dello Stato ove investire mentre sono meno determinanti ai fini della quantificazione dell'investimento 36.
Le conclusioni dell'articolo sono di grande interesse anche se gli autori stessi avvertono che la notevole varietà nella tipologia di fondi di investimento rende impossibile definire una risposta unica, valida in tutte le situazioni 37.

Le diverse posizioni circa la regolamentazione dei fondi sovrani.
L'ambiguità circa le reali determinanti nelle scelte di investimento dei fondi sovrani si riflette, in dottrina, sulla problematica in ordine alla necessità o meno di regolamentare l'operato dei fondi sovrani.
Le posizioni assunte dagli studiosi coprono pressoché la totalità delle possibilità anche se ci sembra di poter affermare che risulti prevalente l'opinione secondo la quale vanno posti maggiori limiti rispetto alla situazione attuale, ancorché vengano suggerite modalità diverse.
Ad un estremo si posizionano coloro 38 secondo i quali i rischi che potenzialmente potrebbero porre i fondi sovrani sono già sufficientemente presidiati dall'attuale normativa; alla stessa stregua la possibilità di futuri comportamenti guidati da logiche politiche è mitigata dalla legislazione in essere 39.
Gli Autori peraltro basano le conclusioni raggiunte anche sul comportamento, a loro dire, tenuto dai fondi sovrani sino ad oggi. Nella loro prospettazione i fondi sovrani avrebbero acquistato solo percentuali limitate delle società target inoltre le masse da essi gestite non sarebbero tali da consentire il porre in essere distorsioni del mercato. In sintesi i rischi attribuiti da molti all'operare dei fondi sovrani apparirebbero sovrastimati.
Una ulteriore considerazione espressa dagli Autori a sostegno della congruità della normativa vigente, e quindi contro eventuali interventi restrittivi nei confronti degli investimenti dei fondi sovrani, è dato dal timore che essi comporterebbero lo spostamento dei flussi finanziari in Paesi meno "ostili" rispetto a queste forme di investimento.
Nell'ambito della pubblicistica nazionale tale linea di pensiero trova sostenitori in chi 40 afferma che in assenza di fallimenti del mercato o distorsioni, che egli non ravvisa, un intervento legislativo sarebbe inutile 41. Altri 42 considerano opportuno attendere, ai fini di una regolamentazione definitiva del fenomeno, la conclusione dell'attuale crisi economica affinché si possano evitare posizioni eccessivamente protezionistiche, dettate dalla situazione emergenziale.
La rilevanza economica dei fondi sovrani e l'opacità del loro operare ha indotto numerosi autori a sostenere la necessità di un approccio normativo maggiormente incisivo rispetto al fenomeno in oggetto senza peraltro che vi sia una visione condivisa circa i principi che dovrebbero reggere tale regolamentazione.
La parte maggioritaria degli studiosi considera opportuno un intervento a livello multilaterale, che consenta di contemperare le esigenze di sicurezza dei paesi recipient con la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti dei fondi sovrani.
In particolar modo si reputa che i principi di Santiago possano essere il punto di partenza 43 per un maggiore controllo sull'operato dei fondi sovrani auspicando quindi che l'IMF possa promuovere l'adesione al codice di condotta da parte del maggior numero possibile dei fondi sovrani, migliorando l'accountability e la trasparenza dei singoli fondi 44. In tale visione l'OCSE, che non ha eretto nuove barriere agli investimenti dei fondi sovrani, dovrebbe contribuire alla eliminazione del protezionismo che intralcia le transazioni cross-border 45.
Bassan 46 condivide l'idea che i principi di Santiago siano il punto di partenza per formulare una disciplina complessiva dei fondi sovrani e propone alcune soluzioni "per trasformare l'attuale codice di condotta, caratterizzato da una partecipazione volontaria, in un deterrente efficace per i fondi sovrani e una garanzia effettiva per gli stati ospiti 47".
In primo luogo ritiene che le best practices possano essere utilizzate come strumento di riconoscimento dell'attività dei fondi sovrani da parte degli host states, in modo che eventuali misure restrittive adottate dai singoli Paesi possano essere intraprese solo nei confronti di quei fondi che non aderiscono alle linee guida. Per assicurare il rispetto delle best practices individuate si ipotizza la presenza di un organismo di supervisione con carattere di terziarietà 48.
Secondo il medesimo Autore, le linee guida dettate dai Santiago Principles potrebbero inoltre, essere utilizzate come parametro di riferimento nei trattati bilaterali 49.
Non si può peraltro sottacere che i Santiago Principles sono stati oggetto di critiche da parte di chi 50 ne evidenzia la limitata utilità stante la natura volontaria dell'adesione a tali principi; la stessa scelta di operare attraverso dei principi generali, non di un codice o di regole, appare espressione di una limitata valenza coercitiva nei confronti dei fondi sovrani e della volontà di questi ultimi di non vedere eccessivamente vincolato il proprio operare.
A livello comunitario sono pressoché assenti le prese di posizione circa la materia. In dettaglio si ricorda solo il documento "A common European approach to Sovereign Wealth Funds", approvato dal Consiglio Europeo il 13-14 marzo 2008. Il documento evidenzia l'opportunità di una risposta comune per assicurare un maggiore peso all'Europa, per mantenere il mercato dei capitali ben funzionante nell'Unione Europea ed infine per facilitare gli investimenti stranieri in Europa 51.
In dettaglio le proposte del documento riguardano due aspetti reputati chiave per creare fiducia nei confronti dei fondi sovrani 52; in primo luogo la chiarezza e la trasparenza nella governance dei fondi; inoltre, quale secondo aspetto, una maggiore trasparenza circa le attività e gli investimenti dei fondi stessi.
Le proposte sopra sinteticamente descritte si pongono a livello internazionale e soffrono di chiari limiti in ordine alla loro effettiva capacità di limitare l'azione dei fondi sovrani.
In considerazione della natura giuridica dei fondi, della loro dimensione internazionale, della difficoltà di un vero enformcement nei loro confronti, risulta necessario valutare una diversa linea di pensiero assertrice della maggiore efficacia di un intervento a livello nazionale.
In questo senso la posizione di chi 53 ritiene sia preferibile, rispetto ad un insieme di norme che incidono direttamente sui veicoli di investimento governativi, un approccio indiretto che consentirebbe alle autorità di vigilanza di concentrare l'attenzione sulle transazioni effettuate dai fondi sovrani, relativamente ai soggetti sottoposti a regolamentazione e vigilanza delle loro attività, quali ad esempio gli intermediari finanziari ed i mercati regolamentati 54.
Alla medesima stregua, ed estremizzando la posizione, alcuni 55 reputano che le azioni emesse da una qualsiasi impresa ed acquistate da un fondo sovrano dovrebbero vedere sospeso temporaneamente il loro diritto di voto, sino alla cessione ad un soggetto che non faccia capo, direttamente o meno, ad un governo straniero; ciò in particolar modo per far fronte al dell'acquisto di partecipazioni significative, ma non di controllo, in imprese nazionali da parte dei fondi sovrani.
Secondo questi ultimi Autori la sospensione del diritto di voto opererebbe quale disincentivo per i fondi sovrani che non siano guidati da valutazioni di tipo esclusivamente finanziario; al contrario la sospensione non risulterebbe penalizzante per i fondi sovrani volti solo alla massimizzazione del binomio rischio-rendimento 56.
Una misura così afflittiva si giustifica peraltro solo nell'ambito di una visione secondo la quale i fondi sovrani rappresentano uno strumento nel confronto tra due diverse visioni del capitalismo, il capitalismo di mercato ed il capitalismo di Stato 57.
Al fine di conseguire i medesimi risultati è stata inoltre ipotizzata la possibilità di consentire l'operatività dei fondi sovrani solo attraverso indici (S&P 500, Dow Jones ecc.) evitando così la possibilità che i fondi sovrani possano influenzare la gestione delle società target 58.

La situazione italiana prima della legge n. 56 del 2012.
La legislazione italiana, prima della legge n. 56 del 2012, non prevedeva alcuna normativa specificatamente volta alla tutela della proprietà nazionale di assets reputati strategici per la nostra economia; è quindi lecito chiedersi quali siano gli strumenti a disposizione del Governo a tal fine, soprattutto a fronte di soggetti stranieri muniti di rilevanti disponibilità finanziarie quali i fondi sovrani, dopo l'approvazione della legge che qui si commenta.
Si può certamente ipotizzare l'utilizzo, a questo fine, di norme concepite per scopi del tutto diversi, pensiamo ad esempio alle disposizioni in tema di partecipazione nelle imprese bancarie59, ma si tratterebbe di una forzatura con palesi limitazioni in ordine al conseguimento della tutela di cui sopra.
La legge n. 56 del 2012 si inserisce nell'ambito dell'istituto della golden share, introdotto nel nostro ordinamento giuridico con l'avvio del processo di privatizzazione delle imprese pubbliche posto in essere a partire dagli anni '90.
La vicenda normativa della golden share in Italia prende l'avvio con la legge 30 luglio 1994 n. 474 60, conversione del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, che trova la propria ratio nella volontà del governo di mantenere la possibilità di intervenire nella vita delle società in corso, all'epoca, di privatizzazione.
L'attenzione del legislatore e dei commentatori dell'epoca si è focalizzata su diversi aspetti ma va sottolineato come la logica dell'intervento legislativo non contemplava la problematica della tutela delle imprese nazionali a fronte degli investimenti da parte di soggetti stranieri 61.
Ai sensi dell'art 2 della legge n. 474 del 1994 venivano attribuiti alcuni poteri speciali al Ministro dell'economia e delle finanze, da esercitarsi d'intesa con il Ministro delle attività produttive, rispetto alle società controllate, direttamente o indirettamente dallo Stato, operanti nel settore della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e degli altri pubblici servizi.
Le società oggetto ditali poteri speciali erano da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e finanze, di intesa con il Ministro delle attività produttive, nonché con i Ministri competenti per settore, previa comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari 62.
Si evince quindi come l'ambito di operatività della golden share si limiti alla società, operanti in alcuni specifici settori, controllate dallo Stato e solo ad esse; sotto questo aspetto, come si vedrà, la legge n. 56 del 2012 segue un approccio assai diverso.
La peculiarità della normativa nazionale circa la golden share era data dal fatto che i poteri speciali erano previsti in una clausola da inserirsi, con deliberazione dell'assemblea straordinaria, nello statuto della società prima di ogni atto che determinasse la perdita del controllo della società stessa da parte della mano pubblica. Conseguentemente i poteri speciali potevano configurarsi pur a fronte di una privatizzazione totale, quindi in assenza di una golden share intesa come azione di proprietà pubblica 63.
La legge n. 488 del 1999 64 ha limitato la previsione dei poteri speciali esclusivamente a rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione 65.
I poteri speciali specificatamente indicati dalla norma, così come riscritta dalla legge n. 350 del 24.12.2003 66 nel tentativo di renderla maggiormente rispondente ai principi dettati dalla giurisprudenza comunitaria 67, sono i seguenti:
a) opposizione all'assunzione 68, da parte dei soggetti nei confronti dei quali opera il limite al possesso azionario di partecipazioni rilevanti, per tali intendendosi quelle che rappresentano almeno la ventesima parte del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nelle assemblee ordinarie o la percentuale minore fissata dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto qualora il Ministro ritenga che l'operazione rechi pregiudizio agli interessi vitali dello Stato.
b) opposizione alla conclusione di patti o accordi di cui all'articolo 122 del d. lgs. n. 58 del 1998 (T.U.F. - Testo Unico della Finanza) nel caso in cui vi sia rappresentata almeno la ventesima parte del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria, o la percentuale minore fissata dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto, in relazione al concreto pregiudizio arrecato dai suddetti accordi o patti agli interessi vitali dello Stato.
c) Veto, debitamente motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato, all'adozione delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto sociale, di modifica dello statuto che sopprimono o modificano i poteri speciali.
d) Nomina di un amministratore senza diritto di voto.
Nel tentativo inoltre di rendere meno discrezionali i criteri di applicazione dei poteri speciali il DPCM del 10 giugno 2004 69 ha precisato che i primi tre poteri speciali di cui alla legge n. 474 dl 1994 possono essere esercitati in relazione al verificarsi delle seguenti circostanze:
a) grave ed effettivo pericolo di una carenza di approvvigionamento nazionale minimo di prodotti petroliferi ed energetici, nonché di erogazione dei servizi connessi e conseguenti e, in generale, di materie prime e di beni essenziali alla collettività, nonché di un livello minimo di servizi di telecomunicazione e di trasporto;
b) grave ed effettivo pericolo in merito alla continuità di svolgimento degli obblighi verso la collettività nell'ambito dell'esercizio di un servizio pubblico, nonché al perseguimento della missione affidata alla società nel campo delle finalità di interesse pubblico;
c) grave ed effettivo pericolo per la sicurezza degli impianti e delle reti nei servizi pubblici essenziali;
d) grave ed effettivo pericolo per la difesa nazionale, la sicurezza militare, l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica;
e) emergenze sanitarie.
In estrema sintesi la normativa nazionale in tema di poteri speciali descrive un sistema sostanzialmente rivolto a tutelare le società, già pubbliche, operanti in alcuni specifici settori nei confronti delle quali i poteri speciali sono attivabili solo in specifiche circostanze 70.
La legislazione italiana circa la golden share va però analizzata attraverso l'esame della giurisprudenza comunitaria che, nelle varie declinazioni nazionali dell'istituto, è stato assai severo.
Il testo della legge n. 474 del 1994 è stato oggetto di una prima decisione della Corte di Giustizia (C-58/99 del 23 maggio 2000) 71 che ne ha sancito la contrarietà al Trattato CE per il mancato rispetto del diritto di stabilimento (art. 43 ora art. 49 Trattato sul funzionamento dell'UE - TFUE) e della libera circolazione dei capitali (art. 56 ora art. 63 TFUE), oltre che della libera prestazione di servizi (art. 49 ora art. 56 TFUE). La censura si fondava principalmente sull'argomentazione secondo la quale i poteri speciali non possono essere basati su generici "obiettivi nazionali di politica economica e industriale".
Nonostante le modifiche apportate attraverso la legge n. 488 del 1999 e dal DPCM 11 febbraio 2000 la Commissione prospettò una nuova procedura di infrazione che comportò l'ulteriore estesa revisione del testo normativo da parte della legge n. 350 del 2003, unitamente all'emanazione del DPCM 10 giugno 2004.
Questa ultima versione dei poteri speciali è stata comunque oggetto di rilievi da parta della Commissione Europea e quindi della sentenza 26 marzo 2009 (causa C-326/07) della Corte di Giustizia.
Pur a fronte delle modifiche apportate e del DPCM del 2004 la Corte di Giustizia ha statuito la contrarietà dei poteri speciali rispetto all'art. 43 e all'art. 56 Trattato CE.
In dettaglio i poteri relativi all'opposizione all'assunzione da parte di investitori di partecipazioni rilevanti o alla conclusione di patti o accordi tra azionisti (art. 2, comma 1, lett. a) e b) del D.L. n. 332 del 1994) secondo la Corte violano gli articoli 43 e 56.
La Corte ha ripetutamente affermato che la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali giustificati dalle ragioni di cui all'art. 58 CE nonché da ragioni imperative di interesse generale purché, in questo ultimo caso, le misure poste in essere non siano discriminatorie e risultino proporzionali, nel senso che siano in grado di conseguire lo scopo e non eccedano quanto necessario per il conseguimento dello scopo stesso.
Nel caso di specie, con riferimento all'art. 56, la Corte sostiene che i criteri dettati dal DPCM del 2004 siano "formulati in modo generico ed impreciso". La Corte afferma inoltre che l'assenza di un nesso tra i criteri del DPCM e i poteri speciali ne accentua l'incertezza in ordine alle circostanze in cui i medesimi possono essere esercitati; l'assenza ditale nesso rende, secondo la Corte, discrezionali i poteri con la conseguente mancanza di proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti.
Posto che le partecipazioni che conferiscono ai loro detentori il potere di esercitare una sicura influenza sulla gestione delle società nonché di indirizzarne le attività e possono dunque limitare la libertà di stabilimento (all'art. 43), per le medesime ragioni sopra esposte la Corte afferma i criteri di cui al DCPM conferiscono alle autorità italiane un potere discrezionale sproporzionato nell'esercizio dei poteri di opposizione.
Circa il potere di veto (art. 2, comma 1, lett. c) del D.L. n. 332 del 1994), esso è soggetto allo scrutinio relativo al solo art. 43. La Corte afferma che "le situazioni che consentono di esercitare il potere di veto sono potenzialmente numerose, indeterminate e indeterminabili e che esse lasciano alle autorità italiane un ampio potere discrezionale".
In conclusione secondo la Corte di Giustizia i poteri speciali violano gli art. 56 e 43, anche nella versione rivista in base alla legge n. 350 del 2003 ed in presenza dei criteri di cui al DPCM del 2004, soprattutto in quanto il testo della norma lascia eccessivi margini di discrezionalità alla pubblica autorità.
La dottrina nazionale ha accolto con notevole interesse la sentenza 72 peraltro sollevando numerose critiche.
Tra gli aspetti meno convincenti della decisione ne ricordiamo in particolare due.
E' stato osservato che il rilievo attribuito alla affermata violazione del principio della circolazione dei capitali, anziché alla libertà di stabilimento, risulterebbe erroneo e strumentale ad una più semplice prova della illeggittimità della normativa nazionale 73.
La discrezionalità attribuita, secondo la sentenza, al governo italiano inoltre è parsa ai commentatori ben delimitata dai principi dettati dal DPCM né apparirebbe possibile scendere ad un maggiore dettaglio senza accedere ad una scelta casistica con il conseguente rischio di non includere situazioni gravide di rischi 74.
La sentenza 326/07, già brevemente descritta, si inserisce nel solco di una giurisprudenza comunitaria che mostra un atteggiamento assai critico nei confronti della golden share in tutti i casi sottoposti al suo vaglio 75.
Sono state infatti reputate contrarie agli articoli 56 e 43 le normative nazionali portoghesi 76, francese 77, spagnola 78, inglese 79 ed olandese 80.
La Corte di Giustizia ha favorevolmente valutato, in tema di golden share, solo la normativa belga con una sentenza che trova chiari echi nella nuova disciplina nazionale 81.
La dottrina 82 ha quindi cercato di enucleare le caratteristiche della golden share rispettosa dei principi comunitari giungendo alla conclusione che essa deve prevedere un controllo successivo, basato su criteri oggettivi e precisi, deve rispondere a criteri di interesse generale, non discriminare in ragione della nazionalità, rispettare il principio di proporzionalità e deve essere soggetta al controllo giurisdizionale.
La giurisprudenza comunitaria quindi, pur non vietando la golden share, pone limitazioni assai severe il cui rispetto non è agevole ed inoltre non è certo sino al vaglio della Corte di Giustizia.
La diffidenza della Corte di Giustizia circa i poteri pubblici nelle società privatizzate, intesi quali forma di limitazione alla circolazione di capitali, si palesa peraltro anche nelle sentenze relative a temi vicini a quello della golden share; in dettaglio si fa riferimento alla sentenza Volkswagen 83 ed alla sentenza Federconsumatori 84.
Conclusivamente si può affermare che il palese sfavore espresso dalla giurisprudenza comunitaria, estremamente attenta alla creazione di un mercato comune caratterizzato dalla libera circolazione dei capitali 85, rischia di indurre i governi ad evitare le privatizzazioni 86 delle società ed inoltre, con specifico riferimento al tema oggetto del presente scritto, espone assets strategici all'acquisizione da parte di soggetti terzi 87, segnatamente da parte dei fondi sovrani.

La legge n. 56 del 11 maggio 2012.
La legge n. 56 del 2012, conversione con modifiche del D.L. n. 21 del 2012, coglie l'occasione costituita dalla procedura di infrazione avviata nei confronti dell'Italia 88 per rivedere profondamente la disciplina della golden share.
La novella è un provvedimento costituito da soli sei articoli 89 , talora ripetitivi, inclusivi delle previsioni in materia di copertura finanziaria e di abrogazione della legislazione esistente.
Sin da un primo approccio si rileva come venga ampliato l'ambito di applicazione dei poteri speciali.
La legge n. 474 del 1994 faceva riferimento alle società privatizzate operanti nel settore della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, e degli altri pubblici servizi.
Al contrario la novella ha riguardo a tutte le imprese ritenute strategiche operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale (art. 1) e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (art. 2) 90.
Viene quindi meno qualsiasi riferimento alla proprietà pubblica, riferimento peraltro già esile nella precedente normativa che si limitava a richiedere una previa proprietà pubblica, proprio in quanto concepita in relazione al fenomeno delle privatizzazioni.
La nuova legge si incentra invece su un concetto di strategicità, riferendosi alle "attività di rilevanza strategica" 91, all'art. 1, ed alle "reti ed impianti ....,
i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale", all'art. 2; senza avere nulla a che vedere con la proprietà, sia essa pubblica o privata.
La norma non fornisce una definizione della strategicità ma rinvia ai decreti del Presidente del Consiglio, ai sensi dell'art. 1 92, ed ai regolamenti ex legge n. 400 del 1988, ai sensi dell'art. 2, per l'individuazione di quanto tutelato dalla norma.
In questo senso il testo legislativo apparentemente consentirebbe una certa flessibilità al Governo ma l'ispirazione dell'intero provvedimento, palesemente legato agli approdi della giurisprudenza comunitaria, fa ritenere che le elencazioni debbano essere restrittive.
Il punto di riferimento per i decreti ed i regolamenti di cui sopra devono infatti essere gli interessi tutelati; solo la minaccia di un grave pregiudizio per "gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale" (art. 1) o "per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti" consente l'esercizio dei poteri speciali. Ne consegue che i provvedimenti attuativi ben difficilmente si giustificherebbero qualora quanto da loro indicato non fosse funzionale agli interessi che la norma intende tutelare.
Appare di non semplice leggibilità l'espressione "attività" di cui all'art. 1, così come gli "attivi" nella rubrica dell'art. 2. Ad avviso di chi scrive tali lemmi riecheggiano chiaramente l'espressione anglosassone, di natura prettamente economica, "assets" con la quale si definiscono genericamente degli attivi aziendali 93.
Oltre alla più ampia latitudine della legge, rispetto alla situazione precedente, emerge sin da una superficiale lettura la curiosa struttura della legge stessa.
I primi due articoli, che di fatto costituiscono la parte essenziale del corpo normativo, sono dedicati il primo al settore della difesa e della sicurezza nazionale ed il secondo ai settore dell'energia, delle comunicazioni e dei trasporti.
I testi sono ripetitivi, il che rende la lettura poco agevole, ma presentano delle differenze in forza delle quali si può ipotizzare la volontà del legislatore di assicurare uno stringente controllo nel settore della difesa 94 mentre per quanto concerne l'art. 2 l'utilizzo dei poteri speciali appare essere assai più vincolato, sia nei presupposti che nelle modalità di esercizio in una logica di attento rispetto della giurisprudenza comunitaria.
Una ulteriore riflessione concerne il grado di maggiore sofisticazione legislativa ed operativa della novella rispetto alla precedente situazione. I presupposti per l'esercizio dei poteri speciali, così come la possibilità di porre specifiche condizioni in sede di acquisto di partecipazioni da parte di terzi, necessitano di una analisi, di natura soprattutto economica, di elevata complessità; la medesima necessità si presenta in sede di monitoraggio circa il rispetto delle condizioni poste dal Governo. In conseguenza di quanto sopra la Pubblica Amministrazione dovrà poter disporre di una capacità analitica di ottimo livello anche in considerazione dei brevi termini concessi dalla legge per l'esercizio dei poteri speciali 95.

La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 1.
L'art. 1 nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, qualora sussista la minaccia 96 di un grave pregiudizio agli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, attribuisce i seguenti poteri speciali al governo:
a) imporre specifiche condizioni relative alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici e al controllo delle esportazioni nei confronti di chiunque acquisti una partecipazione in imprese strategiche.
0) Il potere di veto rispetto all'adozione di delibere da parte
dell'assemblea dei soci o del consiglio di amministrazione di una impresa strategica 97.
b) Il potere di opposizione all'acquisto, in imprese strategiche e da parte di un soggetto diverso dallo Stato o da enti pubblici italiani o da questi controllati, di una partecipazione tale da compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale.
In linea con la giurisprudenza comunitaria l'esercizio dei poteri segue una procedura di opposizione che si apre con la notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nel caso dell'art. 1 lettera b) (potere di veto) la società effettua la notifica della delibera o dell'atto da adottare, unitamente ai necessari elementi di valutazione (la legge richiede una "informativa completa"). Entro quindici giorni la Presidenza del Consiglio dei Ministri dovrà comunicare l'esercizio del potere di veto fatta salva la possibilità di sospendere il termine, per una sola volta, qualora siano necessarie ulteriori informazioni che devono essere rese entro dieci giorni; la legge si preoccupa di precisare che decorsi i termini "l'operazione può essere effettuata".
Le delibere e gli atti adottati in violazione della norma sono nulli e può essere altresì ingiunto alla società ed alla controparte, qualora vi sia, di ripristinare, a proprie spese, la situazione anteriore; inoltre, salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni di cui sopra (art. 1 punto 4) è soggetta a sanzione amministrativa 98.
Il potere di veto deve essere graduato secondo un principio di proporzionalità e quindi sarà esercitato "nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale".
Alla stessa stregua per gli altri poteri (art. 1 lettera a) e c) la procedura inizia con la notifica, entro dieci giorni dall'acquisizione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L'obbligo, secondo il testo letterale, non è più subordinato, come nella previgente disciplina, al fatto che si tratti di una partecipazione rilevante, per tale intendendosi quelle che costituisca almeno la ventesima parte del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto. Ne consegue che l'acquisto una partecipazione, di qualsivoglia entità, va notificato ad eccezione del caso delle società quotate per le quali è posta una soglia, ai fini dell'esercizio del potere speciale, del 2% (di cui all'art. 120, 2° comma, d. lgs. n. 58 del 1998); per queste ultime peraltro va notificato anche il successivo superamento delle soglie del 3%, 5%, 10%, 15%, 20% e 25%.
La tempistica e le modalità di esercizio dei poteri sono le medesime sopra esposte per il potere di veto.
I diritti di carattere non patrimoniale, incluso quello di voto, sono sospesi "fino alla notifica" espressione che sembra voler intendere che la sospensione opera sin dall'acquisizione e permane fino al decorso del termine per l'esercizio dei poteri da parte del Governo.
Circa il potere di cui all'art. 1 lett. a) il mancato rispetto delle condizioni comporta la sospensione dei diritti non patrimoniali e le eventuali delibere assunte con il voto determinante della azioni o quote acquistate sono nulle.
Circa il potere di cui all'art. 1 lett. c) l'acquirente non potrà esercitare i diritti non patrimoniali e dovrà vendere le azioni entro un anno. Qualora non provveda il tribunale, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, provvederà alla vendita ai sensi dell'art. 2359ter del Codice Civile; come nel caso precedente, le delibere assunte con il voto determinante delle azioni o quote acquistate sono nulle.
La sanzione amministrativa è espressamente prevista sono nel primo dei due casi.
La giurisprudenza comunitaria, come già esposto, ha evidenziato l'affermata eccessiva discrezionalità della precedente normativa nazionale.
L'art. 1 si preoccupa quindi di precisare che presupposto essenziale per l'esercizio dei poteri è comunque la minaccia di un grave pregiudizio agli interessi essenziale della difesa e della sicurezza nazionale ma soprattutto, al fine di evitare l'accusa di genericità in un ipotetico giudizio presso la Corte di Giustizia, precisa i criteri per la valutazione della minaccia.
Circa l'esercizio del potere di veto (art. 1 lettera b) il Governo deve considerare "la rilevanza strategica dei beni o delle imprese oggetto di trasferimento, l'idoneità dell'assetto risultante dalla delibera o dall'operazione a garantire l'integrità del sistema di difesa e sicurezza nazionale, la sicurezza delle informazioni relative alla difesa militare, gli interessi internazionali dello Stato, la protezione del territorio nazionale, delle infrastrutture critiche e strategiche e delle frontiere, nonché gli elementi di cui al comma 3".
Per l'esercizio degli altri due poteri, anche in considerazione della censure relative agli articoli 43 e 56 CE, viene evidenziato il necessario rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e indicati quali criteri guida:
- l'adeguatezza della nuova situazione alla prosecuzione dell'attività, al mantenimento del patrimonio tecnologico, alla sicurezza e continuità degli approvvigionamenti ed alla esecuzione degli obblighi contrattuali verso le pubbliche amministrazioni con riguardo alla difesa nazionale, all'ordine pubblico ed alla sicurezza nazionale 99;
- l'esistenza di rapporti tra l'acquirente e paesi terzi che non rispettano i principi di democrazia o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche 100.

La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 2.
L'art. 2 ha per oggetto i poteri speciali inerenti "agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni". Sin dalla rubrica si rileva una differenza rispetto all'art. 1 ove si fa riferimento ai "poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale" senza quindi limitazione agli attivi ma con una indicazione che appare più ampia.
L'art. 2 sembra infatti concentrarsi, più che su una intera società, solo sui singoli elementi, genericamente definiti appunto attivi, purché caratterizzati da una valenza strategica.
A questo proposito con regolamento ai sensi della legge n. 400 del 1988, anziché con decreto come previsto dall'art. 1 101, dovranno essere individuati "le reti e gli impianti, ivi compresi quelli necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale" nei settori sopra elencati.
I poteri speciali attribuiti al Governo dall'art. 2 sono:
a) il potere di veto in relazione a qualsiasi delibera, atto od operazione, che abbia per effetto la modifica della titolarità, del controllo, della disponibilità o il cambiamento della destinazione degli attivi strategici 102.
b) il potere di vietare l'acquisto di partecipazioni in società che detengono attivi strategici da parte di un soggetto esterno all'Unione Europea o di sottoporre l'efficacia dello acquisto stesso alla condizione che l'acquirente assuma impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato.
Circa il potere di cui al punto b) vi sono significative differenze rispetto all'analoga caso di cui all'art. 1.
In primo luogo vi è una precisa indicazione relativa all'acquirente. Il potere di porre condizioni o impedire l'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche è infatti limitato agli acquisti effettuati da soggetti esterni all'Unione Europea, da intendersi, in forza dell'art. 2 punto 5, come "qualsiasi persona fisica o giuridica, che non abbia la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che non sia comunque ivi stabilito".
A questo proposito va sottolineato, anche con riferimento alla tematica dei fondi sovrani, come l'art. 3 primo comma, statuisca un principio di reciprocità relativamente agli acquisti effettuati da un soggetto esterno all'Unione Europea; principio valido per tutti i settori di interesse della legge in oggetto e non solo per i settori di cui all'art. 2 103.
In secondo luogo, non viene indicata una soglia di partecipazione, né si richiede una partecipazione rilevante come nelle precedente normativa per l'esercizio dei poteri speciali, bensì una assai più impegnativa partecipazione "di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società" sulla base dei principi dettati in materia dall'articolo 2359 del codice civile; controllo che, ai fini della legge in oggetto, può essere ottenuto anche attraverso patti sociale in forza del riferimento all'art. 122 del d. lgs. n. 58 del 1998.
L'art. 2 ricalca il precedente art. 1, senza rimando ma con disciplina espressa, circa l'obbligo di notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle delibere, atti od operazioni così come dell'acquisto di partecipazioni sopra indicate; allo stesso modo per la tempistica, la sospensione dei diritti non patrimoniali, la nullità delle eventuali delibere assunte con il voto determinante, l'obbligo di ripristino della situazione ex ante, le sanzioni amministrative ed obbligo di vendere la partecipazione.
Risulta centrale, nell'analisi dell'applicazione dei poteri speciali, determinare quali siano i principi ai quali dovrà fare riferimento il Governo.
In questo senso l'art. 2, punto 7, statuisce che i poteri speciali di cui al medesimo articolo vanno esercitati sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, citando quindi, anche in questo caso, la giurisprudenza comunitaria, considerando:
- l'esistenza di legami tra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono
i principi democratici o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche;
- l'idoneità dell'assetto risultante a garantire la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti così come il mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti 104.
Ulteriori limiti all'esercizio dei poteri sono posti sempre dall'art. 2.
Il potere di veto alle delibere, atti e operazioni può essere esercitato solo qualora essi diano luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.
Rispetto quindi all'art. 1 non è sufficiente la minaccia di grave pregiudizio ma vi deve essere una situazione caratterizzata dalla eccezionalità, espressione di per sé ardua da provare.
L'art. 2 precisa inoltre che tale situazione non deve essere già disciplinata dalla normativa nazionale ed europea, risulta quindi naturale chiedersi che spazio di applicazione residui in considerazione del fatto che i settori in oggetto (energia, trasporti e comunicazioni) sono già oggetto di direttive comunitarie.
Circa il potere di opporsi all'acquisizione di partecipazioni, l'art. 2, punto 6, richiede la minaccia di grave pregiudizio agli interessi essenziali dello Stato che attribuiscono al Governo la possibilità di imporre impegni all'acquirente diretti a garantire la tutela di detti interessi.
Qualora invece si voglia impedire tout court l'acquisizione da parte del soggetto terzo ciò sarà possibile solo "in casi eccezionali" nei quali il rischio per gli interessi dello Stato non possono essere eliminati attraverso dei meri impegni.

La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3.
L'art. 3 rubricato "Abrogazioni e norme generali e transitorie" contiene previsioni di diversa natura.
Il primo comma statuisce il sopra descritto principio di reciprocità.
Viene quindi abolita la precedente normativa circa i poteri speciali a far data, per ciascun settore, dall'entrata in vigore dei decreti di cui all'art. 1 e dei regolamenti di cui all'art. 2; fermo restando che l'abrogazione all'entrata in vigore dell'ultimo dei decreti ovvero dei regolamenti che completano l'individuazione dei settori 105.
I punti 6-7-8 dell'art. 3 intervengono sul codice del processo amministrativo attribuendo le controversie relative ai provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, individuato nel TAR del Lazio, con l'applicazione del rito abbreviato; anche sotto questo profilo viene assicurato il rispetto dei principi enucleati dalla giurisprudenza comunitaria.

La legge n. 56 del 11 maggio 2012: art. 3bis.
In sede di conversione del decreto legge, si è attribuito un rilevante ruolo di controllo alle Camere nei confronti dell'attività del Governo innovando quindi rispetto alla precedente normativa
L'art. 3bis prevede infatti la presentazione annuale, entro il 30 giugno, di una relazione del Presidente del Consiglio dei Ministri alle Camere in ordine all'attività svolta sulla base dei poteri attribuiti dalla legge in oggetto con particolare attenzione ai casi nei quali tali poteri sono stati esercitati ed agli interessi pubblici tutelati 106.
Va ricordato peraltro che l'art. 1 richiede la comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti dei decreti per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica così come i decreti di esercizio dei poteri speciali.
Alla stessa stregua l'art. 2 ove però è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per l'emanazione dei regolamenti, ai sensi della legge n. 400 del 1988, volti a definire gli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Conclusioni.
Le caratteristiche dei fondi sovrani (le notevoli masse amministrate, la natura pubblica della proprietà e l'opacità della gestione) esasperano la tematica dell'equilibrio tra la creazione di un ambiente normativo favorevole agli investimenti esteri e la tutela delle attività strategiche per lo Stato ove vengono effettuati gli investimenti stessi, con particolare riguardo al rischio di perdere gli assests di maggior rilievo.
La legge n. 56 del 2012 costituisce il primo tentativo nazionale di dare risposta a questa problematica.
L'analisi del testo normativa, e la genesi del medesimo, palesano la volontà del legislatore di conseguire il pieno rispetto della giurisprudenza comunitaria in tema di circolazione dei capitali e di libertà di stabilimento, principi che mal si conciliano con i poteri speciali attribuiti al Governo nazionale.
Le preoccupazioni circa una svolta protezionistica appaiono quindi infondate dato che i presupposti per l'attivazione dei poteri speciali sono così stringenti, soprattutto per i settore dell'energia dei trasporti e delle comunicazioni, da configurasi solo in una situazione di grave minaccia agli intessi pubblici così come puntualmente definita dalla legge.
Certamente, ma ciò non può costituire oggetto del presente lavoro, ci si può porre il dubbio se la tutela degli assets strategici non debba disporre di strumenti, soprattutto di natura economica, maggiormente funzionali allo scopo, pur senza tornare alla non rimpianta proprietà pubblica.









1) Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14.05.12, conversione con modifiche del decreto 15 marzo 2012, n. 21, "Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni".
2) Espressione con la quale si fa riferimento ai particolari poteri attribuiti all'esecutivo, talora direttamente talora a fronte della proprietà di una particolare azione, in società operanti in settori di interesse per lo Stato.
Circa la golden share, tra gli altri: MARCHETTI, a cura di, Le privatizzazioni in Italia, GIUFFRE', Milano, 1995; SODI, Poteri speciali, golden share e false privatizzazioni, in Riv. soc., 1996, pag. 368; CASSESE, Le privatizzazioni: arretramento o riorganizzazione dello Stato ?, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1996, pag. 579; IB., I controlli pubblici sulle privatizzazioni, in Giorn. dir. amm., 2001, pag. 855; SPATTINI, Poteri pubblici dopo la privatizzazione, GIAPPICHELLI, Torino, 2006; GAROFOLI, Golden share e Authorities nella transizione dalla gestione pubblica alla regolazione dei servizi pubblici, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1998, pag. 159; SALERNO, Golden shares, interessi pubblici e modelli societari tra diritto interno e disciplina comunitaria, in Dir. comm. internaz., 2002, pag. 671; LOMBARDO, voce Golden Share, in Enciclopedia Giuridica, Roma, 1998 con postilla di aggiornamento a cura di PETA, 2007; NINATTI, Privatizzazioni: la Comunità europea e le golden shares nazionali, in Quad. cost., 2000, pag. 702; SAN MAURO, Golden shares, poteri speciali e tutela di interessi nazionali essenziali, Luiss Universiy Press, 2003; SANTONASTASO, La "saga" della "golden share" tra libertà di movimento di capitali e libertà di stabilimento, in Giur. comm., 2007, pag. 302.
Con particolare riferimento alla tematica in oggetto CARBONE, Golden share e fondi sovrani: lo Stato nelle imprese tra libertà comunitarie e diritto speciale, in Dir. comm. internaz., 2009, pag. 503.
Circa la giurisprudenza in ordine alla golden share vedasi infra.
3) I fondi sovrani di maggiori dimensioni, ad oggi, sono: Abu Dhabi Investment Authority (Abu Dhabi), Government Pension Fund (Norvegia), SAFE Investment Company e China Investment Corporation (Cina), Government of Singapore Investment Corporation (Singapore), Hong Kong Monetary Authority Investment Portfolio (Hong Kong) e la Kuwait Investment Authority (Kuwait). Appare evidente la rilevante presenza di stati del Medio ed Estremo Oriente, molti dei quali non in prima linea nella tutela dei diritti umani.
4) Non vi è coincidenza di opinioni circa quale soggetto possa essere considerato il primo fondo sovrano. Alcuni autori (TRUMAN, A Blueprint for Sovereign Wealth Fund Best Practices, Policy Brief, Peterson Institute for International Economics, 2008 e BLUNDEL-WIGNALL, WEI HU-Y, YERMO, Sovereign Wealth and Pension Fund Issues, Financial Market Trend, OECD, 2008), indicano la SAMA, la Banca Centrale dell'Arabia Saudita, costituita nel 1952; altri (KIMMIT, Public Footprints in Private Markets: Sovereign Wealth Funds and the World Economy, in Foreign Affairs, 2008, pag. 119; KERN, Sovereign Wealth Funds-state investments on the rise, Deutsche Bank Research, 2007) propendono per il Kuwait Investment Board così come altri ancora per il Revenue Equalisation Reserve Fund di Kiribati (BORTOLOTTI, FOTAK, MEGGINSON, MIRACKLY, Sovereign Wealth Fund Investment Patterns and Performance, Fondazione Enrico Mattei, 2009), in forza della considerazione che nel 1953 il Kuwait era una colonia britannica.
5) Tra le operazioni che hanno suscita un certo scalpore vanno ricordati, tra gli altri, il tentato acquisto della statunitense UNOCAL da parte della compagnia petrolifera statale cinese CNOOC così come della società Peninsular and Oriental Steam Navigation Company (P&O), una società britannica che gestiva sei porti strategici negli Stati Uniti, da parte della Dubai Ports World. Si veda, anche in riferimento alle conseguenze normative di tali casi, GUACCERO, PAN, CHESTER, Investimenti stranieri e fondi sovrani: forme di controllo nella prospettiva comparata USA-Europa, in Riv. soc., 2008, pag. 1359.
6) Dati tratti da CONSOB, I Fondi Sovrani e la regolazione degli investimenti nei settori strategici, discussion paper, luglio 2012, disponibile presso il sito dell'authorithy (www.consob.it); essi sono il risultato di una elaborazione della CONSOB su dati Preqin e FMI. Il paper, con un accento non scevro da preoccupazioni, evidenzia come "una stima per largo difetto del peso delle partecipazioni dei Fondi Sovrani sulla capitalizzazione dei mercati azionari dei principali paesi europei è pari a circa il 3%. In Italia oltre un terzo delle società quotate è partecipato da Fondi Sovrani, mentre questa percentuale è compresa fra il 15 e il 25% circa nei maggiori paesi europei".
7) BANK OF INTERNATIONAL SETTLEMENTS, Capital flows and emerging market economies, 2009 con particolare riguardo all'allegato 5, Sovereign wealth funds: implications for capital flows.
8) Vi sono peraltro delle positive eccezioni quali il Government Pension Fund norvegese. Sono stati elaborati degli indicatori di trasparenza da parte di TRUMAN (A Scoreboard for Sovereign Wealth Funds, Peterson Institute for International Economics, 2007) e da due membri dello SWF INSTITUTE (http://www.swfinstitute.org./statistics-research/linaburg-maduell­transparency-index); si ricorda inoltre, con valenza solo per il Medio Oriente, il Web Site disclosure Index elaborato da DELL'ATTI e MIGLIETTA (Fondi Sovrani arabi e finanza islamica, EGEA, Milano, 2009).
9) La tematica si trova, con diversi gradi di approfondimento, in gran parte delle pubblicazioni circa i fondi sovrani. Per una attenta analisi DREZNER, Fondi sovrani e potere economico nella politica mondiale, in Osservatorio Monetario, 2008, pag. 64 il quale, pur reputando eccessive alcune preoccupazioni circa i fondi sovrani, sottolinea come "le misure a favore della trasparenza non possono eliminare del tutto le preoccupazioni circa le possibilità e le intenzioni dei potenti soggetti sovrani. Queste preoccupazioni, unite alla stretta interdipendenza dei mercati finanziari di oggi, porteranno la struttura degli incentivi nella finanza globale ad assomigliare a quella della sicurezza internazionale".
10) ROZANOV, Who holds the wealth of nations?, in Central Banking Journal, Volume XV, n. 4, 2005, pag 52.
11) "These are neither traditional public-pension funds nor reserve assets supporting national currencies, but a different type of entity altogether", op. cit.
12) Questo spiega il perché, prima dell'ormai comunemente accettata espressione "Sovereign Wealth Funds", alcuni esperti "call them oil or natural resource funds because the overwhelming majority was created with excess budget revenues from the exports of oil, gas, copper, diamonds, phosphates and so on" , ROZANOV, op. cit.
13) ROZANOV , Sovereign Wealth Funds: Defining Liabilities, Working Paper, State Street Global Advisors, 2007, pag 5.
14) ORGANIZATION OF ECONOMIC DEVELOPMENT, International investment of sovereign wealth funds: are new rules needed ?, Investment Newsletter, n. 5, 2007.
15) Ove i fondi sovrani sono descritti quali "governnment-owned investment vehicles that are funded by foreign exchange assets government-owned investment vehicles that are funded by foreign exchange assets ".
16) INTERNATIONAL MONETARY FUND, Sovereign Wealth Funds - A Work Agenda, 2008 secondo il quale ""SWFs are special purpose public investment funds, or arrangements. These funds are owned or controlled by the government, and hold, manage, or administer assets primarily for medium to long-term macroeconomic and financial objectives. The funds are commonly established out of official foreign currency operations, the proceeds ofprivatizations, fiscal surpluses, and/or receipts resulting from commodity exports. These funds employ a set of investment strategies which include investments in foreign financial assets".
17) Comunicazione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale, al Comitato delle Regioni, A common European approach to Sovereign Wealth Funds, 2008.
18) INTERNATIONAL WORKING GROUP OF SOVEREIGN WEALTH FUNDS, Sovereign Wealth Funds, Generally Accepted Principles and Practices: Santiago Principles, 2008.
19) Circa le modalità con le quali si è arrivati alla costituzione dell'IWG ed ai principi da applicarsi ai fondi sovrani, si veda NORTON, The Santiago Principles for Soverign Wealth Funds: a case study on international financial standard setting processes, in Journal of International Economic Law, 2010, pag. 645 il quale si esprime in termini di "a sui generis, ad hoc, multi-level, rule-oriented governance network process".
20) "The generally accepted principles and practices (GAPP), therefore, is underpinned by the following guiding objectives for SWFs:
i. To help maintain a stable global financial system andfree flow of capital and investment;
ii. To comply with all applicable regulatory and disclosure requirements in the countries in which they invest;
iii. To invest on the basis of economic andfinancial risk and return-related considerations; and
iv. To have in place a transparent and sound governance structure that provides for adequate operational controls, risk management, and accountability".
21) "The operational management ofthe SWF should implement the SWF's strategies in an independent manner and in accordance with clearly defined responsibilities".
22) "If investment decisions are subject to other than economic and financial considerations, these should be clearly set out in the investment policy and be publicly disclosed".
23) Esula dallo scopo del presente lavoro una analitica ricostruzione delle definizioni assunte dai singoli economisti che hanno affrontato la materia, dalle quali peraltro emerge la già rappresentata difficoltà di ricondurre ad unità la categoria dei fondi sovrani. Ci limitiamo a segnalare come anche tra i più autorevoli studiosi alcuni (TRUMAN, The rise of Sovereign Wealth Funds: Impacts on Foreign Policy and Economic Interests, Testimony before the Committee on Foreign Affairs, US House of Representatives, Washington, 2008, pag. 1; BALDING, A Portfolio Analysis of Sovereign Wealth Fund, Working paper, University of California, Irvine, pag. 10) reputano che i fondi pensione debbano essere considerati nell'ambito dei fondi sovrani; altri (BLUNDELL, WIGNALL, WEI HU-Y., YERMO, Sovereign Wealth and Pension Fund Issues, op. cit., pag. 2-3) concordano con l'esclusione dei fondi pensione riconducibili al sistema di previdenza nazionale ma si rilevano anche posizioni contrarie (KIMMITT, op. cit, pag. 120).
Non mancano peraltro tentativi di definizione della categoria per esclusione, ad esempio quali veicoli di investimento statali diversi dalle banche centrali o autorità monetarie che gestiscono le riserve in valuta e dei fondi pensione (GILSON, MILHAUPT, Sovereign Wealth Funds and Corporate Governance: a Minimalist Response to the New Merchantilism, Law and Economics working paper , febbraio 2008, pag. 13, disponibile sul sito http://ssrn.com); altri pongono particolare attenzione al funding (SWF INSTITUTE, What is a SWF ?, 2009, disponibile sul sito http://www.swfinstitute.org).
24) BASSAN, Una regolazione per i fondi sovrani, in Mercato, concorrenza, regole, 2009, pag. 95.
25) BASSAN, op. cit., pag. 99, ha evidenziato come manchi ancora una definizione condivisa
di fondo sovrano, che egli reputa necessaria in quanto: "in primo luogo, appare evidente che decidere se - ed eventualmente come - regolare un fenomeno, non può prescindere da una sua preventiva qualificazione; in secondo luogo, misure specifiche che da un lato impongano vincoli all'attività dei fondi sovrani e dall'altro riducano la libertà degli Stati recipient di proteggere da investimenti di altri Stati particolari imprese o settori dell'economia, si giustificano solo se le peculiarità dei fondi sovrani sono tali da differenziarli in modo netto da altre tipologie di investitori".
26) Cfr. nota 5.
27) BALDING, op. cit., pag. 38: "..sovereign wealth funds have to date acted as rational economically driven investors diversifying their portfolio by asset class and geographic region"; KOTTER, LEL, Friends or Foes? The Stock Price Impact of Sovereign Wealth Fund Investmentsand the Price of Keeping Secrets, Board of Governors of the Federal Reserve System, International Finance Discussion Papers, 2008; KAROLYI, LIAO,, What is different about government-controlled acquirers in cross-border acquisitions ?, Working Paper, Cornell University and Rutgers University, 2010
28) AVENDAÑO, SANTISO, Are Sovereign Wealth Funds' Investments politically biased ? A comparison with mutual funds, Working paper n. 283, OECD Development Centre, 2009.
29) A tal proposito MASCIANDARO, Fondi sovrani, istruzioni per l'uso, in Economia & Management, 2010, n 6, pag. 27 evidenzia che "finora nei dati non c'è traccia che possa far parlare di un fenomeno di distorsione autocratica in termini di portafoglio come di rendimento".
30) CHHAOCHHARIA, LAEVEN, The Investment Allocation of Sovereign Wealth Funds, CEPR Discussion Paper No. DP6959, 2009 disponibile al sito http://ssrn.com.
31) BERNSTEIN, LERNER, SCHOAR, The investment strategies of sovereign wealth funds, Working Paper 14861, National Bureau of Economic Research, Cambridge, Massachussets, 2009.
32) "distorted by political or agency considerations", op. cit., pag. 4.
33) Circa le performance, usualmente modeste, delle società nelle quali i fondi sovrani hanno acquistato partecipazioni si veda KNILL, BONG SOO, MAUCK, Sovereign wealth fund investment and the return-to-risk performance of target firm , in Journal of Corporate Finance, 2012, pag. 315 ove anche la bibliografia in materia.
34) KNILL, BONG-SOO, MAUCK, Bilateral political relations and sovereign wealth fund investment, in Journal of Corporate Finance, 2012, pag. 108.
35) "Collectively, the results suggest that SWFs do not act as rational investors who attempt to maximize return while minimizing risk", op. cit., pag. 120.
36) "recognizes that the SWF investment decision consists of two separate choices: 1) determining a country in which to invest, and 2) determining how much to invest. We find that political relations are an important factor in where SWFs invest but matter less in determining how much to invest", op. cit., pag. 121.
37) "Our results provide inference into the "black box" of SWF investment decision-making and may be of interest to policymakers and politicians debating whether or not to limit or block SWF investment. Specifically, our results suggest that a one size fits all approach to dealing with SWFs may not be appropriate. Results may also be of interest to SWF managers to the extent that they would like their motivations to be understood", op. cit., pag. 121.
38) EPSTEIN, ROSE, The Regulation of Sovereign Wealth Funds: The Virtues of Going Slow, disponibile sul sito http://ssrn.com.
39) "To date, SMFs have acted as model investors, and the risk that they may act strategically in the future is significantly mitigated by existing safeguards", op. cit., pag. 111.
40) SINISCALCO, Governi alle porte: crisi del credito e fondi sovrani, in Mercato, concorrenza, regole, 2008, pag. 75.
41) L'Autore, op. cit., pag. 84, sembra considerare l'esigenza di maggiore trasparenza, avanzata da più parti, irrilevante in considerazione della solidità finanziaria, legata alla proprietà pubblica, dei fondi sovrani.
42) CALANDRA BUONAURA, Intermediari finanziari e corporate governance, in Giur. comm. 2009, pag. 867.
43) WONG, Sovereign Wealth Funds and rhe problem of asymmetric information: the Santiago Principles and International Regulations, in Brooklyn Journal of International Law, 2009 nell'ambito del Symposium: Ruling the World: Generating International Legal Norms; inoltre ZHAO FENG, How Should Sovereign Wealth Funds Be Regulated ?, in The Brooklyn Journal of Corporate, Financial & Commercial Law, 2009, pag. 483.
44) TRUMAN, op. cit., pag. 14, TRUMAN, Sovereign Wealth Funds: Is Asia Different, Peterson Institute for International Economics, 2011, pp 1-24, working paper disponibile sul sito http://www.ssrn.com.
45) TRUMAN, Sovereign Wealth Funds: Is Asia Different, op. cit., pag. 15: "The Santiago Principles are an impressive monument to international financial cooperation, but they are only a start in the promotion of SWF accountability and transparency. The Santiago Principles need to be upgraded along the lines of my SFW scoreboard and compliance with the Principles must be further improved...The OECD has succeded in not erecting new barriers to SWF investments, but it has failed to roll back the creeping financial protectionism of the past decade. The openness of the global investment regime can and should be improved for SWFs as well as for other forms of cross-border investments".
46) BASSAN, op. cit., pag. 121.
47) BASSAN, op. cit., pag. 95.
48) Vedasi anche BASSAN, Host States and Sovereign Wealth Funds, between National Security and International Law, in European Business Law Review, 2010, pag. 165.
L'ipotesi di un soggetto terzo che possa giudicare in merito alle controversie relative ai fondi sovrani, ipoteticamente presso il WTO o l'OECD, in COHEN, Sovereign wealth funds and national security: the Great Tradeoff , in International Affairs, 2009, pag. 713.
49) Peraltro BASSAN, Una regolazione...., op. cit, pag. 127, sottolinea come "l'ambito soggettivo di applicazione dei trattati bilaterali in materia di investimenti dovrebbe non essere limitato ai fondi sovrani, ma esteso a tutti i fondi di investimento (inclusi i fondi pensione e gli hedge funds)".
50) IMF persists with "code", in International Financial Law Review, 2008, Vol. 27, Issue 10, pag. 20.
51) Nel documento infatti si riafferma l'impegno a mantenere un ambiente favorevole agli investimenti stranieri anche al fine di evitare spirali protezionistiche ("Commitment to an open investment environment: in line with the Lisbon Strategy for growth and jobs, the EU should reaffirm its commitment to open markets for foreign capital and to an investor-friendly investment climate. Any protectionist move or any move perceived as such may inspire third countries to follow suit and trigger a negative spiral ofprotectionism. The EU prospers from its openness to the rest of the world - and from its investments abroad - and hence would be among the first to suffer from a trend towards protectionism. At the same time, the EU should endeavour to open SWFs owners' countries to EU investors and secure a fair and equitable treatment for them, notably through FTA").
52) "There are two keys to effectively addressing concerns about the uncertainty and unpredictability of SWFs, and they should be at the heart of the European contribution to global work on a common framework for SWF investment. The first is to obtain greater clarity and insight into the governance of SWFs. The second is to deliver greater transparency on their activities and investments", op. cit., pag. 2.
53) MEZZACAPO, Law & Economics dei c.d. "Fondi Sovrani" d'investimento nell'ordinamento comunitario e nazionale, in Diritto della Banca e del Mercato Finanziario, 2009, pag. 76.
54) MEZZACAPO, op. cit, pag. 77: "Il focus dell'eventuale etero/autoregolamentazione e supervisione in materia, o meglio il suo ambito di applicazione, potrebbe esser spostato dal soggetto fondo sovrano, per ricadere sulle sue controparti contrattuali e sull'oggetto delle transazioni cui questi partecipano, nonché sugli effetti di quest'ultime nell'ambito del mercato comune".
55) GILSON, MILHAUPT, op. cit., pag. 1.
56) BASSAN, op. cit., ritiene la proposta inefficace, perché non colpirebbe tutte le situazioni patologiche, ed inoltre potenzialmente generatrice di rischi, considerando la discriminazione in relazione alla natura dell'investitore, pubblica o privata.
57) "The high profile controversy over the rise of SWFs is one -but only one - of the frictions that result from the interaction of two very different conceptions of the role of government in a capitalist economy - what is commonly termed state versus market capitalism", op. cit.
58) Cfr AIZENMAN, GLICK, Sovereign Wealth Funds: Stumbling Blocks or Stepping Stones to Financial Globalization ?, Federal Reserve Board of San Francisco Economic Letter, 2007, disponibile sul sito http://www.frbsf.org, secondo i quali "taking the insight provided by this benchmark seriously, a policy of encouraging SWFs to invest in well-diversified index instruments, such as the S&P 500,Wilshire 5000, Dow JonesWilshire Global Total Market Index, etc., has the advantage ofproviding a workable solution to challenges associated with SWFs". I medesimi autori appaiono scettici circa la richiesta di maggiore trasparenza nell'attività dei fondi in quanto "the requirement for stringent transparency tests of SWFs may be unrealistic, due to costly monitoring and collection of information".
59) Si fa in particolare riferimento all'autorizzazione preventiva della Banca d'Italia alla partecipazione al capitale delle banche, ai sensi dell'art. 19 d. lgs. n. 385 del 1993; l'autorizzazione è peraltro volta esclusivamente ad assicurare la sana e prudente gestione della banca. Si noti che, qualora la partecipazione faccia capo a Stati extracomunitari che non assicurano condizioni di reciprocità, la Banca d'Italia può negare l'autorizzazione. Per tutti COSTI, L'ordinamento bancario, IL MULINO, Bologna, 2007.
Per una analisi della normativa nazionale in questa ottica si veda MEZZACAPO, op. cit., il quale evidenzia gli obblighi informativi e di disclosure circa le partecipazioni in società quotate in Italia.
60) "Norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni", in G. U. 30 luglio 1994, n. 177, conversione del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, in G. U., 1 giugno, n. 126.
61) Esplicitamente LOMBARDO, op. cit. pag. 9, secondo il quale nella legge in oggetto era "assente qualsiasi intento discriminatorio verso investitori stranieri".
62) Con diversi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono state individuate ENI S.p.a., società del Gruppo STET (STET S.p.a. e Telecom Italia S.p.a.), società del Gruppo ENEL (ENEL S.p.a., ENEL Distribuzione S.p.a., ENEL Produzione S.p.a. e Terna S.p.a.) e Finmeccanica S.p.a.
63) Aspetto che rende non facilmente riconducibili i poteri speciali di cui alla legge n. 474/1994 alla golden share come evidenziato da LOMBARDO, op. cit., pag. 9.
64) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2000).
65) "possono essere introdotti esclusivamente per rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, in particolare con riferimento all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla difesa, in forma e misura idonee e proporzionali alla tutela di detti interessi, anche per quanto riguarda i limiti temporali; detti poteri sono posti nel rispetto dei principi dell'ordinamento interno e comunitario, e tra questi in primo luogo del principio di non discriminazione, e in coerenza con gli obiettivi in materia di privatizzazioni e di tutela della concorrenza e del mercato".
66) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2004). FRENI, Le privatizzazioni delle imprese pubbliche, in Gior. dir. amm., 2004, pag. 263.
67) Vedasi infra.
68) Il testo originario della legge n. 474 del 1994 prevedeva il gradimento da parte del governo circa i nuovi soci e gli accordi di cui al punto successivo. La legge n. 350 del 2004 sostituisce il gradimento con un potere di opposizione sul presupposto del "pregiudizio agli interessi vitali dello Stato " individuato in un provvedimento motivato.
La legge n. 350 del 2004 inoltre introduce la possibilità di rivolgersi all'autorità giudiziaria amministrativa per impugnare il provvedimento di esercizio del potere speciale.
69) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 giugno 2004, "Definizione dei criteri di esercizio dei poteri speciali, di cui all'art. 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474" che riprende in buona misura il precedente DPCM 11 febbraio 2000. SACCO GINEVRI, La nuova "golden share": l'amministratore senza diritto di voto e gli altri poteri speciali in Giurisp. comm., 2005, pag. 707. SAN MAURO, Golden shares, poteri speciali e tutela di interessi nazionali essenziali, op.cit.
70) In questo senso SAN MAURO, La disciplina della golden share dopo la sentenza della Corte di Giustizia C-326/07, in Concorrenza e Mercato, 2010, pag. 409 secondo il quale "il nostro legislatore sia riuscito nell'intento, da un lato, di conservare una piena vitalità alla figura dei "poteri speciali" e dall'altro di integrare la normativa preesistente sul tema con elementi in linea con le indicazioni sulla materia in questione stabilite nelle pronunce della Corte di Giustizia".
71) FRENI, L'incompatibilità con le norme comunitarie della disciplina sulla golden share, in Gior. dir. amm., 2001, pag. 1145; DE PASQUALE, Golden share all'italiana, in Riv. dir. pubbl. comp. eur., 2000, pag. 1233; MERUSI, La Corte di giustizia condanna la golden share all'italiana e il ritardo del legislatore, in Dir. pubbl. comp. eur., 2000, pag. 1236.
72) COLANGELO, Golden share, diritto comunitario e i mercanti di Venezia, in Foro It., 2009, IV, 224; SPATTINI, La "golden share" "all'italiana" finalmente "presa sul serio" dalla Corte di giustizia ? La nuova (e forse perplessa) condanna della "Grundnorm" delle privatizzazioni "sostanziali", in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2009, pag. 1599; DEMURO, La necessaria oggettività per l'esercizio dei poteri previsti dalla golden share, in Giur. comm., 2009, pag. 640; SAN MAURO, La disciplina della golden share dopo la sentenza della Corte di Giustizia C-326/07, op. cit.; SCIPIONE, La golden share nella giurisprudenza comunitaria: criticità e contraddizioni di una roccaforte inespugnabile, in Società, 2010, pag. 855.
73) SAN MAURO, La disciplina della golden share dopo la sentenza della Corte di Giustizia C-326/07, op. cit.
74) DEMURO, op. cit.
75) Indicativo del sentire l'incipit della conclusione finale dell'avvocato generale Damaso Ruiz-Jarabo Colomer, per la causa 326/07, che equipara la golden share all'oro dello shakespiriano mercante di Venezia; nella medesima conclusione finale l'avvocato generale scrive di "sfrenata alchimia" dei governi nella costruzione della golden share ed afferma che "i governi spesso dimenticano l'effetto correttore del diritto comunitario, che esautora i privilegi esorbitanti, scrupolosamente blindati, che essi intendono riservarsi, collocandosi al di sopra dei comuni azionisti".
76) Causa C-367/98.
77) Causa C-483/99 commentata, unitamente alla precedente, da BOSCOLO, Le golden shares di fronte al giudice comunitario, in Foro it., 2002, IV, 479; FRENI, Golden share e principio di proporzionalità: quando il fine non giustifica i mezzi, in Gior. dir. amm., 2002, pag. 1045; LAZZARA, Libera circolazione dei capitali e golden share, in Foro amm., 2002, pag. 1607; MARINI, Golden share e diritto comunitario nelle recenti sentenze della Corte di Giustizia, in Dir. comm. internaz., 2002, pag. 489. Si vedano inoltre BALLARINO, BELLODI, La golden share nel diritto comunitario. A proposito delle recenti sentenze della Corte comunitaria, in Riv. soc., 2004, pag. 2.
78) Causa C-463/00.
79) Causa C-98/01.
80) Cause 282/04 e 283/04.
81) Causa C-503/99. Il caso riguardava la golden share del Governo belga nella Distrigaz e nella Société Nationale de Transport par Canalisations. Il fine della normativa, ossia garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di energia in caso di crisi a fronte di una minaccia effettiva ed abbastanza grave, rientra nell'ambito di un legittimo interesse pubblico. Le misure risultano essere proporzionate allo scopo dato che "la Commissione non ha dimostrato che si sarebbero potuti adottare provvedimenti meno restrittivi per raggiungere l'obiettivo perseguito". Il regime di esercizio dei poteri è quello dell'opposizione, non del preventivo gradimento; inoltre i provvedimenti "devono essere formalmente motivati e possono essere sottoposti ad un efficace controllo giurisdizionale". Come vedremo il sentiero tracciato dalla normativa belga, così interpretato dalla Corte di Giustizia, è stato seguito dal legislatore italiano nella novella che qui si commenta.
82) Per tutti BALLARINO, BELLODI, op. cit.
83) Corte di Giustizia sentenza del 23 ottobre 2007, n. 112, circa la nomina di amministratori da parte degli enti pubblici e limitazioni al diritto di voto. Tra i numerosi commenti: SPATTINI, "Vere" e "false". "golden shares" nella giurisprudenza comunitaria. la "deriva sostanzialista" della Corte di giustizia, ovvero il "formalismo" del principio della "natura della cosa": il caso Volkswagen, e altro ..., in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, pag. 303; PIZZA, Società per azioni di diritto singolare, diritto comune della società per azioni e libera circolazione dei capitali: il caso Volkswagen, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, pag. 1177; ZUMBANSEN, SAAM, The ECJ, Volkswagen and European Corporate Law: Reshaping the European Varieties of Capitalism, Comparative Research in Law and Political Economy, 2007 disponibile sul sito www.ssrn.com.
84) Corte di giustizia, 6 dicembre 2007, C-464/04, circa la nomina di amministratori pubblici ai sensi dell'art. 2449 codice civile. DEMURO, L'incompatibilità con il diritto comunitario della nomina diretta ex art. 2449 c.c., in Giur. comm., 2008, II, pag. 581; NASCIMBENE, Norme nazionali sulle golden shares e diritto comunitario, in Corr. giur., 2009, pag. 1017.
85) RINGE, Domestic company law and free movement of capital: nothing escapes the European Court ?, Oxford University, Legal Research Paper Series, 2008, disponibile sul sito www.ssrn.com, si esprime criticamente circa l'ampiezza dell'intervento della Corte di Giustizia che vede privo di una sottostante visione complessiva ("has demonstrated that the Court ofJustice lacks a clear doctrinal and consistent approach to tackle the problems").
86) In questo senso anche il punto 86 delle conclusioni finali dell'avvocato generale Damaso Ruiz-Jarabo Colomer secondo il quale "in tale contesto, e sempreché non se ne faccia un abuso, non è necessario che le autorità pubbliche acquistino un determinato ammontare di capitale, ma è sufficiente che, in considerazione delle caratteristiche peculiari ditali società, fino a poco tempo fa sotto il controllo assoluto del governo, si privino di una quantità di quote tale da poter continuare a controllare il destino di dette società". FRENI, Golden share, ordinamento comunitario e liberalizzazioni asimmetriche: un conflitto irrisolto, in Giorn. dir. amm., 2007, pag. 145.
87) SPATTINI, Vere e false, op. cit., secondo il quale la giurisprudenza comunitaria rischia di "porre i mercati comunitari, finanziari come pure dell'economia reale, alla mercé di operatori di mercato, come i già menzionati "fondi sovrani", appartenenti ad entità di natura autoritaria o finanche totalitaria".
88) In relazione al parere motivato espresso dalla Commissione Europea in data 16 febbraio 2011. Il preambolo del decreto n. 21 del 2012 cita espressamente "la disciplina normativa in materia di poteri speciali attribuiti allo Stato nell'ambito delle società privatizzate, oggetto della procedura d'infrazione n. 2009/2255".
89) La legge è formata dai seguenti articoli:
- art. 1 Poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale;
- art. 2 Poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;
- art. 3 Abrogazioni e norme generali e transitorie;
- art. 3bis Relazione annuale alle Camere;
- art. 4 Clausola di invarianza finanziaria;
- art. 5 Entrata in vigore.
90) Per quanto possa apparire ovvio va sottolineato che i poteri speciali non possono quindi trovare applicazione in settori diversi da quelli indicati, segnando quindi una precisa e diversa scelta rispetto a quella di altri ordinamenti, pensiamo agli USA ove è previsto un campo d'azione ben più ampio cfr. GUAUCCERO, PAN e CHESTER, op. cit. e REED, Sovereign Wealth Funds: the new barbarians at the gate ? an analysis of the legal and business implications or their ascendancy, in Virginia Law & Business Review, 2009, n. 4, pag. 97.
91) Con la precisazione "ivi incluse le attività strategiche chiave" la cui unica funzione potrebbe individuarsi in una più ampia valutazione della minaccia di grave pregiudizio, con particolare attenzione "al mantenimento del patrimonio tecnologico" in forza dell'art. 1, punto 3.
92) L'art. 1 prevede che i decreti vengano adottati entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge e che siano aggiornati almeno ogni tre anni (art. 1, punto 7). Per i regolamenti di cui all'art. 2 il termine è di 120 giorni.
Nel momento della conclusione della stesura di queste note, il Presidente del Consiglio ha sottoposto al Consiglio dei Ministri del 10 agosto 2012 un provvedimento per l'individuazione della attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale.
93) Secondo INTERNATIONAL BUSINESS ENGLISH, Il Sole 24 Ore, Milano, 2009 per asset si intende "bene, beni; sostanze, cespite, cespiti; capitale; attività, attivo; patrimonio di un'azienda, patrimonio societario; risorse finanziarie; valori attivi".
94) Vedasi CARBONE, op. cit , circa i limiti dei poteri nazionali in tale ambito.
95) Circa questo aspetto l'art. 1, punto 7, e l'art. 2, punto 9, prevedono dei regolamenti ai sensi della legge n. 400 del 1988 per dare attuazione alle previsioni della legge.
96) In sede di conversione è stata eliminata, relativamente alla minaccia, la qualificazione di "effettiva", obiettivamente ancor più problematica in sede di applicazione della norma. La qualificazione di effettività della minaccia peraltro, anche in questo caso, proviene dalla giurisprudenza comunitaria e viene citata dalla sentenza di cui alla causa 503/09, contro il Belgio, ove al punto 47 si ricorda che "la pubblica sicurezza può essere quindi invocata solamente in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività" richiamando poi il precedente della sentenza Église de Scientologie.
97) Aventi ad oggetto "la fusione o la scissione della società, il trasferimento dell'azienda o di rami di essa o di società controllate, il trasferimento all'estero della sede sociale, il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie eventualmente adottate ai sensi dell'articolo 2351, terzo comma, del codice civile ovvero introdotte ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come da ultimo modificato dall'articolo 3 del presente decreto, le cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego".
98) "chiunque non osservi le disposizioni di cui al presente comma è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio".
99) Art. 1, punto 3, lettera a): "l'adeguatezza, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione, della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente nonché del progetto industriale, rispetto alla regolare prosecuzione delle attività, al mantenimento del patrimonio tecnologico, anche con riferimento alle attività strategiche chiave, alla sicurezza e alla continuità degli approvvigionamenti, oltre che alla corretta e puntuale esecuzione degli obblighi contrattuali assunti nei confronti di pubbliche amministrazioni, direttamente o indirettamente, dalla società le cui partecipazioni sono oggetto di acquisizione, con specifico riguardo ai rapporti relativi alla difesa nazionale, all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale".
100) Art. 1, punto 3, lettera b): "l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati".
101) Inoltre con un termine di 120 giorni, anziché di 90 come all'art. 1.
102) Art. 2, punto 2: "qualsiasi delibera, atto o operazione, adottato da una società che detiene uno o più degli attivi individuati ai sensi del comma 1, che abbia per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi medesimi o il cambiamento della loro destinazione, comprese le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento all'estero della sede sociale, il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie eventualmente adottate ai sensi dell'articolo 2351, terzo comma, del codice civile ovvero introdotte ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come da ultimo modificato dall'articolo 3 del presente decreto, il trasferimento dell'azienda o di rami di essa in cui siano compresi detti attivi o l'assegnazione degli stessi a titolo di garanzia" con la precisazione che vanno incluse anche "le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione concernenti il trasferimento di società controllate che detengono i predetti attivi".
103) "Fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), e dall'articolo 2, comma 6, l'acquisto, a qualsiasi titolo, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, quale definito dall'articolo 2, comma 5, ultimo periodo, di partecipazioni in società che detengono uno o più degli attivi individuati come strategici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 2, comma 1, è consentito a condizione di reciprocità, nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia o dall'Unione europea". Circa le perplessità in ordine alla applicazione dell'istituto vedasi CARBONE, op. cit.
104) "I poteri speciali di cui ai commi 3 e 6 sono esercitati esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori. A tale fine il Governo considera, avuto riguardo alla natura dell'operazione, i seguenti criteri:
a) l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere
possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati;
b) l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a garantire:
1) la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti;
2) mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti".
105) "2. L'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni, i commi da 228 a 231 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nonché il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 16 giugno 2004, cessano di avere efficacia, con riferimento ai singoli settori, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti, relativi a ciascun settore, di cui all'articolo 1, comma 1, e dei regolamenti, relativi a ciascun settore, di cui all'articolo 2, comma 1, del presente decreto. Le predette disposizioni sono comunque abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti ovvero dei regolamenti di cui al primo periodo che completano l'individuazione dei settori. Gli amministratori senza diritto di voto eventualmente nominati ai sensi del predetto articolo 2 del decreto-legge n. 332 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 474 del 1994, e successive modificazioni, e in carica alla data della sua abrogazione cessano alla scadenza del mandato.
3. Cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 1, comma 1, le disposizioni attributive dei poteri speciali contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 1999, e nei decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 8 novembre 1999 e le clausole statutarie incompatibili con ((la disciplina stabilita dal presente decreto in materia di poteri speciali.
4. Cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 1, le disposizioni attributive dei poteri speciali contenute nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 5 ottobre 1995, in data 21 marzo 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 25 marzo 1997, in data 17 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 24 settembre 1999, e in data 23 marzo 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2006, e nei decreti del Ministro del tesoro in data 5 ottobre 1995, in data 16 ottobre 1995, in data 21 marzo 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 25 marzo 1997, e in data 24 marzo 1997, pubblicato nella stessa Gazzetta Ufficiale, nonché nei decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 17 settembre 1999, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 237 dell'8 ottobre 1999, e del Ministro dell'economia e delle finanze in data 17 settembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 5 ottobre 2004, e in data 1º aprile 2005. Cessano altresì di avere efficacia a partire dalla stessa data le clausole in materia di poteri speciali presenti negli statuti societari.
5. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «Le società operanti nei settori di cui all'articolo 2» sono sostituite dalle seguenti: «Le società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e degli altri pubblici servizi»;
b) le parole: «per le società di cui all'articolo 2» sono sostituite dalle seguenti: «per le società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia e degli altri pubblici servizi».
106) "A decorrere dall'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei Ministri trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sull'attività svolta sulla base dei poteri attribuiti dal presente decreto, con particolare riferimento ai casi specifici e agli interessi pubblici che hanno motivato l'esercizio di tali poteri".





















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