Il concordato preventivo con continuità aziendale negli appalti e subappalti pubblici
Pubblicato il 15/12/14 02:00 [Articolo 446]






Sommario: 1. Inquadramento generale. - 2. Condizioni per la partecipazione alle gare pubbliche. 3. Concordato preventivo con continuità aziendale ed esecuzione dell'appalto pubblico aggiudicato ad un'impresa in bonis. - 3a. Impatto sui pagamenti contrattuali - 4. Condizioni per l'ottenimento dell'autorizzazione di subappalti pubblici - 5. Concordato preventivo con continuità aziendale ed esecuzione del subappalto pubblico autorizzato a favore di un'impresa in bonis. - 6. Conclusioni.



1. L'introduzione del concordato preventivo con continuità aziendale (art. 186 -bis della Legge fallimentare) ha imposto la modifica della disciplina dei contratti pubblici dal punto di vista dei cd. requisiti generali di cui all'art. 38 del D. Lgs. 163/06 (d'ora innanzi il Codice dei contratti pubblici), vale a dire delle condizioni soggettive di affidabilità morale e professionale che devono essere accertate, senza soluzione di continuità:
negli appalti, a seconda della tipologia della gara aperta o ristretta, rispettivamente, dalla data di scadenza del termine per la presentazione dell'offerta o della domanda di partecipazione sino al compimento della prestazione dedotta nello specifico contratto;
nei subappalti dalla data di presentazione della domanda di autorizzazione sino al compimento della prestazione dedotta nello specifico subcontratto.
Ha imposto, in particolare, la contestuale modifica della lett. a)4, la quale, come noto, nella sua formulazione originaria (che sul punto riproduceva lo stesso contenuto precettivo delle disposizioni abrogate) fissava quale prima condizione soggettiva la solidità economico-finanziaria delle imprese che aspiravano ad ottenere nel settore pubblico l'aggiudicazione di un appalto o l'autorizzazione a proprio favore di un subappalto ovvero la conduzione dei relativi contratti.
Prevedeva infatti come causa di esclusione dai suddetti procedimenti amministrativi lo stato di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo o la pendenza del relativo procedimento, assimilando dunque la condizione di crisi a quella di insolvenza.
Tenuto conto che anche l'esercizio della capacità negoziale da parte della pubblica amministrazione è strumentale alla cura in concreto dell'interesse pubblico sotteso al singolo contratto, quindi al conseguimento del fine che con il contratto si intende perseguire, si comprende che la ratio della disposizione in esame risiedeva nella necessità di scongiurare che l'eventuale stato di crisi potesse compromettere l'esatto adempimento delle obbligazioni dedotte nello specifico appalto o subappalto e quindi pregiudicarne il sottostante interesse pubblico.
La stessa ratio spiega le ragioni per le quali negli appalti e subappalti di lavori di importo superiore ad € 150.000,00, la solidità economico-finanziaria stessa condiziona, a monte dei procedimenti di affidamento degli appalti e subappalti pubblici, anche il rilascio dell'attestazione SOA che documenta la capacità tecnico-organizzativa (cd. requisiti speciali) delle imprese le quali aspirano ad ottenere i relativi contratti, previo accertamento degli elementi sintomatici di siffatta capacità specificati nell'art. 79 e seguenti del D.P.R. 207/10 (d'ora innanzi il Regolamento)6.
In altri termini, gli appositi organismi accreditati dall'ex Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, confluita dal 25/06/147, nell'Autorità Anticorruzione (d'ora innanzi l'Autorità), ai sensi dell'art. 78 del Regolamento, prima ancora di accertare la capacità tecnico-organizzativa di cui si è appena detto, devono accertare, in capo all'impresa che ha sottoscritto con uno di loro il cd. contratto di qualificazione, il possesso dei requisiti di cui all'art.38 in esame.
In quest'ultimo procedimento il possesso di tali requisiti deve essere accertato, senza soluzione di continuità, dalla data di stipula del relativo contratto di qualificazione sino alla data del rilascio dell'attestazione SOA e deve permanere sino alla scadenza dell'attestazione stessa, che è quinquennale alla condizione del superamento della verifica triennale finalizzata all'accertamento, fra l'altro, proprio del mantenimento dei requisiti generali.
Per far emergere questa complessità di impatto del concordato in esame sulle varie procedure sottese agli appalti e subappalti pubblici, chi scrive ritiene opportuno richiamare l'attenzione sugli appalti e subappalti di lavori pubblici di importo superiore alla suddetta soglia, fermo restando che le conclusioni logiche sono in realtà coerenti anche con gli appalti/subappalti di servizi e forniture e con gli appalti/subappalti di lavori di importo inferiore alla suddetta soglia, essendo accomunati dai medesimi requisiti generali e connotati da requisiti speciali che, sebbene accertati dalle stazioni appaltanti, sono sostanzialmente analoghi a quelli sottoposti al vaglio degli organismi di attestazione.
Come si vede si tratta di una norma basilare del sistema degli appalti pubblici, in tutti i suoi variegati aspetti.
E' stata quindi sufficiente la riformulazione dell'art. 38 lett. a) citata mediante l'introduzione della deroga al divieto di contrarre (direttamente o indirettamente) con la pubblica amministrazione espressa con l'inciso "salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n.267" per consentire il rilascio dell'attestazione SOA anche in capo all'impresa in concordato preventivo con continuità aziendale, sempre che la crisi finanziaria non abbia ridotto o addirittura compromesso del tutto la capacità tecnico-organizzativa sopra descritta a seguito per esempio del drastico ridimensionamento dell'organico e/o dei mezzi d'opera, e per modificare contestualmente le regole dell'aggiudicazione degli appalti pubblici, dell'affidamento dei subappalti e dell'esecuzione dei rispettivi contratti.
Tenuto conto che il possesso di siffatta attestazione costituisce condizione necessaria e sufficiente per l'affidamento e la conduzione appunto dei contratti d'appalto e di subappalto di lavori pubblici cd. sopra soglia, sotto il profilo però della dimostrazione dei requisiti speciali, appare evidente che le questioni connesse al rilascio dell'attestazione stessa, essendo risolte dal competente organismo di attestazione a monte della partecipazione alle gare pubbliche o dell'affidamento del subappalto non hanno alcuna incidenza sulle relative procedure.
Tenuto conto altresì che fra tali questioni rientra anche la dimostrazione della capacità tecnico-organizzativa derivante dall'esperienza indiretta, vale a dire di quella "ereditata" da un'altra impresa che le ha ceduto, affittato, conferito la propria azienda o uno specifico ramo, si comprendono le ragioni per le quali, a ben vedere, solo il concordato connotato dalla prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del debitore (cd. concordato diretto) determina, nel settore pubblico, un impatto rilevante ai fini dell'aggiudicazione di un appalto e dell'affidamento di un subappalto.
Ciò detto, la modifica "chirurgica" dell'art. 38 in esame, operata mediante l'introduzione dell'inciso di cui si è detto ed in vigore dall'11/09/1210 nel rispetto dell'impostazione generale della normativa sugli appalti pubblici, ha creato con la tecnica del rinvio dinamico un "link" per cui ogni volta che cambia il 186- bis della Legge fallimentare cambiano le regole che governano le procedure degli appalti e subappalti pubblici.
Lo scopo è evidente: il rilancio e lo sviluppo dell'economia nazionale, che costituiscono gli obiettivi del Decreto 83 in esame, passano inevitabilmente attraverso il risanamento delle imprese. Indicativa in tal senso è la rubrica del Capo III "Misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali" nel quale è inserito l'art.33 sopra citato. Per molte di tali imprese il risanamento stesso può essere conseguito proprio attraverso l'affidamento di un appalto o di un subappalto pubblico. Ed è per questo che gli appalti possono concorrere a determinare il successo delle procedure di composizione negoziale delle crisi d'impresa, nei modi che verranno esaminati.
E' utile precisare che la "deviazione" della normativa degli appalti pubblici sulle norme della Legge fallimentare, opportunamente revisionata, come recita la rubrica dell'art.33 in trattazione, allo scopo di favorire la continuità aziendale, ha cambiato in qualche modo i rapporti fra le diverse normative poste storicamente su piani paralleli, destinati quindi a non incontrarsi mai.
A tal proposito, giova ricordare che l'unico punto di formale contatto è da sempre rappresentato dall'art. 81 - comma 311 - della Legge fallimentare, che, però, anche nell'attuale formulazione, continua a disciplinare la sorte del contratto d'appalto pubblico, a seguito della dichiarazione di fallimento dell'impresa appaltatrice, rinviando all'applicazione della normativa di settore. Sembra quasi che abbia voluto riconoscere la prevalenza di quest'ultima, vista l'immanenza dell'interesse pubblico sotteso ad un appalto pubblico in tutte le relative fasi, compresa quella esecutiva e la natura e complessità degli interessi che comunque ruotano intorno a siffatto interesse.
La data di entrata in vigore (11/09/12) delle regole di partecipazione ad una gara pubblica di un'impresa in concordato con continuità aziendale ha segnato quindi una svolta nei suddetti rapporti, anche se essi sono rimasti sostanzialmente improntati sulla prevalenza delle regole degli appalti pubblici, motivata dalla necessità di garantire l'esatto adempimento delle obbligazioni dedotte nello specifico appalto o subappalto e quindi di conseguire il sottostante interesse pubblico.

2. Non è un caso quindi che, sin dalla prima formulazione dell'art.186- bis, il legislatore ha inteso coniugare la finalità di risanamento aziendale con le esigenze di celerità e certezza insite nella procedura di evidenza pubblica ponendo la propria attenzione sull'ammissione al concordato (che gli operatori del settore degli appalti devono leggere nel significato implicito di esclusione dello stato di fallimento, come meglio si vedrà da qui a breve) e sui seguenti adempimenti finalizzati a fornire alle stazioni appaltanti strumenti di garanzia integrativi di quelli tradizionali (depositi provvisori e definitivi a seconda delle fasi delle procedure d'appalto):
relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lettera d) attestante la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;
dichiarazione di un altro operatore, che, essendo in possesso dei requisiti di carattere generale e speciale richiesti per lo specifico affidamento dell'appalto, si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per l'intera durata del contratto, le risorse necessarie alla relativa esecuzione e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso di fallimento dichiarato nel corso della gara ovvero dopo la stipula del contratto d'appalto o comunque in ogni caso in cui essa sia nell'impossibilità di adempiere in maniera piena ed esatta alle obbligazioni dedotte nel contratto d'appalto stesso.
Non è un caso nemmeno che questi istituti sono stati confermati dalla Legge del 21/02/14 n. 912 di conversione con modifiche del D.L. del 23/12/13 n. 145, che, mediante l'introduzione del comma IV 13, si è limitata a prescrivere, ai fini della partecipazione alla gara, l'autorizzazione del Tribunale che quindi sembra sommarsi all'ammissione e agli altri adempimenti di cui si è detto.
Così non è.
Anche se il IV ed il V comma dell'art. 186- bis disciplinano entrambi le condizioni alle quali è consentita la partecipazione alle gare pubbliche, lasciando trasparire una formale contraddizione, l'intrinseco contrasto può essere risolto in chiave storico-normativa.
E' perciò opportuno esaminare prima il V comma e poi il IV.
L'ammissione, come si è detto, rileva come rassicurazione che l'impresa non è insolvente e perciò non è stata dichiarata fallita. A tal proposito, è opportuno ricordare che l'art. 38 lett. a) del Codice dei contratti pubblici, come si è detto, prevede come prima causa di esclusione proprio il fallimento dichiarato o pendente.
La relazione del professionista finalizzata a certificare la capacità di adempimento contrattuale rappresenta un'attestazione speciale rispetto a quella prevista ai fini della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo in continuità aziendale, prescritta allo scopo di rassicurare la committenza pubblica anche in ordine all'affidabilità tecnico-economica del concorrente potenzialmente contraente ed esecutore del futuro appalto.
Il suddetto rapporto di specialità si riflette dal punto di vista del contenuto nel senso che sia la conformità al piano che la ragionevole capacità di adempimento, oggetto di attestazione ai fini della partecipazione alla gara, si devono ovviamente intendere quali specificazioni di quella generale. Basti per esempio riflettere che se in via generale il piano concordatario è ritenuto fattibile dal professionista, vi deve essere necessariamente la ragionevole capacità di adempimento misurata tenendo conto dei presupposti e delle condizioni la cui ricorrenza renderebbe legittima la risoluzione in danno di cui all'art. 136 del Codice dei contratti.
In altri termini, tenuto conto che tale norma (da taluni intesa quale residuale esercizio del potere autoritativo in ambito gestionale) consente il travolgimento unilaterale del rapporto contrattuale senza dunque l'intermediazione del giudice14, nei casi di cattiva esecuzione dei lavori tale da compromettere la buona riuscita degli stessi e di ritardata ultimazione dei lavori medesimi, evidentemente tale da non risultare più compatibile con l'interesse sotteso all'appalto e quindi risarcibile mediante l'applicazione della penale da ritardo, l'attestazione in esame deve rassicurare circa la ragionevole capacità di adempimento in ordine alla qualità e ai tempi di esecuzione dell'appalto.
Solo per inciso si fa rilevare che la conformità al piano presuppone ovviamente la redazione del piano stesso, che perciò esclude la compatibilità con gli appalti pubblici del concordato con riserva, come sottolineato dall'Autorità con la determinazione n.3/14 "poiché la presentazione del piano e' presupposto per l'applicabilità dell'art.186 bis l.f., le domande di concordato "in bianco" non risultano idonee, di per se'', a permettere la prosecuzione dell'attività da ciò deriva che tale ipotesi costituisce causa ostativa per la qualificazione nonchè presupposto per la soggezione dell'impresa al procedimento ex art.40, c.9-ter del codice per la perdita del corrispondente requisito".
Ciò detto, la dichiarazione di un altro operatore evoca l'istituto comunitario dell'avvalimento che, introdotto nel nostro ordinamento giuridico attraverso l'art.49 del Codice dei contratti pubblici, consiste nel prestito in tutto o in parte dei requisiti necessari ai fini della partecipazione ad una gara pubblica, che all'occorrenza consente all'appaltatrice ausiliata di eseguire in proprio la prestazione appaltata.
In realtà, se ne differenzia profondamente: non si tratta di una mera facoltà ma di un obbligo da adempiere anche qui necessariamente in vista della partecipazione ad una gara pubblica ma allo scopo di garantire il subentro dell'impresa ausiliaria in ogni caso in cui il concorrente/aggiudicatario non sia in grado di eseguire la prestazione, per intervenuto fallimento o per qualsiasi altra ragione.
Quindi l'impresa ausiliaria, in deroga alla regola che connota l'avvalimento facoltativo, si obbliga a sostituirla nei casi di impossibilità da parte sua a condurre i lavori, rimediando in tal modo al sopravvenuto venir meno dei relativi requisiti.
Di fatto duplica in sede di gara i requisiti già posseduti per intero dall'impresa ausiliata, visto che la necessità di subentrarle e quindi di eseguire in proprio la prestazione appaltata può insorgere imprevedibilmente in qualsiasi momento del ciclo dell'opera dal procedimento di scelta del contraente alla relativa ultimazione.
In altri termini, il debitore concordatario è obbligato ad utilizzare l'istituto dell'avvalimento, sebbene sino alla dichiarazione dell'eventuale fallimento, egli sia, ai sensi di legge, in possesso dei requisiti di partecipazione alla gara pubblica.
Oltre che "obbligatorio", sembra trattarsi di un'ipotesi di "avvalimento esecutivo".
Nella contraddittorietà della qualificazione si coglie subito la difficoltà di inquadramento dell'istituto in esame che, pur consentendo, come quello di derivazione comunitaria, la partecipazione alla gara, è finalizzato alla soluzione dei problemi pratici connessi all'eventuale inadempimento contrattuale dell'appaltatore.
Sotto il profilo finalistico, appare assimilabile alla supplenza che era prevista, in via generale, nel nostro ordinamento giuridico sino agli anni sessanta15, sebbene con riferimento esclusivo alle fattispecie ostative alla conduzione dell'appalto insorte dopo la stipula del contratto medesimo.
L'appaltatore, in sede di stipula del contratto, era tenuto infatti a designare un supplente che, assumendosi in via sussidiaria le sue stesse obbligazioni, garantiva — salvo diversa valutazione discrezionale dell'Amministrazione committente — in qualità di parte negoziale la "immediata continuazione" del rapporto contrattuale al ricorrere di determinate condizioni, fra le quali il fallimento.
In caso di fallimento quindi il supplente (cd. secondo appaltatore) diventava titolare dei rapporti giuridici pregressi e di quelli discendenti dal contratto d'appalto, ove l'amministrazione non avesse ritenuto di sciogliere unilateralmente il vincolo. Nel caso contrario, non si dubitava che la gestione contrattuale proseguisse sino al completamento dell'opera, senza soluzione di continuità, tanto che la norma in esame escludeva espressamente (II comma) la necessità di formalizzare la consegna o altri atti, al di fuori della dichiarazione dell'Amministrazione.
La norma, dunque, garantiva, in deroga alla Legge fallimentare, intervenuta successivamente, la sopravvivenza del contratto d'appalto mediante la fictio iuris di una fattispecie contrattuale unitaria (nonostante la duplicità dei soggetti privati), che rendeva irrilevante nei confronti della stazione appaltante la vicenda estintiva del contratto medesimo rispetto al fallito e novativa nei confronti del supplente.
L'avvalimento in esame copre invece anche quelle intervenute nel corso della procedura di gara e quindi antecedentemente alla suddetta stipula. Ciò nonostante, rimane un istituto del tutto diverso dall'avvalimento facoltativo, stante la marcata finalità esecutiva che lo assimila, come si è detto, alla supplenza, senza tuttavia reintrodurla quasi come se il legislatore si fosse in un certo senso autolimitato nell'esercizio del potere normativo, visto che non si stava occupando della materia degli appalti.
In questa chiave interpretativa sembrano spiegabili le ragioni per le quali la norma in esame appare chiaramente espressiva di un compromesso: da una parte non può reintrodurre la supplenza ma da quell'altra deve rifletterne i contenuti in un istituto che in qualche modo le somigli.
Sotto il primo profilo, si comprende la necessità di definire il contenuto della dichiarazione di avvalimento, sotto il secondo profilo quella di disporre l'applicazione dell'avvalimento facoltativo (art. 186-bis comma 5 lett. b, rispettivamente I e II periodo).
A ben vedere, alla luce di un'interpretazione logico-sistematica di siffatti periodi, si può ragionevolmente concludere che, fermo restando la specialità della dichiarazione in esame rispetto a quella generale di cui all'art.49, dell'avvalimento facoltativo si applica la disciplina residuale: regime delle esclusioni e della responsabilità solidale radicata sulla stipula del contratto di avvalimento e sulla dichiarazione indirizzata all'amministrazione committente.
Al momento preme sottolineare il regime delle esclusioni.
Le imprese ausiliata ed ausiliaria configurano una fattispecie soggettiva unitaria (proprio come la supplenza) che aiuta a comprendere le ragioni per le quali l'avvalimento in esame sembra anche una deroga all'interpello progressivo degli altri partecipanti all'originaria procedura di gara, finalizzato alla stipula di un nuovo contratto per l'affidamento dei lavori di completamento, alle medesime condizioni economiche del fallito, dunque, in perfetta continuità contrattuale ed economica con lo stesso (art. 140 del Codice dei contratti).
Sembra anche una semplificazione della relativa procedura, visto che il consenso è preventivo e non deve essere sorretto dal progetto di completamento e dalla stipula di un nuovo contratto perché, a ben vedere, si tratta più propriamente di una vicenda successoria la quale si svolge nell'ambito dello schema giuridico della novazione soggettiva, novità assoluta per l'impresa singola nelle fasi di gara e di esecuzione.
In entrambi i casi la sostituzione automatica dell'ausiliata con l'ausiliaria — resa possibile dalla sottoposizione ai medesimi controlli e alle eventuali conseguenze sanzionatorie — preserva, senza soluzione di continuità, lo status giuridico conseguito dall'operatore economico nel singolo procedimento di evidenza pubblica o dopo la stipula del contratto, legittimando l'impresa ausiliaria rispettivamente a stipulare il relativo contratto e quindi a condurre in via esclusiva i lavori ovvero ad assumere da un certo momento in poi la conduzione dei lavori stessi sino a quel momento eseguiti ovviamente dall'ausiliata. Tale conduzione deve essere intesa anche nel senso del coordinamento delle imprese subappaltatrici, visto che il sub-ingresso nei relativi contratti costituisce un effetto naturale della vicenda novativa che investe il contratto principale.
È soprattutto in quest'ultimo caso che meglio si spiega il regime della responsabilità solidale a cui si faceva cenno sopra. Proprio perché l'ausiliaria è coobbligata solidale16 con l'appaltatrice ausiliata si deve ritenere che essa abbia interesse a subentrarle quanto prima in modo da evitare nella migliore delle ipotesi l'applicazione della penale da ritardo se non addirittura il risarcimento dei danni subiti medio tempore (furti e atti vandalici, deterioramento dei mezzi d'opera e dei materiali).
Ciò detto, la ratio legis risiede quindi nella necessità di preservare in sede di gara l'equilibrio economico fondato sulla media delle offerte presentate, fra gli altri, dal debitore concordatario ed in sede esecutiva il buon andamento dei lavori, visto che il fallimento sopravvenuto del debitore stesso determina, come ritenuto dalla dottrina e giurisprudenza prevalenti17, lo scioglimento ope legis del relativo contratto.
L'avvalimento obbligatorio rappresenta, dunque, al ricorrere delle altre condizioni di legge, lo strumento che consente all'impresa singola in concordato preventivo in continuità aziendale la partecipazione ad una gara pubblica garantendo la stazione appaltante circa il compimento dei lavori nel corso, come si è detto, dell'intero ciclo dell'opera.
Ai sensi del comma 5, anche l'impresa riunita può avvalersi di un'impresa ausiliaria esterna o interna alla compagine associativa.
Questa conclusione, si ricava dall'interpretazione logico-sistematica dell'espressa conferma del comma precedente e dalla facoltà riconosciuta all'operatore associato di presentare la dichiarazione di avvalimento di cui alla lettera b).
Tale facoltà a sua volta sembra confermare il principio per cui di norma l'avvalimento in senso stretto proviene da un operatore terzo per soccorrere l'impresa singola, consorziata o associata. Laddove quest'ultima intenda invece avvalersi, ai fini dell'esecuzione della prestazione, di un'altra impresa associata, la disposizione in esame fissa la duplice condizione che essa però non rivesta la qualità di mandataria e che le altre imprese associate non siano assoggettate ad una procedura concorsuale.
In altri termini, nell'ambito di un'associazione temporanea d'impresa (d'ora innanzi A.T.I.) è consentita la partecipazione di una sola impresa che, diversa dalla mandataria, possa versare in una situazione di crisi conclamata. Tutte le altre quindi devono essere solide dal punto di vista economico-finanziario, altrimenti, anche nel caso in cui solo un'altra non lo fosse, in assenza di un'impresa ausiliaria terza, ne deriverebbe l'esclusione dalla gara dell'A.T.I. nella sua interezza.
La salvaguardia dell'equilibrio della gara e del buon andamento dei lavori nel caso di concorrente associato viene affidato ad un regime molto più stringente di quello sopra descritto quasi come se esso fosse finalizzato anche alla salvaguardia della solidità dell'A.T.I. stessa spiegabile senz'altro nel caso di fallimento dichiarato nel corso del procedimento di gara, in considerazione dell'intera prestazione da eseguire per conto dell'associata concorrente prima e fallita poi.
Non è facile comprendere il suddetto regime nel caso di fallimento dichiarato in fase esecutiva dal momento che la prosecuzione nel rapporto contrattuale sarebbe comunque garantita dalla novazione soggettiva di cui all'art. 37 - comma 19 - del Codice dei contratti il quale per l'appunto obbliga il mandatario all'esecuzione diretta, fra gli altri nel caso di fallimento di un'associata e di omessa designazione di un associato o di altro operatore economico estraneo alla compagine associativa, munito dei requisiti di qualificazione adeguati alla parte del contratto rimasta ineseguita.
Si può ragionevolmente ritenere che la prescrizione della solidità di tutte le associate, con l'unica eccezione rappresentata dall'impresa in crisi, sia finalizzata ad aumentare le chance di successo di siffatta novazione soggettiva proprio per il tramite di una di esse o comunque a rendere effettiva la loro responsabilità solidale18 che, con maggiore o minore intensità, connota rispettivamente le A.T.I. orizzontali e verticali.
In questa prospettiva interpretativa si spiega inoltre la ragione per la quale la dichiarazione di avvalimento obbligatorio possa provenire anche da un operatore facente parte dell'organismo associativo.
Sul piano della partecipazione alla gara ne consegue un eccesso di qualificazione dell'associata ausiliaria che per rendere effettiva la dichiarazione di avvalimento deve possedere i requisiti relativi alla propria prestazione e a quella dell'associata ausiliata. Anche se siffatto eccesso trova la sua giustificazione nella necessità di prevenire le conseguenze derivanti dall'inadempimento di quest'ultima, esso sembra comunque irragionevole se si considera che in termini probabilistici si deve ritenere molto più concreto il rischio dell'inadempimento dell'impresa in concordato in continuità aziendale in fase esecutiva, già presidiato dall'art. 37 - comma 19 - di cui si è detto che nel disciplinare la novazione soggettiva ha imposto la dimostrazione dei requisiti speciali tarati sulla prestazione residua.
È paradossale dunque che per rimediare ad una vicenda concreta abbia imposto solo il possesso dei requisiti necessari e sufficienti per il completamento della prestazione ineseguita mentre per prevenire un rischio ipotetico il legislatore abbia imposto invece la dimostrazione del possesso integrale dei requisiti.
Ciò induce a ricercare la ratio di questa specifica norma nella necessità di consentire la modifica soggettiva dell'A.T.I. in fase di gara, visto che essa, come noto, è da sempre vietata.
L'estensione della medesima regola in sede esecutiva è la conseguenza inevitabile dell'eventuale ed imprevedibile sopravvenienza della dichiarazione di fallimento.
Per concludere sulla norma relativa all'avvalimento obbligatorio nell'ambito o meno di un'A.T.I vi è da chiedersi infine se, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 10/10/13, il riferimento all'operatore ausiliario espresso al singolare sia la conseguenza del divieto di avvalimento plurimo, oggi rimosso dalla sentenza stessa. Se così è allora si deve ritenere, in via interpretativa, che la dichiarazione di avvalimento possa essere anche in tal caso presentata da più operatori economici ausiliari.
In questo quadro, occorre ricordare che, a dispetto della chiara volontà del legislatore di acquisire in sede di gara l'ammissione alla procedura di concordato in esame, si è subito sviluppato il notorio dibattito giurisprudenziale in ordine alle effettive regole della partecipazione: alcune sentenze hanno sostenuto la sufficienza della domanda di concordato in continuità, altre la necessità dell'ammissione.
La riforma di febbraio 2014 con l'introduzione del IV comma ha inteso chiudere il suddetto dibattito giurisprudenziale, prescrivendo l'autorizzazione del Tribunale19, sul presupposto implicito che, ai sensi dell'art.161 - comma 7 - della Legge fallimentare, la partecipazione ad una gara pubblica deve ritenersi un atto di straordinaria amministrazione.
In altri termini, il legislatore ha ritenuto insufficiente la presentazione della sola domanda, eccessiva la pretesa dell'ammissione e quindi ha introdotto l'autorizzazione come soluzione intermedia che, ad avviso di chi scrive, sembra una sorta di giudizio di ammissione, che, sebbene anticipato alla specifica gara, è comunque fondato sugli stessi atti previsti dagli artt. 161 e 186- bis citati.
Non potrebbe essere diversamente: il diniego dell'autorizzazione sarebbe infatti già sintomatico di un'imminente dichiarazione di fallimento, che, escludendo nel corso dell'espletamento della procedura di gara il primo dei requisiti generali di cui si è detto metterebbe a repentaglio la media delle offerte.
Ciò detto, ci si chiede se si tratti di istituti di partecipazione cumulativi o alternativi.
Sono cumulativi nel senso che l'autorizzazione, fermo restando che deve essere allegata alla domanda di partecipazione se la domanda di concordato è precedente oppure prodotta nel corso della procedura di gara se è successiva, può essere ritenuta idonea a sorreggere la partecipazione stessa sino all'aggiudicazione provvisoria.
Al fine di formalizzare l'aggiudicazione definitiva e poi stipulare il contratto d'appalto, occorre comunque l'ammissione e gli adempimenti di cui si è detto, essendo essi posti a presidio della buona esecuzione della prestazione dedotta nell'appalto.
Il legislatore, dunque, in ossequio ai principi di proporzionalità e ragionevolezza, ha calibrato gli adempimenti da porre in essere in base alla qualità rivestita dall'operatore economico in crisi.

3. Ciò appare coerente anche con le prescrizioni normative in materia di pendenza di una procedura di concordato con continuità aziendale nel corso dell'esecuzione di un appalto pubblico aggiudicato ad un'impresa in bonis.
Occorre precisare che in tal caso, il legislatore propende chiaramente per la prosecuzione nei rapporti come principio generale, rafforzato dalla nullità di eventuali patti contrari sub specie di clausole risolutive espresse le quali assimilano, sotto il profilo decisionale, il debitore concordatario al curatore fallimentare, visto che egli, fatta salva ovviamente l'autorizzazione del Tribunale fallimentare o dopo il decreto di ammissione il giudice delegato, può identificare i contratti in cui subentrare e quelli di cui chiedere la sospensione e/o lo scioglimento.
È gioco-forza ritenere perciò operativo siffatto principio già dal momento della presentazione dell'istanza, in coerenza con la considerazione che non vi può essere effettiva continuità aziendale senza la prosecuzione nei rapporti giuridico-economici nell'accezione appena descritta.
Tuttavia, in concreto, l'effettiva prosecuzione dipende comunque dal decreto di ammissione e dalla presentazione dell'attestazione del professionista circa la capacità di adempimento, quasi come se medio tempore l'efficacia del contratto rimanesse sospesa.
A questo proposito, occorre precisare che l'eventuale non ammissione porrebbe la questione della sorte del contratto d'appalto a seguito della sopravvenuta dichiarazione di fallimento risolta, come si è detto, dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti nel senso dello scioglimento di diritto del contratto d'appalto.
A ben vedere però quando la scelta, condivisa dal Tribunale ovvero dal giudice delegato, è nel senso della prosecuzione ciò tuttavia non esclude che la stazione appaltante possa disporre, come si è detto, la risoluzione in danno al ricorrere dei presupposti e delle condizioni di cui all'art.136 del Codice dei contratti e quindi procedere nell'interpello di cui si è detto.
3 a. Nel frattempo, nelle more dunque delle decisioni delle parti, la legge (art. 118 - comma 3 - bis- del Codice dei contratti pubblici) consente, anche in deroga al bando di gara, i pagamenti diretti, fra gli altri, ai subappaltatori.
Al fine di comprendere la portata precettiva di quest'ultima novità normativa, che, attraverso l'avverbio "sempre", appare strettamente compenetrata con le precedenti norme di disciplina delle modalità di pagamento delle spettanze dei subappaltatori, è opportuno ricostruirne, sebbene sommariamente20 il quadro generale dopo alcune precisazioni preliminari.
La fonte generatrice dell'obbligo di pagare le spettanze al subappaltatore è il contratto di subappalto con il quale un soggetto assume, nei confronti dell'appaltatore (che diventa subappaltante), l'obbligazione di eseguire a proprio rischio — organizzando manodopera, mezzi d'opera e materiali (cd. fattori della produzione) — parte dei lavori appaltati.
Pur trattandosi sul piano civilistico di una pattuizione vincolante esclusivamente per le parti contrattuali, il collegamento genetico con il contratto d'appalto ed il rapporto di diretta derivazione da quest'ultimo lo rende idoneo a produrre i propri effetti nei confronti della stazione appaltante, alla condizione però che la stessa rilasci la prescritta autorizzazione, che comunque non incide sulla sua posizione di terzietà.
Ne consegue che il rapporto-base rimane invariato fra le parti originarie: quindi da un lato l'obbligo di versare il corrispettivo del subappalto è a carico dell'appaltatore e da quell'altro l'appaltatore continua ad essere responsabile esclusivo dell'esecuzione dei lavori, in applicazione del principio generale di cui all'art. 1228 c.c., in base al quale il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvalga dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi e colposi di costoro i quali, nel caso di specie, sono gli esecutori materiali della prestazione subappaltata. Si tratta più esattamente di una responsabilità per fatto altrui, confermata dalla previsione dell'azione di regresso verso il subappaltatore di cui all'art. 1670 c.c..
L'obbligo di pagare le spettanze al subappaltatore insorge a seguito dell'adempimento pieno ed esatto da parte del subappaltatore dell'obbligazione di eseguire a proprio rischio — organizzando in autonomia i fattori della produzione di cui si è detto — parte dei lavori oggetto del contratto d'appalto in maniera collaborativa e strumentale al conseguimento del risultato dedotto nel contratto principale nonchè rispettosa delle direttive e prescrizioni degli organi pubblici responsabili della gestione tecnica e del controllo del cantiere, anche sotto il profilo della sicurezza.
Sebbene, come si è detto, il soggetto obbligato nei confronti del subappaltatore sia senz'altro l'appaltatore, la modalità di pagamento delle spettanze del subappaltatore, in linea di principio21, dipende dalla scelta che la stazione appaltante ha operato nel bando di gara, ai sensi dell'art. 118 citato: pagamento diretto del subappaltatore o indiretto, per il tramite dell'appaltatore medesimo.
Il pagamento diretto volontario pone a carico dell'appaltatore l'obbligo di inviare alla stazione appaltante apposita proposta motivata in ordine alla parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore ed al relativo importo, a riprova ulteriore che la committenza è estranea al contratto di subappalto e perciò non è tenuta ad entrare nel merito dell'effettiva consistenza del credito.
Tuttavia, in concreto, chi scrive ritiene che il Responsabile del Procedimento, con la collaborazione della Direzione dei Lavori, debba comunque effettuare l'analisi di congruità tecnico-economica dell'importo dedotto nella suddetta proposta, la stessa analisi che è tenuto a fare nel caso di pagamento indiretto.
Ciò detto, si deve ritenere che l'appaltatore sia gravato da un obbligo nel senso suddetto, altrimenti non si potrebbe sanzionare22 un suo comportamento dilatorio o addirittura definitivamente omissivo, motivato dalle più disparate e pretestuose ragioni.
La sussistenza di siffatto obbligo appare evidente dalla considerazione che il soggetto debitore è proprio l'appaltatore, la stazione appaltante è solo il braccio operativo all'interno dello schema tipico dell'accollo23, visto che l'iniziativa in tal senso è dell'Amministrazione committente/accollante. Tenuto conto che essa è parte solo del rapporto di provvista, la dottrina e giurisprudenza prevalenti inquadrano l'accollo in generale nello schema del contratto a favore di terzo, il quale nella specie coincide con il subappaltatore accollatario.
L'accollo in esame trova la sua fonte nella volontà delle parti la quale perfeziona la fattispecie modificativa in esame in tempi successivi: dalla pubblicazione del bando di gara, che senz'altro rende irrevocabile tale accollo, ai sensi dell'art. 1273 c.c., all'aggiudicazione e stipula del contratto d'appalto che, mediante l'inserimento della clausola relativa al pagamento diretto, suggella l'accordo fra la committenza e l'appaltatore così come esso scaturisce dal bando di gara e filtra nei vari atti inseriti nel procedimento di evidenza pubblica. La sottoscrizione invece di un contratto di subappalto, a cura del legale rappresentante della subappaltatrice, benchè derivato da quello d'appalto e assoggettato alle regole fissate con il bando stesso non può essere ritenuta assimilabile alla sua adesione all'accollo, non potendo egli impegnare in tal senso la committenza in quanto terza rispetto a siffatto contratto. La diversità dunque della fonte delle obbligazioni derivanti dai contratti d'appalto e di subappalto24 induce ad escludere la responsabilità diretta e/o solidale della stazione appaltante rispetto al credito dei subappaltatori e quindi a concludere che l'accollo conservi una rilevanza limitata ai rapporti fra l'appaltatore e la stazione appaltante: quest'ultima infatti nei confronti del subappaltatore è tenuta all'adempimento di un obbligo altrui (art. 1180 c.c.).
Alla luce di quanto detto, si deve confermare perciò che nei casi di tal fatta ricorre un'ipotesi di accollo interno che quindi non modifica la posizione del creditore (il subappaltatore) verso il quale rimane obbligato solo il debitore originario (l'appaltatore).
Orbene, nel caso in cui la stazione appaltante è posta in condizione di effettuare il pagamento in esame, il versamento è disposto contestualmente al pagamento dell'acconto contrattuale su proposta del Responsabile del Procedimento, che a tale scopo deve acquisire le fatture di entrambi i creditori e quindi quella in originale dell'appaltatore e quella in copia emessa dal subappaltatore nei confronti di quest'ultimo25, in coerenza con l'effettiva posizione debitoria ed emettere un unico certificato di pagamento nel quale si sostanzia la doppia proposta di pagamento. La corresponsione dell'acconto, ordinata con un unico mandato di pagamento, produce il doppio effetto estintivo verso l'appaltatore nei cui confronti sussiste a bilancio il titolo contrattuale che giustifica l'uscita e verso il subappaltatore al quale viene materialmente corrisposto, con apposito bonifico, l'importo di propria spettanza. Quindi, l'aggettivo "diretto" è riferito all'erogazione materiale degli importi remunerativi delle prestazioni da loro eseguite.
Il pagamento indiretto, come quello diretto, inteso solo come erogazione materiale del denaro non sorretta dall'emissione a favore del subappaltatore del mandato di pagamento ad hoc, è imposto dalla posizione di terzietà rivestita dalla committenza rispetto al contratto di subappalto. Esso pone a carico dell'appaltatore l'obbligo di trasferire26 (quindi non di anticipare27) al subappaltatore le sue spettanze contenute nel pagamento dell'acconto ricevuto dalla stazione appaltante, e di documentarne il pagamento mediante la presentazione, entro il termine di legge (20 giorni), che sostituisce automaticamente eventuali termini pattizi difformi, della copia delle relative fatture quietanzate28 le quali, ai sensi di legge, devono specificare le ritenute di garanzia effettuate.
L'inosservanza dell'obbligo di presentazione delle fatture quietanzate di cui si è appena detto è sanzionata, ai sensi di legge, mediante la sospensione del pagamento successivo che è finalizzata ad evitare lunghe esposizioni finanziarie del subappaltatore, le quali potrebbero incidere sulla buona esecuzione dell'opera.
Ed è per questo che la Cassazione Civile con la nota sentenza n. 3402/12 ha ritenuto che l'adempimento dell'obbligo in esame configuri una condizione di esigibilità del pagamento successivo, che se non soddisfatta, in caso di fallimento dell'appaltatore, impone l'ammissione dei crediti dei subappaltatori in prededuzione degli altri crediti, motivata dalla strumentalità degli stessi rispetto all'interesse della massa a ricevere il pagamento dalla stazione appaltante.
L'ultima riformulazione della norma in esame a cura del D.L. 145/13 (art. 13, comma 10) e della relativa legge di conversione di cui si è detto, ha legittimato, come si è detto, le stazioni appaltanti, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, a procedere nel pagamento diretto del subappaltatore per i contratti d'appalto in corso d'esecuzione29.
Si tratta di una novità chiaramente finalizzata ad affrontare le problematiche derivanti dalle sempre più frequenti crisi aziendali nella fase antecedente l'apertura di una qualsiasi procedura concorsuale.
Non è remoto, infatti, il rischio che, a causa delle difficoltà economico-finanziarie dell'appaltatore, anche solo momentanee, le ragioni creditorie dei subappaltatori possano essere frustrate, se non addirittura compromesse, dalle legittime pretese dei terzi creditori dell'appaltatore stesso: le banche in caso di scoperto di conto incassano anche le somme transitate sul conto medesimo per essere destinate ai subappaltatori, loro effettivi titolari. Gli altri creditori quali i fornitori, i dipendenti, l'erario possono promuovere azioni esecutive che si concludono con il pignoramento dei crediti presso la committenza, terza debitrice e quindi ottenerne la riscossione integrale anche in danno dei subappaltatori, che hanno contribuito alla maturazione del S.A.L.
In casi di tal fatta la sorte delle ragioni creditorie di questi ultimi dipenderebbe esclusivamente dal contenuto della dichiarazione del terzo pignorato che potrebbe risultare in ogni caso opinabile se si considera che lo stesso è debitore del debitore esecutato (l'appaltatore) in base al contratto d'appalto dal quale scaturisce in via diretta e subordinata il debito del creditore pignorante verso il subappaltatore.
Potrebbe quindi determinarsi il paradosso che, in sede di azione collettiva, come si è detto, il credito del subappaltatore deve essere ammesso in prededuzione, mentre in caso di azione esecutiva individuale potrebbe soccombere, stante l'oggettiva opinabilità della situazione che verrebbe a determinarsi.
Probabilmente proprio per evitare conseguenze così disastrose per le casse dei subappaltatori i quali, a causa del blocco dei pagamenti nei loro confronti comunque motivati, potrebbero entrare anch'essi in crisi, il legislatore ha ritenuto che il pagamento diretto cd. in deroga potesse rivelarsi lo strumento idoneo al soddisfacimento dei vari interessi coinvolti nell'appalto: innanzitutto quello della stazione appaltante a conseguire l'interesse pubblico sotteso all'appalto, quello dell'appaltatore a non subire le conseguenze sanzionatorie (e non) derivanti dalla risoluzione in danno (art. 136 del Codice dei contratti) motivata da un inadempimento radicato nell'attuale congiuntura socio-economica nazionale ed internazionale ed infine quelli dei subappaltatori ad ottenere l'integrale e garantito pagamento delle loro spettanze, contestualmente a quello dell'appaltatore e quindi in anticipo rispetto al termine fissato dalla legge nel caso di pagamento indiretto (n. 20 giorni dopo il versamento dell'acconto all'appaltatrice).
Ma se questa sembra essere la ratio, occorre riferire che la legge di conversione, fra l'altro, ha modificato il presupposto su cui nel vigore del decreto legge si fondava il meccanismo derogatorio in esame: nel vigore del decreto stesso tale presupposto risiedeva nella ricorrenza di "condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento dell'esecuzione del contratto accertate dalla stazione appaltante", quindi nella sussistenza di un preminente interesse pubblico a siffatto completamento, il quale, ad una prima lettura, lasciava intendere che la gran parte dell'opera fosse stata già eseguita. Nel vigore invece della legge di conversione il presupposto stesso risiede nella ricorrenza di condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidataria, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti, fra gli altri esecutori dell'appalto, dei subappaltatori.
Tenuto conto che l'appaltatore non anticipa alcunchè, a ben vedere il ritardo nei pagamenti degli altri esecutori dell'appalto è già sintomatico di una crisi finanziaria di una gravità tale da lasciare trasparire addirittura l'insolvenza, dovendo ritenere che i debiti dell'appaltatore di fatto siano estinti in tutto o in parte mediante l'utilizzo degli importi di costoro invece che dei propri.
La riformulazione in esame ha anche introdotto mediante l'aggiunta del comma 3-bis all'art. 118 del Codice dei contratti la regola per cui, in caso di pendenza di una procedura di concordato preventivo non meglio definita nel vigore del decreto legge e poi circoscritta in sede di conversione a quello in continuità aziendale, è sempre consentita, anche per i contratti d'appalto in corso d'esecuzione, la disposizione dei pagamenti diretti a favore dei soggetti di cui si è detto "secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura".
Il legislatore della riforma, nel vigore del decreto legge, sembra che con l'avverbio usato (sempre) abbia voluto legittimare sin dall'inizio dell'appalto i pagamenti diretti, mentre, nel vigore della relativa legge di conversione, con la modifica del presupposto di cui si è detto abbia voluto esonerare la stazione appaltante dal fare l'accertamento di cui si è detto.
In altri termini, allorquando l'impresa versi in concordato preventivo in continuità aziendale le "condizioni di crisi di liquidità finanziaria" possono definirsi in re ipsa.
Ed è per questo che la norma, dandole per assodate, legittima automaticamente i pagamenti diretti superando così l'incertezza che si sarebbe verificata nel caso in cui fosse stato mantenuto inalterato il sistema contrario dei pagamenti indiretti: l'impossibilità da parte dell'impresa appaltatrice di procedere nei pagamenti dei propri subappaltatori avrebbe imposto la sospensione degli acconti successivi, pregiudicando da subito il buon andamento dei lavori e le chance di successo di una procedura introdotta proprio allo scopo di risolvere la crisi aziendale mediante la prosecuzione nell'attività d'impresa.
I pagamenti diretti sono quelli riferiti agli importi che la stazione appaltante non ha ancora corrisposto all'appaltatore.
Si tratta quindi di quelli remunerativi delle prestazioni eseguite dai subappaltatori stessi sino alla domanda di concordato nell'ambito dello stato d'avanzamento dei lavori (d'ora innanzi S.A.L.) nel quale è inserita la domanda stessa. Si tratta del cd. corrispondente al finale nel caso di scioglimento dell'appalto, che rende irrilevante il relativo valore economico, ovvero quello a partire dal quale comincia la continuità aziendale, in tutto o in parte, a seconda rispettivamente della maturazione o meno del S.A.L. in questione. In quest'ultimo caso, ovviamente, la maturazione è condizione necessaria per procedere nel pagamento30.
Si tratta inoltre delle ritenute di legge che sono contenute nel saldo finale da corrispondere all'appaltatore dopo gli adempimenti successivi al rilascio del certificato di collaudo provvisorio.
Tenuto conto che il pagamento diretto è volto ad estinguere il debito dell'appaltatore occorre, come esaminato a proposito del pagamento diretto volontario, la sua proposta motivata che presuppone la chiusura del subprocedimento di liquidazione delle spettanze dei subappaltatori e quindi l'accertamento, nei modi descritti nel testo sopra richiamato31, dell'ammontare complessivo dei lavori eseguiti, ripartito nei singoli S.A.L., dell'importo dei pagamenti già effettuati, delle ritenute dei subappalti sino ad allora operate e dei pagamenti da effettuare.
Sul piano degli adempimenti inseriti nella procedura concorsuale pendente, occorre inoltre l'inserimento in prededuzione nella proposta del piano concordatario degli importi ancora da versare, che, motivato, nell'ambito degli adempimenti di cui all'art.161 della Legge fallimentare, dalla effettiva titolarità in capo ai subappaltatori degli importi provenienti dalle varie stazioni appaltanti si deve ritenere equivalente al riconoscimento dei corrispondenti debiti32.
Occorre infine l'acquisizione delle determinazioni del Tribunale33 cui fa cenno l'art.118 citato che in concreto non si sa cosa siano.
Tenuto conto che nel suddetto contesto normativo, in considerazione della natura degli interessi ad esso sottesi, oltre che in ragione dei criteri cronologico e di specialità, prevale la normativa sugli appalti pubblici su ogni altra normativa, compresa quella fallimentare, conservando intatti i propri principi anche allorquando interferisca con quest'ultima, ad avviso di chi scrive, esse non possono avere ad oggetto il "se" dei pagamenti diretti dal momento che esso scaturisce dalla maturazione del S.A.L. nel quale sono contenute le spettanze dei subappaltatori. Oltretutto al verificarsi della condizione contrattuale, l'appaltatore, come si è anticipato, è gravato dall'obbligo di presentare la proposta di cui si è detto, a pena di sospensione del pagamento successivo, ricostruita in via interpretativa.
Esse non possono avere ad oggetto nemmeno la misura di tali pagamenti, visto che gli organi pubblici responsabili della gestione tecnico-contabile dell'appalto, a parere di chi scrive, devono fare l'analisi di congruità degli importi oggetto della proposta, altrimenti sarebbe agevole eludere la normativa sugli appalti pubblici imperniata sul principio in base al quale ciascun esecutore, a qualsiasi titolo, di un appalto pubblico deve essere tutelato nelle proprie ragioni creditorie, visto che nella sostanza condivide la stessa committenza la quale si avvantaggia del lavoro di ciascuno di essi.
Sembra di intuire che anche le determinazioni siano una sorta di anticipazione dell'eventuale ammissione del debitore concordatario da cui può scaturire la continuazione dell'appalto.
Non può essere diversamente, visto che, come già detto a proposito dell'autorizzazione alla partecipazione ad una gara pubblica, il Tribunale valuta gli stessi atti previsti dagli artt. 161 e 186- bis citati.
In altri termini, se il Tribunale si determina nel senso di consentire i pagamenti diretti è perché ha valutato, sulla scorta in particolare della relazione del professionista incaricato ai sensi delle norme appena citate, che la postazione a bilancio di importi corrispondenti a voci attive del bilancio di tipo formale (in realtà invece celano le sottostanti voci passive del bilancio stesso) non può pregiudicare le proprie successive valutazioni in ordine all'ammissione dell'impresa concordataria. Nel caso contrario, si deve ritenere probabile la dichiarazione di fallimento che dal punto di vista della ragioni creditorie dei subappaltatori non cambia nulla, visto che la Cassazione, come si è detto, ne ha sancito l'ammissione al passivo fallimentare in prededuzione degli altri crediti, la quale a parere di chi scrive, dimostra che le determinazioni del Tribunale in esame non possono avere ad oggetto il se e la misura dei pagamenti diretti.
Sul piano degli adempimenti fiscali, occorre chiedersi se sia necessaria o meno la doppia fatturazione, la stessa che sorregge, nei pagamenti diretti volontari e in quelli in deroga, l'emissione a cura della committenza del mandato di pagamento a favore dell'appaltatore e la disposizione dei singoli bonifici bancari a favore dei subappaltatori, finalizzate alla contestuale estinzione della propria obbligazione derivante dall'appalto e di quelle derivanti dai subappalti.
Tenuto conto che ai fini della disposizione dei pagamenti diretti in esame, la legge assimila i subappaltatori alle mandanti dell'A.T.I., che in qualità di parti sostanziali del contratto d'appalto in caso di pagamenti diretti imposti dal fallimento dell'appaltatore, sono titolate ad emettere la fattura nei confronti delle stazioni appaltanti e quindi ad essere intestatarie dirette dei relativi mandati di pagamento, ad avviso di chi scrive, si deve ritenere che non sia necessaria la doppia fatturazione.
Conferme in tal senso sembrano ravvisabili nell'obbligo a carico delle stazioni appaltanti di pubblicare, ai sensi dell'art. 118 - comma 3-ter - del Codice dei contratti pubblici, nel proprio sito internet istituzionale le somme liquidate a favore dei subappaltatori beneficiari dei pagamenti diretti cd. in deroga e di quelli previsti nell'ambito della procedura concordataria che ci occupa.
Sul piano giuridico si coglie l'assimilazione, sotto questo profilo, dei pagamenti diretti in esame a quelli ipotizzati da chi scrive nell'ambito della procedura fallimentare.
In entrambi i casi, la committenza paga in adempimento di un "obbligo proprio", vale a dire quello derivante dall'accollo, giustificando così l'uscita a bilancio a nome del subappaltatore. Si tratta comunque di un accollo interno, sicchè il subappaltatore non può pretendere il pagamento delle proprie spettanze in mancanza della relativa proposta di cui si è detto che così, accertato l'adempimento pieno ed esatto da parte del subappaltatore, chiude il subprocedimento di liquidazione delle relative spettanze.
A prescindere dalle concrete modalità di esecuzione dei pagamenti diretti in trattazione, occorre chiedersi se essi violino o meno la par condicio.
In realtà, ad avviso di chi scrive, così non è perché i crediti dei subappaltatori non fanno parte del patrimonio dell'impresa concordataria, proprio come non vi fanno parte le cose di cui l'impresa concordataria sa di avere solo la detenzione.
Anche a voler paventare la violazione del suddetto principio, a parere di chi scrive, il dubbio può essere risolto riconducendo l'art. 118 in esame all'art. 182 - quinquies della Legge fallimentare visto che esso ha introdotto nuove deroghe al principio in esame.
In altri termini, pur volendo ritenere concorsuali i crediti dei subappaltatori, per la loro estinzione la legge non richiede particolari formalità, visto che essi sono finanziati con risorse provenienti da terzi, che, nel caso di specie, sono le stazioni appaltanti.
Ciò chiarito, l'art. 118- comma 3-bis in esame lascia irrisolta la questione del recupero integrale delle spettanze dei subappaltatori allorquando esse siano state già versate all'appaltatore in bonis nell'ambito del S.A.L. precedente rispetto a quello nel quale si inserisce la domanda di concordato preventivo con continuità aziendale.
A parere di chi scrive, non vi è dubbio che l'appaltatore deve presentare le fatture quietanzate quale condizione di esigibilità dell'acconto stesso34. La procedura concordataria non ha alcuna funzione esimente, visto che, ai sensi dell'art. 161 - comma 7 - della Legge fallimentare può compiere gli atti di ordinaria amministrazione, fra i quali non possono non rientrare i pagamenti ai subappaltatori essendo finanziati con importi provenienti dalle committenze pubbliche con vincolo di destinazione a tutela degli effettivi titolari, nei confronti dei quali peraltro l'appaltatore, come si è detto, si è anche riconosciuto debitore al momento della redazione degli atti allegati alla domanda concordataria di cui si è detto.
Se non è in grado di adempiere all'obbligo di legge perché in realtà ha reimpiegato le risorse di spettanza dei subappaltatori, magari sotto forma di parziale copertura dell'esposizione finanziaria verso le banche, vuol dire che è addirittura probabile la dichiarazione di fallimento, sulle cui conseguenze sul piano del soddisfacimento dei crediti dei subappaltatori si è già detto nell'apposito articolo.

4. Dal punto di vista dell'affidamento di subappalti pubblici valgono, in linea di principio, le stesse considerazioni appena illustrate, vista la condivisione dell'art. 38.
L'unica differenza risiede nella necessità di allegare alla domanda di subappalto sia la relazione del professionista che l'avvalimento obbligatorio. Diversamente:
non vi sarebbero i tempi per effettuare i controlli sul "supplente" che, come si è detto, deve essere in possesso degli stessi requisiti generali e speciali dell'impresa ausiliata. Si precisa che il termine entro il quale deve essere definito il procedimento autorizzatorio è al massimo di 30 giorni se l'importo del subappalto è pari o superiore ad € 100.000,00 ovvero al 2% dell'appalto35; nel caso contrario invece esso è pari alla metà.
l'autorizzazione al subappalto che, come l'aggiudicazione definitiva nei casi d'urgenza o di stipula del contratto d'appalto, consente, subito dopo l'espletamento degli adempimenti successivi36 l'inizio dei lavori, non darebbe la necessaria certezza ai rapporti giuridici.
E' appena il caso di precisare che anche se sembra un'interpretazione finalizzata a soccorrere l'appaltatore in realtà si tratta sempre di tutelare gli interessi pubblici.
La logica è sempre la stessa: è insufficiente la copertura della responsabilità risarcitoria dell'appaltatore sopra descritta. E' più utile disporre di un "supplente" per risolvere i problemi di cantiere.

5. Occorre affrontare infine le questioni connesse alla sopravvenuta pendenza di una domanda di concordato preventivo nel corso dell'esecuzione di un subappalto autorizzato a favore di un'impresa in bonis.
Vale quanto già detto con riferimento all'appalto.
L'appaltatore può tuttavia recedere, visto che il codice civile (art.1671) gli riconosce sempre questa facoltà, indennizzando il subappaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno. Ovviamente con il recesso l'appaltatore scongiura il rischio che i tempi tecnici per consentire al subappaltatore il ripristino del requisito in esame possano esporlo a conseguenze a lui pregiudizievoli (risoluzione in danno dell'appalto o penale per ritardata esecuzione dei lavori).
Il recesso facendo venir meno il contratto di subappalto travolge la relativa autorizzazione che perciò deve essere revocata per il mutamento della situazione di fatto.
A questa condizione l'appaltatore può chiedere ed ottenere, al ricorrere dei presupposti e delle condizioni di legge, una nuova autorizzazione a favore di un'altra impresa.

6. Da tutto quanto detto appare evidente che l'intero ciclo di un appalto pubblico è sorretto dal decreto di ammissione alla procedura concordataria in esame dal momento che esso esclude, per definizione, il fallimento, il quale in sede di selezione del contraente costituisce causa di esclusione dalla gara, ai sensi dell'art. 38 - lett. a) - del Codice dei contrati pubblici, ed in fase esecutiva, a giudizio della dottrina e della giurisprudenza prevalenti, causa di scioglimento del contratto.
Non è un caso quindi che il legislatore del 2012, lasciando trasparire la prevalenza della logica degli appalti pubblici, abbia prescritto il decreto di ammissione alla suddetta procedura ai fini della prosecuzione dell'appalto e della partecipazione alle gare pubbliche, su cui ha poi radicato gli adempimenti successivi (relazione del professionista e avvalimento), che, benché inseriti cronologicamente nel procedimento di evidenza pubblica, in realtà appartengono alla fase esecutiva, nel senso che garantiscono la buona esecuzione della prestazione dedotta nell'appalto a cura dell'impresa ausiliaria, essendo essa in possesso degli stessi requisiti generali e speciali di quella ausiliata. Ed è per questo che tale decreto concorre, unitamente alle altre condizioni di legge, alla chiusura della gara mediante il perfezionamento dell'aggiudicazione definitiva (a cui segue poi la stipula del contratto d'appalto) e alla prosecuzione dell'appalto aggiudicato ad un'impresa originariamente in bonis.
Dovendo per la prima volta consentire alle imprese in crisi la partecipazione alle gare pubbliche, dopo oltre un secolo di normazione sugli appalti pubblici fondata come prima condizione soggettiva sulla piena solidità economico-finanziaria, il legislatore non poteva non blindare il sistema, al fine di precludere la partecipazione stessa e la conduzione degli appalti alle imprese fallite, visto che la condizione di insolvenza è causa ostativa all'affidamento degli appalti e subappalti nonchè al rilascio dell'attestazione SOA.
Non è un caso nemmeno che il legislatore del 2014, spinto dalle esigenze di anticipare i tempi per consentire la partecipazione e i pagamenti (questi ultimi di norma possono essere effettuati dopo l'omologazione del concordato), nel disciplinare la fase che intercorre fra la domanda concordataria e l'emanazione del decreto di ammissione, abbia introdotto, in sostituzione del decreto medesimo, rispettivamente l'autorizzazione e le determinazioni del Tribunale (equivalenti in sostanza all'autorizzazione nel senso sopra chiarito). Di fatto, a parere di chi scrive, ha inteso anticipare i tempi dell'esame degli atti a corredo della domanda concordataria e di conseguenza del giudizio in merito all'ammissione o meno alla procedura richiesta.
Si potrebbe dire che ha rinunciato provvisoriamente in sede di gara e di esecuzione dell'appalto all'acquisizione del decreto di ammissione, ma, alla luce di quanto detto, non ha di certo rinunciato, alle valutazioni sottese al decreto medesimo.
Non potrebbe essere diversamente visto che qualsiasi altra interpretazione comporterebbe un oggettivo squilibrio fra i contrapposti interessi: da una parte il risanamento delle imprese e del tessuto economico nazionale e da quell'altra il conseguimento dei fini che con i contratti d'appalto si intende perseguire.
Comporterebbe inoltre l'accettazione del rischio di decisioni contrastanti del Tribunale derivanti da diverse valutazioni della medesima base documentale (gli atti di cui agli artt. 161 e 186-bis della Legge fallimentare) finalizzate ora alla partecipazione alla gara o alla disposizione dei pagamenti diretti, ora all'emanazione o meno del decreto di ammissione alla procedura concordataria.



1) Estratto dal libro di LIA SADILE "Il subappalto dei lavori pubblici. Commento e modulistica" 2014 Giuffrè Editore.
2) A cura dell'art. 33 - comma 1- lett. h) del D.L. 83 del 22/06/12 "Misure urgenti per la crescita del Paese", convertito con modifiche dalla L. 134 del 07/08/12, entrata in vigore dall'11/08/12.
3) Il venir meno anche di uno solo di tali requisiti nel procedimento di evidenza pubblica e nella fase esecutiva impone rispettivamente l'esclusione dalla gara e la risoluzione del contratto, ad eccezione, in quest'ultima fase, delle irregolarità fiscali e contributive dal momento che sono sanabili.
4) Non ha invece imposto la modifica delle lettere g) ed i) riferite rispettivamente alla regolarità fiscale e contributiva dal momento che l'art. 186 bis in esame (comma 2- lett.c), contemplando la facoltà di prevedere nel piano concordatario una moratoria, fra gli altri, dei debiti muniti di privilegio (tali devono ritenersi senz'altro anche quelli nei confronti del fisco e degli enti di previdenza ed assistenza), ha inciso in via generale sulla scadenza dei debiti in esame. Con riferimento alla posizione fiscale l'operatività della corrispondente causa di esclusione è venuta meno automaticamente: ai sensi del comma 2 - III periodo - dell'art.38 in esame, l'inesigibilità del debito non consente infatti di ritenere definitivamente accertata la violazione degli obblighi fiscali. Lo stesso si potrebbe dire in via analogica dei debiti contributivi. Per essi peraltro il D.M. 24/10/07 - art. 5, comma 2, lett.b) - sancisce la regolarità contributiva nei casi di sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative. Nella specie, il rinvio si deve intendere operato proprio all'art. 186 bis - comma 2 - lett.c) citato.
5) Questa definizione si ricava per i contratti di competenza degli enti locali dall'art. 192- comma 1-lett.a) del D.Lgs. 267/00 e s.m.i..
6) Fra questi, a titolo esemplificativo si richiamano l'adeguata attrezzatura tecnica consistente nella dotazione stabile di attrezzature, i mezzi d'opera ed equipaggiamento tecnico nonché l'adeguato organico medio annuo dimostrato dal costo complessivo sostenuto per il personale dipendente.
7) In esecuzione dell'art.19 del D.L. 24/06/14, n. 90 convertito con modificazioni dalla L. 11/0814, n.114.
8) La norma richiama espressamente i requisiti strutturali, vale a dire quelli relativi al sistema di qualità aziendale, la capacità economico-finanziaria, l'adeguata idoneità tecnica, l'adeguata attrezzatura tecnica, l'adeguato organico medio annuo.
9) Anche le questioni connesse al rilascio o meno dei certificati di regolarità fiscale e contributiva, essendo risolte a monte della partecipazione alle gare pubbliche o dell'affidamento del subappalto rispettivamente dall'Agenzia delle Entrate e dagli enti previdenziali ed assistenziali, non hanno in concreto alcuna incidenza sulle relative procedure.
10) Vale a dire dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della L.134/12 citata, in esecuzione del comma 3 dell'art.33 in esame.
11) Ora comma 2, II periodo.
12) Entrata in vigore in data 22/02/14.
13) Con l'art. 13-comma 11-bis..
14) Per questo motivo, viene intesa quale espressione di autotutela esecutoria.
15) Fu introdotta dall'art. 9 del Capitolato generale approvato con il D.M. del 28/05/1895 e fu abrogata dal D.P.R. del 16/07/1962 n. 1063, vale a dire dal regolamento di approvazione del capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici.
16) Da intendersi in senso stretto di identità della prestazione dedotta nell'appalto, visto che l'impresa ausiliaria possiede la medesima qualificazione dell'ausiliata.
17) Ciò era senz'altro vero in costanza di un quadro normativo fortemente connotato dal principio dell'immodificabilità assoluta del contraente. Ora invece, sviluppando la tesi di una dottrina (G. BAVETTA, Il fallimento dell'appaltatore di opere pubbliche, in Diritto fallimentare, 1964, Parte I pagg. 200-230) chi scrive ritiene che l'attenuazione di siffatto principio e l'introduzione dell'interpello lasciano quanto meno dubitare circa lo scioglimento automatico del contratto d'appalto pubblico nei casi di fallimento dell'appaltatore.
18) Tenuto conto che, come si è detto, la responsabilità solidale implica l'identità della prestazione, si comprende che, a ben vedere, essa è tecnicamente operativa solo nei casi di A.T.I. orizzontali connotate dalla ripartizione dei compiti interni in base al criterio quantitativo, visto che ogni associata possiede la medesima qualificazione. Lo stesso non si può quindi affermare nel caso di A.T.I. verticali proprio perché esse sono connotate dalla ripartizione dei compiti fondata sulla diversa qualificazione delle associate. In questi casi dunque la solidarietà si esprime solo sul piano risarcitorio.
19) La competenza è del Tribunale dal momento che l'autorizzazione in esame si inserisce fra la domanda di concordato preventivo con continuità aziendale ed il decreto di ammissione non ancora emesso. Perciò, di norma, in questa fase non sono ancora nominati gli organi della procedura.
20) Per gli aspetti di dettaglio sia consentito il rinvio all'articolo dell'autrice pubblicato dalla presente rivista "Crediti dei subappaltatori pubblici e fallimento dell'appaltatore (nota a Tribunale di Bolzano 25 febbraio 2014, un'ipotesi di composizione del contrasto giurisprudenziale)".
21) L'art. 37 - comma 11 - del Codice dei contratti pubblici prevede infatti un'ipotesi di pagamento diretto obbligatorio.
22) A parere di chi scrive, l'inosservanza dell'obbligo in esame deve essere sanzionata alla stessa maniera prevista dalla legge nel caso di pagamento indiretto di cui si dirà, vale a dire con la sospensione del pagamento successivo, visto che la sostanza del fenomeno non cambia: in entrambi i casi vi è un appaltatore indebitato con un subappaltatore, che rispettivamente non documenta l'intervenuta estinzione del debito o non pone l'amministrazione committente nella condizione di adempiere. A ben vedere, l'effettivo precetto risiede nel pagamento delle spettanze del subappaltatore e non invece negli adempimenti riferiti alle singole modalità di pagamento. Ne deriva perciò l'unitarietà della sanzione che è la sospensione dell'acconto successivo, anche se essa sembra prevista solo con riferimento al pagamento indiretto.
23) L'Autorità con il parere del 07/03/13 citato ha ritenuto che si tratti di una delegazione di pagamento ex lege.
24) Sebbene i rapporti in esame sembrino formalmente autonomi, essendo generati da contratti distinti, in realtà non lo sono dal momento che entrambi sono riconducibili al contratto d'appalto. Sicchè i rapporti stessi, sul piano giuridico, appaiono strettamente compenetrati ed in particolare quello di valuta si inserisce in quello di provvista quale suo segmento, come conferma anche la proposta di pagamento da una parte e la maturazione del S.A.L. da quell'altra quali condizioni necessarie per disporre il relativo pagamento.
25) Nel caso in cui l'appaltatore è costituito in forma associativa il subappaltatore deve emettere fattura, in caso di A.T.I. nei confronti della capogruppo, indipendentemente dal se abbia collaborato con la capogruppo stessa o con un'associata mentre invece in caso di consorzio nei confronti del consorzio medesimo.
26) Tenuto conto che nell'accollo interno l'assuntore è tenuto a provvedere direttamente all'adempimento o ad anticiparne i mezzi (C.M. BIANCA- "Manuale di diritto civile"- Vol. 4 - Giuffrè Editore), si deve ritenere che anche il cd. pagamento indiretto configuri un'ipotesi di accollo.
27) Anzi, ad avviso di chi scrive, è inopportuno che lo faccia dal momento che nel caso di eventuale accertamento dell'irregolarità contributiva la stazione appaltante è comunque tenuta ad effettuare il pagamento diretto agli enti dal momento che a tal fine rileva l'attualità del debito derivante dal contratto d'appalto e quindi dal rapporto di provvista. Ne consegue che l'appaltatore si assume il rischio che la subappaltatore non gli restituisca l'importo versato anticipatamente.
28) Per l'approfondimento del concetto di quietanza in generale si rinvia alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n.19888 del 22/09/14.
29) Ovviamente non cambia l'operatività dell'istituto in esame. In altri termini, si tratta di un pagamento diretto in senso materiale a fronte dell'emissione del mandato di pagamento a favore dell'appaltatore, previo rilascio da parte sua della relativa fattura.
30) Ovviamente, il pagamento diretto dei lavori contenuti in tale acconto deve essere effettuato, al netto della relativa percentuale di ribasso concordata in sede di stipula del contratto di subappalto, visto che essa corrisponde al legittimo utile dell'appaltatore.
31) Si rinvia alla nota 20.
32) Si tratta degli importi già percepiti nell'ambito del S.A.L. antecedente alla presentazione della domanda concordataria, di quelli inseriti nell'ambito del S.A.L. nel quale cronologicamente si inserisce la domanda stessa, di quelli corrispondenti alle ritenute concordate con i singoli contratti di subappalto e alle ritenute di legge.
33) Valgono le considerazioni di cui alla nota 19.
34) Le fatture quietanzate relative alle ritenute concordate in sede di stipula dei contratti di subappalto ed operate sui lavori eseguiti dai subappaltatori devono essere presentate dall'appaltatore dopo il certificato di collaudo ma prima della relativa approvazione, quale condizione di esigibilità del saldo contrattuale.
35) La regola normativa può essere così esemplificata: negli appalti di importo sino ad € 5.000.000,00 è sufficiente verificare se l'importo del subappalto sia pari o superiore ad € 100.000,00; negli appalti di importo superiore occorre invece calcolare in via preventiva l'incidenza percentuale e poi verificare se l'importo sia pari o superiore al corrispondente valore assoluto.
36) Denuncia agli enti previdenziali ed assistenziali e consegna del piano operativo di sicurezza.





















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