Applicabilità all'assegno bancario della riabilitazione disciplinata dall'art. 17 l. 7 marzo 1996, n. 108
Pubblicato il 29/09/08 02:00 [Articolo 490]






Tribunale di Verbania 25 luglio 2008 - Pres. Est. Maria Serena Ricobono.
Assegno bancario - Protesto - Cancellazione del protesto dai registri informatici della Camera di Commercio - Applicabilità.
La riabilitazione disciplinata dall'art. 17 della L. 7 marzo 1996, n. 108 è rimedio generale, applicabile all'assegno bancario protestato quando il debitore abbia adempiuto all'obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subito ulteriore protesto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un reato di usura subito dal debitore medesimo.


Il provvedimento del Tribunale di Verbania, pur se adottato con una motivazione succinta e resa in calce all'istanza che lo ha introdotto, è molto interessante perché risolve un problema lasciato aperto dalle norme sulla cancellazione del protesto dai registri informatici tenuti presso le Camere di Commercio (ed è appena il caso di sottolineare l'assoluta rilevanza sociale ed economica del problema, considerando i gravi pregiudizi che normalmente il debitore protestato subisce proprio a causa dell'iscrizione nel pubblico registro).
I termini legislativi sono abbastanza semplici.
Il vigente art. 4 della L. 12 febbraio 1955, n. 77 (così come modificato da successivi interventi legislativi), infatti, così prevede: "Il debitore che, entro il termine di dodici mesi dalla levata del protesto, esegua il pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati, unitamente agli interessi maturati come dovuti ed alle spese per il protesto, per il precetto e per il processo esecutivo eventualmente promosso, ha diritto di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico di cui all'articolo 3- bis del decreto legge 18 settembre 1995, n. 381, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1995, n. 480". Come si vede, la norma prevede una forma di tutela molto rapida ed efficace per il debitore protestato che abbia pagato (non solo il capitale, ma ogni conseguente accessorio o spesa) entro i dodici mesi successivi dalla levata dal protesto. L'efficacia della tutela è assicurata dal quarto comma del medesimo articolo, ai sensi del quale - qualora la Camera di Commercio competente rigetti l'istanza (o ometta di decidere) - l'interessato può rivolgersi al Giudice di Pace del proprio luogo di residenza per ottenere un ordine di cancellazione (per di più con il procedimento molto rapido del rito del lavoro, regolato dagli artt. 414 e 438 c.p.c.).
Dalla lettura della norma, però, salta agli occhi una apparente lacuna: risultano infatti menzionati la cambiale ed il vaglia cambiario, ma non l'assegno bancario, che tuttavia può essere soggetto a protesto ed a pubblicazione sul registro informatico e che - pare superfluo rilevarlo - è strumento di adempimento delle obbligazioni di generalissima diffusione (nella prassi commerciale attuale, probabilmente di diffusione maggiore rispetto a quella della cambiale o del vaglia cambiario).
Una simile esclusione ha sollevato critiche in dottrina (cfr. Carrato, Riflessioni essenziali sulla modificata disciplina delle pubblicità dei protesti, in Giur. merito, 2001, 6, 1472) ed è persino giunta al vaglio della Corte Costituzionale, la quale però l'ha ritenuta legittima (cfr. Corte Cost., 14 marzo 2003, n. 70, in Foro it., 2003, I, 993), giustificandone la ratio sulla base della "peculiare natura dell'assegno bancario quale mezzo di pagamento", il quale "continua ad essere (art. 31 del r. d. n. 1736 del 1933) immediatamente presentabile per il pagamento ed al momento della presentazione deve sussistere la provvista. Va ritenuto conseguentemente - continua il Giudice delle Leggi - che appartiene alla discrezionalità del legislatore collegare all'assenza della provvista al momento della presentazione taluni effetti lato sensu sanzionatori, quali la levata del protesto e l'irrogazione della penale del 10%, e postergarne altri (sanzione pecuniaria ed inibizione) allo spirare del "termine di grazia", in tal modo, da un lato, favorendo l'adempimento, sia pure tardivo, dell'obbligazione portata dal titolo, ma anche, dall'altro lato, continuando ad attribuire rilevanza giuridica all'assenza della provvista al momento della presentazione".
Rimane tuttavia evidente una differenza di trattamento che, se anche avallata dalla Consulta sul piano strettamente giuridico, appare poco giustificata dal punto di vista socio-economico e della giustizia sostanziale.
Presso le stesse Camere di Commercio è peraltro invalsa la prassi di cancellare il protesto dell'assegno bancario dal registro informatico solo dove il debitore abbia ottenuto la riabilitazione prevista dall'art. 17 della L. 7 marzo 1996, n. 108 (cd. legge anti-usura); tale norma infatti così prevede: "Il debitore protestato che abbia adempiuto all'obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subìto ulteriore protesto ha diritto ad ottenere, trascorso un anno dal levato protesto, la riabilitazione. La riabilitazione è accordata con decreto del presidente del tribunale su istanza dell'interessato corredata dai documenti giustificativi".
La soluzione parrebbe semplice e ragionevole, se non fosse che alcune decisioni giurisprudenziali avevano negato la riabilitazione al debitore protestato per l'assegno bancario, a meno che questi non fosse anche soggetto passivo del reato di usura, argomentando tale interpretazione sulla base della collocazione sistematica della norma all'interno della L. 7 marzo 1996, n. 108 (cfr. ad es. Trib. Busto Arsizio, 27 gennaio 2003, in Giur. merito, 2003, p. 849 e Trib. venezia, 12 febbraio 1998, ivi, 1998, p. 617).
Il provvedimento qui pubblicato del Tribunale di Verbania si pone invece in un diverso filone interpretativo, secondo il quale la riabilitazione disciplinata dall'art. 17 della L. 7 marzo 1996, n. 108 è rimedio generale, applicabile all'assegno bancario protestato quando il debitore abbia adempiuto all'obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subìto ulteriore protesto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un reato di usura subito dal debitore medesimo. La motivazione del provvedimento pubblicato richiama infatti l'art. 17 della L. 7 marzo 1996, n. 108, dando atto della prova documentale di tutti i presupposti per l'accoglimento dell'istanza (pagamento integrale, decorso del termine annuale dalla levata ed assenza di protesti ulteriori).
Per concludere, è appena il caso di sottolineare che una differente interpretazione porrebbe fondati dubbi di incostituzionalità. E' evidente infatti che l'unico mezzo di tutela possibile, per il debitore che abbia subito protesto per un assegno bancario, rimane la riabilitazione ai sensi dell'art. 17 della L. 7 marzo 1996, n. 108, e che dunque - laddove questa fosse negata con un'interpretazione restrittiva - si verificherebbe una disparità di trattamento di difficile giustificazione ai sensi dell'art. 3 Cost. La stessa Corte Costituzionale, nel precedente sopra citato, ha evidenziato come la scelta di escludere l'applicazione dell'art. 4 della L. 12 febbraio 1955, n. 77 per il protesto dell'assegno bancario è giustificata solo nella misura in cui si ritenga applicabile, per questa ipotesi, la riabilitazione disciplinata dall'art. 17 della L. 7 marzo 1996, n. 108 (Corte Cost., 14 marzo 2003, n. 70, in Foro it., 2003, I, 993, cit., la quale ritiene legittima l'iscrizione nel registro dei protesti solo "per il tempo necessario per la riabilitazione, di cui all'art. 17 della legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura)").
Anche in dottrina si riconosce ormai pacificamente l'applicabilità dell'istituto della riabilitazione, osservando che "con la l. 7 marzo 1996, n. 108, è stata prevista, in generale, la possibilità, per il debitore protestato che abbia adempiuto successivamente all'obbligazione non onorata e non sia incorso nella levata di altri protesti entro un certo lasso temporale, di ottenere la riabilitazione" (Carrato, Riflessioni essenziali sulla modificata disciplina delle pubblicità dei protesti, in Giur. merito, 2001, 6, 1472, cit.).
L'interpretazione giurisprudenziale seguita dal provvedimento pubblicato del Tribunale di Verbania è infine conforme a quanto stabilito dalla giurisprudenza di merito più attenta, secondo la quale: "la previsione dell'art. 17 l. 7 marzo 1996 n. 108, in tema di riabilitazione a favore di chi abbia subito protesto, si applica anche in caso di protesto di assegni" (Trib. Roma, 19 agosto 1998, in Giur. it., 1999, 2084; conforme Trib. Venezia, 23 aprile 1998, in Giur. merito, 1998, 617: "Il pagamento dell'obbligazione per cui fu levato il protesto e la decorrenza del termine di un anno dall'ultimo protesto sono condizione necessaria e sufficiente per la riabilitazione ai sensi dell'art. 17 l. 7 marzo 1996, n. 108').
Un'ultima annotazione sul piano strettamente applicativo: la decisione del Tribunale di Verbania riguarda la levata di sei protesti, avvenuta nell'arco ravvicinato di alcuni giorni, confermando l'orientamento per cui l'esistenza di più protesti successivi non osta alla riabilitazione, qualora trascorra un anno dall'ultimo protesto senza che ne siano stati levati altri (sul punto la giurisprudenza si era già pronunciata, affermando che: "La riabilitazione di cui all'art. 17 l. n. 108 del 1996 ("Disposizioni in materia di usura') può essere concessa anche al debitore pluriprotestato che - trascorso un anno dall'ultimo protesto - dimostri di avere adempiuto a tutte le obbligazioni per le quali i protesti sono stati levati e di non avere subito altri protesti. In tal caso la relativa domanda, anche in presenza di più protesti, può essere contenuta in una sola istanza e dalla stessa prende vita un unico procedimento e la riabilitazione può essere concessa con un unico decreto": così Trib. Pescara, 24 settembre 2007, in Red. Giuffrè, 2007; conforme Trib. Vibo Valentia, 20 marzo 1997, in Giust. civ., 1997, I, 1961).





















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