Sulla surroga nei finanziamenti bancari non perfezionata nel termine (art. 120-quater, co. 7, T.U.B., modificato dalla l. n. 27/2012)
Pubblicato il 09/11/12 02:00 [Articolo 520]






1. Il problema dell'efficacia della tutela del cliente rispetto all'ostruzionismo del finanziatore originario. ? 2. Rilevanza della richiesta di collaborazione avanzata dal cliente al finanziatore originario. ? 3. Le cause di esclusione della penale. ? 4. L'ipotesi della surroga mancata. ? 5. Il parametro patrimoniale della penale. ? 6. Sulla risarcibilità del danno ulteriore.


1. Il problema dell'efficacia della tutela del cliente rispetto all'ostruzionismo del finanziatore originario.
Dal «decreto Bersani» (d. lgs. n. 223/2006, conv. in l. n. 248/2006) fino al «decreto Sviluppo» (d. lgs. n. 70/2011, conv. in l. n. 106/2011) la disciplina agevolativa dell'exit del cliente dai rapporti bancari ha compiuto sia passi avanti che indietro: ad esempio, in tema di estinzione anticipata del credito al consumo, costituisce un passo avanti la disposizione dell'art. 125-sexies T.U.B. rispetto al previgente art. 21, co. 10, l. n. 142/1992 (come attuato dal d.m. 8 Luglio 1992); in tema di recesso dai contratti bancari in genere, rappresenta invece un passo indietro la disposizione dell'art. 120-bis T.U.B. in confronto al previgente art. 10, co. 2, del decreto Bersani (1).
Del non lineare percorso legislativo in materia è pure esempio la normativa sulle operazioni di surroga «nei» finanziamenti bancari (2), necessarie in pratica per l'exit del cliente dai rapporti non di modesto importo. Tale disciplina, introdotta dall'art. 8 «decreto Bersani-bis» (d. lgs. n. 7/2007, conv. in l. n. 40/2007), dopo modifiche e aggiunte, rimaste anche esterne a tale corpo normativo, è stata quasi tutta raccolta, per opera del d. lgs. n. 141/2010, nell'art. 120-quater T.U.B. Nel faticoso travaglio sono stati progressivamente ridotti i costi per il finanziato dell'operazione di surroga. All'inizio imposta nei confronti del solo finanziatore originario (art. 8, co. 3, decreto Bersani-bis; vigente art. 120- quater, co. 3 e 6, T.UB.), la gratuità dell'operazione è stata poi estesa dalla Finanziaria 2008 anche nei confronti del finanziatore subentrante (co. 3-bis dell'art. 8 decreto Bersani-bis, introdotto dalla Finanziaria 2008; ora art. 120-quater, co. 4, T.U.B.); quindi, il «decreto Tremonti-bis» (d. lgs. n. 185/2008, conv. in l. n. 2/2009), per i finanziamenti «prima casa», ha ridotto i costi notarili (art. 2, co. 1-bis). L'anno dopo, però, il decreto Sviluppo ha ridotto pure l'ambito della normativa: limitandolo ai rapporti costituiti con persone fisiche e «microimprese» (3).
Nel tempo si sono predisposte anche specifiche misure volte a rendere effettiva la normativa, ad argine, in particolare, dell'ostruzionismo che il finanziatore originario può frapporre al compimento dell'operazione. A presidio della disciplina, il decreto Tremonti-bis (art. 2, co. 5-quater) ha richiamato la sanzione amministrativa pecuniaria dell'art. 144, co. 4, T.U.B.; il d. lgs. n 141/2010 l'ha poi sostituita con quella del co. 3-bis dell'art.144.
Il «decreto Tremonti-ter» (d. lgs. n. 78/2009, conv. in l. n. 102/2009), inserendo un ulteriore periodo nel co. 5-quater dell'art. 2 del Tremonti-bis, ha aggiunto una penale a carico del finanziatore originario per il mancato perfezionamento della surroga nel termine prestabilito (4).
La disposizione è risultata tra quelle più importanti in cui si articola la disciplina dell'operazione, quanto particolarmente problematica (5). Ne sono segno il considerevole contenzioso sviluppatosi davanti all'ABF e la circostanza che, in essere da quattro anni, è stata rivisitata già tre volte. Dapprima dal decreto 141, che, nel travasarla nell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. (6), in particolare (per quanto direttamente interessa l'interpretazione di tale norma), ha eliminato l'espressione «interbancarie» che inizialmente connotavano le «procedure di collaborazione», la cui richiesta di avvio, rivolta dal finanziatore subentrante (7) al finanziatore originario (8), dava avvio al decorso del termine, di trenta giorni, per il perfezionamento dell'operazione. E' stata la volta, poi, del decreto Sviluppo, che, da un lato, ha definito il tempo per il perfezionamento dell'operazione in giorni «lavorativi», dall'altro, ha sostituito al «valore del mutuo» il «debito residuo» nel ruolo di parametro patrimoniale della penale; inoltre, ha eliminato l'avverbio «comunque», che specificava la previsione che il finanziatore originario «è É tenuto a risarcire...».
Sulla disposizione, infine, è ritornato il «decreto Cresci Italia» (d. lgs. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012): con modifiche di dubbia portata ed ispirazione di fondo, a dispetto della difficoltà che, per la congiuntura, il settore delle surroghe sta già vivendo.
Certo è chiara la previsione della riduzione del termine per il perfezionamento dell'operazione di surroga, da trenta giorni lavorativi a dieci giorni solari. Ed in sé tale modifica rappresenta un incremento di tutela del cliente. Peraltro, il rispetto del nuovo termine, nella prassi, non sarà agevole e ciò non pare nemmeno privo di rilievo in ordine al valore effettivo delle altre modifiche.
Queste, comunque, già in sé considerate, è dubbio se o quanto avanzino o arretrino la tutela del cliente. Il dubbio non si pone solo per il secondo periodo del comma 7, nella parte in cui, tornato a prevedere che il finanziatore originario «è comunque tenuto» al risarcimento in caso di mancato perfezionamento nel termine, ha aggiunto: di mancato perfezionamento «per cause dovute al finanziatore originario».
Il dubbio si pone anche per la parte in cui è tornato a definire il parametro patrimoniale della penale in termini di «valore del finanziamento».
E perplessità suscita anche il primo periodo, che anticipa il dies a quo del termine per il perfezionamento dell'operazione dal momento della richiesta di collaborazione, avanzata dal finanziatore subentrante nei confronti di quello originario, al tempo della richiesta del (potenziale) cliente al finanziatore subentrante di domandare a quello originario l'importo del debito residuo a carico del cliente (i «conteggi»).
Inoltre, le novità apportate non chiudono alcune questioni già proposte dalla precedente versione della disposizione, che pure rilevano per la definizione dell'intensità della tutela approntata per il cliente.

2. Rilevanza della richiesta di collaborazione avanzata dal cliente al finanziatore originario.
Non pare rappresentare un effettivo incremento di tutela l'anticipazione del dies a quo del termine per il perfezionamento dell'operazione, dalla richiesta di collaborazione avanzata al finanziatore originario dal subentrante alla richiesta a questo rivolta dal cliente (9). Non è normale che il cliente abbia contezza della necessità di simile richiesta. Né che, avendola, intenda formularla, munendosi di adeguata prova, quando il finanziatore subentrante non sia pronto al perfezionamento dell'operazione: così condursi, infatti, vorrebbe dire, per il cliente, entrare in frizione proprio col soggetto da cui spera di ottenere un vantaggio. Perciò, il cliente formulerà la richiesta al finanziatore subentrante (se lo farà) non prima che questo lo riterrà per sé conveniente; e nel compiere questa valutazione, terrà conto che l'operazione dovrà «perfezionarsi» entro lo stretto termine di dieci giorni (10) e che, ove non si completasse in tempo per causa a lui imputabile, dovrebbe rispondere, secondo le regole ordinarie (1218 c.c.), quantomeno nei confronti del cliente del danno causatogli dal ritardo (11). Il finanziatore subentrante, dunque, inviterà il cliente a formulare per iscritto la richiesta non prima di aver imbastito l'istruttoria ed essersi orientato a concedere il finanziamento, con riserva di conoscere l'esatto importo del credito del finanziatore originario (12).
D'altro canto, la riduzione del termine a dieci giorni, e solari, proprio per il suo rigore, invece che esercitare una effettiva forza acceleratoria, potrebbe spingere ad un incremento di una certa prassi volta ad evitare, appunto, l'applicazione della regola della penale (e della rivalsa): si allude a quel modo di procedere adottato da alcune banche di «mandare avanti» il cliente a richiedere, lui, i conteggi al finanziatore originario; ipotesi, questa, in cui, ovviamente, non vi sarebbe traccia di una richiesta del cliente al finanziatore subentrante di domandare lui i conteggi.
Questo modo di operare, nel vigore delle precedenti versioni della norma in interesse, era agevolato dalla circostanza che tali versioni individuavano il dies a quo del termine, si è ricordato, nella richiesta del finanziatore subentrante di avvio delle «procedure» di collaborazione, in origine pure dette «interbancarie». A questo modo di procedere un consistente e più recente orientamento dell'ABF aveva reagito equiparando la richiesta del finanziato a quella del finanziatore subentrante per lo più quando il primo risultasse agire d'accordo con il secondo (13). Peraltro, tale orientamento non risulta incontrastato: altre decisioni addirittura avevano richiesto, per l'operare della penale, che il colloquio interbancario fosse avviato secondo l'apposita procedura messa a punto dall'ABI (14).
Oggi, la richiesta dei conteggi direttamente rivolta dal cliente al finanziatore originario potrebbe apparire, ancor più di prima, un'ipotesi estranea all'applicazione della regola della penale. L'attuale tenore dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. delinea come iter prodromico al perfezionamento dell'operazione la richiesta del cliente al finanziatore subentrante perché questo domandi i conteggi al finanziatore originario.
A ben vedere, peraltro, la formulazione della norma offre anche un elemento di segno contrario: la disposizione non dice proprio più nulla sulle modalità della collaborazione della banca originaria.
Ad ogni modo, ritenere che il caso in cui il cliente chieda lui al finanziatore originario i conteggi non sia soggetto alla norma della penale significherebbe non dare al cliente una buona tutela. La condotta del finanziatore subentrante di mandare avanti il cliente sarebbe certo scorretta (ex art. 1337 c.c.) e, per il caso in cui l'intermediario originario non rispondesse alla richiesta del cliente, questo acquisterebbe un credito risarcitorio nei confronti del finanziatore subentrante per il tempo perduto: credito che sarebbe pari quantomeno alla differenza tra gli interessi maturati a favore del finanziatore originario nel periodo del ritardo rispetto a quelli che il cliente avrebbe dovuto corrispondere al finanziatore subentrante. Ma ciò significherebbe porre in contrasto il cliente proprio con il finanziatore subentrante, cui si è rivolto per avere un trattamento (ritenuto) migliore rispetto a quello rappresentato dal finanziamento in essere. Comunque, si sarebbe vanificata l'applicabilità dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B.
Perciò, la richiesta di collaborazione avanzata dal cliente parrebbe ancor oggi presupposto sufficiente per l'applicabilità della regola della penale: trattandosi della richiesta dei conteggi, anche quando, per vero, le modalità della stessa non dichiarino che il cliente agisce d'accordo col finanziatore subentrante.
E ciò anche perché la richiesta del cliente al finanziatore originario esprime un interesse del cliente all'operazione ancor più forte di quello manifestato dalla richiesta rivolta al finanziatore subentrante: il cliente si fa direttamente carico dell'interlocuzione col finanziatore originario.
Né pare che il finanziatore originario abbia un apprezzabile interesse a ricevere la richiesta dei conteggi dal finanziatore subentrante ovvero a che risulti che dietro il cliente v'è un finanziatore interessato alla surroga. Infatti, da un lato, fornire i conteggi per il pagamento, anche senza surroga, è, per sé, oggetto di un obbligo nei confronti del cliente (ex art. 1375 c.c.) (15). Dall'altro, non pare che, se la richiesta provenisse dal cliente senza che risultasse, in quel momento, il coinvolgimento di un finanziatore interessato alla surroga, quello originario correrebbe un rischio di dover pagare la penale apprezzabilmente più alto che se la richiesta venisse dal finanziatore subentrante (16). Infatti, o dietro il cliente, al tempo della sua richiesta al finanziatore originario, c'è comunque un finanziatore interessato al rifinanziamento o non c'è. E se non c'è, o non sopravviene, ed allora il finanziatore originario non pare che potrà essere tenuto alla penale, poiché questa non pare dovuta in caso di mancata surroga
(v. infra, § 4). Oppure un finanziatore interessato alla surroga sopravviene; ed allora, se l'operazione si perfezionerà in ritardo, per il fatto che al tempo della richiesta del cliente non c'era ancora un finanziatore interessato alla surroga, quello sopravvenuto, normalmente, avrà chiesto l'ulteriore collaborazione del finanziatore originario (il rilascio della quietanza ex art. 1202 c.c., almeno) per data successiva al termine di dieci giorni, ammesso pure che abbia emesso e recapitato la richiesta di cooperazione nel termine; e nei casi in cui la richiesta di collaborazione al finanziatore originario palesi essa stessa che il termine di legge non è stato rispettato, o non potrà esserlo, ugualmente il finanziatore originario non può essere tenuto alla penale (17). Come meglio si vedrà nel prossimo §.

3. Le cause di esclusione della penale.
E' opinione unanime che la disposizione contenuta nell'art. 120- quater, co. 7, T.U.B., nelle versioni anteriori a quella vigente, obbligasse il finanziatore originario alla penale per il caso in cui il ritardo fosse imputabile al finanziatore subentrante. Addirittura, è diffuso il convincimento che la disposizione prevedesse una «responsabilità oggettiva» del finanziatore originario nei confronti del cliente (18).
Con riguardo alla versione vigente, invece, traendo forza dal nuovo inciso «per cause dovute al finanziatore originario», tra i primi commentatori si è sostenuto che, oggi, il finanziatore originario è tenuto alla penale solo quando il ritardo gli sia imputabile (19).
Se era eccessivo ritenere che la penale fosse dovuta anche in ogni ipotesi in cui il ritardo fosse imputabile al finanziatore subentrante e pur quando fosse dipeso da caso fortuito o forza maggiore, oggi pare eccessiva l'opposta interpretazione: che riduce la speciale portata precettiva della disposizione alla previsione di una penale, escludendo che essa concerna anche la fattispecie costitutiva della responsabilità del finanziatore originario.
Pare invece ragionevole pensare che il finanziatore originario sia tenuto alla penale, in linea generale, anche per ritardo imputabile al finanziatore subentrante; e non lo sia quando il ritardo dipenda da caso fortuito/forza maggiore o da fatto imputabile ? anche se solo in parte ? al cliente; ed inoltre quando già la richiesta di collaborazione del finanziatore subentrante manifesti che l'operazione non potrà perfezionarsi nel termine. Va da sé che l'onere della prova della ricorrenza di una delle ipotesi appena indicate, cause impeditive della responsabilità del finanziatore originario, sarebbe a carico di questi (2697 c.c.).
L'art. 120-quater, dunque, parrebbe continuare a «presumere» una «colpa» del finanziatore originario (20). La presunzione sarebbe quasi assoluta nei confronti del cliente: il finanziatore originario potrebbe provare, per evitare la penale, soltanto il fortuito/forza maggiore, il fatto del cliente, il fatto che già la richiesta di collaborazione del finanziatore subentrante non consentiva il rispetto del termine. La presunzione sarebbe compiutamente relativa nei confronti del finanziatore subentrante: ove a questo rimontasse il ritardo, dovrebbe rimborsare il finanziatore originario di quanto pagato al cliente a titolo di penale.
Il testo del secondo periodo, nella parte in cui chiama a rispondere il finanziatore originario del ritardo «per cause dovute» a lui, in sé, non suggerisce la lettura prospettata; a rigore, però, non vi si oppone contraddicendola: esso infatti assicura solo che, qualora la causa del ritardo sia imputabile al finanziatore originario, questo è obbligato alla penale; non si occupa invece del caso in cui il ritardo non sia imputabile a tale soggetto e perciò non esclude che anche in alcune di queste ipotesi ? quella, in generale, del fatto del finanziatore subentrante, secondo la lettura prospettata ? il finanziatore sia tenuto alla penale. L'espressione «per cause dovute al finanziatore originario» può ben stare ad indicare che vi sono ipotesi in cui tale soggetto non risponde: a dare rilievo alle cause impeditive della responsabilità del finanziatore originario sopra indicate.
Mentre l'avverbio «comunque», tornato nel testo della disposizione in esame, se anche nella mens legis si fosse riferito (anche o solo) alla fattispecie costitutiva della responsabilità, nella lettura qui prospettata è, a rigore, da riferirsi all'effetto: poiché la responsabilità non scatta per ogni ipotesi di ritardo, l'avverbio deve ritenersi volto a rimarcare che il debito risarcitorio è, appunto, una penale, dovuta a prescindere dalla ricorrenza di un danno. D'altro canto, l'avverbio è collocato all'interno del verbo che descrive l'effetto risarcitorio, non prima di esso.
Costituisce invece un forte dato nel senso che il finanziatore non sia tenuto alla penale sol quando il ritardo gli sia imputabile, ma, in generale, pur quando sia imputabile al finanziatore subentrante, il terzo periodo della disposizione, rimasto immutato. Alla lettera, infatti, vi si prevede un diritto di «rivalsa» del finanziatore originario nei confronti del subentrante (anche) se la causa sia imputabile solo al finanziatore subentrante. Se davvero il legislatore avesse voluto escludere la responsabilità del finanziatore originario verso il finanziato in ogni caso in cui il ritardo non fosse dipeso da causa a lui imputabile, è ragionevole ritenere che sarebbe intervenuto anche su questo periodo della disposizione.
D'altro canto, nel diritto applicato effettivamente circolavano, come accennato, interpretazioni eccessive. L'espressione «per cause dovute al finanziatore originarie» può ben aver inteso «correggere» tali interpretazioni.
Così l'opinione secondo cui la responsabilità del finanziatore originario è oggettiva. Non si vede infatti perché tale soggetto dovrebbe sopportare il rischio puro che l'operazione non si perfezioni (per caso fortuito): questa, di norma, è in contrasto col suo interesse e la regola, al contrario, è che res perit domino (art. 1465 c.c.); ed inoltre, se il finanziatore subentrante dovesse sopportare le conseguenze del ritardo per fortuito nei confronti del cliente, dovrebbe subirle anche in confronto al finanziatore originario: il terzo periodo del comma 7 consente la rivalsa del primo sul secondo solo se il ritardo è a questo imputabile.
Né si vede perché il finanziatore originario dovrebbe essere tenuto alla penale qualora il ritardo sia stato determinato da un suo comportamento (21): posto il principio dell'autoresponsabilità, espresso, tra l'altro, dalla norma dell'art. 1227 c.c.
L'ulteriore ipotesi che l'espressione «cause dovute al finanziatore originario» pare escludere dall'ambito della penale, e cui precipuamente forse intendeva forse fare riferimento il legislatore storico, è quella in cui già la richiesta di collaborazione, proveniente dal finanziatore subentrante, manifesti la certezza che l'operazione si concluderà in ritardo. Così quando si richiedano i conteggi, se non pure la disponibilità a prendere parte agli atti costitutivi dell'operazione (22), per data successiva al termine. L'ipotesi è ben nota alla prassi ed anche all'ABF, che l'ha inclusa, nel regime previgente, nell'ambito di applicazione della disposizione (23). La norma, però, nel «presumere» la responsabilità del finanziatore originario, non poteva ? e non potrebbe oggi ? che presupporre che in concreto potesse darsi tale responsabilità e, quindi, che, nel richiedere la collaborazione del finanziatore originario, si rendesse almeno possibile il perfezionamento dell'operazione nel termine.
Certo, non solo le considerazioni storico-sistematiche, ma pure quella, da queste presupposta, del terzo periodo del comma 7 dell'art. 120-quater, non sono decisive per negare che il secondo periodo costituisca il debito della penale soltanto per il caso in cui (la causa de) il ritardo sia imputabile al finanziatore originario.
In effetti, si è pure sostenuto (24) che il terzo periodo prevede soltanto un diritto di regresso parziale e (dunque) unicamente per il caso in cui il ritardo sia dipeso da «cause dovute» ad entrambi i finanziatori; e così ridotto l'ambito della «rivalsa», ritorna possibile ritenere che la penale è esclusa ogni volta che la causa del ritardo non è imputabile al finanziatore originario (25).
Ma pur a voler accettare tale forzatura del tenore del terzo periodo, la lettura in discorso confinerebbe la relativa regola in uno spazio angusto assai, mi pare, ed in pratica marginale: per la sua applicazione bisognerebbe pensare all'ipotesi, di certo non frequente, in cui, fissata la data per il compimento di una surroga trilaterale davanti a notaio, né il finanziatore originario né il subentrante si presentassero. Le ipotesi in cui il ritardo nel perfezionamento della surroga (normale causa di danno) deriva, ex art. 1223 c.c., da un tardivo adempimento sia del finanziatore originario sia del subentrante non paiono molti. Fuori dal genere di caso ipotizzato, il ritardo rispetto al termine di dieci giorni e poi rispetto allo spirare di ciascun mese deriverà (se non da un inadempimento del cliente o dal caso fortuito o forza maggiore) o dall'inadempimento del finanziatore originario o da quello del finanziatore subentrante agli obblighi che su ciascuno incombono di fare quanto necessario per il perfezionamento dell'operazione: esemplificando un poco, se il finanziatore subentrante non ha richiesto la collaborazione di quello originario in tempo perché l'operazione si potesse concludere nell'arco dei dieci giorni, il ritardo sarà causato dal suo inadempimento; altrimenti, se il finanziatore originario non ha fornito i conteggi tempestivamente, il ritardo deriverà dal suo inadempimento; e se, comunicati i conteggi sia pure dopo i dieci giorni, il finanziatore subentrante non darà ulteriore impulso (ove necessario) all'iter per il perfezionamento della surroga, questo ulteriore ritardo sarà determinato dal suo inadempimento, e così via.
D'altro canto, è anche più coerente con la funzione della norma ritenere che la penale sia dovuta, in generale, pure per il caso in cui il ritardo sia imputabile solo al finanziatore subentrante, salva integrale rivalsa su questo da parte del finanziatore originario: la norma, al di là delle più recenti «correzioni», resta pur sempre destinata, nella sua linea di fondo, a proteggere il cliente dall'ostruzionismo del finanziatore originario, come attestano sia il contesto normativo cui essa appartiene (v. retro, § 1), sia la liquidazione forfettaria (e considerevole) del danno, sia ancora la contrazione del termine per l'effettuazione dell'operazione (v. retro, § 2).

4. L'ipotesi della mancata surroga.
Tra le questioni rilevanti per la definizione della dimensione della tutela offerta al cliente con la disposizione dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. (26) è stata lasciata irrisolta dal decreto Cresci Italia quella dell'operatività della norma nel caso in cui la surroga non si sia perfezionata.
L'ABF l'ha ammessa con riguardo alla versione previgente della disposizione, questa ricostruita, in conformità con l'orientamento corrente, come previsione di una «responsabilità oggettiva» del finanziatore originario verso il finanziato (27).
Pur leggendo la vecchia e la nuova disposizione nei termini, meno severi, indicati nel precedente §, cioè come previsione di una responsabilità del finanziatore originario per ritardo derivante da causa imputabile a lui ovvero pure (in generale) al subentrante, con onere del primo soggetto di provare una causa di esclusione della responsabilità, non pare ? lo si è anticipato retro, § 2 ? che la norma possa valere per il caso di mancata surroga. Perché l'estensione della norma del comma 7 nella sua interezza, forse ancora possibile per via di interpretazione, comunque non pare coerente con la ratio legis.
Nel caso di surroga tardiva, la norma «presume» che il ritardo sia dovuto al finanziatore originario, rendendo irrilevante, in rapporto al finanziato, il fatto che, invece, il ritardo è dipeso dal subentrante. La «presunzione» si fonda sulla doppia circostanza che il finanziatore subentrante, di regola, ha interesse ad impedire il perfezionamento della surroga, al contrario del finanziato e del subentrante (28), e che la surroga vi è stata: il che conferma come probabile che finanziato e subentrante, in concreto, vi avevano interesse e, perciò, che il ritardo sia dipeso da ostruzionismo del finanziatore originario.
Già per questo l'ipotesi della mancata surroga non pare analoga a quella della surroga tardiva. Certo, è ben possibile che la mancata surroga sia derivata dall'ostruzionismo del finanziatore originario, come pare sia avvenuto nel caso sottoposto al vaglio dell'ABF. Ma nel caso di surroga tardiva v'è un fatto, la surroga avvenuta appunto (sia pure in ritardo), che conferma l'ostruzionismo del subentrante; invece, se la surroga non si è perfezionata, ciò non può confermare come probabile che sia dipeso dal finanziatore originario: mancando la surroga, non v'è conferma che finanziato e subentrante vi avessero interesse.
D'altro canto, l'ammontare della penale è commisurato al «ritardo»: perché il danno subito dal cliente, tipicamente, è commisurato al ritardo tra il termine non osservato e il momento della surroga. Nel caso di mancata surroga, invece, non v'è un ritardo cui rapportare la penale (29).

5. Il parametro patrimoniale della penale.
Altra questione non chiaramente risolta dal decreto Cresci Italia è quella dell'esatta consistenza del parametro patrimoniale cui va rapportata la penale, ora indicato come «valore del finanziamento». Uno dei due profili di cui la questione si compone, anzi, è stato complicato dal decreto.
Si allude è al momento rilevante per la determinazione del capitale ancora dovuto: posto che tra la richiesta del cliente al finanziatore subentrante e la richiesta al finanziatore originario dei conteggi, il cliente potrebbe aver ridotto la propria esposizione; e poi potrebbe averla ridotta tra la richiesta e il pagamento (con surroga) estintivo dell'intero debito; e la riduzione potrebbe essere avvenuta prima dello spirare del termine di dieci giorni ovvero nel tempo del ritardo.
Sì che, oggi, si danno anzitutto tre possibilità riguardo al momento al quale fare riferimento per la quantificazione del capitale «residuo»: prendere in considerazione il tempo della richiesta del cliente al finanziatore subentrante; oppure il momento in cui il finanziatore subentrante (ovvero il cliente quale suo rappresentante: v. retro, § 2) ha richiesto i conteggi al finanziatore originario; od ancora il tempo in cui viene estinto integralmente il debito.
Quest'ultima soluzione favorirebbe proprio il soggetto ? il finanziatore originario ? che la norma ritiene responsabile nei confronti del cliente: perciò, è da escludere. La prima soluzione, d'altro canto, lo penalizzerebbe altrettanto ingiustificatamente: finché non riceve la richiesta dei conteggi, il finanziatore originario non può considerarsi inadempiente. Peraltro, anche la seconda soluzione ? quella del tempo della richiesta dei conteggi ? non sfugge ad ogni incongruenza: non pare ragionevole computare nel capitale residuo la quota che sia stata pagata nel termine di dieci giorni, perché fin quando non sia spirato tale termine non è dovuta la penale.
Perciò, sembrerebbe che il capitale residuo di cui tener conto sia quello dovuto al momento della richiesta del cliente, sottratto della parte eventualmente restituita nel termine di dieci giorni.
L'altro profilo di cui si compone il problema della definizione del parametro patrimoniale della penale è se questa debba calcolarsi solo sul capitale residuo ovvero pure sugli interessi maturati (pare, date le osservazioni già svolte) tra la scadenza del termine di dieci giorni al saldo.
L'espressione «valore del finanziamento», come quella «valore del mutuo» utilizzata già nella prima versione della norma, fanno inclinare per il primo termine dell'alternativa.
E questa è la soluzione data per scontata da diverse decisioni dell'ABF, che, applicando la norma nella sua versione originaria, indicano la base di calcolo della penale nel solo «capitale residuo» (30).
Tale soluzione oggi risulta rafforzata dall'evoluzione subita dalla norma sul punto in interesse: la formula «debito residuo del finanziamento», introdotta dal decreto Sviluppo, era più aperta ad includere anche gli interessi maturati nella base di calcolo della penale; e tale formula il decreto Cresci Italia ha ritenuto di sostituire di nuovo con l'attuale, appunto, più stretta.
Comunque, non pare ragionevole calcolare la penale anche computando gli interessi maturati dopo il termine di dieci giorni perché la penale, nella sua componente risarcitoria, serve a ristorare il cliente, di norma, anzitutto della perdita pari alla differenza tra gli interessi pagati al finanziatore originario nelle more e quelli, d'ammontare inferiore, che il cliente avrebbe dovuto corrispondere al finanziatore subentrante se l'operazione di surroga si fosse tempestivamente perfezionata, questo essendo il danno (si è già rilevato retro, § 2) che normalmente il cliente subisce a causa del ritardo nell'attuazione della surroga.

6. Sulla risarcibilità del danno ulteriore.
Per definire l'intensità della tutela accordata al cliente con l'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. deve ancora considerarsi il problema se il finanziatore originario sia tenuto al risarcimento del danno ulteriore rispetto a quello già ristorato dalla penale.
Un orientamento dell'ABF è per la soluzione negativa (31). La soluzione non persuade. Non vale a convincere l'osservazione ? formulata a proprio favore da detta opinione ? che la norma dell'art. 1382, co. 1, c.c. esclude, salvo patto contrario, la risarcibilità del danno ulteriore. Lasciando intendere che questa norma esprimerebbe la regola sul rapporto tra penale e risarcimento del maggior danno, da applicarsi anche nel caso di penale ex lege: sì che, in ogni ipotesi del genere, la responsabilità per il maggior danno richiederebbe una specifica norma che la prevedesse, come quella dell'art. 1224, co. 1 (I parte), c.c.
Non pare corretto ritenere l'art. 1382 la regola e l'art. 1224 una deroga con riguardo alle penali stabilite dalla legge. Più precisamente, non sembra che l'esclusione della risarcibilità del maggior danno, prevista dall'art. 1382 c.c., possa estendersi alle penali di legge: la norma pare da circoscriversi alle penali ex pacto; rispetto a queste, infatti, si comprende la ratio dell'art. 1382: pare normale che, nel definire la penale, le parti abbiano tenuto conto (quantomeno) dei danni prevedibili al momento della conclusione del contratto e la responsabilità contrattuale non comprende i danni imprevedibili (salvo il caso di dolo; art.1225 c.c.).
Nel caso di penale stabilita dalla legge non può presumersi che questa abbia tenuto conto di tutti i danni prevedibili nel caso concreto. D'altro canto, la regola è quella che il debitore è tenuto a risarcire tutti i danni (prevedibili) subiti dal creditore per effetto (diretto) dell'inadempimento. Perciò, in caso di penale di legge, pare piuttosto che sia l'art. 1224, co. 1 (I parte) ad esprimere la regola in ordine alla risarcibilità del danno ulteriore (32).






1) Per l'inclusione di tutti i contratti ad esecuzione differita nei «contratti di durata» trattati dall'art. 10, co. 2, decreto Bersani e per la sottolineatura di alcune novità dell'art. 125-sexies T.U.B. a favore del cliente, sia consentito rinviare a G. MUCCIARONE e A. SCIARRONE ALIBRANDI, Il recesso del cliente dai contratti bancari dopo il d. lgs. n. 141/2010: questioni di coordinamento, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, I, rispettivamente, p. 48, nt. 31, e p. 49, nt. 33.
2) Nel 2011 L. NIVARRA, Lineamenti di diritto delle obbligazioni, Torino, p. 69, stima la «surrogazione per volontà del debitore É ipotesi É ben poco frequente nella prassi» e ciò ? spiega ? in ragione della «complessità della disciplina, unita alla circostanza che il terzo surrogato è, comunque, già creditore in virtù di un titolo contrattuale (il mutuo) che presumibilmente gli offre adeguate garanzie». La disciplina cui fa riferimento l'autore è quella dell'art. 1202 c.c.: la sola menzionata, appena prima dei brani riferiti. La valutazione della surroga ex art. 1202 c.c. come figura rara non sembrerebbe avere per orizzonte temporale l'attuale congiuntura, anche rispetto alla quale, d'altra parte, la stima parrebbe un po' eccessiva.
3) Nella lett. a-bis del comma 9 dell'art. 120-quater, inserita dal decreto Sviluppo, la figura di «microimpresa» richiamata è quella definita dall'art. 1, co. 1, lett. t, d. lgs. n. 11/2010, di attuazione della direttiva n. 2007/64/CE sui servizi di pagamento. La disposizione richiamata a sua volta rinvia alla definizione di microimpresa data dalla raccomandazione n. 2003/361/CE. Questa stessa definizione si trova pure richiamata nelle Disposizioni di Banca d'Italia sulla trasparenza delle operazioni bancarie, ult. agg. Febbraio 2011, sez. I, § 3, che includono la figura della microimpresa tra i «clienti al dettaglio».
La definizione della raccomandazione europea, in quanto tale, comprende anche le libere professioni come pure gli enti senza scopo di lucro che svolgano attività economica (artt. 2, co. 3, e 1 dell'allegato alla raccomandazione). La definizione europea di microimpresa non mantiene tutta la sua estensione in tutti e tre i contesti normativi in cui è richiamata. La conserva nel contesto della disciplina dei servizi di pagamento (per conformità alla direttiva n. 2007/64/Ce, ciò vale, oltre che per la disciplina del tit. II del d. lgs. n. 11/2010, anche per quella di trasparenza confluita nel capo II-bis del tit. VI T.U.B. e nella sez. VI delle Disposizioni attuative di Banca d'Italia), ma non ai fini della nozione di cliente al dettaglio rilevante per la disciplina di trasparenza delle operazioni bancarie in genere, né per quella delle surroghe: la nozione di microimpresa, infatti, deve fare i conti, nella detta disciplina di trasparenza, con la contemporanea indicazione tra i clienti al dettaglio dei liberi professionisti e degli enti no profit; nell'art. 120-quater, co. 9, lett. a, con la distinta indicazione di ogni persona fisica.
4) La disposizione era così concepita: «Nel caso in cui la surrogazione del mutuo non si perfezioni entro il termine di trenta giorni dalla data della richiesta da parte della banca cessionaria alla banca cedente dell'avvio delle procedure di collaborazione interbancarie ai fini dell'operazione di surrogazione, la banca cedente è comunque tenuta a risarcire il cliente in misura pari all'1% del valore del mutuo per ciascun mese o frazione di mese di ritardo. Resta ferma la possibilità per la banca cedente di rivalersi sulla banca cessionaria nel caso il ritardo sia dovuto a cause imputabili a quest'ultima».
Del fatto che il credito risarcitorio del cliente verso il finanziatore originario costituisca una penale in senso proprio ? prestazione dovuta «in caso d'inadempimento É indipendentemente dalla prova del danno» (art. 1382 c.c.) ? non si è mai dubitato nelle applicazioni dell'ABF. L'indipendenza del credito dalla sussistenza di un danno subito dal cliente a causa della tardiva surroga non solo è indicata dal perentorio tenore della norma («la banca è É tenuta a risarcire il cliente in misura pari...») ed in particolare dall'avverbio «comunque» (al riguardo v. anche infra, § 3), ma è pure la soluzione più coerente con la funzione della norma, di protezione del cliente. Sull'obbligo che la legge «presume» inadempiuto dal finanziatore originario (per causa a lui imputabile), v. infra, nt. 9. Sul fenomeno di astrazione causale cui dà luogo la «presunzione» di legge v. poi infra, nt. 20.
5) Trascura la disposizione A. BARATTERI, Surrogazione e portabilità dei mutui, Torino, 2011.
6) Questa la versione originaria della disposizione inserita nel T.U.B.: «Nel caso in cui la surrogazione di cui al comma 1 non si perfezioni entro il termine di trenta giorni dalla data della richiesta dell'avvio delle procedure di collaborazione da parte del mutuante surrogato al finanziatore originario, quest'ultimo è comunque tenuto a risarcire il cliente in misura pari all'1 per cento del valore del finanziamento per ciascun mese o frazione di mese di ritardo. Resta ferma la possibilità per il finanziatore originario di rivalersi sul mutuante surrogato nel caso il ritardo sia dovuto a cause allo stesso imputabili».
7) Criticabile appare la circostanza che la disposizione dell'art. 120-quater tuttora continui a discorrere di «mutuante» subentrante: per quanto sia questa l'ipotesi normale, non si vede una ragione per cui la disciplina dell'art. 120-quater non dovrebbe valere anche per il caso in cui il finanziamento destinato all'estinzione di quello in essere assuma la natura dell'apertura di credito.
8) Se a seguito delle modifiche subite dall'art. 120-quater si sono eliminate le espressioni «cedente» e «cessionario», la disposizione prevede ancora, nel suo comma 3, che «La surrogazione di cui al comma 1 comporta il trasferimento del contratto, alle condizioni stipulate tra il cliente e l'intermediario subentrante».
L'effetto qui descritto pare impossibile: come si è chiarito in dottrina, la surrogazione per volontà del debitore, cui espressamente si riferisce il comma 1 dell'art. 120-quater T.U.B., non può determinare un trasferimento del credito del finanziatore originario in favore del subentrante: il pagamento del finanziato determinando l'estinzione del credito (A. A. DOLMETTA, Questioni sulla surrogazione per volontà del debitore ex art. 8 legge n. 40/2007 (c.d. , in Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, p. 397 ss.). Senza contare che, per ammettere un trasferimento della posizione contrattuale, occorrerebbe immaginare che il secondo contratto di finanziamento (quello con il finanziatore subentrante), lungi dal costituire un nuovo rapporto, avrebbe l'efficacia di modificare il primo: il che, però, potrebbe avvenire solo dopo il completamento della surrogazione: sarebbe questa infatti a determinare il trasferimento del primo contratto; e prima della surroga che efficacia avrebbe il secondo contratto di finanziamento?
Il comma 3, peraltro, deve pur avere un senso precettivo. E questo non può essere quello di «portare» le garanzie che assistevano il credito estinto al credito del finanziatore subentrante, poiché già il comma 2 prevede che «per effetto della surrogazione ... il mutuante surrogato subentra nelle garanzie, personali e reali, accessorie al credito cui la surrogazione si riferisce».
Per dare un significato al comma 3, si è ipotizzato (v. V. LEMMA, sub art. 120- quater, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, dir. da F. Capriglione, ed. 3, III, Padova, 2012, p. 1793) che la norma intenda stabilire che «il cliente conservi la piena opponibilità di tutte le eccezioni contrattuali», come quella di «una invalidità del contratto originario».
L'effetto pare eccessivo. E d'altro canto nega, contro il testo di legge, che a regolare il rapporto tra finanziato e finanziatore subentrante siano «le condizioni [tra questi] stipulate.
Forse, la norma potrebbe avere il senso di «trasferire» l'efficacia della «copia esecutiva» del contratto di finanziamento originario in favore del credito del finanziatore subentrante, almeno nei limiti di valore del credito originario: laddove, altrimenti, questo estinto, la copia esecutiva perderebbe efficacia, né potrebbe giovare al finanziatore subentrante, titolare di un credito diverso. La lettura prospettata ben s'inquadrerebbe nella prospettiva di semplificazione della fattispecie e di riduzione dei costi pure coltivata dalla disposizione dell'art. 120-quater. D'altro canto, è questione assai sentita nella prassi (emersa, non affrontata, in ABF, Milano, n. 870/12) quella se il finanziatore subentrante abbia diritto ad avere dal finanziatore originario la copia esecutiva del contratto: diritto che, certo non potrebbe sussistere se il finanziatore subentrante nemmeno avesse un interesse ad avere tale documento [per quanto non pare che, normalmente, potrebbe servire al finanziatore originario: il suo credito è stato già soddisfatto e, per esserne revocato il pagamento, il cliente dovrebbe fallire (artt. 2901, co. 3, c.c. e 67, co. 2, l. fall.), ma il fallimento comporta il «divieto» delle azioni esecutive individuali (art. 51 l. fal..), mentre il pagamento del debito (da finanziamento) fondiario (l'ipotesi corrente di finanziamento che si «chiude» mediante surroga) comunque non è revocabile (art. 39, co. 4, T.U.B.)]. Al riguardo v. anche infra, nt. 26.
9) Tale richiesta è un incarico con rappresentanza in rem propriam. Darlo è imposto dalla norma dell'art. 1337 c.c.: senza di esso il finanziatore subentrante non potrebbe ottenere da quello originario i conteggi, dati personali al finanziato.
Accettare l'incarico e portare a compimento l'operazione trovano disciplina, nell'an e nel quomodo in genere, nella stessa norma dell'art. 1337 c.c.: sarebbe assurdo pensare che la «richiesta» (appunto) del (potenziale) cliente, in quanto tale, possa obbligare l'intermediario ad agire, a prescindere pure dal momento in cui è formulata. L'art. 120-quater, comma 7, T.U.B. stabilisce il termine per
l'adempimento, ove ex fide bona il finanziatore sia tenuto a portare a compimento l'operazione.
Similmente, il dovere di collaborazione del finanziatore originario trova fondamento nell'art. 1375 c.c., dall'art. 120-quater ricavandosi solo il termine per l'adempimento.
10) La forte contrazione del termine è elemento ulteriore per escludere che, nel contesto dell'art. 120-quater, il «perfezionamento dell'operazione» richieda anche l'annotazione della surroga a margine dell'iscrizione dell'ipoteca (propende per la contraria soluzione A. PETRAGLIA, La surrogazione nei contratti di finanziamento, relazione tenuta nell'incontro di studio su Le novità per banche, intermediari e assicurazioni nel Decreto Liberalizzazioni, svoltosi a Milano il 10 Maggio 2011). L'annotazione può essere ottenuta dal subentrante sulla base della quietanza: il suo difetto non può legittimare il subentrante a pretendere dal finanziato l'immediata restituzione della somma prestata; sì che non si vede perché il finanziato dovrebbe essere protetto (ed avere diritto alla penale).
Diversamente è a dirsi per la quietanza (senza la cui offerta contestuale al pagamento, peraltro, questo ben difficilmente sarà posto in essere; riguardo al dovere del finanziatore originario di prestarsi ad una «surroga trilatera», v. infra, nt. 26). L'art. 1202 c.c. la indica (con i requisiti di contenuto e forma qui previsti) come elemento necessario per il verificarsi della surroga (nel senso che sia sufficiente il pagamento qualificato dalla dichiarazione del finanziato di voler surrogare il finanziatore subentrante, tuttavia, B. CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1988, p. 64). Perciò, è onere del finanziato ottenerla e, in difetto, il finanziatore subentrante potrebbe richiedere il rientro immediato o, comunque, il finanziamento potrebbe prevedere l'applicazione di condizoni meno favorevoli finché non sia consegnata la quietanza. Sì che il suo mancato rilascio da parte del finanziatore originario potrebbe causare danno al cliente. Ed esclude dunque il perfezionamento della surroga agli effetti dell'art. 120-quater: per tale avviso ABF, Milano, n. 807/2011 (implicitamente); 1587/11.
11) Per l'inapplicabilità analogica della regola della penale ex art. 120-quater, co. 7, II periodo, T.U.B. nei confronti del finanziatore subentrante, v. infra, nt. 28.
12) Né va trascurato che, normalmente, la prova della data della richiesta del cliente sarà rappresentata, nei confronti del finanziatore originario, dalla prova della data della richiesta dei conteggi a lui rivoltagli dal finanziatore subentrante.
13) V. così, in sostanza, ABF, Roma, n. 854/2011; Milano, 1587/11; 2619/11; 1707/11; Napoli, 30/12; 270/12; 599/12; Milano, 1895/12. L'orientamento si basa sui rilievi che la presenza di un finanziatore subentrante rende possibile il rispetto del termine ed assicura che, ove il termine non sia osservato per causa non imputabile al finanziatore originario, questo potrà rifarsi sul finanziatore subentrante.
Invece, ABF Milano, n. 204/12 non richiede neppure che al momento della richiesta risulti l'esistenza, dietro il finanziato, di un finanziatore interessato alla surroga.
14) ABF, Roma, n. 770/2010; Napoli, 1071/10.
15) Anche fornire il resto della collaborazione necessaria per il completamento di una surroga lo è, come già detto retro, nt. 9. Ma rispetto alla richiesta del cliente di fornire tale ulteriore collaborazione la buona fede può esigere che il cliente medesimo dia al finanziatore originario la possibilità quantomeno di controllare che esiste un finanziatore subentrante: ad esempio, non sarebbe corretto pretendere dal finanziatore originario di organizzarsi per partecipare ad una «surroga trilatera» senza che questi neppure conosca il nome del finanziatore subentrante.
16) Che è uno dei due rischi di cui giustamente intende tener conto l'orientamento incline ad equiparare alla richiesta del finanziatore subentrante quella del cliente solo quando questi risulti agire d'accordo col finanziatore subentrante, come risulta dal primo degli argomenti condotti a proprio favore: v. retro, nt. 13.
17) Perciò, se si esclude pure l'applicabilità dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. alla mancata surroga, risulta evidente che il finanziatore originario neppure può correre un maggior rischio di dovere la penale senza potersi rifare sul finanziatore subentrante: l'altra esigenza considerata dall'orientamento in esame col secondo degli argomenti riferiti retro, nt. 13.
18) Ex multis, ABF, Milano, 1335/2010; Roma, n. 38/11; Napoli, n. 225/11; Milano, n. 425/11; n. 807/11; n. 1970/11; n. 204/12.
V. peraltro anche ABF, Milano, n. 807/11; n. 599/12, che dopo aver affermato che «trattasi É di una sorta di responsabilità oggettiva, destinata ad insorgere per il solo fatto del ritardo, indipendentemente dalla sussistenza di dolo o colpa», aggiunge: «In realtà, più che di una vera e propria responsabilità oggettiva, si tratta di una sorta di presunzione di responsabilità in capo all'originaria mutuante».
19) Così, p. es., A. PETRAGLIA, op. cit. Fortemente dubbiosa sulla tenuta di questa lettura A. SCIARRONE ALIBRANDI, La surrogazione nei contratti di finanziamento, relazione tenuta nell'incontro di studio su Le novità per banche, intermediari e assicurazioni nel Decreto Liberalizzazioni, cit.: in ragione del terzo periodo della disposizione e dello scopo di protezione della norma.
20) Rectius: la legge semplifica la fattispecie generale di responsabilità verso il danneggiato, dando luogo ad una astrazione causale: il finanziatore originario risponde verso il finanziato anche per il fatto del finanziatore subentrante. L'astrazione è relativa: il diritto di rivalsa evita ingiustificati arricchimenti.
21) Incidentalmente, pare negare l'applicazione della penale in quanto il ritardo era dipeso dal comportamento del cliente ABF, 2376/2011, in fine di motivazione.
22) Su questo punto v. retro, nt. 10.
23) V. ABF, Roma, n. 1970/2011; Napoli, n. 2376/11; Roma, n. 631/12.
24) Sempre da A. PETRAGLIA, op. cit.
25) La tesi in discorso prosegue affermando che sarebbe onere del cliente provare che il ritardo deriva da «causa dovuta» al finanziatore originario. Tale distribuzione degli oneri probatori, anche ad ammettere ? per ipotesi ? che l'ambito della penale sia ridotto al caso del ritardo «dovuto» al finanziatore originario, non sarebbe accettabile: addirittura, il cliente verrebbe caricato della prova non solo dell'inadempimento del finanziatore originario al proprio obbligo di collaborare per il perfezionamento della surroga, ma pure di quella che l'inadempimento è derivato da causa non imputabile al finanziatore originario; il cliente sarebbe dunque trattato peggio del creditore in genere (cfr. gli artt. 1218 e 2697 c.c.), laddove la norma resta pur sempre diretta a proteggere il cliente dall'ostruzionismo del finanziatore originario (v. infra, nel testo). E poiché tra i tre soggetti coinvolti nell'operazione il cliente è quello che meno agevolmente può disporre della prova della causa del ritardo, più coerente con il genere di scopo della norma sarebbe comunque porre l'onere della prova circa la causa del ritardo sul finanziatore originario: ritenere che questi debba provare il proprio adempimento ovvero la non imputabilità a sé dello stesso.
26) Riguardo al profilo, estraneo a tale prospettiva, della ripartizione della responsabilità tra le due banche, pare utile notare che, tra le specifiche cause di ritardo, si registra il rifiuto del finanziatore originario di partecipare ad una «surroga trilaterale». Secondo ABF, Milano, n. 870/2011, il rifiuto sarebbe scorretto. L'assunto pare da accogliersi se il finanziatore subentrante ha proposto all'originario che la surroga si svolga presso la filiale in cui è localizzato il rapporto del secondo con il cliente: il finanziatore originario non è tenuto ad accettare il pagamento in un luogo diverso (artt. 1182, 1843 c.c.).
Altra causa di ritardo, riscontrata nella prassi, è il rifiuto del finanziatore originario di consegnare al subentrante la propria copia esecutiva del contratto di finanziamento: al riguardo, v. retro, nt. 8.
27) ABF, Milano, n. 204/2012, che ha giudicato un caso di mancata surroga all'origine della quale pare vi fosse il ritardo del finanziatore originario nel fornire i conteggi, cui poi sono seguite forse anche inefficienze del finanziatore originario, finché, comunque, non è scaduto il termine di efficacia della delibera di concessione del finanziamento. La decisione ha ragguagliato la penale al tempo intercorso tra il termine non rispettato ed il momento in cui «era ormai chiaro che l'operazione non si sarebbe perfezionata», individuato in quello del reclamo.
28) Giustamente, dunque, si è esclusa l'applicazione della norma dell'art. 120- quater, co. 7, T.U.B. in confronto al subentrante: ABF, Napoli, n. 1616/2011; di nuovo, ABF, Milano, n. 204/12.
Né, contro il finanziatore subentrante, si giustificherebbe l'estensione analogica della sola regola della penale, una volta che il cliente avesse assolto l'onere della prova dell'imputabilità al subentrante del ritardo nella surroga: la previsione della penale, «pena privata» in quanto dovuta indipendentemente dalla prova del danno del finanziato, serve da deterrente nei confronti del finanziatore originario in quanto soggetto normalmente controinteressato al perfezionamento della surroga.
29) Pertanto, neppure potrebbe pensarsi di estendere solo la regola della penale al caso di mancata surroga imputabile al finanziatore originario, lasciando la prova di ciò a carico del cliente.
30) ABF, Roma, n. 1195/2010; 38/11; Milano, 425/11; Roma, 2357/11; Milano, 599/12.
31) ABF, Milano, n. 270/2012.
32) Pare appena il caso di precisare che il credito del cliente verso il finanziatore originario al risarcimento del maggior danno trova fondamento non nella norma dell'art. 120-quater, co. 7, T.U.B. (limitata alla penale), ma in quella dell'art. 1218 c.c. (al riguardo v. anche retro, nt. 9): con ogni conseguenza in punto di onere della prova.





















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