I "diritti nascenti dall'annotazione in conto corrente bancario" tra ripetizione dell'indebito e "interpretazione autentica" dell'art. 2935 c.c
Pubblicato il 19/04/11 02:00 [Articolo 506]






1-Nullità totale o parziale di contratti bancari regolati in conto corrente e il problema della ripetizione dell'indebito oggettivamente percetto dalla banca. 2- La prescrizione del diritto alla restituzione delle somme indebitamente annotate in conto. Il problema della decorrenza in giurisprudenza e dottrina: accenni e rinvio. 3- L'avvento dell'interpretazione autentica dell'art. 2935 c.c. con riguardo alle operazioni in conto corrente. 4- I problemi sollevati dall' ««interpretazione autentica»» e la rilevanza con riguardo alle operazioni bancarie in conto corrente. 5- Segue: in particolare l'incidenza sui giudizi in corso e la natura giuridica dell'annotazione. 6- La sorte degli importi già versati all'entrata in vigore della novella. 7- La concreta incidenza della nuova normativa sul contenzioso in essere. Profili di incostituzionalità. Cenni introduttivi. 8- Segue: ammissibilità di una legge di interpretazione autentica. 9- Segue: la violazione del principio di azione di cui all'art. 24 cost. 10- Segue: La violazione del principio di uguaglianza, di ragionevolezza e di legittimo affidamento 11- Segue : la violazione dei principi del giusto processo e dell'art. 6 CEDU.


1-Il problema della restituzione di quanto percetto indebitamente, già di particolare rilievo pratico per tutti i contratti di durata1, ha assunto una significativa rilevanza nelle operazioni bancarie in conto corrente, una volta consolidatosi l'orientamento della giurisprudenza di legittimità con riferimento al tormentato tema dell'anatocismo2, degli usi di piazza3 e della commissione di massimo scoperto4 ed alla correlata domanda di restituzione.
A tal proposito giova rammentare che, mentre l'azione promossa dal cliente verso la banca per far valere la nullità della clausola che prevede l'anatocismo è imprescrittibile ai sensi dell'art. 1422 c.c., quella proposta dallo stesso cliente nei confronti della banca ai fini di conseguire la ripetizione delle somme, che assume di avere indebitamente versato a qualsivoglia titolo, è soggetta ai medesimi principi che regolano la domanda di ripetizione di indebito. Ad essa, pertanto, trova applicazione la disciplina della prescrizione ordinaria decennale5 a norma dell'art. 2946 c.c., non potendo farsi riferimento né alla prescrizione breve del diritto al risarcimento del danno, né a quella quinquennale di cui all'art. 2948, n. 3 c.c.6. La prescrizione breve colpisce, difatti, solo il diritto al risarcimento del danno, mentre tutte le altre azioni che possono essere promosse a seguito ed in conseguenza di un fatto illecito, inclusa quella di restituzione, restano soggette ai termini di prescrizione applicabili a ciascuna di esse. Parimenti è da escludere l'applicabilità della prescrizione di cinque anni prevista dall'art. 2948, n. 4 c.c., che riguarda esclusivamente la domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, non già la restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente pagata.
Giova poi rammentare che la posizione del cliente nei confronti della banca in ipotesi di controversia in ordine alla restituzione dell'indebito è risultata ulteriormente rafforzata in ragione di un datato e costante atteggiamento della Suprema corte in forza del quale il rapporto di conto corrente è stato ritenuto unitario7.
Sorto il problema in conseguenza del proliferare delle azioni di restituzione promosse dai clienti verso le banche a seguito in particolare del mutato orientamento della Corte di Cassazione in materia di anatocismo, parte della dottrina ha tentato di esorcizzarlo con riguardo alle operazioni in conto corrente pensando di risolverlo in nuce con gli argomenti più svariati, nel tentativo di escludere per il correntista persino la possibilità di proporre l'azione di restituzione .
Su questa scia si è individuato nell'azione volta a conseguire ex art. 2033 c.c. la ripetizione di quanto indebitamente corrisposto alla banca un vero e proprio abuso del relativo diritto8 da parte del cliente in quanto quest'ultimo utilizzerebbe il rimedio per scopi diversi da quelli per i quali è previsto dall'ordinamento violando nel contempo regole di correttezza di cui all'art. 1175 c.c.9. Esattamente in contrario è stato rilevato come il cliente che esercita un'azione di ripetizione sulla base dell'accertamento della nullità del contratto o di una sua clausola «non abusa, bensì usa dello strumento della ripetizione dell'indebito esattamente per la ragione per la quale il legislatore lo ha previsto e disciplinato»10.
Si è poi singolarmente sostenuto l'inammissibilità dell'azione di ripetizione avuto riguardo alla stato soggettivo del cliente in ordine alla validità o meno del contratto al tempo della solutio, in quanto costui, agendo in giudizio per la ripetizione, verrebbe singolarmente contra factum proprium11. Di contro la proponibilità dell'azione di ripetizione d'indebito oggettivo non è esclusa neppure nell'ipotesi in cui il solvens abbia effettuato il pagamento nella convinzione di non essere debitore, quindi senza l'animus solvendi, e persino quando tale convinzione sia stata enunciata in una espressa riserva formulata in sede di pagamento12
Altri ancora hanno individuato un limite all'azione di ripetizione nell'art. 2034 c.c. sul presupposto che il pagamento sia intervenuto nel convincimento da parte del cliente di adempiere ad un dovere morale e sociale13. Difetta nel caso di specie il requisito della spontaneità del pagamento dell'importo della capitalizzazione. Il pagamento interviene a mezzo dell'annotazione da parte della banca sul conto corrente del cliente in forza di un'iniziativa presa dalla banca per dare esecuzione ad una previsione contrattuale nulla e senza che il cliente possa nell'immediato concretamente opporsi14.

2-Non maggior fortuna è spettata alle banche sul fronte giudiziale con riguardo alla decorrenza della prescrizione per come decennalmente accertata proprio in ragione della posizione assunta sempre dalla Corte di legittimità circa la natura unitaria del rapporto di conto corrente15. La questione è stata più volte oggetto di disamina e la giurisprudenza, ha ritenuto16 che il termine in questione decorra dalla chiusura definitiva del rapporto di conto corrente, «trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicché è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti tra loro». Sulla base di tali principi si è ritenuto che «la decorrenza del termine di prescrizione decennale per la ripetizione da parte del correntista delle somme indebitamente trattenute dalla banca sulla base di interessi calcolati in forza di una clausola pattizia nulla, non decorre dalla data del singolo pagamento, ma dalla data dell?ultimo, dal momento che gli stessi possono essere considerati quali atti esecutivi di un unitario rapporto giuridico»17. Ed ancor più di recente in parziale attenuazione del rigoroso precedente indirizzo si è affermato:«« Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati»»18 .
Non sono mancati in argomento voci discordi nella giurisprudenza di merito19 che operando una valutazione del contratto di conto corrente in termini sostanzialmente autonomi rispetto ai collegati contratti di apprestamento della provvista, ne valorizzano la facoltà da parte del correntista di disporre in qualsivoglia momento del relativo saldo o di richiedere un estratto del conto. Da ciò, per deduzione, inferiscono la possibilità di accertare l'indebita appostazione di interessi competenze e spese e di richiederne la restituzione con conseguente avvio del termine prescrizionale dal momento in cui la banca abbia provveduto all'annotazione al cliente della posta in contestazione, in quanto ciascuno di queste somme costituirebbe autonomamente un indebito, oggetto perciò stesso di specifica domanda di restituzione.
La tesi che parrebbe rinvenire un indiretto conforto da un orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo alla peculiare quanto diversa ipotesi di libretti di deposito a risparmio20, trova le sue datate radici nell'opinione sostenuta da autorevole dottrina21 in ordine alla dinamica del rapporto di conto corrente bancario ed alla esclusione della stessa possibilità di configurarsi del fenomeno dell'anatocismo nel conto corrente bancario. La tesi, che suona di asperrima censura all'atteggiamento tenuto non solo dai correntisti ma anche dalla banche e dall'associazione di categoria sul punto, configura il conto corrente bancario come un ««contratto dotato di una sua propria, specifica natura autonoma e funzione centrale nel rapporto banca-cliente»». L'insigne autore individua poi la ««disposizione chiave per una corretta impostazione del fenomeno»» nell'art. 1852, c.c. che testualmente recita: ««Qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolate in conto corrente, il correntista può disporre in ogni momento delle somme risultanti a suo credito»». Questo potere di disporre da parte del cliente delle somme risultanti a suo credito - in virtù di apertura di credito di anticipazione bancaria o di deposito poco importa- non farebbe capo ad ««un diritto di esigere come tipico del diritto di credito»», bensì andrebbe ricondotto nell'alveo del potere di disporre22 inteso quale componente propria dei diritti soggettivi a contenuto patrimoniale. In questo contesto la dottrina in parola inquadra ««la variazione del saldo indotta dall'annotazione fatta dalla banca a favore o a carico del cliente»». Detta annotazione, a cui ora peraltro fa ora testuale riferimento la novella di cui , l'art. 2, comma 61, della L. 10/2011, costituirebbe esplicazione del suddetto potere di disporre del cliente, andando ad incidere sulla quantità delle " somme... a suo credito". Essa dovrebbe essere dunque considerata come vero e proprio «« pagamento del debito, della banca o del cliente»», che aveva costituito il titolo in forza del quale la banca aveva proceduto all'annotazione . Nel conto corrente bancario secondo la citata dottrina ««si annotano somme e non crediti»» e ««l'annotazione modifica in via immediata il saldo, e del saldo il cliente ..... può "disporre" in ogni momento»»23.
Dalle considerazioni che precedono emerge con chiarezza come per i sostenitori della tesi, di cui sopra, l'annotazione su conto nei rapporti tra banca e correntista, assurge ad un ruolo fondamentale e oggetto dell'annotazione sono ««somme»» e non già ««crediti reciproci»» . In ragione di ciò - l'annotazione della somma produce un'«« immediata modifica del "saldo disponibile" e, dunque, di quella quantità di moneta di cui il cliente "può disporre in qualsiasi momento" (art. 1852 c.c.).»»24. Essa va considerata a tutti gli effetti nei rapporti tra banca e cliente come un «« pagamento, estinguendo, a seconda dei casi, tanto l'eventuale debito della banca, quanto quello del cliente»»25 .
Chiare ed ovvie le conseguenze in sede di decorrenza della prescrizione dell'azione di restituzione dell'indebito pagamento: il dies a quo non può che essere individuato nel giorno dell'annotazione su conto - e non nella chiusura definitiva dello stesso- risultando essa equiparata a tutti gli effetti ad un pagamento e non già ad una mera operazione contabile .

3- Ciò premesso, va rilevato che la sinergia prodotta dal singolare connubio operato dalla giurisprudenza tra le ««nuove»» nullità dei contratti bancari e il riconoscimento dell'unitarietà del rapporto di conto corrente bancario ha innescato un contenzioso di dimensioni bibliche tra banche e clienti, i quali ultimi a ciò sollecitati dall'influsso delle associazioni di consumatori, non hanno esitato a condurre quella che è stata definita da qualcuno una vere e propria battaglia di religione26. Le banche, ovviamente, non sono rimaste lì a guardare e, a loro volta, con l'ausilio storico quanto sapiente dell'associazione di categoria hanno a tal punto sensibilizzato i politici di ogni colore e di ogni tempo che in favore delle stesse sono stati emanati nel breve volgere di un decennio un serie di provvedimenti legislativi diretti a sollevare le loro sorti di fronte al giudizio di una giurisprudenza non più come un tempo favorevole ad accogliere le loro, talvolta, invero suggestive tesi. E' accaduto così che ad ogni significativa pronuncia del giudice delle leggi, non a caso ha fatto seguito un provvedimento legislativo ««ad personas»» con il quale, giovandosi anche dell'astuto ricorso allo strumento dell'««interpretazione autentica»», ha risolto anche per il passato con un autentico colpo di spugna in favore delle banche i problemi a cui le medesime avevano dato causa27.
Il singolare fenomeno, non ascrivibile al mero caso, ha avuto modo di manifestarsi di recente con riguardo ai problemi posti dall'orientamento assunto da parte della giurisprudenza in materia di prescrizione dell'azione di restituzione con riferimento al conto corrente bancario di cui si è detto. Un invero solerte legislatore, a pochi giorni dalla pronuncia sul punto della Suprema Corte a sezioni unite28 ha emanato alla art. 2, comma 61, della legge n. 10 del 2011, di conversione del cd. Decreto Milleproroghe (D.L. 29 dicembre 2010 n. 225) che testualmente recita ««In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge»».
Chiaro il riferimento operato dal legislatore all'««annotazione»», che viene per la prima volta testualmente equiparata, sia pur a fini prescrizionali, al pagamento, in ossequio ed in adesione - si ignora sino a che punto consapevole- all'opinione della dottrina a cui innanzi si è fatto cenno.
Poco chiaro di contro, per quel che in seguito si dirà il diniego di restituzione di importi già versati.

4- Indubbiamente della novella balza subito agli occhi il peculiare rilievo assegnato dal legislatore all'annotazione sul conto corrente, annotazione a cui non aveva dato particolare significanza buona parte della giurisprudenza, ivi compresa quella di legittimità.
Le Sezioni unite da ultimo29 però, sollecitate sul punto, hanno affrontato per la prima volta in maniera più approfondita la questione affermando che l'annotazione in conto di interessi illegittimamente addebitati dalla banca al correntista, nel mentre determina un incremento del debito del correntista o una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ««in nessun modo si risolve in un pagamento»», in quanto ««non vi corrisponde alcuna attività solutoria del correntista medesimo in favore della banca»». L'annotazione illegittima determina- secondo i giudici della Suprema Corte - l'insorgere del diritto del correntista ad agire ««per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso»» e, ove al conto acceda un'apertura di credito bancario, l'azione potrà conseguire l'ulteriore scopo ««di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli»». Il correntista non potrà però agire mai ««per la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo»».
E' di chiara evidenza come la pronuncia in parola neghi, sia pur incidentalmente, la possibilità di agire in restituzione per il cliente di quanto indebitamente annotato su conto aperto al servizio di un'apertura di credito in essere anche nell'ipotesi siano stati effettuati dei veri e propri versamenti30, nella misura in cui gli stessi abbiano carattere meramente ripristinatorio della provvista, di cui al fido concesso con l'apertura di credito, e non solutorio di quanto dovuto per avere operato cd. allo scoperto.
D'altro canto, per quel che più ci interessa, i giudici di legittimità in parte escludono, sia pur per implicito, che nel conto corrente bancario si annotino ««somme e non crediti e che l'annotazione possa modificare ««in via immediata il saldo»», di cui il cliente ha il potere di disporre in ogni momento. In buona sostanza la banca registra con particolare riguardo all'apertura di credito in conto corrente, oltre alle poste modificative del credito, anche gli interessi e competenze che maturavano secondo le vecchie NUB trimestralmente, senza riferimento ad alcuna rimessa di pagamento. Quest' ultima, quando interviene, viene portata a deconto del capitale di credito, incrementando l'ammontare del deposito o la percentuale di utilizzo dell'importo affidato. Il saldo del conto viene così impropriamente influenzato dagli interessi appostati in conto dalla banca, che inducono una limitazione nella facoltà di maggior indebitamento, ma che non configurano un pagamento anticipato degli stessi. Il correntista potrà agire per ottenere una rettifica delle risultanze del conto, per recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti di fido concessogli, ma non potrà agire per la ripetizione di una rimessa ««annotata»» su conto affidato, poco importa se a seguito di effettivo versamento o da accredito per altra causa (bonifico da parte di terzi o ordine di accreditamento a seguito dell'intervenuta conclusione di un finanziamento ad esempio). Ciò in quanto la funzione ripristinatoria dell'entità dell'affidamento in essere a cagione dell'apertura di credito esclude la ricorrenza di un pagamento, che, in quanto tale, non ha ancora avuto luogo.
Tale azione di ripetizione- secondo la Suprema Corte- potrà essere proposta invece pure in pendenza di conto ««aperto»», acceso in funzione di una collegata apertura di credito in conto corrente, solo per i versamenti o gli accrediti che aventi natura solutoria del debito, immediatamente esigibile dalla banca in quanto generatosi per aver il cliente superato il limite del fido concesso.
In tali casi, onestamente in termini un po' contradditori rispetto al precedente assunto, la Suprema Corte riconosce all'annotazione in conto, sia pur per implicito, la natura non solo di operazione contabile, ma di vero e proprio pagamento, se è vero che l'importo solutoriamente annotato, fa insorgere il diritto alla ripetizione in chi all'evidenza si considera come solvens .

5-In questo contesto non pare cogliere il cuore del problema quella recente giurisprudenza31 che ha optato per una disapplicazione della novella ««interpretativa»» in tema di prescrizione sulla base della considerazione un po' affrettata - solo all'apparenza fondata sulla citata sentenza della Suprema corte32- secondo cui l'annotazione sarebbe ««operazione contabile meramente interna all'istituto di credito, peraltro, potenzialmente ignota al cliente. I diritti rivenienti da siffatta ««annotazione»» sarebbero del tutto estranei alla fattispecie sub iudice in quanto quest'ultima ««non attiene a posizione derivante dalla annotazione, bensì dal pagamento, quale inteso dalla richiamata sentenza che da detta operazione contabile nasca un indebito»». In buona sostanza proprio l'ancoraggio operato dal legislatore della novella ««interpretativa»» all' ««annotazione»» escluderebbe il sorgere dalla medesima di un diritto alla ripetizione immediatamente esercitabile ed assoggettabile in quanto tale a prescrizione.
Siffatto argomentare, peraltro non del tutto in linea con l'assunto sostenuto dalla S.C. in ragione delle considerazioni sopra svolte, individua nell' annotazione una mera ««operazione contabile»» e l'ascrive ad iniziativa unilaterale della banca del tutto sganciata dal contesto negoziale di riferimento (operazione bancaria in conto corrente) e dalla sfera di controllo del correntista.
Ma così non è. Invero le famigerate NUB pur sottoscritte dal cliente prevedevano all'art. 733 e prevedono sia pur con diversa articolazione34 ora l'autorizzazione al regolamento in conto delle operazioni in dare ed avere.
Alla luce di tali emergenze negoziali pare un fuor d'opera sostenere la totale estraneità alla sfera di controllo del cliente della prefata annotazione: la stessa interviene in forza di preventiva autorizzazione35 in tal senso rilasciata in favore della banca e patisce poi la successiva approvazione del cliente a seguito della mancata contestazione del conto. L'annotazione, lungi dall'essere una mera operazione contabile sganciata dalla sfera giuridica di chi ne patisce gli effetti favorevoli o sfavorevoli, si configura come atto esecutivo che trova la sua genesi proprio nella divisata tra le parti operazione bancaria in conto corrente. Essa trova pertanto la sua fonte regolamentare non solo nel contratto di conto corrente isolatamente considerato, ma nell'operazione bancaria medesima considerata nella sua unitarietà e quindi anche nell"apertura di credito36 o in altro contratto ««regolato»» .
In ragione di ciò l'annotazione, ferma la sua legittima incidenza nella sfera giuridica del cliente in virtù di esplicita previsione negoziale37, si configura a tutti gli effetti - con riguardo all'ipotesi più frequente dell'apertura di credito -come rappresentativa di una rimessa non equiparabile da un punto di vista dinamico e funzionale ad un pagamento, allorchè persegua una finalità ripristinatoria di una disponibilità concessa dalla banca con l' apertura di credito. Detta annotazione si configura ad ogni effetto come pagamento - come peraltro riconosce la recente giurisprudenza di legittimità38- , ove occorra anche a mezzo moneta scritturale in luogo di quella moneta legale 39, qualora assuma funzione solutoria del debito scaduto, esigibile e documentato sul conto a seguito di un utilizzo del medesimo al di fuori della disponibilità concessa ( cd. extrafido) ovvero in assenza totale di potere di disporre. Ciò può accadere qualora intervenga recesso dal contratto di apertura di credito40 con conseguente revoca dell'affidamento e del suddetto potere a mezzo del conto in essere ovvero in ipotesi di mancata conclusione di un contratto di apertura di credito correlato a quello di conto corrente ( si pensi al deposito bancario in conto corrente non affidato al cui titolare la banca consenta temporanee scoperture ).
La tesi che qui si sostiene trova la sua giustificazione, per così dire genetica, in una valutazione dei due contratti di apertura di credito e di conto corrente a mo' di un'unitaria operazione economica, peraltro fondata anche su di un dato letterale descrittivo inequivocabile: è invero uno dei pochi casi in cui è dato rinvenire dal legislatore un rinvio esplicito all'««operazione»». L'unitarietà dell'operazione, per come voluta dalla parti ed ancor prima dal legislatore, non può non essere foriera di effetti nella disciplina del rapporto. A prescindere dalle problematiche connesse con la stessa configurabilità dell'operazione economica come categoria giuridica, è innegabile il suo rilievo proprio con riferimento all'««operazione»» bancaria in conto corrente. Invero in questo caso la causa dalle parti perseguita in concreto va individuata appunto ««con riferimento al contesto dell'intera "operazione" negoziale nella quale il singolo atto si inquadra e della quale costituisce semplice strumento o modalità»»41.
Per conseguenza non pare opinione condivisibile, pur nella autorevolezza della fonte, quella secondo cui l'apertura di credito e il conto corrente sarebbero contratti a tal punto autonomi e distinti che il potere di disporre del saldo rinverrebbe la sua genesi esclusivamente nella disciplina del rapporto di conto corrente bancario, la cui efficacia tipica verrebbe appunto individuata ««nel regolare con annotazione e conseguente variazione del saldo disponibile i reciproci rapporti di dare ed avere»»42.
Deve in contrario rilevarsi che, se pur vero che tale assunto può trovare un appiglio letterale nell'art. 1852 c.c., non può essere revocato in dubbio che il potere di disporre degli importi affidati viene conferito al cliente a mezzo del contratto di apertura di credito43 eo di deposito44, la cui ««regolamentazione»» quanto all'utilizzo interviene giovandosi dell'ausilio di un conto corrente bancario appunto. Se così è il potere del correntista può essere configurato se ed in quanto a monte vi sia la costituzione della disponibilità di un determinato importo sul conto, in quest'ottica costituendo una necessitata conseguenza la possibilità di disporre del saldo di quel conto per come approvvigionato in forza dei contratti generatori di disponibilità o di provvista. Di ciò dà atto anche la dottrina che sostiene l'autonomia del contratto di conto corrente allorchè riconosce che ««il conto corrente non "corre" se su di esso non circola moneta»» e che ««le banche in pratica non "aprono" un conto corrente se il cliente non versa danaro o non gli viene concessa un'apertura di credito»»45.
Ecco che allora la reintegrazione della disponibilità del cliente operata a mezzo dell'annotazione, se da un canto è funzionale al riespandersi del potere di utilizzo della somma affidata o depositata, d'altro canto non è mai foriera dell'insorgere dei diritti di ripetizione dell'indebito. Ciò per elementare ragione che quella rimessa puntualmente annotata sul conto, valutata alla luce del complessivo e dinamico rapporto tra conto corrente ed contratto di provvista ( in esso ricompreso sia il deposito che l'apertura di credito o altro contratto generatore dell'approvvigionamento), non costituisce mai adempimento di un debito scaduto. Non lo è per l'ipotesi del deposito che genera comunque un credito di restituzione per il cliente, non lo è per l'apertura di credito, nella misura in cui l'utilizzo della somma affidata sino a revoca è mero esercizio del potere di disposizione conferito con la conclusione del contratto e giammai dunque situazione giuridica passiva. In ragione di ciò dal momento in cui la rimessa così circostanziata interviene con riguardo ad un conto ««affidato»» nei limiti dei reintegrazione della disponibilità concessa con il contratto di apertura di credito non potrebbe mai iniziare a decorrere alcun termine prescrizione del diritto del solvens alla ripetizione dell'indebito a seguito dell'annotazione della medesima.
Ma la prescrizione non decorre per un ulteriore ordine di ragioni.
Deve all'uopo rilevarsi che la novella ««interpretativa »» fa riferimento esclusivo ««ai diritti nascenti dall'annotazione»». Orbene pare doveroso chiedersi, avuto riguardo al tema della presente indagine se tra i diritti «« diritti nascenti dall'annotazione in conto corrente bancario»» possa ricondursi il diritto alla ripetizione dell'indebito di cui all'art. 2033 c.c. Indubbiamente nella misura in cui si equipari l'annotazione al pagamento il problema si pone e ciò accade con riguardo alla tesi in precedenza sostenuta con riferimento a rimesse su conto aventi funzione solutoria. Resta però da chiedersi, una volta riconosciuta alla ripetizione dell'indebito la natura di schema neutro sicchè è da escludere la sua riconducibilità ad un unico profilo giuridico strutturale46, se e fino a che punto il tempo del manifestarsi dell'antidoverosità del pagamento assuma rilievo al fine del computo del dies a quo. Il quesito non pare del tutto peregrino, qualora si tenga conto che nel caso di specie l'antidoversosità in parola si radica in una dichiarazione di nullità del giudice adito di una o più clausole contrattuali. In buona sostanza, ad esempio, in assenza di dichiarazione di nullità della clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui conti debitori non è luogo a parlarsi di azione di ripetizione. In tal caso però la dichiarazione di nullità non riguarderebbe l'annotazione che, in quanto mero atto esecutivo e non negozio47, sarebbe meramente inefficace. Al riguardo non è mancato chi ha individuato proprio nell'accertamento con sentenza della nullità del titolo sulla base del quale è stato effettuato un pagamento l'insorgere della legittimazione ad agire in ripetizione, per conseguenza individuando il termine di inizio della decorrenza ««dal passaggio in giudicato della sentenza medesima»»48. Si è all'uopo rilevato che ««prima di tale momento permane l'esistenza del titolo che aveva dato luogo al versamento della somma ed è esclusa la possibilità legale dell'esercizio del diritto»»49.
Ad onor del vero l'affermazione, pur agganciata ad un dato processuale inoppugnabile ( l'inammissibilità di un'azione di ripetizione fondata sulla nullità del titolo, prima che sia intervenuta una pronuncia che dichiari tale nullità), sembrerebbe provare troppo nella misura in cui renderebbe di fatto inapplicabile la previsione di cui all'art. 1422 c.c. Infatti la disposizione, pur affermando l'imprescrittibilità del diritto a far valere la nullità del negozio, fa comunque salva, tra l'altro, la prescrizione dell'azione di ripetizione50. Di contro non pare revocabile in dubbio che le azioni di caducazione del contratto, pur non identificandosi con le azioni di restituzione51, costituiscano l'antecedente logico-giuridico della pretesa restitutoria. Con ciò non si vuole negare l'autonomia tra le due azioni, atteso che l'obbligazione di restituzione da contratto nullo ««non è un mero riflesso materiale dell'azione diretta a far dichiarare la nullità del contratto»»52 in quanto rinviene la sua genesi non solo nella non debenza della prestazione, ma anche nell'intervenuta esecuzione della stessa. Deve rilevarsi però, al di là della autonomia o meno delle due azioni, come determinante ai fini della presente disamina è il fatto che non sia configurabile una legittimazione all'azione di ripetizione prima della caducazione del contratto53. Per conseguenza ricorre quell'impossibilità di far valere il diritto derivante da cause giuridiche, impossibilità alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impedivo della decorrenza della prescrizione54. Ovviamente a tutto ciò nulla aggiunge la circostanza che la banca nelle more della dichiarazione di nullità diligentemente abbia provveduto all'annotazione degli addebiti in forza di clausola nulla sul conto corrente: da quell'annotazione, mero atto esecutivo di una previsione negoziale nulla, non potrà derivare l'effetto salvifico ( per la banca) dell'anticipato decorrere della prescrizione. A quella data non poteva efficacemente impugnarsi l'estratto conto o richiedersi nella vigenza di una, ancora valida, previsione contrattuale la restituzione del maltolto.
Né in contrario si può opporre che la pronuncia di nullità di un negozio è di mero accertamento e per l'effetto «« ha portata ed efficacia retroattiva con caducazione dell'atto divenuto giuridicamente irrilevante fin dall'origine con conseguente definitivo venir meno della modifica della situazione giuridica preesistente»»55, in ciò rinvenendo formale ragione di un efficace decorso del termine per la prescrizione di un diritto non azionabile sino alla pronuncia caducatoria. Così opinando si fornirebbe del dato normativo un'interpretazione inammissibilmente orientata nella chiara violazione del diritto di difesa (art. 24 cost.) e di eguaglianza sostanziale (art. 3)56: il cliente non solo sarebbe costretto a subire nel corso del rapporto il danno da illecito conteggio della banca, unica titolare del diritto di «scrittura» o di ««annotazione »» che dir si voglia sul suo conto, ma potrebbe solo conseguire la vittoria di Pirro di un ( preliminare quanto imprescindibile) accertamento della nullità della previsione negoziale giustificatrice di tale conteggio, senza vedersi in conseguenza riconosciuto il diritto alla integrale restituzione di quanto malamente annotato proprio e solo in virtù di tale illecita previsione.

6-Lascia invero perplessi la previsione operata dal legislatore nella seconda parte delle disposizione oggetto di disamina allorché sancisce che in ogni caso non si faccia luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. La norma, che dà ancora una volta conferma dell'equiparazione del versamento all'annotazione, potrebbe sembrare prima facie diretta ad escludere la ripetizione di quanto eventualmente versato dalla banca in conseguenza del riconoscimento del diritto alla ripetizione esercitato dal cliente in forza della pregressa censurata ««interpretazione»»57. In realtà nella sua astratta generalizzazione non esclude affatto che il diniego di restituzione riguardi anche i versamenti su conto operati nel corso del rapporto da parte del cliente.
Proprio alla luce delle considerazioni che precedono in relazione al ruolo espressamente riconosciuto all'annotazione dalla novella, tale ulteriore previsione risulta dotata di una pervasiva incidenza su tutte le operazioni bancarie in conto corrente in essere o chiusi al momento dell'entrata in vigore della legge. Detta incidenza si apprezza soprattutto a danno del cliente, che sebbene ««titolare»» del conto, patisce - come e noto- la sua gestione con riguardo all'imputazione delle rimesse ed alla determinazione del saldo. Per il tramite della disposizione in esame il legislatore intende all'evidenza porre una pietra tombale sulle richieste di restituzione di importi ««versati»», che nella quotidiana prassi giudiziale non vedono come attori le banche.
Il precetto normativo risulta all'evidenza slegato dal dichiarato carattere interpretativo riconosciuto expressis verbis alla prima parte della disposizione in parola in ragione appunto di quel ««comunque»» , che priva anzidetto precetto da qualsivoglia funzione interpretativa assolta dalla prima parte in relazione alla disposizione di cui all'art. 2935 c.c. In buona sostanza il significato avversativo dell'avverbio ««comunque»» rende esplicita una volontà del legislatore di rendere non praticabile qualsivoglia istanza di restituzione di ««importi già versati»», senza distinzione alcuna tra banca e cliente. Se così è, ove pure si voglia ritenere che l'autoqualificazione come norma interpretativa, operata espressamente solo per la prima parte, riguardi nell'intenzione del legislatore anche la seconda parte della previsione in esame, invero sarebbe difficile negare che un siffatto precetto normativo abbia operato una vera e propria innovazione nella portata e nell'estensione58 del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente ««versato»» in relazione ad ««operazioni bancarie regolate in conto corrente»». Detto diritto, in via generale garantito dall'art. 2033 c.c., patisce a mezzo della previsione di che trattasi una prematura scomparsa, allorché trattasi di operazioni bancarie in conto corrente.
In forza delle considerazioni che precedono dovrebbe quindi escludersi il riconoscimento di un carattere interpretativo dalla disposizione censurata, ma tale conclusione sarebbe comunque per il solvens del tutto irrilevante, perché la norma in parola ha una chiara valenza retroattiva anche a prescindere da un suo efficacemente contestato carattere interpretativo, riguardando espressamente gli ««importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione»».
Altro problema è se la retroattività in esame sia o meno ««colorata»» nel caso concreto di incostituzionalità, ma di ciò in seguito.

7-Come è noto la novella, in relazione alla devastante incidenza su di un copioso contenzioso in corso, ha suscitato sin da subito dubbi di incostituzionalità e le relative questioni sono state tempestivamente sollevate da attenta giurisprudenza di merito59.
Alcune sintetiche premesse appaiono doverose .
In primo luogo, qualsivoglia questione di costituzionalità si intenda sollevare, pregiudiziale appare il superamento dell'argine dettato dalla possibilità interpretazione conforme a Costituzione. Come è noto si è da tempo consolidato nella giurisprudenza costituzionale l'orientamento secondo cui «di fronte a più possibili interpretazioni, allorché su nessuna di esse si sia formato il diritto vivente, il giudice rimettente deve far uso dei propri poteri interpretativi allo scopo di valutare, preventivamente, se esiste la possibilità di superare i dubbi di costituzionalità attraverso un'interpretazione adeguatrice della disposizione denunciata, che la renda conforme ai principi costituzionali»60.
Di poi si deve rammentare che, il principio di irretroattività della legge assurge a principio costituzionale soltanto in materia di leggi penali incriminatrici61. Conseguentemente è riconosciuta al legislatore il potere di intervenire anche su fattispecie, i cui effetti si sono già esauriti, introducendo regole del tutto nuove con efficacia retroattiva nell'acclarata insussistenza di limiti ulteriori rispetto a quelli normalmente posti dal sistema nei confronti del legislatore. Ciò non di meno il medesimo non può non essere soggetto anche in questo caso al rispetto dei principi costituzionali, tra cui particolare rilevanza assumono il principio di eguaglianza e di affidamento62 nonché il principio di ragionevolezza63. Proprio la stessa Corte costituzionale ha avuto anche di recente modo di affermare che ««l'intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche»»»64.
La valutazione della legittimità costituzionale della norma in relazione a siffatti principi in concreto poi prescinde dalla ricorrenza o meno di una previsione esplicita di retroattività ovvero se tale effetto è perseguito a mezzo di una norma, a cui il legislatore riconosce una funzione interpretativa di altra disposizione preesistente dalla scelta dichiaratamente retroattiva. In quest'ultima ipotesi troveranno egualmente applicazione suddetti principi ««anche al fine di assegnare a determinate disposizioni un significato riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario»»65. Solo sotto questo limitato aspetto con riguardo al giudizio di costituzionalità finisce con l'essere rilevante quoad ad effectum il profilo definitorio, se cioè nel caso concreto debba parlarsi di interpretazione autentica di norma previgente o di norma nuova con efficacia retroattiva. Peraltro proprio il ricorso all'interpretazione autentica è stato ritenuto dalla Corte ammissibile non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche «quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore»66. E' stata invece ritenuta incostituzionale la norma che propugni una soluzione interpretativa non prevedibile rispetto a quelle affermatesi nella prassi67.Certo è che però, qualunque sia la scelta operata da legislatore ««la norma successiva non può,

però, tradire l'affidamento del privato sull'avvenuto consolidamento di situazioni sostanziali»»68. Né in contrario possono addursi ««necessità di riduzione del contenzioso o di contenimento della spesa pubblica»»69 o per far fronte ad evenienze eccezionali70 .
Qui di seguito si affronteranno compatibilmente con i limiti della presente trattazione i profili di maggiore pregnanza.

8- La giurisprudenza che si è occupata della questione ha posto in luce come l'art. 2, comma 61, della l. n. 10/2011 avrebbe violato i limiti posti dalla Corte costituzionale con riguardo all'ammissibilità di una legge di interpretazione in quanto ««non vi era alcun dubbio interpretativo in ordine alla decorrenza della prescrizione dei diritti nascenti all'annotazione nelle operazioni bancarie regolate in conto corrente»»71. Si è poi, più opportunamente, specificato che non esistendo una norma (specifica) da interpretare non ricorrono i presupposti per l'esercizio del potere di legislazione a fini interpretativi. Invero si rileva ««l'assenza una norma che disciplini di per sé, in maniera specifica, la decorrenza della prescrizione con riguardo al contratto di apertura di credito, regolato in conto corrente»», sicché, in effetti, riuscirebbe difficile individuare una delle possibili opzioni esegetiche72.
Siffatto argomentare rinviene ulteriore linfa nel seguente ordine di considerazioni. Da un canto, anche alla luce dei più recenti orientamenti della Corte di Cassazione, il termine ««annotazione»» non equivarrebbe a ««pagamento»» ed attenendo la ripetizione dell'indebito in questo caso alla ripetizione di un pagamento, non avrebbe senso alcuno far decorrere il dies a quo dall'annotazione73. D'altro canto l'annotazione in conto corrente esula dalla sfera conoscitiva del cliente, il quale è reso edotto delle movimentazioni del proprio conto solo con la ricezione dell'estratto conto. Per l'effetto «chi non ha avuto conoscenza (né avrebbe potuto conoscere) dell'esistenza di addebiti in proprio sfavore, perché semplicemente annotati in conto e non anche comunicati, non è nelle condizioni giuridiche di esercitare qualunque pretesa restitutoria o di altra natura»74. Una simile interpretazione cozzerebbe con quanto previsto dall'art. 2935 c.c. che andrebbe interpretato anche alla luce delle norme regolatrici del diritto assoggettato a prescrizione75. In quest'ottica il giudicante, ritenendo in sostanza come unica interpretazione possibile quella propugnata dalla Suprema Corte a sezioni unite di cui si è detto76, sostiene corentemente la «« non includibilità della soluzione interpretativa prospettata tra quelle legittimamente traibili dalla disciplina complessiva dell'istituto (e conseguente irragionevolezza della norma de qua)»».
Indubbiamente la presupposta assenza di un contrasto interpretativo potrebbe influire sulla ragionevolezza di una disposizione che dovesse assumere come esistente un contrasto inesistente. In concreto però, pur riconoscendo la prevalenza dell'opzione interpretativa favorevole alla tesi della c.d. unitarietà del conto corrente, sia pur con taluni distinguo nell'ambito della stessa77, non può escludersi la ricorrenza di una diversa scelta ermeneutica, a cui sopra si è fatto cenno, sostenuta da parte autorevole dottrina 78 e fatta propria in alcune sentenze di merito79. Per conseguenza sotto il profilo della ragionevolezza della dichiarata opzione esegetica potrebbe non risultare censurabile la scelta di privilegiare un'opinione, sia pur minoritaria.
Del resto l'argomento della non equiparabilità dell'annotazione al pagamento appare un po' forzata, proprio alla luce della stessa giurisprudenza della Suprema Corte da cui si vorrebbe trarre sostegno. Per quanto sopra già evidenziato l'annotazione equivale a pagamento in tutte le ipotesi in cui l'operazione contabile rappresentata assurge ad una funzione solutoria e non ripristinatoria . A prescindere quindi delle definizioni, indubbiamente, quantomeno in tale ipotesi la dazione, con qualunque modalità adottata ( versamento, bonifico ecc.) equivale a pagamento in ragione della funzione solutoria a cui è destinata.
Un contributo all'idea dell'irrazionalità della scelta ermeneutica iussu principis non pare potersi ricavare individuando nell'annotazione una circostanza di fatto ««che esula dalla sfera conoscitiva del cliente, il quale è reso edotto delle movimentazioni del proprio conto, solo con la ricezione dell'estratto conto, primo atto con cui si attua il valore della conoscibilità delle competenze annotate in proprio favore dalla Banca»»80. Invero quello che conta ai fini della decorrenza della prescrizione non è tanto il concreto esercizio del diritto, ma l'astratta possibilità di esercitarlo. La prescrizione, ai sensi dell'art. 2935 c.c., comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, intendendo riferirsi con tale espressione alla possibilità legale di esercitare il diritto medesimo stante l'assenza di un impedimento giuridico, il quale soltanto impedisce il decorso della prescrizione81. In questo caso il cliente, che ha la possibilità di disporre del saldo in qualunque momento, a maggior ragione ( art. 1852 c.c.), ancor prima della scadenza del termine per l'invio dell'estratto, può prendere contezza della esistenza sul conto delle somme di cui intende disporre e delle annotazioni che l' hanno determinata.
Concludendo quindi sul punto non pare che le argomentazioni addotte in favore della incostituzionalità della norma di interpretazione autentica, pur nelle loro indubbia e suggestiva valenza, abbiano fondamenta tali da non consentire un'interpretazione costituzionalmente orientata atta a superare le prospettate censure.

9- Ulteriore e forse più fondato motivo di legittimità costituzionale della norma in parola è stato individuato nella violazione del principio di azione ex art. 24 Cost., in quanto, avendo la nuova disciplina impedito la ripetizione dei versamenti indebitamente eseguiti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, avrebbe così nella sostanza introdotto in via legislativa, il divieto di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte dal cliente alla banca82.
La norma invero soprattutto nella sua seconda parte, al di là delle alchimie possibili in ordine alla significanza del termine ««versamento»»83, il quale comunque ben può ricomprendere un pagamento con moneta scritturale ( a mezzo di bonifico ad esempio), in effetti determina l'irripetibilità degli ««importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione»» ,a prescindere dal titolo giustificativo dell'attribuzione e ciò anche nell'ipotesi di invalidità e persino di illiceità del medesimo. Da qui i giudici remittenti individuano un insanabile contrasto con il principio ««della indefettibilità della tutela giurisdizionale, quale caposaldo dello Stato di Diritto»»84 e di cui all'art. 24 cost.
Sul punto può condividersi l'opinione di chi esclude che per la nostra costituzione il diritto all'azione giudiziaria possa configurarsi ««come mero potere astratto di adire il giudice con la proposizione della domanda né un diritto astratto alla pronuncia tout court»»85. L'azione invece, configurata in concreto ed in proiezione soggettiva, non può identificarsi con il diritto ad un provvedimento giudiziale qualunque esso sia , ma deve intendersi come ««il diritto ad una attività giudiziale minima che si sviluppi in una serie di situazioni le quali, nel processo, sintetizzino il minimo necessario e sufficiente di poteri idonei ad ottenere un provvedimento decisorio»»86. Sotto questo profilo ««azione e difesa sono garanzie omologhe tendenti ad assicurare a priori ad entrambe le parti in lite la pluralità di chances nella determinazione dell'esito del giudizio, non potendo negarsi al cittadino il diritto di pretendere l'eguaglianza delle armi gli sia resa effettiva dalla rimozione di ogni ostacolo fattuale o giuridico capace di porla in pericolo e l'efficacia specifica della tutela concordata sia tale da soddisfare in concreto il bisogno di giustizia»»87.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale88 ««la garanzia costituzionale della difesa opera attribuendo la piena tutela processuale delle situazioni giuridiche soggettive nei termini e nelle configurazioni che a queste derivano dalle norme del diritto sostanziale»» 89. Per l'effetto quella garanzia trova quindi ««confini nel contenuto del diritto al quale e strumentale e si modella sui concreti lineamenti che questo riceve dall'ordinamento»»90 . Non pare dunque azzardato sostenere che nel caso concreto ««le norme sulla prescrizione, pur avendo una natura sostanziale»» producano ««i loro effetti sul piano processuale, atteso che invocando l'effetto estintivo delle stesse è possibile impedire ai titolari di diritti di ottenerne la realizzazione in via giudiziaria»»91, anche se , come è noto, con riferimento al diritto di azione si rischia sovente la confusione tra limiti sostanziali e limiti processuali92. In ogni caso anche quella giurisprudenza attenta ad evitare la confusione tra il piano sostanziale e quello processuale, non esclude in linea di principio la rilevanza della questione sollevata con riguardo a profili sostanziali come la prescrizione del diritto qualora «« potesse intendersi come potenzialmente incidente sulla concreta possibilità di agire per ottenere una tutela adeguata del proprio interesse»». Qui è innegabile che si sia fissato successivamente ««un termine per il compimento di un atto, la cui omissione importi un pregiudizio per una situazione soggettiva giuridicamente tutelata»»93. Pertanto nella garanzia di cui all'art. 24 della Costituzione non può non essere ricompresa la conoscibilità del momento iniziale di decorrenza del termine stesso94. Nel caso concreto tale conoscibilità del potere di richiedere la restituzione di quanto indebitamente versato era in ipotesi giuridicamente preclusa in quanto imposta da un legge per l'appunto successiva.
Certo è però che in questo caso il limite sostanziale posto all'esercizio della condictio indebiti non pare trovare giustificazione alcuna né nella ragionevolezza delle limitazioni, né nell'esigenza di tutela di interessi superiori 95. Quanto alla ragionevolezza occorre qui evidenziare che la medesima risulti esclusa dalla circostanza che in maniera del tutto arbitraria si è determinata una preclusione assoluta di agire,sia pur come conseguenza immediata e diretta di una previsione sostanziale, che andrà prevalentemente in danno della parte presumibilmente più debole del rapporto. Quanto alla ricorrenza di interessi superiori, pare potersi escludere in questo caso che l'interesse della banca a non restituire il maltolto possa qualificarsi come ««superiore»».
Forse più meritevole di attenzione appare la possibile riconduzione di tale interesse nell'ambito di cui all'art. 47 cost.96 ed al richiamo da questa norma operato al controllo dell'esercizio del credito da parte dello Stato. Invero uno dei settori in cui con maggiore efficacia e determinazione lo Stato è da sempre intervenuto nell'economia è proprio quello relativo all'esercizio del credito ed in particolare di quello esercitato professionalmente dagli intermediari finanziari, senza disdegnare sortite di più ampio spettro, sollecitato in tal senso anche da esigenze di ordine pubblico. Il controllo dell'esercizio del credito trova il suo riconoscimento di rango costituzionale nell'art. 47 cost. e la dottrina prevalente ha per lungo tempo ritenuto che detta norma altro non sia che una specificazione dell'art. 41 cost.97, con l'unica differenza rinvenibile nella circostanza che il Costituente avrebbe consentito la disciplina ed il controllo del credito anche attraverso il ricorso a strumenti diversi della legge. Di contro non è mancato chi ha individuato proprio nell'art. 47 cost. un prius rispetto all'art. 41 cost, ciò in quanto ««disciplina uno dei fattori antecedenti e condizionanti il fenomeno regolato dall'art. 41 »» ed ha sostenuto che l'iniziativa economica e la disciplina ed il controllo della funzione creditizia sarebbero due fenomeni economici diversi e nettamente distinti98. Attualmente, a seguito dell'avvento della legislazione comunitaria e dei connessi superiori principi della concorrenza, è intervenuta un'assimilazione definitiva tra l'imprenditorialità dell'attività bancaria e qualsiasi altra attività economica, sicché i principi-cardine della relativa disciplina non possono che desumersi necessariamente dall'art. 41 cost.99. Se così è, risulta onestamente difficile che una ciambella di salvataggio costituzionale possa essere lanciata alla previsione de quo dall'art. 47 cost. Ricondotta l'attività bancaria nell'alveo di cui all'art. 41 cost., non riteniamo possibile giustificare costituzionalmente una scelta che privilegi l'attività dell'impresa bancaria in danno in danno del ««risparmio »» del privato correntista consumatore o del cliente della banca se mai anch'esso imprenditore esercente un'attività economica meritevole di tutela.
Sulla portata ex se retroattiva della previsione che impedisce la richiesta di restituzione di quanto già ««versato»» si è detto in precedenza . Indubbiamente, proprio in ragione di ciò, la norma in questione risulta in chiara violazione del principio di giustiziabilità della situazioni giuridiche100, in quanto in effetti si è introdotto in via legislativa il divieto di ripetizione delle somme, indebitamente corrisposte»» da entrambi i contraenti. E' innegabile che ciò, come pure rilevato101, evidenzi l'assenza di qualsivoglia serio tentativo di ««contemperamento del diritto di azione, che è consacrato costituzionalmente, con altri valori di rango eguale o superiore»». In astratto il divieto attinge entrambi i contraenti, sia banca che cliente. In concreto ad essere danneggiato da siffatto divieto è soprattutto il cliente, il quale non è gestore del suo conto, ma mero soggetto passivo della gestione operata dalla banca sia pur con il suo preventivo consenso e, ove la stessa abbia trovato fondamento in pattuizioni nulle, sfugge alla ««sanzione »» dell'obbligo di restituzione, così generando un abrogazione di fatto dell'art. 2033 c.c.

10-La norma de qua è stata poi puntualmente censurata per violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza in quanto avrebbe introdotto, tra l'altro, un'inammissibile disparità di trattamento tra banche e utenti del sistema bancario. Invero, menomando i poteri di reazione processuale dei clienti, assicurerebbe un ingiustificato privilegio per le banche102.
Al riguardo va rilevato che «nel nostro sistema costituzionale non è affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione). Unica condizione essenziale è che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto»103.
Centrale se non pregiudiziale con riguardo a tale censura ci pare il travagliato tema del legittimo affidamento, con riguardo al quale la Corte costituzionale per diverso tempo ne aveva riconosciuta la rilevanza solo per tramite di altri principi costituzionali, la cui lesione diveniva in concreto l'unico strumento di valutazione dell'ossequio di tale canone104. Successivamente la Corte ebbe a mutare orientamento procedendo ad una valorizzazione in via autonoma del legittimo affidamento del cittadino. Il relativo principio fu enunciato nei termini seguenti: «Al legislatore ordinario, pertanto, fuori della materia penale, non è inibito emanare norme con efficacia retroattiva, a condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti [...]. Tra questi la giurisprudenza costituzionale annovera, come è noto, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti»105 .
In tal guisa il legittimo affidamento ha iniziato a vivere di luce propria svincolato del tutto dai legami con altri principi costituzionali, ««divenendo un autonomo parametro di legittimità costituzionale, enucleabile quale profilo specifico del canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost.»»106. In seguito tale specificazione si è ulteriormente attenuata nella giurisprudenza della Corte107 sino ad evitare persino il giudizio di bilanciamento tra gli interessi di pregio costituzionale in gioco. Si è giunto così a valutare in termini immediati e diretti l'insussistenza di ragionevoli motivi che giustifichino la frustrazione del legittimo affidamento dei cittadini, facendo così assurgere il canone in parola a vero parametro sostanziale del giudizio di costituzionalità108. In questo contesto la salvaguardia del legittimo affidamento sorge per la semplice circostanza delle preesistenza di una norma che lo ingeneri, a cui faccia seguito una nuova disciplina che ««muti retroattivamente il quadro normativo ove ha avuto origine la scelta del singolo»»109. Il che è puntualmente intervenuto nel caso che ci occupa dove, tra l'altro e per di più, si è verificato, da tempo un consolidamento110 dell'interpretazione giurisprudenziale e per conseguenza dell'aspettative dei clienti delle banche.
Giova infine rilevare che nel più recente indirizzo della Corte costituzionale il legittimo affidamento sia passato di grado divenendo da interesse (o valore) costituzionalmente protetto111 vero e proprio «principio generale»112, al pari della certezza giuridica, capace di permeare l'intero ordinamento e di andare oltre quella visione essenzialmente settoriale nella quale aveva avuto origine113. Si è opportunamente affermato che «l'intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche [...]. La norma successiva non può, però, tradire l'affidamento del privato sull'avvenuto consolidamento di situazioni sostanziali»114. La stessa Corte lo ha definito «immanente ed essenziale elemento dello stato di diritto»115 (, se non addirittura «indispensabile»116.
Proprio alla luce di queste più recenti pronunce non pare potersi revocare in dubbio che il legittimo affidamento del cittadino sia stato tradito dalla novella in parola in particolare con riguardo al divieto di ripetizione di quanto già versato al momento della sua entrata in vigore.

11-A tingere di dubbia costituzionalità la norma in esame sarebbe intervenuta anche la violazione dell'art. 111 Cost. sul c.d. giusto processo, sub specie della ««parità in armi»», ove si prenda in esame la sua portata retroattiva diretta a paralizzare i processi già pendenti alla data di entrata sua in vigore ed aventi ad oggetto proprio la ripetizione degli interessi passivi trimestralmente capitalizzati117. Sotto altro ma contiguo profilo l'incostituzionalità è stata oculatamente apprezzata con riferimento all'art. 117, comma 1, cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificata e resa esecutiva con la l. 4 agosto 1955, n. 848). Invero, il legislatore nazionale avrebbe promulgato una norma interpretativa, in presenza di un notevole contenzioso e di un orientamento consolidato della Corte di Cassazione sfavorevole alle banche, così violando il principio di «parità delle armi». Non parrebbero poi prefigurabili «ragioni imperative d'interesse generale» che consentano di escludere la violazione del divieto d'ingerenza in forza del quale, appunto, sarebbe vietato al legislatore di uno Stato contraente di interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie118.
Come è noto l'art. 6 CEDU che sancisce "il principio del diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, imporrebbe al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, di non interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie, attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per lo Stato parte del procedimento, salvo il caso di «ragioni imperative d'interesse generale»"119.
Sul punto non si può prescindere dal richiamo all'orientamento della Corte costituzionale120 secondo cui ««il principio dello Stato di diritto e le nozione di processo equo sanciti dall'art. 6 della Cedu vietano l'interferenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia destinata a influenzare l'esito di controversie in atto ma non vietano in assoluto interventi retroattivi dei legislatori nazionali»». Per l'effetto la Corte ritiene l'insussistenza di un principio secondo cui ««la necessaria incidenza delle norme retroattive sui procedimenti in corso si porrebbe automaticamente in contrasto con la Convenzione europea»». Gli è che però nel caso di specie, diversamente che nel caso sottoposto all'esame della Corte, l'intervento legislativo ha determinato ««una reformatio in malam partem di una situazione patrimoniale in precedenza acquisita»»121, in quanto, a seguito di tale intervento, sicuramente il cliente non potrà più chiedere la restituzione alla banca di quanto già versato indebitamente sino all'entrata in vigore della legge in parola. Di poi sembra difficilmente praticabile la via della deroga ai principi stabiliti dall'art. 6 Cedu individuabile nella ricorrenza di ragioni imperative di interesse generale 122. Nel caso di specie, tra l'altro parte ( necessaria) del procedimento non è lo Stato o altro ente pubblico, bensì una banca, la quale, per quel che in precedenza si è detto, agisce secondo una logica tipica di impresa, ma in regime di libera concorrenza, sicchè la sua libertà iniziativa economica e la tutela dei suoi profitti non paiono riconducibili nel novero di ragioni imperative di interesse generale.
Concludendo soprattutto con riferimento alla seconda parte della disposizione esaminata non pare revocabile in dubbio al sua rilevanza, atteso che il contrasto con l'art. 6 CEDU non pare all'evidenza componibile in via interpretativa. Per conseguenza, proprio in ossequio agli insegnamenti della Corte costituzionale123, il giudice remittente, nell'impossibilità di procedere all'applicazione della norma della CEDU in luogo di quella interna contrastante o di applicare una norma interna ritenuta a giusta ragione in contrasto con la CEDU, non poteva che sollevare- come ha sollevato- la questione di costituzionalità124.






1) Sulla categoria dei contratti di durata il richiamo è di obbligo a G. OPPO, I contratti di durata, in Riv. dir. comm., 1943, p. 174. Sulla rilevanza della durata ai fini connotativi del tipo contrattuale G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, p. 107. Sul rischio insito nei rapporti di durata F. MACARIO, Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto dei contratti: dalla presupposizione all'obbligo di rinegoziare, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 63 ss..
2) Per primo per la giurisprudenza di legittimità Cass., 16 marzo 1999, n. 2374, in Foro it., 1999, I, c.1153. Vedi poi do diverse altre pronunzie favorevoli: Cass., Sez. Un., 4 novembre 2004, n. 21095, in Foro it., 2004, I, c. 3294. In dottrina anticipano l'orientamento della Cassazione e della di poi prevalente giurisprudenza di merito: V. FARINA, Recenti orientamenti in tema di anatocismo, in Rass. dir. civ., 1991, p. 757; B. INZITARI, Convenzione di capitalizzazione trimestrale degli interessi e divieto d'anatocismo ex art. 1283 c.c. (nota a Trib. Vercelli, 21 luglio 1994), in Giur. it., 1995, I, 2, c. 408.
3) Come è noto, la giurisprudenza della Suprema Corte ha, da tempo, sul punto mutato indirizzo, pur ribadendo in astratto la validità della relatio, ne ha in concreto svuotato l'operatività così statuendo: «È legittima la clausola dei contratti di conto corrente bancario (stipulati prima dell'entrata in vigore della l. 17 febbraio 1992 n. 154), secondo la quale sono dovuti interessi convenzionali nella misura normalmente praticata dalle aziende di credito sulla piazza. È necessario, tuttavia, valutare se, nel singolo rapporto dedotto, sussistano elementi di qualificazione del cliente, idonei a determinare, senza successiva valutazione discrezionale da parte della banca, l'oggettiva determinazione del tasso d'interesse (oggetto di variazione nel corso del rapporto)» (Cass., 13 marzo 1996, n. 2103, in Giur. it., 1997, I, 1, c. 50). Conforme la giurisprudenza di merito; per tutte Trib. Bari, Sez. I, 20 luglio 2006, in Infoutet, 2006; Trib. Monza, 7 giugno 2006, in Infoutet, 2006.
4) Per un sintetico accenno vedi MESSINEO, Contenuto e carattere giuridici dell'apertura di credito, in Riv. dir. comm., 1925, I, p. 121; MOLLE, I contratti bancari, in Trattato di cir. civ. e comm., Cicu e Messineo, Milano, 1978., p. 231; MACCARONE, Le operazioni bancarie in conto corrente, in Giur. banc.(1985-1987), 6-7, Milano, 1989, p. 194; ROMANO, L'apertura di credito, in A.A.V.V., I contratti bancari. Problemi risolti e questioni ancora aperte, p. 84; più diffusamente V. FARINA, La determinazione giudiziale del credito bancario in conto corrente, in Banca, borsa tit. cred., 1999, p. 369 ss.; DOLMETTA e MUCCIARONE, nota a App. Lecce, 27 giugno 2000, in Contratti, 2001, 4, p. 376 ss. Solo di recente la questione della CMC è per così dire esplosa in giurisprudenza con un pullulare di decisioni sollecitate dall'orientamento rigoroso assunto dalle associazioni dei consumatori. La prima pronuncia che sull'argomento ha dato una trattazione compiuta è App. Lecce, 27 giugno 2000, cit.
5) Cass. 14 maggio 2005, n.10127, in Infoutet, 2007 .
6) In questi termini con riguardo, però, a somme pagate per canone eccedente quello determinato per legge vedi Cass., 14 marzo 1995, n. 2936 , in Arch. locazioni, 1995, p. 598.
7) La prima pronuncia sul punto della Corte di legittimità è oramai datata: Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, in Rep. foro it., 1984, voce Interessi, c. 1416, n. 15.
8) Sterminata la bibliografia che ha affrontato il tema in termini generali. Tra i contributi più recenti: C. CASTRONOVO, Abuso del diritto come illecito atipico ?, in Europa e dir. privato, 2006, pp. 1051 ss.; M. ATIENZA, J.R. MANERA, Illeciti atipici - L'abuso del diritto - La frode alla legge, lo sviamento di potere, Bologna, 2004, pp. 160; M. GESTRI, Abuso del diritto e frode alla legge nell'ordinamento comunitario, Milano, 2003; M. P. MARTINES, Teorie e prassi sull'abuso del diritto, Padova, 2006; M. MESSINA, L'abuso del diritto, Napoli, 2004, pp. 220; D. MESSINETTI, Abuso del diritto, in Enc. dir., Aggiornamento, II, Milano, 1998, pp. 1 ss. ; S. PATTI, Abuso del diritto, in Dig. civ., I, Torino, 1987, pp.1 ss.; G. PINO, Il diritto e il suo rovescio, Appunti sulla dottrina dell'abuso del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 2004, pp. 25 ss. ; P. RESCIGNO, L'abuso del diritto, Bologna, 2001 ed ancora prima ID., L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1965, I, p. 205 ss. In giurisprudenza di recente con riguardo al rapporto tra imprese in situazione di asimmetria di potere contrattuale Cass., 18 settembre 2009, n. 20106. Numerosissime le annotazioni della dottrina, tra le tante: in Nuova giur. civ., 2010, 3, 1, p. 231 ss., con nota di M.R. MAUGERI, Concessione di vendita, recesso e abuso del diritto. Note critiche a Cass. n. 20106/2009; ivi, con nota di C. SCOGNAMIGLIO, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell'interpretazione del contratto?); ivi, con nota di F. Viglione Il giudice riscrive il contratto tra le parti: l'autonomia negoziale stretta tra giustizia, buona fede e abuso del diritto ; ivi con con nota di M. ORLANDI, Contro l'abuso del diritto; in Corr. giur., con nota di F. MACARIO, Recesso ad nutum e valutazione di abusività nei contratti tra imprese: spunti da una recente sentenza della Cassazione; in Contratti, 2010, p. 5, con nota di G. D'AMICO, Recesso ad nutum, buona fede ed abuso del diritto; in Giur. comm con nota di L. DELLI PRISCOLI, Abuso del diritto e mercato, 2010, II, p. 834; in Foro it., p. 95 con nota di A. PALMIERI , R. PARDOLESI, Della serie «a volte ritornano»: l'abuso del diritto alla riscossa; con nota di F. SALERNO, in Giur.it., 2010, p. 809 ss., Abuso del diritto, buona fede, proporzionalità: i limiti del diritto di recesso in un esempio di jus dicere 'per principi.
9) Così F. ANGELONI, La ripetizione degli interessi anatocistici corrisposti sulla base di apposite clausole contrattuali anteriormente al mutamento di indirizzo della Suprema Corte che ne sanciva la legittimità, in Contratto e impresa, 2000, p. 1172 ss.
10) MAFFEIS, Anatocismo bancario e ripetizione degli interessi da parte del cliente, in Contratti, 4, 2001, p. 412 s.
11) In questi termini F. ANGELONI, op. cit., p. 1172 ss.
12) Così la giurisprudenza di legittimità meno datata Cass., 15 novembre 1994, n. 9624, in Rep. foro it, 1994, voce Indebito, c.111, n. 4.; Cass., 11 marzo 1987, n. 2525, in Giust. civ., 1987, I, p. 1967. In senso contrario Cass., 5 maggio 1956, n. 1427, in Rep. Foro it., 1986, voce Indebito, c. 1341, n. 2
13) Si pone il problema DE NOVA, Capitalizzazione trimestrale: verso un révirement della cassazione?, cit., p. 446. Per una soluzione affermativa, previa valutazione caso per caso MAFFEIS, Anatocismo bancario e ripetizione degli interessi da parte del cliente, cit., p. 413. In senso affermativo Trib. Torino, 13 marzo 2003, in Infoutet 2007, ove si afferma: «Non è soggetto a ripetizione ex art. 2034 c.c., in quanto obbligazione naturale, il pagamento spontaneo di interessi anatocistici non validamente pattuiti in un contratto di conto corrente bancario, con apposita clausola negoziale scritta - con accordo antecedente alla loro scadenza».
14) In questi termini con riguardo al pagamento da parte del cliente di interessi ultralegali invalidamente pattuiti: Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, in Rep. foro it., 1984, voce Interessi, c. 1416, n. 15. In dottrina sul punto per una valutazione caso per caso INZITARI, La moneta, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ., . dir. da Galgano, Padov , 1989, p. 269 ss.
15) Cass., 9 aprile 1984, n. 2262, cit. Sulla natura giuridica del contratto di apertura di credito ed in particolare degli atti di utilizzazione v.: FIORENTINO, voce Apertura di credito bancario, in Noviss. Dig. it., I, 1957, p. 676; SPINELLI, GENTILE, Diritto Bancario, Padova, 1984, p. 188; SERRA, voce Apertura di credito, in Dig. disc. priv., Torino, 1987, p. 156 e s.; MOLLE - DESIDERIO, Manuale di diritto bancario e della intermediazione finanziaria, cit., p. 151 ss.
16) In questi termini di recente App. Firenze, Sez. I, 23 marzo 2010; Trib. Roma, Sez. IX, 9 giugno 2009; Trib. Bari, 29 ottobre 2008, in Corr. merito, 2009, 1, p. 24; Cass. 14 maggio 2005, n.10127 in Impresa, 2005, p. 1590.
17) Cass. 14 maggio 2005, n.10127, cit.
18) Cass. Sez. Unite, 2 dicembre 2010, n. 24418, in dvd Infoutet 2011.
19) Sul punto: Trib. Roma, 20 settembre 1996, in Temi rom., 1997, II, con nota di PENNA, Capitalizzazione trimestrale ed anatocismo nel contratto di conto corrente bancario alla luce delle disposizioni del t.u. 38593; Trib. Roma, 14 aprile 1999, in Foro it., 1999, II, c. 2371; Trib. Roma, 26 maggio 1999, in Foro it., 1999, II, c. 2371; Trib. Lecce (ord.), 8 giugno 1999, ivi, c. 2371; Trib. Roma, 17 dicembre 1999, in Foro it., 2000, I, c. 456. Sulla stessa scia, ma con una diversa impostazione App. Torino, 7 maggio 2004, n. 741, ined.; Trib. Novara, 14 agosto 2006, in NovaraIUS.it, 2007; App. Brescia, 16 gennaio 2008, in dvd Infoutet. Trib. Mantova, 2 febbraio 2009, in Il caso.it.
20) Cass., 3 maggio 1999, n. 4389, in Banca borsa tit. cred., 2000, II, p. 505 con nota di BRIOLINI, Osservazioni in tema di libretti di deposito a risparmio sottoposti a sequestro penale e prescrizione del diritto alla restituzione.
21) P. FERRO-LUZZI, Lezioni di diritto bancario, Torino, 1995, pag. 162 ; ID., P. FERRO-LUZZI, Dell' anatocismo ; del conto corrente bancario e di tante cose poco commendevoli, in Rivista di Diritto Privato, 2000, , pp. 201, ss.; ID., P. FERRO-LUZZI, Le opzioni ermeneutiche dell'ambito semantico; l' anatocismo arriva alla Corte Costituzionale, in Rivista di Diritto Privato, 2000, 4, pp. 734, ss; ID. Una nuova fattispecie giurisprudenziale: "l' anatocismo bancario"; postulati e conseguenze, in Giur. comm., 2001, p. 5. Seguono l'insegnamento di Ferro-Luzzi: U. MORERA Sulla non configurabilità della fattispecie "anatocismo" nel conto corrente bancario, in Riv. dir. civ., 2005 p. 17 ss.; G. CABRAS, La capitalizzazione degli interessi nel conto corrente bancario: l' equivoco della sineddoche, in Giur. comm., 2000, I, p. 352 ss; D. MAFFEIS, Anatocismo bancario e ripetizione degli interessi da parte del cliente, in Contratti, 2001, p. 410.
22) In argomento ci sia consentito il rinvio a V. FARINA, Potere di disporre e negozio autorizzativo, in Vita not., 1999, p. 536 ss.
23) P. FERRO-LUZZI Una nuova fattispecie giurisprudenziale,cit., p. 7, che rileva: ««Ciò determina, appena il caso di precisare, una natura ed una portata radicalmente diversa nei due casi della "chiusura del conto"; nel conto corrente ordinario, quando l'annotazione ha l'effetto di "congelare" i crediti, la chiusura periodica del conto determina lo "scongelamento" dei crediti, e per compensazione e somma algebrica la quantificazione del saldo, che diviene allora un credito esigibile; nel conto corrente bancario, invece, il saldo disponibile si forma ad ogni annotazione, e la chiusura del conto - termine più ragionieristico che giuridico - significa soltanto che determinati crediti e debiti della banca (per interessi, commissioni, spese, crediti e debiti già sorti) divengono esigibili, e vengono "esatti" con l'annotazione, onde chiaro, ancora una volta e ancora di più, l'assoluta differenza dei fenomeni»».
24) U. MORERA, op. cit., p. 17 ss.
25) U. MORERA, op. cit., p. 17 ss.
26 P. FERRO-LUZZI Una nuova fattispecie giurisprudenziale, cit., p. 7
27) Il richiamo è d'obbligo alla disposizione di interpretazione autentica di cui all'art. 1 comma 1, della d.l. 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), conv. con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 24, secondo il quale "ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". L'incostituzionalità della suddetta disposizione è stata esclusa con ordinanza della Corte del 25 febbraio 2002, n. 29 pubblicata in Foro it., 2002, I, c. 933, con nota di PALMIERI; in Corriere giur., 2002, 609, con nota di CARBONE; in Giur. it., 2002, p. 997; in Cons. Stato, 2002, II, p. 177; in Contratti, 2002, p. 545, con nota di O. SCOZZAFAVA; in Giust. pen., 2002, I, p. 137, con nota di ANCORA; in Giur. it., 2002, p. 1125, con nota di GENTILI; in Riv. pen., 2002, p. 537; in Giust. civ., 2002, I, p. 869; in Giur. costit., 2002, p. 194 ss., con nota di OPPO, PASSAGLIA, FIADINO, DEFINA, DE BERNARDIN; in Guida al dir., 2002, fasc. 9, p. 55, con nota di FORLENZA; in Dir. e giustizia, 2002, fasc. 10, p. 20, con nota di GENTILI; in Dir. e pratica società, 2002, fasc. 6, p. 56, con nota di CRISTIANO, BELLUSCIO. Deve poi essere richiamatala previsione di cui art. 25, comma secondo del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342, in cui si stabiliva che le clausole anatocistiche contenute nei contratti bancari stipulati anteriormente alla ivi prevista ed delibera del CICR sono valide ed efficaci sino a tale data. La norma fu dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega dalla Corte cost. con ordinanza del 17 ottobre 2000, n. 425 (Giur. It., 2001, p.83). Infine la legalizzazione della prassi anatocistica è intervenuta il 9 febbraio 2000 con deliberazione del CICR, in esecuzione della delega prevista dal novellato art. 120 t.u..
28) Cass. Sez. Unite, 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
29) Cass. sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
30) Il che per quel che ci risulta costituisce un'autentica novità. In senso contrario riconosce in motivazione l'ammissibilità della domanda di restituzione formulata in corso di rapporto Trib Palermo, 14 febbraio 2006, in Adiconsum.inform.it
31) App. Ancona, 11 marzo 2011, in Il Caso. it .
32) Cass. sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
33) Lo riporta G. TARZIA, Il contratto di conto corrente bancario, Milano, 2001, p. 284.
34) Ad esempio vedi l'estratto delle Norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi della Banca popolare pugliese sul sito WWW.BPP.it che all'art. 6 della sezione Condizioni generali di contratto così recita: ««I rapporti di dare e avere relativi al conto, sia esso creditore o debitore, vengono regolati con identica periodicità pattuita ed indicata nel presente contratto, portando in conto, con valuta "data di regolamento" dell'operazione, gli interessi, le commissioni e le spese ed applicando le trattenute fiscali di legge. Il saldo risultante dalla chiusura periodica così calcolato produce interessi secondo le medesime modalità»».
35) Sull'autorizzazione in diritto privato v. in dottrina A. NATTINI, Il negozio autorizzativo, in Riv. Dir. Comm., 1912, I, p. 485 ss; A. AURICCHIO, Voce Autorizzazione (dir. priv), in Enc. dir., Milano, IV, 1959, p. 503; L. CARRARO, Contributo alla dottrina dell'autorizzazione, in Riv. trim., 1947, p. 289 ss.; V. FARINA , L'autorizzazione a disporre in diritto civile, Napoli, 2001. Per la dottrina tedesca W. LUDEWIG, Die Ermächtigung nach bürgerlichem Recht, Marburg, 1922. Più di recente in dottrina: G. DILCHER, in STAUDINGER - COING, Kommentar zum BGB, 12° ed., Berlin, 1979, Vorbem. 62 § 64, p. 629 ss.; H. KOHLER, BGB Allgemeiner Teil, 20 Aufl., Munchen, 1989, p. 231 ss; D. MEDICUS, Allgemeiner Teil des BGB, 4 Aufl., Heidelberg, 1990, p. 382 ss.; G. LEPTIEN, in Burgerliches Gesetzbuch, Allgemeiner Teil ( §§ 1 - 240), Stuttgart - Berlin - Koln - Mainz, 1987, I p. 1439 ss.; W. FLUME, Allgemeiner Teil des Burgerlichen Rechts, Das Rechtsgeschäft, 4 Aufl., Berlin - Heidelberg - New York, 1992, p. 902 ss.
36) Ipotesi quest'ultima dove ha avuto modo di manifestarsi in via prevalente la richiesta di restituzione di quanto indebitamente dovuto con riguardo all'anatocismo, ad interessi conteggiati con la nota modalità ««uso piazza»» ed alla commissione di massimo scoperto.
37) Un previsione in tal senso la si rinviene ad esempio nella disposizione dell'art. 7 NUB ed. 1995.
38) Sull'operazione economica in genere: A. D'ANGELO, Contratto e operazione economica, Torino, 1992; ID., Contratto e operazione economica, in I contratti in generale, Agg. 1991-1998 a cura di Alpa e Bessone, I, in Giur. sist. dir. civ. e comm., Torino, 1999, p. 257 ss.; ID., Operazione economica e negozi strumentali, ivi, p. 291 ss.; G. FERRANDO, Credito al consumo: operazione economica unitaria e pluralità di contratti, in Riv. dir. comm., 1991, I, p. 59; E. GABRIELLI, Il contratto e le sue classificazioni, in I contratti in generale a cura di E. Gabrielli, I, in Tratt. dei contratti Rescigno e Gabrielli, I, Torino, 1999, p. 48 ss.; ID., Il contratto e l'operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 93 ss.; ID., Mercato, contratto e operazione economica, in Rass. dir. civ., 2004, p. 1044 ss. In senso critico in ordine alla configurabilità ed alla stessa utilità della categoria G. VETTORI, Autonomia privata e contratto giusto, in Riv. dir. priv., 2000, p. 39. L'operazione economica viene definita - E. GABRIELLI, Il contratto e le sue classificazioni, in Riv. dir. civ., 1997, p. 719 ss.; ID. (a cura di), I contratti in generale, cit., p. 31 ss.- come ««sequenza unitaria e composta che comprende in sé il regolamento, tutti i comportamenti che con esso si collegano per il conseguimento dei risultati voluti e la situazione oggettiva nella quale il complesso delle regole e gli altri comportamenti si collocano»». Sull'argomento con riferimento al peculiare fenomeno delle reti di imprese: P. IAMICELI, Le reti di imprese: modelli contrattuali di coordinamento, cit., p. 153 ss.
39) P. FERRO -LUZZI , Il tempo nel diritto degli affari, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, p. 407 ss.
40) V. art. 1845 c.c. e N.B.U., ed. 1995, Norme per i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi, art. 6, comma 1, lett. c) ove testualmente si legge: " la banca ha la facoltà di recedere in qualsiasi momento, anche con comunicazione verbale, dall'apertura di credito, ancorché concessa a tempo determinato..."
41) Così B. TROISI, Appunti sull'astrattezza negoziale, in Rass. dir. civ., 1987, p. 404. Sulla necessità di orientare in tali sensi l'indagine causale tra gli altri: A. CATAUDELLA, Sul contenuto del contratto, Milano 1966, p. 320 ss; G.B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, pp. 371 s e 388 ss; C. DONISI, Il problema, cit., p. 236; C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 1984, p. 440. In giurisprudenza vedi: Cass., Sez. un. 11 gennaio 1973, n. 63, in Foro pad., 1974, I, c. 115, con nota di E BALESTRINI; più di recente Cass., 19 febbraio 2000, n. 1898, in Giust. civ., 2001, I, p. 2481 che ha avuto modo di affermare: "L'esigenza della valutazione «in concreto» della causa quale elemento essenziale del negozio si risolve nella sintesi degli interessi dei contraenti e, al tempo stesso, costituisce strumento di accertamento per il giudice ai fini dell'indagine intesa ad individuare la conformità a legge dell'attività posta effettivamente in essere". In maniera più esplicita con riguardo all'insorgere del diritto alla provvigione in tema di mediazione ed alla polizza fideiussoria vedi tra le altre rispettivamente: Cass., 9 aprile 2009, n. 8676, in CED, 2009; Cass.,16 settembre 2008, n. 23708, in Contratti, 2009, 1, p. 64.
42) P. FERRO - LUZZI Il tempo del diritto, cit., p. 408.
43) G. FERRI, Apertura di credito, in Enc. dir., IX, Milano, 1958, p. 601.
44) Di fatto l'anticipazione bancaria o il finanziamento o il mutuo determinano poi un deposito accreditato in conto corrente.
45) P. FERRO-LUZZI Una nuova fattispecie giurisprudenziale,cit., p. 8.
46) U. BRECCIA, La ripetizione dell'indebito, Milano, 1974, p. 16 ss.
47) Sull'inconfigurabilità dell'invalidità per i fatti giuridici diversi dagli atti negoziali v. in particolare R. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, p. 383; F. GAZZONI, L'attribuzione patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974, p. 25 e da V. SCALISI, , voce "Inefficacia (dir. priv.)", in Enc. dir., XXI, s.d., ma Milano, 1971, p. 330 ss.
48) Cass., 12 settembre 2000, n. 12038 in dvd Infoutet. In senso contrario si è rilevato che ««l'accertamento con sentenza della nullità del titolo, sulla base del quale è stato effettuato un pagamento, dà luogo a un'azione di ripetizione, cui fa riferimento l'articolo 1422 del c.c., di indebito oggettivo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data di pronuncia della detta sentenza bensì dalla data del pagamento effettuato al momento della stipula del contratto nullo, ossia dalla data alla quale retroagisce l'accertamento della nullità. La pronuncia di nullità di un negozio è infatti di mero accertamento e ha portata ed efficacia retroattiva con caducazione dell'atto divenuto giuridicamente irrilevante fin dall'origine con conseguente definitivo venir meno della modifica della situazione giuridica preesistente»» (Cass. 13 aprile 2005, n. 7651 in Guida dir., 2005, p. 55; conf. Cass. 9 luglio 1987 n. 5978 in Ced Cassazione).
49) Cass., 12 settembre 2000, n. 12038, cit.
50) Vedi V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. Iudica - Zatti, Milano, 2001, p. 847 ss.; F. GALGANO, Il negozio giuridico,in Tratt-. Cicu- Messineo, 1988, III, 1, Milano 2002, p. 246.
51) In giurisprudenza: Cass. 4 dicembre 1997, n. 12301, in Giur. it., 1999, p. 2052, che testualmente afferma:«« l'accoglimento dell'azione di ripetizione d'indebito postula che si deduca e dimostri l'obiettiva insussistenza del debito, non potendo l'istituto dell'indebito oggettivo riguardare l'adempimento di prestazione prevista in contratto senza che questo sia stato invalidato»» In senso conforme: Cass.., 22 aprile 1981, n. 2352 in CED Cassazione in tema di mutuo fondiario; Cass., 30 novembre 1985, n. 5986 in CED Cassazione in tema di indebito tributario. Vedi in argomento di recente E. MOSCATI, Caducazione degli effetti del contratto e pretese di restituzione, in Riv dir. civ. 2007, p. 435, il quale però ritiene che le azioni di caducazione di per sé non valgono a coprire l'area dell'azione di ripetizione.
52) Così, ancora, U. BRECCIA,voce Indebito (ripetizione dell'), in Enc. giur. Treccani, XVI, Roma, 1989, p. 4. In dottrina si è sottolineato più volte che l'azione di caducazione del contratto esaurisce la sua funzione nell'eliminazione del titolo che costituisce la fonte dell'obbligo del solvens, sicché è concettualmente distinta dall'azione di ripetizione: v., ad es., con grande chiarezza R. SACCO, Il contratto, in Tratt. dir. civ. it. diretto da Fi. Vassalli, s.d., ma Torino 1975, p. 945; V. SCALISI, voce Negozio astratto, nell' Enc. dir., XXVIII, s.d., ma Milano, 1978, p. 52 ss.
53) In argomento P. BARCELLONA, Note critiche in tema di rapporti fra negozio e giusta causa dell'attribuzione, in Riv. trim., 1965, pp. 43; U. BRECCIA, La ripetizione dell'indebito,cit., pp. 238-239; nonché E. MOSCATI, Del pagamento dell'indebito, in Comm. Scialoja - Branca, IV, Delle obbligazioni, sub artt. 2033-40, p. 150. Di recente sull'argomento E. MOSCATI, Caducazione degli effetti del contratto e pretese di restituzione, in Riv. dir. civ., 2007, p. 435 .
54) Da ultimo sull'impossibilità di far valere il diritto ai fini della decorrenza della prescrizione Cass.., 3 novembre 2010, n. 22358 in Resp. civ. on line, 2010, p. 12.
55) Così Cass. 13 aprile 2005, n. 7651, cit.
56) Sul dovere di orientare costituzionalmente l'attività ermeneutica costante è l'insegnamento della Corte nel senso della ricorrenza in capo al remittente di ricercare preventivamente un'interpretazione costituzionalmente orientata di ciascuna delle norme impugnate. Tra le tante: Corte cost. (Ord.), 5 marzo 2010, n. 85 in Sito uff. Corte cost., 2010; Corte cost. (Ord.), 13 giugno 2008, n. 208, in Sito uff. Corte cost., 2008. In argomento in dottrina per tutti RUOTOLO, L'interpretazione conforme a Costituzione nella più recente giurisprudenza costituzionale. Una lettura alla luce di alcuni risalenti contributi apparsi nella rivista "Giurisprudenza costituzionale", in AA.VV., Corte costituzionale e processo costituzionale nell'esperienza della rivista "Giurisprudenza costituzionale" per il cinquantesimo anniversario a cura di Pace, Milano, 2006, p. 913; F. MODUGNO, Sull'interpretazione costituzionalmente conforme, in AA.VV., Il diritto tra interpretazione e storia, Liber amicorum in onore di A.A. Cervati a cura di Cerri, Häberle, Jarvard, Ridola, Schäffer, Schefold, Roma, 2010.
57) Lo rileva Trib. Brindisi, sez dist. di Ostuni ( Ord.), 10 marzo 2011, in WWW.Giurisprudenza Salentina.it
58) Vedasi per significativo precedente l'art. 68, comma 7, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 in tema di contributo straordinario per le maggiori esigenze finanziarie conseguenti alla soppressione del Fondo di previdenza per i dipendenti dell'Enel e delle aziende elettriche private. Al riguardo Cass. 14 luglio 2009, n. 16415 la ha ritenuta norma modificativa ««nonostante l'autoqualificazione come norma interpretativa»».
59) Trib. Brindisi, sez dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit. ; Trib Benevento, 10 marzo 2011, in Il caso.it.
60) Così Relazione sulla giurisprudenza costituzionale nel 2008 del Presidente G.M. Flick, in occasione dell'udienza straordinaria del 28 gennaio 2009, a cura del Servizio Studi della Corte costituzionale, in www. cortecostituzionale. it, p. 40 ss. Per i richiami di dottrina e di giurisprudenza v. in nota 56.
61) Ex plurimis Corte cost., 26 giugno 2007, n. 234, in Riv. it. dir. lav., 2008, II, p. 24, con nota di A. VISCOMI, Il trasferimento del "personale Ata" dagli enti locali allo Stato: fine della storia. Più di recente in tema di retroattività dell'obbligazione contributiva Corte cost., 12 febbraio 2010, n. 48, in Dir. e pratica lav., 2010, p. 555.
62) Sovente tale principio ha trovato applicazione in materia tributaria ove frequente è il ricorso del legislatore all'emanazione di norme retroattive e di cd. interpretazione autentica. In argomento sul principio del legittimo affidamento come vincolo per il legislatore ad emanare norme retroattive in peius per il contribuente: LOGOZZO, La tutela dell'affidamento e della buona fede del contribuente tra prospettiva comunitaria e «nuova» codificazione, in Boll. trib., 2003, p. 1126 e segg. Con riguardo alle leggi tributarie di interpretazione autentica: MELIS, Interpretazione autentica, retroattività e affidamento del contribuente: brevi riflessioni su talune recenti pronunce della Corte costituzionale, in Rass. trib., 1997, 872 ss. In dottrina sempre sul tema AMATUCCI, L'efficacia nel tempo della norma tributaria, Milano, 2005, p. 107 ss..
63) Corte Cost., 2 febbraio 1988, n. 123, in Foro it., 1989, I, p. 652; Corte Cost., 25 luglio 1995, n. 376, in Cons. stato, 1995, II, p. 1271.
64) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24 in Urbanistica e appalti, 2009, p. 417. In senso conforme Corte cost., 28 marzo 2008, n. 74, in Fisco on line, 2008; Corte cost., 25 luglio 1995, n. 376 in Cons. Stato, 1995, II, p. 1271.
65) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.. In senso conforme: Corte cost., 26 giugno 2007, n. 234 in Sito uff. Corte cost., 2007.
66) Lo rileva puntualmente Trib. Brindisi, sez dist. Ostuni,10 marzo 2011, cit.. Significativi i precedenti in tal senso. Tra di essi si segnala in particolare Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525 in Fisco, 2000, p. 13473 che testualmente afferma: ««l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta, tra gli altri, al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati nella certezza dell'ordinamento giuridico, principio che trova applicazione anche in materia processuale e che nel caso di specie deve ritenersi violato in conseguenza della non prevedibilità della soluzione interpretativa adottata dal legislatore, rispetto a quelle affermatesi nella prassi»». In senso conforme: Corte cost., 7 luglio 2006, n. 274, in Sito uff. Corte cost., 2006; Corte cost., 26 giugno 2007, n. 234, in Sito uff. Corte cost., 2007; Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, in Urbanistica e appalti, 2009, p. 417.
67) Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525, cit.
68) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.; Corte cost., 8 maggio 2007, n. 156, in Sito uff. Corte cost., 2007.
69) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.; Corte cost., 23 luglio 2002, n. 374, in Giur. costit., 2002, p. 2769.
70) Corte cost., 30 gennaio 2009, n. 24, cit.; Corte cost., 13 ottobre 2000, n. 419, in Foro it., 2001, I, c. 1087.
71) Trib. Benevento, 10 marzo 2011,cit.
72) Trib. Brindisi, sez dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
73) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
74) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
75) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011,cit.
76) In questi sensi sia Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011,cit. sia Trib. Benevento, 10 marzo 2011,cit.
77) Cass. sez. un., 2 dicembre 2010, n. 24418, cit.
78) V. autori citati in nota 21
79) V. giurisprudenza citata in nota 19.
80) Trib. Brindisi, sez distaccata Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
81) Da ultimo Cass. 22 aprile 2010, n. 9620 in CED Cassazione, 2010.
82) Trib. Brindisi, sez. distaccata Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
83) Trib. Napoli, sez. dist. Frattamaggiore, 23 marzo 2011, ined.
84) Trib. Brindisi, sez. dist. Ostuni, 10 marzo 2011,cit.; conf. Trib. Benevento, 10 marzo 2011, cit.
85) P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO, Commentario alla costituzione italiana ( a cura di P. Perlingieri), Napoli, 2001, p. 134.
86) P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO,op. cit., p. 134.
87) L.P. COMOGLIO, Rapporti civili, in Comm. della cost., a cura di Branca, art. 24-26, Bologna-Roma, 1981, p. 51.
88) Corte cost., 8 luglio 1969, n. 118, in CED Cassazione, 1969; Corte cost., 16 gennaio 1975, n. 8 in CED Cassazione, 1975 in tema di obbligazioni solidali; Corte cost., 21 maggio 1975, n. 115, in CED Cassazione, 1975.
89) Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732, in Cons. Stato, 1988, II, p. 1156 e in Dir. e Pratica Lav., 1988, p. 2183.
90) Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732, cit.
91) Trib. Benevento,10 marzo 2011, cit. In senso contrario una datata pronuncia della Corte costituzionale, prendendo spunto dalla distinzione tra profili sostanziali e profili processuali ha affermato che «la prescrizione opera sul terreno sostanziale del diritto e non su quello della sua protezione processuale; pertanto, l'art. 2947 3° comma c. c., nella parte in cui fa decorrere, anche in caso di morte del reo, dalla data di estinzione del reato il termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, non viola il diritto di difesa di cui all'art. 24 cost.»» (Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732, cit.).
92) Lo rileva P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO,op. cit., p. 134.
93) Corte cost., 30 giugno 1988, n. 732,cit.
94) V. Corte cost., 6 luglio 1971, n. 159 in CED Cassazione, 1971; Corte cost., 14 gennaio 1977, n. 14, in CED Cassazione, 1977.
95) P. PERLIGIERI e F. CRISCUOLO,op. cit., p. 132.
96) Lo propone, sia pur sotto altro profilo , Trib. Benevento, 10 marzo 2011, cit.
97) In questi sensi per tutti V. SPAGNOLO VIGORITA, Principi Costituzionali sulla disciplina del credito, in Rass. dir. pubbl., 1962, p. 348 .Orientata in questo senso anche la giurisprudenza della S.C. che in una nota pronuncia ha avuto modo di affermare:«« L'esercizio dei pubblici poteri di disciplina, coordinamento e controllo nel settore del credito, di cui all'art. 47 cost., è coerente con gli interventi pubblici previsti dall'art. 41 cost. sull'attività economica affinché questa sia indirizzata e coordinata a fini sociali, analogamente a quanto avviene per altre attività economiche la cui natura privatistica è universalmente riconosciuta»» (Cass., sezioni unite penali, 23 maggio 1987, in Foro it., 1987, II, 481, con nota di G. GIACALONE, Vecchio e nuovo nella qualificazione giuridica dell'attività bancaria, in Corriere giur., 1987, p. 1067; in Banca, borsa tit. di cred., 1987, II, p. 545; in Giust. pen., 1987, II, p. 609). La tesi che alle aziende bancarie potessero essere imposte, con atti amministrativi, scelte aziendali capaci di realizzare una selezione nell'esercizio del credito coerente con gli obiettivi di politica economica espressi dal governo è legata alla configurazione dell'ordinamento creditizio come ordinamento sezionale la cui elaborazione si deve a M.S. GIANNINI, Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, cit., p. 105 ss., più compitamente definita successivamente in M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950. L'insigne autore è tornato in seguito più volte sull'argomento: M.S. GIANNINI, Gli elementi degli ordinamenti sezionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1990, p. 997 ss.; M.S. GIANNINI, Gli ordinamenti sezionali rivisitati (traendo spunto dall'ordinamento creditizio), in La ristrutturazione delle banche pubbliche, a cura di S. Amorosino, Milano, 1991; M.S. GIANNINI, Diritto pubblico dell'economia, IV ed., Bologna, 1993; M.S. GIANNINI, Il nuovo testo unico delle leggi bancarie e L'ordinamento sezionale del credito, in Le banche. Regole e mercato, a cura di S. Amorosino, Milano, 1994, p. 9 ss.
98) La tesi è sostenuta da F. MERUSI, Rapporti economici, in Comm. della Costit., a cura di Branca, III, artt. 45-47, Bologna - Roma, 1980, p. 183.
99) Nel senso che quando le attività di cui all'art. 47 cost. comportino l'adozione di interventi incidenti sull'attività di impresa, tali interventi debbano essere adottati nel rispetto dei principi di cui all'art. 41 cost.: A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, Milano, 1963, p. 354; D. SORACE, Il governo dell'economia, in Manuale di diritto pubblico, a cura di G. Amato e A. Barbera, Bologna, 1994, p. 925. Sul punto vedi anche a Cons. St., sez. IV, 29 settembre 1969, n. 434, in Foro it., 1969, III, c. 470; Cons. St., sez. VI, 7 dicembre 1988, n. 1314, in Foro it., 1989, III, c. 22.
100) Corte cost., 17 gennaio 2000, n. 10, in Giur. cost., 2000, 70, con nota di PACE, in Corriere giur., 2000, p. 315, con nota di CARBONE, in Danno e Resp., 2000, p. 381, con nota di COSTANZO, in Dir. Pen. e Processo, 2000, p. 211.
101) Trib. Brindisi, sez. distaccata di Ostuni,10 marzo 2011, cit.
102) Trib. Brindisi, sez. dist. di Ostuni, 10 marzo 2011,cit.
103) Corte cost., 26 luglio 1995, n. 390, in Giur. cost., 1995, 2818; Id., 2 luglio 1997, n. 211, ivi, 1997, p. 2121; Id., 28 dicembre 1990, n. 573, ivi, 1990, p. 3227; Id., 14 luglio 1988, n. 822, ivi, 1988, p. 3872.
104) Si è parlato, a tal proposito, di un «carattere necessariamente servente» dell'affidamento del cittadino rispetto agli altri principi costituzionali sostanziali, per esempio rispetto all'adeguatezza del trattamento previdenziale ex art. 38 Cost., alla garanzia del diritto di iniziativa economica ex art. 41 Cost., alla tutela dell'autonomia della funzione giurisdizionale ex art. 101, 103 e 108 Cost., cfr. P. CARNEVALE, «... al fuggir di giovinezza... nel doman s'ha piu certezza» (Brevi riflessioni sul processo di valorizzazione del principio di affidamento nella giurisprudenza costituzionale), in Giur. cost., 1999, p. 3645.
105) Cfr. Corte cost., 4 novembre 1999, n. 416, in Giur. cost., 1999, 3625, punto 6.1 del Considerato in diritto.
106) S. FAGA Alla ricerca della natura del legittimo affidamento: un gioco di trasparenze , in Giur. it., 2011,p. 33 ss. in nota a Corte cost., 1 aprile 2010, n. 124.
107) Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525, in Giur. cost., 2000, p. 4107.
108) P. CARNEVALE, Legge di interpretazione autentica, tutela dell'affidamento e vincolo rispetto alla giurisdizione, ovvero del ''tributo'' pagato dal legislatore-interprete ''in materia tributaria'' al principio di salvaguardia dell'interpretazione ''plausibile", in Giur. it., 2001, p. 2418.
109) S . FAGA Alla ricerca della natura del legittimo affidamento,; cit., p. 34.
110) Vedi con riguardo al formarsi del legittimo affidamento in relazione ad un' interpretazione consolidata : Corte cost., 11 giugno 1999, n. 229, in Giur. cost., 1999, p. 2071.
111) Così P. CARNEVALE, I diritti, la legge e il principio di legittimo affidamento nell'ordinamento italiano, in Giur. it., 2001, p. 19.
112) In ordine alla natura dei principi generali, D'ATENA, In tema di principi e valori costituzionali, in Giur. Cost., 1997, p. 3065; MODUGNO, voce "Principi generali dell'ordinamento", in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma, 1991, p. 3; SORRENTINO, I principi generali dell'ordinamento giuridico nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto, in Dir. e Società, 1987, 181; BOBBIO, voce ''Principi generali del diritto'', in Noviss. dig. it., XIII, Torino, 1966, p. 887.
113) Il punto di partenza è stato quello della materia pensionistica e previdenziale.
Nell''ordinamento comunitario al legittimo affidamento è stata da sempre riconosciuta una portata di carattere generale. In argomento v. per tutti: GIGANTE, Mutamenti nella regolazione dei rapporti giuridici e legittimo affidamento, Milano, 2008, p. 43; CASTORINA, Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 1998, p. 1193.
114) Corte cost., 6 novembre 2009, n. 282, in Giur. cost., 2009, 4377; Corte cost., 29 maggio 209, ivi, p. 1858; Corte cost., 9 novembre 2006, ivi, 2006, p. 379.; Corte cost., 1 aprile 2010 n. 124, in Infoutet, 2010.
115) Corte cost., 26 luglio 1995, n. 390, cit.; Corte cost., 2 luglio 1997, n. 211, ivi, 1997, p. 2121; Corte cost., 28 dicembre 1990, n. 573, ivi, 1990, p. 3227; Corte cost., 14 luglio 1988, n. 822, ivi, 1988, p. 3872.
116) Corte cost., 17 dicembre 1985, n. 349, in Giur. cost., 1985, p. 2408.
117) Trib. Brindisi, sez. dist. di Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
118) Trib. Brindisi, sez. dist. di Ostuni, 10 marzo 2011, cit.
119) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311 in Sito uff. Corte cost., 2010.
120) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit.
121) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit. Degna di nota sul punto della retroattività è Corte europea diritti dell'uomo, 6 ottobre 2005, n. 11810 (Giorn. dir. amm., 2006, p. 316) secondo cui ««in materia di responsabilità professionale, viola la Convenzione (L. n. 848/1955) la modifica legislativa dei criteri per la liquidazione del risarcimento dei danni derivanti da negligenza del personale medico o ospedaliero, qualora i nuovi criteri abbiano carattere peggiorativo e applicazione retroattiva»».
122) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit.
123) Corte cost., 26 novembre 2009, n. 311, cit.
124) Corte cost., 24 luglio 2009, n. 239, in Foro t., 2010, 1, c. 345.





















Scritti dell'Autore